Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VII - n. 16 - 30 agosto 1901

... 306 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE !:,OCTALl I diritti dellastoria Crispi giudicato da E. T. Monetaex-direttore del "Secolo ,, Era scritta la risposta ai miei calunniatori cli ogni genere, che si erano accaniti su cli un cadavere per trarne occasione a schizzare fango e veleno contro di me, quando mi giunge La Vita Interna~ionale del 20 agosto con un articolo del suo direttore E. T. Mo- •eta. E. T. Moneta diresse per venticinque anni Il Secolo; vive e scrive in Milano che fu l'ambiente più finamente ed onestamente ostile a Crispi vivo e po• tente; fu sempre avversario inesorabile dello stesso Crispi. Ebbene, T. E. Mol)eta contro Crispi, dice• meno di me; in favore di Crispi, dice forse più di me. Se ne giudichi. · « Nel luglio del 1888, scrive il direttore della Vita Internazionale, dichiarai a Londra ad un corrispondente del Daily News, che Crispi era un sincero e forte patriotta, ma ch'era rimasto a idee gia vecchie nel 1848. « Crispi fu certamente patriotta di.forte fibra e della gloria d'Italia costante adoratore; ma la sproporzione tra i mezzi e il fine non poteva far dare buoni risultati alla sua politica. « Se fosse morto all'indomani della presa (liRoma, pel cui acquisto molto egli av"!va cooperato, ,_spingendovi il ministero cli allora, per molto tempo peritoso al gran passo, l'omaggio di tutta Italia, specialmente dalla parte più liberale, non sarebbe mancato alla sua memoria. « Non dimentichiamo che vi furono momenti in cui tutta l'Iialia, meno i soliti ideologi e i supposti esaltati, parve crispina; che gran parte degli italiani viventi all'estero, gente che concepisce l'idea della patria solamente come un opposizione allo straniero, vide in lui il rivendicatore dei diritti, dell'onore, della grandezza morale e materiale d'Italia in faccia al mondo. « La spiegazione sta nel fatto che egli rispondeva ad una concezione e ad. una tendenza del patriottismo, le qualì, sebbene siano fra noi un ana,~ronismo, non sono tuttavia del tutto scomparse dal nostro paese_. . « E però debito di giustiz-ia aggiungere, che se la megalomania andò al governo con Crùpi, non fu da lui inventata... Si può dire che in questa parte Francesco Crispi si mantenne fedele seguace della dot• trina di Giuseppe Mazzini ». E questo, a difesa, non piccola, di Crispi, nemmeno io l'avevo osservato! Descritta l'azione pro~ocanle alla guerra colla Francia del primo ministero, in termini forse meno vivaci di quelli da mc adoperati, e ri crendo un incidente comunicatogli dal ministro Goblet, ed accennante alla guerra d'Africa, tlfoneta continua: « Se ad Adua il generale Baraticri invece cli perdere avesse vinto, e se il disegno di un impero Etiopico avesse potuto realizzarsi, oggi l'apoteosi a Francesco Crispi non sarebbe mancala anche da parte di molti di coloro che non hanno sentito alcun rimpianto per la sua scomparsa >>. E conchiude dopo avere ricordato, meno severamente e meno dettagliatamente che io non abbia fatto, i danni del governo cli Crispi : « Egli non mancava di alcune delle qualità desiderabili nell'uomo di Stato. Aveva scarsa coltura e poche idee, ma in quelle poche aveva una fede inconcussa; aveva nei momenti di azione una pronta percezione circa le risoluzioni da prendere; aveva una forza di volontà e una tenacità cli propositi di cui non diedero esempio altri uomini di Stato pur celebrati; e se tutte queste at81 bi iOÌ9C8Gino Bianco titudini fossero state rivolte ad. una giusta e civile causa, non v'ha dubbio che ne sarebbero venuti eccellenti risultati. cc Ma felice intuizione di Crispi fu quella del 1860 d'indurre Garibaldi, qvando vi aveva già rinunciato, alla spedizione di Sicilia, facendogli leggere telegrammi che s'era fatto venire da Malta, che dicevano l'insurrezione ancora persistente nella provincia di Palermo, quando era già domata. cc Era giusto, dopo avere rammentato ali errori e le colpe di Francesco Crispi, ricordare quella che sarà la più bella pagina della sua vita >>. Cosi chiude onestamente Ernesto Teodoro M0neta il suo giudizio su Francesco Crispi, iniziato in nome dei di1'itti sup1'emi della storia. Non una sola paro]H-, 11011 un accenno alla questione morale. Questo accenno, questa parola erano quasi necessarii in una rivista come la Vita Internctzionale, che raramente e· con scarsi dettagli se n'era occupata nei suoi quattro anni di vita. Chi vuole conoscere Crispi dal solo :-tullio del pubblicista milanese, ne avrà un'idea incompletissima e molto migliore della realtà. Invece nella Rivista popolare, dove per sei anni continui si era scritto, e acerbamente, della questione mo!'ale, dopo di avere ricordato ciò che di Crispi, dal lato politico e morale, avevo scritto in giornali e riviste e in parecchi libri - Banche e Parlamento, Gli avvenimenti di Sicilia, Consule Cris_pi, ecc. - dopo avere già detto che la questione morale e la mia fratema amicizia per Cavallotti avevano scavato un abisso tra me e lui, sentii il dovere di aggiungere esplicitamente: cc La ]?arte da me presa contro Crispi, vivente epotente, ml perm:ette cli sorpassare sulla quistioue morale e sulla vita privata di Crispi caduto e disceso nella tomba ». Io comprendo ed ammiro il silenzio pietoso di E. T. Moneta cli fronte ad un cadavere. Egli fu nobilmente generoso. Ma non posso accettare la lode di generosità che mi viene da amici carissimi a spiegazione della mia condotta: io fui semplicemente giusto. Cosi mi dice la coscienza, che sinora mai m'ingannò. Coloro che negano i diritti della storia e alla giustizia sostituiscono l'odio settario: saranno buoni per lanciare scomuniche, ma nè potranno mai educare, nè prefiggere ad un partito un ideale elevato. N. C. I beneficdi ellaLibertà Tutti i giornali in occasione degli scioperi dei tramwieri di Napoli, di Roma e di Milano hanno avuto oc• casione di• commentare, assai benevolmente, i risultati cho si sono ottenuti, <l,talcuni mesi in quà, dal contegno corretto del governo nei conflitti tra capitale e lavoro. Capitalisti e lavoratori, avvezzi, per lo passato, a vedere schierare le autorità dalla parte <lei primi, anzi, in consoguenzit dell'attuale dovt,rosa JJeutralità del governo stesso sonori usciti ad interpretarla molto inesattamente: gli uni vi hanno visto 1111 segno di ostilità; gli altri in vece vi hanno riconosciuto una specie d'incoraggiamento e quasi di conui,·enza. L'erronea interpretazione, intanto, ha prodotto un risultato assai benefico: gl'intraprenditori hanno ceduto più facilmente, perchè insolitamente non si sono sen• titi protetti, e<l hanuo temuto il peggio colht supposta partigiana ostilità del governo; i lavoratori invece che alla loro volta si sono creduti protetti, o che almeno non hanno temuto più le illecite e inique ingerenze del go,·erno, hanno osato ed hanno resistito più del solito, Raramente, e molto meno che in Inghilterra, nel Belgio o in Francia, si sono abbandonati a violenze. Con ciò, come, con molta opportunità, lta osservato

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