382 RIVISTA POPOLARE DI POLITJCA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI IL SACCHEGGIO DI NAPOLI 'W LaRelaziodnellaCommissido'Innechiesta. « Anima vile ed immonda, canaglia e carogna della peggiore SJ?ecie, impostore della morale, truffatore della giustizia, vilissimo impasto di malvagità ecodardia, scellerato d'uno stampo che fa pensare come tanti migliori di lui siano nelle galere, furfantb matricolato, degno di essere bollato, come una volta si usava, a lettere di fuoco, imprimendogliene sulla spalla il marchio indelebile .•. ». La bava velenosa e il rantolo di rabbia e di follia che crepitano in questo periodo di insulti triviali, lanciati dal Don Marzio a Giuseppe Saredo, ci dicono eloquentemente che la Relazione di Napoli é stata come un vigoroso colpo di scure che é venuto a colpire la velenosa serpe della corruzione. E invano nei suoi contorcimenti schizza il veleno dell'insulto. Il colpo è caduto diritto. E si é udito come il fragore d'un mondo frollo, ròso dalle colpe e insozzato dalle proprie vergogne, che cade infranto dal colpo poderoso. . , , Invano i mastini della « banda malfattrice» che taglieggiò impunemente il patrimonio di Napoli, e ne corruppe ogni forma di vita e di attività, avventano gli ultimi morsi rabbiosi. Voi, Scarfog!io, eroe della mala parola, e voi Turco, della Banca tt.omana, spezzate le vostre penne, più insidiose e perfide del pugn~le, e rientrate nelfombra delle vostre vergogne. E un'ora dolorosa della vita italiana, questa che ci svela tutto il cumulo cl' inganni, •di curruzioni, di infingimen ti che hanno ordito la tela del goyerno amministrativo della nostra più grande città. E un'ora triste, dalla quale guai se non sapreti)o trarre l'ammaestramento per l'avvenire! Guai se non sapremo, dalle colpe e dagli errori pll.ssati, trarre i nuovi fattori di rigenerazione morale! Passa ora, come in un battesimo di sanzione storica, nella serie delle verità indiscutibili l'esistenza dolorosa d'una spaventevole « quistione di Napoli». Per vedere come questa quistione rivesta linee gigantesche, e come essa, .ben lungi dall'aver un interesse strettamente locale, abbia invece ripercussione nella esistenza e nel decoro di tutta la vita pubblica nazionale bisogna dare un rapido sguardo ai risultati della Relazione. E, nella lettura del lavoro lucido e coscienzioso, tagliente come lama e inesorabile come il bisturi del chirurgo, si ha l'impressione forte e violenta che si prova alla lettura d'un romanzo a fosche tinte, che finisca con la ruina del protagonista ordita dalle insidie oblique di personaggi, alterati nelle passioni e nei truci disegni. Qui il protagonista é la più bella e sventurata città d'Italia, e gli uomini, che sono coorti, i quali ne compiono la sua ruina, si aggirarono e si aggirano purtroppo nella realità della vita, ancora forti delle loro ribalderie e corazzati d'un cinismo che vuol parere coraggio o grandezza d'animo ... E questa storia collettiva di sventure cittadine si svolge su di un fnndo, su d'un ambiente, tutto cupo e sconfortante. Eccolo delineato, sulle orme della Commissione, in quattro tratti di penna. Una città, appena sollevata dalla secolare tirannide bo1·bonica, che s'avvia alla nuova vita rappresentativa (1). Le menti incombre dalle tenebre della ignoranza più fitta: lo spirito di associazione sopraffatto dalla tendenza individualista: le ener$ie civili compresse dal dispotismo che assorbe la vita pubblica tutta quanta: la giustizia manomessa dallo arbitrio dell'alto e dai faccendieri nel basso. Già potente l'organizzazione della camorra, e di fronte ad essa la dissoluzione dei sani ceti cittadini non adatti all'esercizio dei nuovi regimi amministrativi. Questa la Napoli del '60 all'esordire del nuovo regno; e questa situazione di cose, projettandosi fino al '71, che (1) Rel. d' Inch. pag. 26, voi. I. BibliotecaGino Bianco rendeva disadatta ad ogni serio rior~anamento della sua vita locale. E mentre in'atti nei primi anni, la impotenza amministrativa derivava dall'incapacità e non dalla corruzione (in questo periodo le elezioni procedevano correttissime) non tardò a manifestarsi una sempre più accentuata tendenza dei partiti al potere verso le locali reti camorristiche. Il partito d'opposizione, infine riuscitosi a consolidare con gli auspidi del Sandonato, del Lazzaro e del Nicotera(i) (oh poesia della pratica come impallidisci anche tu!) trasse vita ed ah mento dalla camorra: alla quale viene ceduto ormai incon1rastato quello scettro che mai, per mutal'e di amministrazione, le fu più ritolto dal '70 al '900. I poteri locali divennero cosi delle intraprese cla sfruttare a vantaggio dei privati. Si formarono i forti nuclei delle clientele, consolidate dal favore e clall'inframettenza che spiegavano una sug~estione psicologica efficace sulla massa elettorale. La quale fini. per tal modo col considerare come migliori 1·appresentanti non più coloro che offrissero mag~iori garanzie di capacità e di probità, ma coloro cne più si prestavano ai favori e alle raccomandazioni. Questa parte della Relazione é per noi alquan t0 lacunaria. Era forse voler troppo che il presidente del Consiglio di Stato insistesse sulla parte che lo Stato appunto ha svolto nel consolidare il regime delle inframmettenze e dell'interposta persona a Kapoli? Pe1·ch$ - questo é convincimento nostro in.:. vin1;ibile - la causa causarum del malgoverno napoletano é da cercare nella complice protezione che lo Stato ha dato alle camerille locali, docili al governo perché questo fosse docile a sua volta al loro imperio locale. E in un altro punto dobbiamo discostarci dalla Relazic,ne Sared9 : là dove dichiara la configurazione delle classi sociali, alle quali si accentra il potere amministrativo. Egli dà una preminenza al ceto borghese, che rappresenta come il fulcro attorno al quale giri la ruota delle vicende napoletane: ma non convaniamo cl1e possa avere appellativo di borghese quella masnada di filibustieri che ha saccheggiato la città d1 Napoli; quella milizia che ha sol curato, per dirla C()n Dante, di mettere in arco. Si tratta cli un vero ceto parassitario, improduttivo insinuatosi, come gli Dei di Epicuro, nei pori della vita napoletana, il quale ha atteso a sostituire la mancanza di un reddito, attinto alle sane fonti del lavoro e dell'attività economica, con un reddito attinto alla violenza, alla routine, all'intrigo, alla frode. Si tratta di un vero fenomeno di parassitismo sociale, che per pote;:e allignare sul trono stesso del pubblico potere ha avuto bisogno di farsi arma della forza brutale, della corruzione, della legge, del pervertimento cl i ogni retta attività pubblica. Le classi produttrici della metropoli meridionale, cosi bene delineate nel forte lavoro del Saredo, sono servite di sgabello al trionfo di queste caste pervertitrici e malversatrici: esse hanno, nella scarsa forza che le oscillanti condizioni ecomiche loro conferiscono, subito l'oltraggio del prepotere cli queste classi viventi appunto sulla rinnovazione del loro reddito produttivo. Noi avremmo sotto tal senso preferito che lavo1 uminosa relazione. che dà tanti esempii di brani veramente profondi insieme e geniali ci avesse fornita un'analisi più accurata della base sociale o della causa organica delle camorre am1t1inistrative napoletane. Ma purtuttavia lo sfondo ciel vasto quadro sociale delineato nell'opera del Sa.redo, si presenta con contorni assai vicini alla realità. La vita che si agita e fermenta in questa situazione d'ambiente riceve lo sviluppo di un complicato intreccio di anomalie, di lotte, di sopraffazioni, di meditati delitti, che con un'infinita catena di responsabilità e di complicità più o meno colpose, avvince, lega, ogni slancio della cittadinanza amministrata, e la prostra nell'inerzia ipnotica che rende possibile, senza contrasto, l'opera del male. Se anche non voleste abbracciare tutta la vasta linea del quadro dell'alterna vicenda, con cui si suc- (1) Ivi pag. 43 Voi. I.
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