Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VII - n. 20 - 30 ottobre 1901

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA. LETTERE E SCIENZE SOCIALI 393 ria catastrofica, propugna egualmente l'alleanza del proletariato con quella sua Borghesia giovane, moderna, intraprendente, (Borghesia capitalislica) che sarebbe disposta, secondo lui, a fare un po' di largo alla classe operaia. Dunque la questione non é: Alleanza o no; ma con chi allearsi e contro chi. se con la grande Borghesia contro le classi medie, o viceversa con queste contro di quella. E chi può esitare? L'alleanza naturale del proletariato è con la piccola e media Borghesia contro l'alta Borghesia, che è quella che realmente - gode i frutti del mal di tutti - nell'attuale ordinamento sociale. Il Longobardi ammette la mia tesi per il prop1·ietario lavoratore e per l'artigiano indipendente: ma la combatte per i piccoli industriali e commercianti (bottegai), che, egli osserva, sono quelli che sottopongono al peggiore sfruttamento l'operaio. Ed ha ragione, ma il dissidio esiste non solo t1·a piccolo capitalista ed operaio, ma anche tra piccolo proprietario e mezzadro e bracciante, e non di rado tra operai di diverse categorie, nei cottimi e pl-rflno nelle Associazioni Cooperative. Ma questi dissidii interni , non scemano l'interesse loro a combattere il comune parassita ~ il grosso Capitalismo. D'altronde non si possono segnare linee nette di separazione. Ogni piccolo proprietario adopera braccianti o giornalieri in certe occorrenze: e l'artigiano indipendente, per poc:> che prosperi, chiama in aiuto operai salariati. Un po' di sfruttamento, attivo o passivo, é inevitabile in qualunque condizione sociale. Né io dico che si debba consentire, o rassegnarsi, allo sfuttamento, che esercita il piccolo industriale sul garzone di bottega: né che debba prolungarsi di un'ora sola l'esistenza. del piccolo sfruttatore di operai. Anzi neppur desidero prolungar la vita all'artigiano indipendente che non sfrutti nessuno. No, per• chè la sorte di costui é così miserevole, che al conCronto può parere tollerabile quella dell'operaio asservito alla macchina nella grande industria. L'uno e l'altro devono scomparire o trasformarsi, nel loro interesse e in quello di tutta la società. Ma piuttostochè vederli rovinati dal grosso capitalista e ridotti alla servit_ù della fabbrica, li vedrei volentieri associarsi, prima per sottrarsi alle usure dei grossi capitalisti e ai monopoli dei grossi commercianti; e poi gustato che abbiano i vantaggi dell'associazione, trasformare le loro industrie in aziende cooperative, nelle quali non l'individualità di ciascuno, ma lo sfruttamento del lavoratore venisse soppresso. La piccola industria, insomma, deve utilizzare i vantaggi della grande (impiego di macchine, facilità di smercio dei prodotti ecc.) senza menomare la libertà de' lavoratori. Viceversa la grande industria deve decentrarsi e democratizzarsi: e cosi entrambe tendere a quella organizzazione libertaria, in cui soltanto possono trovare applicazione i principi" del Socialismo, perché essa sola può eliminare lo sfruttamento del lavoratore in tutte le sue forme. Come dunque noi dobbiamo sospingere gli operai ad uscire dal salariato, assumendo direttamente dove · è possibile, con le Associazioni Cooperative, la direzione e organizzazione della produzione e dei cambii; od intervenendo per mezzo delle loro Leghe a . regolare le condizioni del lavoro, così verso quella stessa mèta dobbiamo sospingere la piccola Borghesia, la quale può portare un prezioso contributo alla nuova società, che viene edificandosi entro la impalcatura della presente. Ed in generale dobbiamo secondare tutti quei moti del pensiero e delle cose, che attraversan•> il presente, per riescire al SoBibliotecaGinoBianco cialismo. Le vie del quale sono molte e diverse: bisogna aprirle e spianarle tutte per fare che i principii di giustizia e di solidarietà, che formano l'essenza del Socialismo, circolino e si diffondano in tutti i meati dell'organizzazione sociale. Insieme a' tentativi di miglioramento che la classe operaia fa, a mezzo delle sue organizzazioni e degli scioperi e della legislazione, biso~na incoraggiare quelli della piccola Borghesia, che volgono verso nuovi ordinamenti dell'economia pubblica. Non sono pochi giorni che g. z. nell'Avanti! (9 ottobre) indicava, oltre alla riforma de' patti colonici le seguenti riforme da propugnarsi da' socialisti per le campagne: bonifica de' terreni incolti, organizzazione de' piccoli proprietari i e de' piccoli conduttori di fondi, mediante i Consorzi per l'acquisto di concimi e di strumenti agricoli, per la costituzione di cantine, caseificii, granai sociali ». - Simili proposte fece Francesco Ciccotti al recente Congresso socialista delle Puglie. E nella Martinella (giornale socialista di Colle Val d'Elsa) del 2!3settembre ultimo si domandava che per i contadini-1,ossidenti e per i piccoli propri,etarii le leghe reclamassero il riordi-• namento del sistema tributario in modo che coloro che posseggono poco non paghino imposte dirette, la soppressione della tassa di successione o trasmissione delle proprietà al disotto cli cinquemira lire, la costituzione di associazioni per la compra di concimi, macchine, sementi, piante e per lo smercio dei prodotti"· Per coloro che negano l'utilità cli queste discussioni, noto che nella Critica Sociale del 1° maggio 1897 il Bonzo reclamava l'aumento delle imposte al punto che lo Stato assorbiss~ la proprietà privata. Qui invece si domanda l'esecuzione delle imposte a favore dei piccoli proprietarii. Capovolta la teoria, s'invertono le conseguenze pratiche. Dunque, noi oggi siamo a un dipresso d'accordo nsl volere, non più la soppressione, ma l'elevamento (e la conversione) della piccola Borghesia. Che vuol dir ciò, se non che si é abbandonato, insieme con la teoria catastrofica, la vecchia concezione semplicistica della lotta di classe? Certo, nel movimento socialista, il c6mpito principale, come dice il Longobardi, é della classe operaia. Ma la piccola Borghesia non va disprezzata. Essa non ha più il gretto spirito conservatore e reazionario, che aveva al tempo del Manifesto comunista. Non sogna più il ritorno alle Ordinanze e alle ghilde medioevali. Non teme nel Socialismo che la soppressione delle iniziative, dello stimolo al lavoro, l'uniformizzazione assoluta delle cond:zioni di esistenza. il trionfo deila ·burocrazia, l'ecclissi di ogni idealità. Rassicuriamola contro questo pericolo e le avremo con noi a combattere le caste, l'alta finanza, la casta militare, l'alta burocrazia, la grande proprietà fondiaria e l'alta feudalità industriale. La classe operais. da sola non basta ad abbattere il presente regime. Essa è facilmente fuorviata a fini reazionarii, come vediamo oggi appunto in Inghilterra. La piccola Borghesia ha l'anima liberale. Essa ha promosso il movimento socialista, e se nel 1848 in Francia combattette la classe operaia, fu perché non era ancora ben chiaro l'obbiettivo da raggiungere. Ma recentemente ancora la sua alleanza con la classe operaia ha salvato in Francia la repubblica. Dovunque si verifica il detto di Marx: « l'unione di differenti classi è sempre in un certo « grado la condizione necessaria di ogni rivoluzione>, (Rivolu:.ione e Contro-rivoluzione, Roma 1899, p. 44:). Essa non accenna a scomparire. Il Sorel (ùber die cap. Cone. ne' Soz. lrfonatshejte, Berlin, 1900, Ili, 149) dimostra come lo stesso concentramento dei capitali nella grande industria favorisca lo sviluppo della Borghesia media, che, come un tempo, si vale del-

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