Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VII - n. 16 - 30 agosto 1901

RIVISPTOAPOLAR DI POLII'ICALETTERE E SCIENZESOCIALI AnnoVII. - N. i 6 Abbonamento postale Roma,30 Agosto1901 Il 15 Settembre pubblicheremo : L'antica Matl.a nel Settentrione (A proposito del Processo Palizzolo). Attornoad uu cadavere La condotta mia verso Crispi, moribondo e codarl1amente abbandonato dalla tm·ba dei suoi ammiratori di Distinguiamo. La seconda affermazione è esatta; e la ragione dell'eccessivo amore è chiara: nelle mie idee e nelle mie azioni sono sinceramente, profondamente convinto di pensare e di agire bene. Se non avessi tale oonvinzioue non avrei il coraggio e l'energia di sostenerle e di com- una volta, e verso Crispi morto, c h e appartiene alla storia, ha suscitato v i v a c i commenti, ire astiose e calunnie b a 1 o r d e nella stampa che appartiene ai cosidetti partiti popolari. Data la mia posizione politica e i miei trentanove anni di vita pubblica, sempre coerenti, e che sono più diritti di una lama ,li Toledo, ho piìt che il diritto, il dovere di rispondere Domenico Morelli (1) pierle negli ambienti più ostili, non) avrei la '.forza per affrontare pericoli e sacriJizi di ogni genere. Senza (lUell' elemento, che a Tasca quasi dispiace, non avrei potuto per tanti anni lottare energicamente e incessantemente proprio contro [◄'ran· cesco Crispi nel :Vfezzogiorno , in Sicilia, nel mio Collegio. Gli scettici erl i tieµirli 110nsi riscaldano; oh no! Forse pensano a qualche cosa giusta; ma non la ma,11ifesta110,enon agiscono. La passione è l'ele111ento precipuo e migliore per l'azione. a tutti. Nel rispondere rilevo che alcuni botoletti ringhiosi di un giornale repubblicano , a dare autorità al proprio attarco villano premettono che io sono 6enipre insofferen te di critiche, mentre 1'11micoTascfl. n e I I a Battaglia, manifestando i 1 s n o rammarico, prevede che il suo dissenso non mi piacerà, perchè io sono sempre eccessivamente innamorato delle mie ide.e e delle mi e azioni (I). ( 1) A proposito di A. Tasca. Egli mi attaccò molto ir.r giustamente. se bbene con pal'ole as eai ::.ffettuose e deferenti. Risposi citando dati e fatti inoppugnabili. Allora un capo ameno, su cui riternerò, telegrafa all"Avanti ! « Colajanni risponde punto per punto; fa lapropria auto. apoloqia. » (1) Vedi artico]() di Salvatore di Gia~omo a pagio:i 308. In quant,1 ad essere sempre inso_Q'erente cli critiche, come affer• mano i botoletti ringhiosi, è una semplice menzogna. Pochi uomini credo che siano stati fatti segno a critiche slliCntifìche e politicho quanto lo fui io; cd alle critiche oneste e d<,,centi, se ,ennero dapersm1e rispett,abili, nsposi s e m p re nella forma piì1 corretta. Spe~sissi mo t,1cq11i. Non potcYo e non clovevo'.tiicere quando i critici si chiamarono Ferri o Lombroso, e non potevo essere calmo e rispettoso (lnanclo le loro crit,iche erano state astiose :,ed a base Gran c6lpa la mia: accusato mt difendo, ma dimentico di fal'e !"apologia di Ferri, o di Bissolati, o del gerenle della BiEJ ~~·"'a Gino Bianco di mala, fode. Il mio silenzio potè sembrare tfl.lora profondo disprezzo - sono i botoletti i·epubblicfl.ni, che sottolineano la frase per fare pompa ielln. loro inutile

302 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCTALI malignità; ma era necessario spesso di fronte all'insolenza volgare; sarebbe sta,to deplorevole tal'a,ltrn di froute, non alla critica, ma alla insinuazione codarlh ed alla bassa calunnia. La forma mia, poi, sia che lodi o biasimi, attacchi o difenda, è quella che è stata sempre, quella cli nn uomo profondamente sincero in ciò che dice, e che, per smi disgrazia e senza alcuna sua col va, non conosco menomamente il lenocinio della forma che attenua, smussa, o che sembra lisciamento anche quando lascia il seguo si~nguinoso sulla cute altrui. lnf-ine non sar,\ male avvorti1·e che cli fronte ai critici mnici ('!) nna <\erta asprezza cli forma ò ulllaua o si spiega: essi hanuo sensi finissimi per la percezione, se dico, scrivo o faccio cosa che a loro sombra erronea o biasimevole; ma raramente, e pochi, sono quelli che corrono in mio aiuto quando sono iniquamente attaccato dagli altri. Un esempio recente. Or è un anuo feci nella Camera nn discorso onesto e sincero sulla spedizione in Cina, che fu molto lodato ... nei corridoi cli .\Io11tecitorio. Dopo alcuni mesi nei vari Parlamenti di Enropa i rnppresentauti delle val'Ìe gradazioni della democrazia ripeterono le stesse cose da me dette in luglio. I giornali amici li lodarono e li difesero ttttti. Che cosa accadde a me 1 Fni 11rlato i11clccentemeuto e di:sonesta,- JUente mentre parla,vo, sernm che alcuno JI1idifendesse; fni lasciato solo alle prese con un grosso mastino c1ol1a stampa monarchica, senza che i critici <i1nici (?) o i botoletti ringhiosi cli oggi prendessero le mie parti. E uo avrebbero avuto il dovere, se essi avessAro crednto che io avessi sostenuto una causa giusta; se in loro fosso stato (]uel senso della solidarietà, che in me è esuberante, e di cui ho dato numerose prove. Ed ora vengo allo critiche, alle insinuazioui ed alle calunnie pel caso speciale. Innanzi ttttto i miei sinceri ringraziamenti al Secolo ohe discute onestamente o uon scomunica., ed a cui 1·ispouclenì nello suo stesse colon ne; all'Itcilici clcl 1-'opolo, che ha, volnto conoscere tutta la verità prima ili condanmmi; al Giornale del Popolo cli Genon, che ha avuto per me parole confortevoli. Con ciò ho fatto conoscere che la stampa demo,)ratica quotidiamt lrn tenuto verso cli mc (]nel contegno leale e cortese, che rende inco1Uprensibile l' Otitilit,ì, spesso disonesta, dei giornaletti settimanali, in prevalenza pubblicati iu C]_uelMezzogiorno, che ostentò un:t specie di venerazione per Crispi vivo. Xon rivolgo parole cli ringraziamento alla sta111pa, monarchica,, che, dal Veneto, e ·dal Piemonte alla Sicilia, ha avuto parole affettuose per me: non già percltè in me sia scarsa la riconoscenza, ma perchè il presento dibattito è cogli amici, o con quelli elle dovrebbero essere tali. La prima parola ad Alessandro Tasca - a lni, che mi difese strenuamente nel Siciliano uel 189,1; a lui che fece atto cli generosa solidarietà verso di me nel 1899. Egli, come il Secolo rimproverava a certi incoscienti cli Roma, è stato troppo precipitoso nel rimproverarmi errori, che non ho commesso. Ciò che dissi nel Consiglio provinciale di Caltauis setta in riassunto è ciò che sta scritto nella Rivista Popdlctre del 15 agosto; il contenuto' del mio articolo è quasi identico a quello suo della Battaglie, 118 agosto\, I merHi che assegnai a Crispi, in forma più elegante e piit spiccata, glieli assegna Aless11nclro Tasca; i demeriti di C1·ispi, invece, furono cla me con più preci- ~ione esposti e documentati. Notai io, e notò Tasca, che l'esagerazione talora offuscasse anche gli avversil.ri di Crisp;, che per rea~io11c arrivarono a negctrgli qualsicisi merito patriottico (I) Alla quistione nioralo accennai più recisamente io che 'l'asca; e svolgerla piìt ampiamente 11ulla Hici1tn, nella quale me n'ero occupato ce11to volte, ora ingeneroso <li fronte ad nn cacla1·ere: e fn generoso e 01walleresco il silenzio di Tasca. Ma il tlirettore della Battaglici cl1e volle <'Ssere giusto, e non altro, verso cb i appartiene già alla storia, di una (1) Richiamo l'attenzione del lettore sull'art'colo di Ernesto Teodoro Moneta, che riassumo separatamente sotto il titolo : I diritti delta storia.. Bibliotec~ Gino Bianco climenticaur.a 1-a rimproverato: ed egli son sicuro no fanì. ammeJJda, onorevole. Egli tra i meriti cli Crispi non fece cenno della legislazione civile cfol primo ministero, che uou sfuggì ai repubblicani del Giorncile del Popolo, quantunque l:1 trovn,ssero incompleta (e qnale la ll'gisl,izi,,no compiota ?l; che non sfuggì al repubblicano ~leren della Corrisponden:::n rercle che la lodò moltissimo: etl il ~fereu non è somplicenio11te repubblicano, ma anche frnnc<'filo appnssionnti simo! Per parte mia t·ipeto che l'opera legislutiva <lei pri1110 ministero Cri,:pi nell'insieme fu ardita, gnrn<liosa, democr:itica. Aggiungo il ricordo della. giustizia amministrati1·a, allora da Crispi st11bilita, e la fondazion'e dell'ufficio cl'immigrazio110 di J<:llisIsla11d che fu affidato al competentissimo Egisto Rossi. li gi ndizio sintetico cli Tasca sull' « uomo formidabiic » che fu il « mppresentcinte tipico della cleerepita (?) 11uip1ir sempre sfol_qorante coscien:::cincizionalista », tutto sommato, è viù entu~ia~tico del mio! l<:c'è (lell'altro: Alessandro 'J'asca ignora, pcrchè il corrispoDdoute del Giornale cli Sicilia, per moti vi facili a comprendersi l'o1nise, che 11el Consiglio provinciale di Caltanissetta, pnr cornmom0rando Crispi unitario, patriota e legislatore, accennai a colpe ecl errori delle (]u,Lii 11011m'i11trattenevo, perchè a,vrei clovnto anche spesso parlare di me stesso. Non ho ueppuro ragiono di tacere - soobene ciò mi sia stato rimproverato come att,o poco cavalleresco - che rifiutai esplicitamente. per motivi che tutti dovcvnno intenclerc, cli associarmi al telegramma alhi famiglia tli Crispi. Ha torto - e spero che 011ostamente lo coufessor.\ - Alessandro Tasca nel rimproverarmi l°opportnnisnio sentimentale. L'opportunismo, con o ~enza aggotti vo, è parola che non esiste nel mio vocabolario. Egli lo sa. L'opportnnismo coll'aggravante tlella epilessici da se11ilitcì - ecco uno dei tanti fiori rli gentilezza che mi si mandano, o che ho il torto di !'('Spingere - mi rimprovera altro giornaletto, che la dottrina socialista compendia spesso nell'insolenza. Esso pone un dilemm:.i semJJ!icistft: o f11,i ccilnnniatore qucindo _qiudic(ii severamente Crispi; o sono n·n imbecille ndasso. 11 poveraccio sn ppoue che per rendere giust,izia ad un morto, si debba necessariamente rinnegare ciò che se ne scrisse mentre ern vivo, potente e dannoso al paese; il poveraccio non sa che il pass,,,to di nn norno pnò essere assai cliverso rial presento; il poveraccio ignora eh.o la JJSiche nlllaua è cosa complessissima, nella quale il male si puù trova.re commisto in larga od inestricabile misura col bene E potrei farlo ricredere s1t quest' ulti1110 puuto eita.ndogli esemphtri celebri scornpitrRi cli recente. Passo oltre. ., * * Vengo ad altri botoletti repuoblicaui. Essi come se avessi rinnegato la mia fede, come se avessi co111111èssoun gral)(le reato, come se avessi ornato un pericolo por la patria o per la futura ropubblica, chiedono as111aticame11to, con ansia evidentemente artificiosa per simulare l'orrore che non poteva essere sentito: On. Coll~janni, ,; ,,ero 'ì B vero? i'lfa sicnro: è vero, ciò che è vero; cioè ciò che ho detto e scritto. Calmatevi, cari botolctti. Da voi 11011atte11clo alcun sacrifìzio: nemmeno q11ollo che vi giovorobbe: qttello di non scri,·ere delle sciocchezze, nemmeuu quello di attaccare ingiustamenl,<', capricciosamente i vostri migliori amici. ~e sa oualche cosa ltoberto ì\[irabulli ! In (]trnnto a sacri fìc.,re a, me il pri!tcipio etltcimente eclttccitivo che rapprese11t ile nel Me:::Jogiorno per rig1wrcl, -personali •verso 1winini. anche del vnlore mio .. via! rispurmiate al pubblico cl,o possa crepa.re dalle risa. E sentite: qnaudo per la educazione del Mer,zogiorno avrete eletto, fatto e scritto la centcsi nrn parte cli ciò cl1e ho detto, fatt,o e scritto io. da .\.spromonto sino ad oggi, potremo <liscorrerc snl scrio. In questo parole direte elte c'è dello smisurato orgoglio. C'è-. ?l'!a uon pu<Ì non esserci : lo gencr,1, la piccolezr.a altrui. Sentite 11.ncorn: avete al vostro atti,·o una bella campagna,, che non voglio supporre 11<,111mensouggerita dall'invidia dei successi altrui, ma che credo deterrniuata dal sincero amore pel vostro, pel nostro paese - per la cau-,a della pubblica moralità, :\fa in questa c:unpagna iniziat,t contro uu pigmeo

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 303 già demolito, voi non avete messo al cimento che la libertà del povero gerente respousalJile, tlietro al quale avevate il diritto e il clovere di starvene appiattnti. Altre volte iniziai clelle campagne per la educazione del Mezzogiorno contro colossi e coutt·o lcgioui; e in una posi a repentaglio due volte, in diverso modo, la vita mia, uon la liberti\ altrui. Per voi non disprcz:;o projo11ào, ma benevolo com patimento. Dopo tutto siete brnve persone, e son sicuro che se in qualche occasione mi crederete utile, dimenticherete l'omaggio reso ad un morto cho avevo combattuto, come voi non saper-e neppure immaginare, vivo e potente; e sono convinto a,ltresì cltc le esigenze della concorrenza giornalistica vi hanuo imposto il sacri fizio real e cl i a ttacca re un galantuomo contro Ja, vostra stessa coscienza. * * • Il recorll delle insin11aiioni liasse e dellt, calunnie sfacciate contro <lime in q nesta occasione è stato tcunt,o dal corrispollllentedel1' .Avanti da, Palermo e cli u~ periodico setteutrionale da N11poli. Comincio dal secondo, rrnche J)er rispettare la cronologi11. Quando daGinseppe Paratore appresi oerti atti cli snp1·e111aviltà verso Crispi agon i1,za11te flblii una vampata d'indignazione, e pregai l'amico di apporre la mia firma nel registro dei visitatori a Villa Lina,. l giornali 11otarono il, fatto e subito un follaiuolo napoletano ne scrisse al periodico settentrionale colla solita indignazione, dopo en 11merati, assai incompletamente, gli atti che signif:icano ostilità grandissima ed irreconciliabile fra me e Crispi. Ct·iRpi; non a 7,anardolli, che non gli era amico; non n, Sonnino che del moribondo non si prese cura alcuna; non al Re, infine, clie si mostrò sempre verso Cdspi vivo, moribondo e morto, o tiepido o avverso! Dunqnc r Avrei perdouato ad un moribondo quasi da tntti abbandonato, per ricevere il potere dnlle mnni del defunto Don Achille Lanti ... Imbecille! ... Emalvagio. Non èla prima volta che i miei rnpporti con Crispi fanno sollevare questa accusa stupida di ambire il potere sotto la monarchia, senza tenere couto delle ripugnanzll invincibili che pel mio tempentinento il potere mi suscita, e che descrissi iu un articolo: Se fossi inini.stl'O ! che a suo tempo impressionò, o cho pubblica i nell'Isola. Nel i 1894 mentre facevo il mio dovere in Sicilia per preghiern e cona siglio dei radicali, repubblicani e socialisti,- oltre che per sentimento mio, i socialisti Ret.tentrionnli si divertfrono a scagliarrni cont11melie e calu uni e nel Pnnto nero - molto nero a mio riguardo - di Reggio Emilia; e trn le alt.re cnlmrnie ci fu quelln . eh e io sarei stato premiato del mio tradimento verso i Fasci con un portafoglio. Gli stolti ignoravano, che il potere, senza ricercarlo menomamente, mi_ era stato offerto realmente in clicembre I 8 !l 3; ma che lo avevo respinto in nome del mio temperamento e dei miei principii senza menarne vanto, e prima cbe Crispi si rendesse colpevole della reazio11e,nel momento in cui anche l'Bstremci guardava a lui con siml)at.ia o con benevola cliffidenza come scrissi nel precedente articolo. Delle calunnie feci giustizia sommaria nel 1 8 9 5 nell'opuscolo : Se il Jollliiuolo si fosse limitato a manifestare la sua sorpresa o la sua indignazione per 1'11tto mio non avrei da dolermi I due granatieri del Sud-Africa: A Lord Roberts 2 milioni, a noi, niente. Sempre così!! (Liistige Blatte,· di Berlino). Oonstile Crispi ! I\Ia l'avevauo fatta prima i socialisti, i repubblicani e· i radicali di che di un apprezzamento ingiusto. i\1a il mio critico volle llare la prova cli essere ~ciocco e malvagio chiudendo con queste parnle: <I Vem1nente « no11c' 1• piìt da meravigliarsi delle ric.ercale 'ECCEN'l'ltl- • crr,\ dell'on. Colajcinni, e non 1' ci,wora spenfa l'eco <I della discussione pal'lamenlare elci clazi stil g,·mw. Il <I perdono al grancle deplorato, votrebbe essere il primo <I 1Jasso... stilla via del potere ». Il follaitiolo è uno sciocco. Infatti solamente un imbecille può qualificare come una eccentricità - la parola è stata da lui sottolineata - la parte da me presa nella questione del dazio sul grano. La, cosa è troppo gmvo per essere una semplice eccentricità : o si trntta di una campagna interessata, e perciò disonesta, da me intrapresa in favore ciel dazio 8ul grano; o cli un eri ore economico gravido di pernicioso conseguenze pel paese Il follaiiiolo se non vuole vedersi trattato da ~ciocco deve dimostrare: o che sono disonesto o cl.te so110 in errore. Ma, il follaitwlo si mostrn sciocco e malvagio eutmziando l'ipotesi che il perdono mio abbia potuto essere determinato dalla speranza di acchinpparo il potere. A chi poteva riuscire gradito l'atto mio~ Non a Giolitti, ch'era nemico personale e politico di BibliotecaGino Bianco Sicilia nel 189.J, e la ripeterono solenne nel 1899 Nicola Barbato, Tasca, Garibaldi Bosco. Se gli accusatori socialisti del l 894 potevano nvere la scusante dell'ignoranza, non può averla in _alcun modo il .follaiolo napoletano del 1901, che dovrebbe conoscere i fatti, e che ripetendo le codarde insinuazioni di setto anni or sono si denunzia per quello che è : sciocco e nicilvagio ( l). Il non assumere il potere mi suscita un solo rammarico: quello di nou poter venire a conoscenza se il follaiolo sia r~gli stipendi della Polizia. (I) Filippo Turati, nel. 1894, nella O,·itica sociale, ingannato dalle voci maligne, si mostrò ingiusto verso di me, e ne fu vivamente redarguito da Tasca. Egli non tardò a ricredersi, come deve fare qualunque galantuomo, e in un momento solenne m'indirizzò una lettera che pubblicai intera a suo tempo nella Rivista popolare, e di cui è opportuno riprodurre qnesto brano : Carceri giudiziarie di Milano. Mio carissi1no, .: Sono le ultime lettere prima che cali su di noi la pietra sepolcrale della reclusione. II cuore mi suggerisce di mandarti un saluto. Tu sei nel numero dei vecchi amici, il cui

304 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI • .. . Il follaiolo di Napoli ba un confono; trovò un co~- pagno in un certo Albus che da Palermo manda corrispondenze all'Avanti! Prima di occuparmi di lui apro una parentesi. Alla corrispondenza, con relativi sot.to titoli, è apposto q.uesto titolo generale: La coerenza cli un deputato repubblicano. Vedremo dopo la recondita ragione del titolo, che voglio sperare non sia stato trovato da Leonida Bissolati; intanto noto che ci vuole un cor!1ggio superlativ? in un socialista a rilevare la pretesa mcoerenza altrui, giusto in questo momento?· in c11i la incoere_nca dei socialisti - illustrata splendidamente da Labnola e Merlino tra gli altri - è tanta che ne creperebbe d'indigestione il più mastodontico animale antidiluviano! E torno in carreggiata. q Albus vuole mostrarsi scrupoloso e riproduce il telegramma mandato da Caltanissetta al Giornale di Sicilia. In quel telegramma, incompleto, già c'è tanto per i smentirlo e convincerlo che non si era trattato di un'apologia, ma del riconoscimento di una :verità storica pur~ e semplice, che io credetti doveroso fare, e che altri scrivendomene, qualificò no~ile e generoso atto, che dovrebbe onorare tutta la vita mia. Il sentimento di alcuni socialisti è ·alterato; perciò gli atti doverosi per me, generosi per gli altri, di vengono un'aberrazione! Non contento dell' aberrazione to·ut court, - cosa umana e perdonabile - insinua un movente volgare e basso soggiungendo in parentesi: che non voglio s1ip- • porre elettorale. Qui è evidente la malafede. Non è immaginabile l'ignoranza in chi seri ve da Palermo, dove tutti sanno che le lotte elettorali più aspi:e nel mio collegio le ho combattute in nome del mio anti-crispismo. In una delle più recenti e delle più contrastate, mentre Crispi era vivo, 1ninistro tenmto e onnipotente, la mia sola ed unica piattaforma elettorale venne costit,uit.a dal mio pamphlet: Consule Orispi, che Cri spi non potendo fare oppugnare vittoriosamente dai suoi scribi, fece sequestrare da magistrati compiacenti .... (1) E poi perchè cercare moventi loschi all'atto mio doveroso o generoso, a seconda cbe viene giudicato da me o da altri 1 Basterebbe guardare ai miei precedenti per convincersi che si tratta di un difetto - giacchè tale appare ad alcuni socialisti e repubblicani - del mio temperamento. Sin dal 20 Dicembre 1892, quando denunziai le patrim·calità della Banca Romana, a Crispi che si era unito al coro degli stolidi Miceli nel vituperarmi, risposi sereno: Potrei rispondervi malamente, ma nie ne astengo ... Combattei, e quasi solo, una lunga lotta contro Giolitti, onnipotentissimo ministro sostenuto da parte dell' Estrema sinistra nel 1893; ma quando lo vidi iniquamente 1tttaccato nel 1895 dalla banda crispina, mi ribellai, e mentre tutti avevano quasi paura di nominarlo, io lo difesi proprio contro Crispi vivo, provocando sinanco un'irata interruzione del mio buon amico personale Luigi Morandi. Mentre i Fasci sorgevano, e sembravano vitalissimi, e se ne magnificava la forza, e trovavano adulatori dapperricordo si confonde con quello della nostra giovinezza, dai quali nè aspre1.za di polemiche, nè bi1.zarravicenda di eventi, possono allontanarmi durevolmente. ~fi pa,-rebbe di 1nanca.-e a me stesso se l~sciassi su di mo ,·icliiud •.-e il sepolc,·o smza averti mandato un abb,·acdo » Turati era Turati. Gli Alb11s e i follaioli forse mi denunr.ieranno alla Polizia alla prima occasione, se il conto loro tornerà. (1) Il Giornale del Popolo, nel protestare, a proposito di un articolo del Resto del Carlino per non essere confuso tra coloro che mi avevano scom,,nicato, conchiude: « Erberto "pencer rifiu1ò la candidatura alla Camera dei Comuni, osservando ch'egli non avrebbe potuto ascriversi ad alcuno dei partiti attualmente esistenti. Siccome non è l'organizzr.zione d'un pa1tito repubblicano a Castrogiovanni che abbia assicarata l'elezione di Napoleone Colajanni, resti egli alla Camera, forte della fiducia dei suoi elettori, e dell'effetto e della considerazione di quanti, alla Camera o fuori, hanno in pregio l'ingegno e la sincerità delle opinioni. )) E possibile che sia ignorato a Palermo, dove sono conQsciutissimo, ciò che è noto a Genova~ Biblioteca Gino Bianco tutto, io li attaccavo mostrandone la base fallac~ e i pericoli nascosti, nella Rivista Popolare, allora duetta da Antonio Fratti, nel Secolo e in altri giornali. Ma quando sopraggiunse l'ora del _pericolo e della persecuzione, mi levai, con tutta ·Ja mia buona volontà e con tutt.a la poca forza di cui disponevo, a loro difesa e neri vendicai la memoria in quelli Avvenimenti di Sicilia che fu dichiarato libro 11,ureoda Felice Cavallotti, che Albus sicuramente non ha letto, e che se avesse letto non avrebbe compreso per daltonismo morale e sentimentale. A questa condotta mia, che qualcuno arrivò anche a <lire ingenua, e che rende intelligibilissima a chiunque ha cuore; la giustizia resa a Crispi morto, fa riscontro quella di qmdche socialista a mio riguardo personale, e ciò eh 'è peggio, di molti socialisti - delle vere collettività - che rimarrà memorabile negli annali della viltà umana. Obi botoli coraggiosi e valorosi dinanzi ai cadaveri, che forse avreste anche il coraggio di farla da Maramaldi, leggete ciò che Arturo Labriola b11, scritto testè dei so(lialisti di Tori no: « Mentre l' indomani della semaine sanglante il Consiglio rlirettivo dell'Internazionale rivendicava la causa delJa Comune macellata; tuonava ancora il cannone per le vie di Milano che i socialisti torinesi insult11Nano le vittime proletarie della ferocia di Bava-Beccaris, qualificaudole : barabba e teppisti ! Insulto che disooora soltanto chi lo sottoscrisse D. (1) Il signor Albus probabilmente appartiene alla categoria dei socialisti che vituperano i massacrati. Egli non è in condizioni morali di comprendere chi disarma dinanzi ad un morto. * •• Dopo tutto comincio a dubitare che Albus non si sarebbe i;;candalizzato del mio discorso di Caltanisset.ta, se questo non gli avesse somministrato l'occasione di una serqua d'insinuazioni contro un repubblicano. Egli infatti dopo la riproduzione del telegramma al Giornale di Sicilia, conformemente al titolo suggestivo apposto nella corrispondenza all'Avanti! aggiunge: <I Dopo cli che, mi sia lecita una sola domanda: Che <I ne pensa l'Italia clelPopolo 'I Perchè Arcangelo Gbisleri, « il quale dà continuamente consigli ai socialisti e fa <I scongiuri, e profetizza, e rompe le scatole a Filippo Tu- <I rati e ad Enrico l!'erri, non pensa ai fatti di casa sua << non si occupa dei deputati repubblicani inneggianti <I a F. Crispi 'l.. Ma. il bello è questo: che i Ghisleri « d'Italia vorrebbero che noi socialisti ci soffermassimo « lungamente alla pregiudiziale politica (trascurando gli « interessi del proletariato) per aspettare la repubblica. <I quella tale repubblica, che dovrebbe essere fatta - « se non sbaglio - mercè il concorso di deputati come · <r il Colajanni... ! · « Se dovessimo aspettare certi repubblicani italiani, « per dio! staremmo freschi! D Pare impossibile che queste maliguEI sciocchezze si possano scrivere da un socialista, che dovrebbe conoscere uomini e cose, prima di giudicare a forza di punti ammirativi ed interrogati vi. Dirò in ultimo del mio repubblicanismo; intanto rimando Albits a tutta la collezione della Rivista Popolar-e, per apprendervi ciò che tutti i correligionari hanno ripetuto a squarciagola. Sono i socialisti che si sono vantati dapertutto in Italia di avere ridotto alle miuime proporzioni i repubblicani; sono essi che hanno fatto una continua/a .e sapiente campagna di sofismi e di demgrazioni contro la repnbblica; sono essi che l,anno ingenerato nelle masse il più deplorevole scetticismo sulle forme politiche, predicando che repubblica e monarchia si equ"ivalgono; sono essi che procacciaronsi per tanto tempo la simpatia dei monarchici e che perciò mi dettero agio a scriYere l'articolo : L'ingratitiicline dei monarchici (l-livista Popolare 30 agosto ] 898); sono essi che si sono fatti alleati dell'on. Sacchi nella campagna contro la pregiudiziale repitb· blicana dichiarandola allegra o metafisica; sono essi (1) li Labriola aggiunge in nota ch0 la firma di Morgari fu 1pposta al manifesto dei socialisti di Torino senza saa au, toriziazione. Ai moti del 1898 consacrai un libro che venne lodato - pare impossibile - anche dall'Àvanti- Nella Rivista Popolare accennai molto pru<lentemente al manifesto di Torino; come in Twnulti e reazione feci un cenno fogacissimo della testimonianza monarchica di De-Amicis innanzi al Tribunale di guerra cli Milano,

RIVISTA POPOLARE Dl POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 305 che mandano il loro migliore oratore (Ferri) a combattere in Romagna l'ultimo focolaio vero del· repubblica- , nismo ; sono essi che, per non cadere nel ridicolo facendosi aperti sostenitori di un collettivismo monarchico, e per non ricevere le staffilate di Marx e di Engels, che sorgerebbero dalle loro t~mbe diuanni 11: collettivisti rinneganti la repubblica, hanno trovato rn Parlamento e fuori la balorda formula negativa del collettivismo a-monarchico (Turati) ed anti-monarchico (Ferri). ( 1) . . . E dopo ciò pretendere che 1 repubbiicam possano fare la repubblica, quando i socialisti si gloriano di avere ridotto all'impotenza i repubblicani e di aver6 discreditato la formula repubblicana, è una ironia di µessimo genere, che si pnò permettere un qualsiasi Albus, che sarà certo uno di coloro pei quali i monarchici conservano molta riconoscenza; dato che non l'abbiano già ai loro stipendi. * . • * Mentre scrivo ignoro ciò che risponder~ ~r~auge!o Ghisleri, che mi ba avuto cooperatore att1v1ss1mo sm dal J878 nella lotta pro repubblica, all'invito di Albus; Cavallotti tornasse in vita, imporrebbe loro di non adoperare il proprio nome per vituperare il mio. Forse insegnerebbe loro, che non è lecito commettere un anacronismo stridente prendendo lui come simbolo di un rep11bblicanismo militante, quando egli noni lo era, per motivi altissimi che souo espo3ti nella lettera a me diretta e pubblicata nella Rivista vopolare del 30 marzo 1898, e che avrebbero trovato ulteriore conferma nei moti del 1898 (li. Troverà fortuna la propoRta del Circolo Felice Ca-val• lotti? In Italia la cosa non è del tutto inverosimile. (2) Se la trovasse non toglierei a pretesto la espulsione per passare nel campo avversario; oll. nò ! Ma mi confor!;e• rei colle parole di Cavallotti: <r La popolarità può es- « sere una forza 11tile - ma bisogna avere il coraggio « cl'injìschiarsene ». Il caso mio poi servirebbe di ammonimento a quanti vorrebbero far professione di fede repubblicana in Italia. Insegnerebbe elle trentanove anni di vita -- quanti ne corrono da Aspromonte ad oggi - consacrati ad un iòeale; il carcere sofferto, le battaglio combattute, i sacrifizi pecuniari fatti, fa rinunzia alla voluttà ed ai be• so però che c'è stata già un .Associazione repubblicana di Roma, che prende nome da Felice Ca·vallotti,cbe ha dato la ri~posta desiLo scioperodei milionari nefìzi del potere, i libri pubblicati i discorsi pronunziati, tutta l'attidtà fisica, morale e intellet,tuale spesa per l'idea.le durante i suddetti trentanove anni, vengono distrutti e cancellati dalla grave colpa di avere reso giustizia - niente altro che giustizia - ad un morto, che si combattè per trent'anni cir• ca mentre era vivo e potente, e se ne affrontò l'ira e la vendetta el'fotti va com battendolo in quel che doveva esser0 combattuto. derata. 12) L' Associazione romana ha infutti votato un ordine del giorno col quale s'invitano le altre associazioni analoghe d' Italia, a proporre al gruppo parlamentare re.pubblica.no la mia espulsione, avendo io rinnegato i principi professati pel passato colla commemorazione di Crispi fatta nel Con• siglio provincil>-le di Caltanissetta. Non conosco i membri dell'associazione che si è preso l' incomodo di scomunicarmi; nè so se siano repubblicani autentici o di princisbecco: voglio supporli· I milionari; Avvezzi a non far nulla, per scioperare, non ci resta che metterci a vangare. (Uomo di Pietra di Milano) I puritani sbagliati della Felice Oavallotti di Roma potranno e- , spellermi dal partito repubblicano; ma non potranno mutare la mia coscienza. Non vi riuscirono le minacce e le violenze, le blandizie e le seduzioni di autenticissimi. Sono certo, però, che dopo tale proposta, se Felice (II 1--'iùvolte ho avuto agio di ricordare qui stesso l'esplicita profes,ione di repubblicani,mo di Eugt-ls ; ma. giacchè ci sono molti imbecilli monarchici e socialisti che si divertono a gabellare per monarchico il socialismo tedésco, riproduco dall'opuscolo di Labriola, di cui pP-rfatale esigenza dello spa1,io la Rivista si occuperà in altro numero, queste parole di Engels: · <I Marx ed io, da quarant'anni, ripetemmo a saziet:\, che fra noi, la repubblica democratica è la sola fo1'111a politica in cui la lotta fra la classe operaia e la classe capitalistica possa dapprima universalizzarsi, indi toccare la sua mèta con la vittoria decisiva del proletariato. <I Di fronte al proletariato, la repubblica si distingue dalla monarchia soltanto per ciò, che essa è la forma politica più acconcia ed appropriata al futuro dominio della classe proletaria. » Il Vorwae,·ts del 1. gennaio 1901 commentando le citate parole di Engels dichiarava che « la formula repubblicana è il pre11,pposto necessario della emancipazione socialista. » E. Ferri che in uno dei primi numeri della Rivista Popola,·e aveva annunziatò di essere non repubblicano, ma anti-monarchico, ripetè la formula in risposta ad un mio articolo nella Rev1<eSocialiste del 15 aprile. La lezione delle rose del 1898 e la lott11de1l'ostruzio11ismo, parvero che avessero indotti a resipiscenza tutti i socialisti ; ma la più gros~a frazione è ritornata alle tendenze monarchiche. (2) Correggendo le bozze di stampa, come feci comprendere in principio, posso aggiungere che Ghisleri ha giudicato come poteva giudicare un galantuomo. BibliotecaGino Bianco Crispi vivo; non vi riusciranno i necrofobi valorosi o i botoli ringiliosi colle critich..i disoneste e colle scomuniche sciocche sino alla bestialità. Io mi trarrò da parte ammirando questa Italia in cui il p1iritnnisino ha fotto passi così rapidi e giganteschi da rendere necessaria la mia punizione esemplare; e sopratutto mi consacrerò a dissipare ogni lontano sospetto che i determinanti della punizione inflittami abbiano potuto essere l'analfabetismo, o l'invidia, la bieca passione di parte, la voluttà della calunnia. D.R NApOLEONE CoLAJANNI. Deputato al Parlamento (1) Le parole testuali di Cavallotti sono le seguenti , « Se tu poni mente all'opera mia da vari anni vedrai, che « non c'è che uno sforzo continuo, febbrile, per vedere di « scuotere la fibra del paese e per rialzarne le energie nei « ~oli modi che credo pos~ibili, poich~ ;,. "" paese che non si (( J 1'ivollato nemmeno dopo Abba Carima ~ ,·idicolo sperare eh• e, si rialzi da s~ col metodo rivoluzionario >>. Perciò Cavallotti non volle far parte del gruppo parlamentare •·epubblicano e si pose a capo del gruppo mdicale. (2) Sino a questo momento - 30 agosto - l'iniziativa della Fetice Cavallotti, dovuta probabilmente a ripetute fogliette di quello buono de li Castelli, non ha trovato imitatori nè in Italia, nè tra IE: altre ventiquattro società che compongono la Federazione repuLblicana del Lazio, la quale in questi giorni ha avuto occasione più volte di adunare i suoi rappresentanti.

... 306 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE !:,OCTALl I diritti dellastoria Crispi giudicato da E. T. Monetaex-direttore del "Secolo ,, Era scritta la risposta ai miei calunniatori cli ogni genere, che si erano accaniti su cli un cadavere per trarne occasione a schizzare fango e veleno contro di me, quando mi giunge La Vita Interna~ionale del 20 agosto con un articolo del suo direttore E. T. Mo- •eta. E. T. Moneta diresse per venticinque anni Il Secolo; vive e scrive in Milano che fu l'ambiente più finamente ed onestamente ostile a Crispi vivo e po• tente; fu sempre avversario inesorabile dello stesso Crispi. Ebbene, T. E. Mol)eta contro Crispi, dice• meno di me; in favore di Crispi, dice forse più di me. Se ne giudichi. · « Nel luglio del 1888, scrive il direttore della Vita Internazionale, dichiarai a Londra ad un corrispondente del Daily News, che Crispi era un sincero e forte patriotta, ma ch'era rimasto a idee gia vecchie nel 1848. « Crispi fu certamente patriotta di.forte fibra e della gloria d'Italia costante adoratore; ma la sproporzione tra i mezzi e il fine non poteva far dare buoni risultati alla sua politica. « Se fosse morto all'indomani della presa (liRoma, pel cui acquisto molto egli av"!va cooperato, ,_spingendovi il ministero cli allora, per molto tempo peritoso al gran passo, l'omaggio di tutta Italia, specialmente dalla parte più liberale, non sarebbe mancato alla sua memoria. « Non dimentichiamo che vi furono momenti in cui tutta l'Iialia, meno i soliti ideologi e i supposti esaltati, parve crispina; che gran parte degli italiani viventi all'estero, gente che concepisce l'idea della patria solamente come un opposizione allo straniero, vide in lui il rivendicatore dei diritti, dell'onore, della grandezza morale e materiale d'Italia in faccia al mondo. « La spiegazione sta nel fatto che egli rispondeva ad una concezione e ad. una tendenza del patriottismo, le qualì, sebbene siano fra noi un ana,~ronismo, non sono tuttavia del tutto scomparse dal nostro paese_. . « E però debito di giustiz-ia aggiungere, che se la megalomania andò al governo con Crùpi, non fu da lui inventata... Si può dire che in questa parte Francesco Crispi si mantenne fedele seguace della dot• trina di Giuseppe Mazzini ». E questo, a difesa, non piccola, di Crispi, nemmeno io l'avevo osservato! Descritta l'azione pro~ocanle alla guerra colla Francia del primo ministero, in termini forse meno vivaci di quelli da mc adoperati, e ri crendo un incidente comunicatogli dal ministro Goblet, ed accennante alla guerra d'Africa, tlfoneta continua: « Se ad Adua il generale Baraticri invece cli perdere avesse vinto, e se il disegno di un impero Etiopico avesse potuto realizzarsi, oggi l'apoteosi a Francesco Crispi non sarebbe mancala anche da parte di molti di coloro che non hanno sentito alcun rimpianto per la sua scomparsa >>. E conchiude dopo avere ricordato, meno severamente e meno dettagliatamente che io non abbia fatto, i danni del governo cli Crispi : « Egli non mancava di alcune delle qualità desiderabili nell'uomo di Stato. Aveva scarsa coltura e poche idee, ma in quelle poche aveva una fede inconcussa; aveva nei momenti di azione una pronta percezione circa le risoluzioni da prendere; aveva una forza di volontà e una tenacità cli propositi di cui non diedero esempio altri uomini di Stato pur celebrati; e se tutte queste at81 bi iOÌ9C8Gino Bianco titudini fossero state rivolte ad. una giusta e civile causa, non v'ha dubbio che ne sarebbero venuti eccellenti risultati. cc Ma felice intuizione di Crispi fu quella del 1860 d'indurre Garibaldi, qvando vi aveva già rinunciato, alla spedizione di Sicilia, facendogli leggere telegrammi che s'era fatto venire da Malta, che dicevano l'insurrezione ancora persistente nella provincia di Palermo, quando era già domata. cc Era giusto, dopo avere rammentato ali errori e le colpe di Francesco Crispi, ricordare quella che sarà la più bella pagina della sua vita >>. Cosi chiude onestamente Ernesto Teodoro M0neta il suo giudizio su Francesco Crispi, iniziato in nome dei di1'itti sup1'emi della storia. Non una sola paro]H-, 11011 un accenno alla questione morale. Questo accenno, questa parola erano quasi necessarii in una rivista come la Vita Internctzionale, che raramente e· con scarsi dettagli se n'era occupata nei suoi quattro anni di vita. Chi vuole conoscere Crispi dal solo :-tullio del pubblicista milanese, ne avrà un'idea incompletissima e molto migliore della realtà. Invece nella Rivista popolare, dove per sei anni continui si era scritto, e acerbamente, della questione mo!'ale, dopo di avere ricordato ciò che di Crispi, dal lato politico e morale, avevo scritto in giornali e riviste e in parecchi libri - Banche e Parlamento, Gli avvenimenti di Sicilia, Consule Cris_pi, ecc. - dopo avere già detto che la questione morale e la mia fratema amicizia per Cavallotti avevano scavato un abisso tra me e lui, sentii il dovere di aggiungere esplicitamente: cc La ]?arte da me presa contro Crispi, vivente epotente, ml perm:ette cli sorpassare sulla quistioue morale e sulla vita privata di Crispi caduto e disceso nella tomba ». Io comprendo ed ammiro il silenzio pietoso di E. T. Moneta cli fronte ad un cadavere. Egli fu nobilmente generoso. Ma non posso accettare la lode di generosità che mi viene da amici carissimi a spiegazione della mia condotta: io fui semplicemente giusto. Cosi mi dice la coscienza, che sinora mai m'ingannò. Coloro che negano i diritti della storia e alla giustizia sostituiscono l'odio settario: saranno buoni per lanciare scomuniche, ma nè potranno mai educare, nè prefiggere ad un partito un ideale elevato. N. C. I beneficdi ellaLibertà Tutti i giornali in occasione degli scioperi dei tramwieri di Napoli, di Roma e di Milano hanno avuto oc• casione di• commentare, assai benevolmente, i risultati cho si sono ottenuti, <l,talcuni mesi in quà, dal contegno corretto del governo nei conflitti tra capitale e lavoro. Capitalisti e lavoratori, avvezzi, per lo passato, a vedere schierare le autorità dalla parte <lei primi, anzi, in consoguenzit dell'attuale dovt,rosa JJeutralità del governo stesso sonori usciti ad interpretarla molto inesattamente: gli uni vi hanno visto 1111 segno di ostilità; gli altri in vece vi hanno riconosciuto una specie d'incoraggiamento e quasi di conui,·enza. L'erronea interpretazione, intanto, ha prodotto un risultato assai benefico: gl'intraprenditori hanno ceduto più facilmente, perchè insolitamente non si sono sen• titi protetti, e<l hanuo temuto il peggio colht supposta partigiana ostilità del governo; i lavoratori invece che alla loro volta si sono creduti protetti, o che almeno non hanno temuto più le illecite e inique ingerenze del go,·erno, hanno osato ed hanno resistito più del solito, Raramente, e molto meno che in Inghilterra, nel Belgio o in Francia, si sono abbandonati a violenze. Con ciò, come, con molta opportunità, lta osservato

RTVISTA POPOLARE DI POL!I'JCA LET1 ERE E SCIENZE SOCIALI 307 L'Economista nell'articolo che riassumiamo nella nostra Rivista delle Riviste, si è fatto un magnifico esperimento della applicazione delh libertà nei conflitti tra capitale e lavoro. L'espei'imento diU1ost,rn,altresì, che anche tra i c1er1enerati latini si può usarn cfolla libertà, senza che sorgano gl'inconveuienti temuti e strombazzati dai conservatori e dai pusilli. L'esperimento degli scioperi, infine, se fosse stato accompagnato ùal rispetto del voto della Camera sulla proposta Mirn.belli, che sconsigliava e biasiU1avti i sequestri preventivi dei giornali, avrebbe potuto costituire nn esempio qnasi completo cli un governo italico, rispettoso ,delle libert,\ elementari. Nnlla gu,idagnano le istituzioni, che si vogliono difendere, con qnesti sequestri preventivi, e se il Guardasigilli facesse intendere alla <lecaduta magistratura che promovenùoli essa /a male, noi siamo sicuri, dato il servilismo dei procuratori <leiRe e <lei giudici isLrnttori, che essa, smetterebbe il mal vezzo ch'è tanto bestiale. quanto è inutile. Tornando agli scioperi, è caratteristica la malinconica constatazione fatta da.Ila 'l'ribwia sull'assent.eismo dei deputati monarchici in queste lotte tra capita.I.e e lavoro. " Perchè vi lamentate della popolarità e dclht influenza crescente dei [sovvorsivi sni Jayoratori - essa <lice loro - se non vi fate mai a clifen<lere i diritti e gli interessi dei medesimi ogni volta che se ne presenta l'occasione? » La buona riuscita degli S('.ioperi, <l'altra parte, non dà torto a noi che più volte abbiamo raccoma11dato la prudenza agli operai, ed abbiamo consiglin.to di non essere troppo corrivi nel provocare conflitti col capitale. La buona riu_scita in gran parte, come si è detto sopra, si <leve al contegno <lei governo che non era prevedibile, tenendo conto delle tradizioni. Nell,, buona riuscita crediamo che per lo avvenire si potrà contare meno ancora, perchè c,ipitalisti e imprenditori, ammaestrati dall'esperienza, e non ficla.ndo più ciecamente nello intervento della forza _puublica in loro favore, penseranno a difendersi cla loro stessi con nna opportuna organi,1zazione e con la maggiore solidarietà. Che gli operai siano stati spesso eccessi vi nelle loro domande, e che vadano troppo oltre nella speranza di future rivendicazioni, risulta all'evicleuza dalla circostanza che i più calorosi loro <lifonsori - Ciccotti a Napoli, Lollini e Barzilai a Roma, Turati a Milano e forse Pietro Chiesa a Genova - uon sono stati ascoltati quando o hanno sconsigliato lo sciopero, o hanno suggerito la ripresa del lavoro ""Ilecondizioni ottenute. E che la ragione sia stata dal lato di chi consigliava la prudenza ai lavoratori, l'ha dimostrato il fatto che essi, poco dopo, sono stati costretti acl accett<ire quelle con<lizioni che avevano inconsideratamente respinto. Riesce infine un significante ammonimento l'articolo dell'Avanti! (18 agosto) in cui si <limostra che sarebbe destinato a fallire miseramente lo sciopero generale, cui si voleva ricorrere dagli operai di Roma. Lo stesso ammonimento d,t noi venne ai ferrovieri qualche anno fa in occasione del fallito sciopero generale del sin<lacato Guerard in Francia. Liberaartegiovanile (l) Mio cai·o, Ho trascorso quasi due mesi m uno stato cli completa apatia. Chi conosce le gioie del lavoro, può immaginare qu,into ho sofferto. Il o: Primo canto» ha corso rischio cli disperdersi, come è avvenuto di tanti .altri opuscoli gentilmente inviatimi. Gli ò che cervello e cuore sono in disordine, e la casa li rispecchia. Se il dolore che mi travaglia avesse carattere storico forse varrebb~ la pena di strombazzarlo, ma tale non è, e la società s'infischia dei fatti cli Caio e di Mevio. Oggi ho potuto, finalmente, trovare la forza di scrivere alcnne paginette per una Rivista cl.Je me l'ha richieste, nelle quali clò addosso al materialismo grossolano, che mette cla banda la soggettività, reputandola un fenomeno della esteriorità, come nna volta questa si credeva un fenomeno cli quella. Vera opera Penelopea ! ( I) « Primo canto» di Angelo Emanuele, Catania, Niccolò Giannotta editore. BibliotecaGino Bianco Ebbene, mi gode l'animo di <lirti che l'arte tua non conosce scuole, il che costituisce, ora più che mai, il maggior merito cl'un giovane poeta, perchè i più strascica,no· l'estro sull'altrui falsa riga. Ecco, apro così a caso il nitido volumetto, eclito ùa uno dei nostri pit1 benemeriti librai, e leggo« La Torre di Motta}>. Se è vero che chi sa fare una sporta, sa anche farne cento, affermo che sei nato, secondo che il cor ti dice (cfr. pag. 2i), alle lotte nobili, gagliarde, e il verde lanro cingerà le tue tempia (cfr. pag. 38). · « Nell'Alba i> è uu paesaggio tutto luce, che i sensi ridesta alle fatiche umane (pag. 16). Altro bel paesaggio è il <I Vespero» 1pag. 20), che roseo sugli alti fastigi cli lava s'indugia, nell'ora che la terra da ·i baci del sole si scioglie. Il sole più bello (gli occhi di lei ...) che spunta nel tuo cuore, scacciando ogni tormentosa cura, è una felice reminiscenza della, nota canzone popolare; e nella chiusa (Pag. 22) ricordi la apu.~zcinica del Meli. Siffatti ravvicinamenti non vogliono essere un biasimo, chè le pietre preziose non appartengono acl alcuno in particolare,_ e all'artista non rimane che di lavorarle genialruente a suo 1uodo, facendone un insieme che lgli appartenga. « Ai ribelli cli Candia » (pag. 19); l'ultima st.rofa è carduccia,na, ma il canto riboccante cli sentimenti alti, espressi con venll.f!tà di forme, è tuo. .Alba, Vespero, Ver tristo, Pienilunio, provn.no che in te ò spiccat11 tendenza a ritrarre la realtà idealizzandola, non già riproducendola soltanto, come fanno quei che rubano il mestiere ai fotografi. Ritorno all'affermazione emessa in principio, che a certi critici di mestiere potrà sembrare audace. Adunque, la misura della tua forza è per me o: La Torre di llfotta ». Navig,mclo pel mare delle memorie, un soave canto mormora o: davvero » il tuo core. I Saraceni, l'immensità dell'agro Sicano, il Simeto, che, riscintilla-nt.e cli faville d'oro scende allo Jonio mare, i pingui pascoli, la greggia, la commozione del boaro alla vista cli una casetta ch11discerne in mezzo alle altre bianche, la torre sull'aereo colle, che rende immagine d'un mandriano, il ricordo dell'evo medio, dei normanni trionfi, dtli!a fuga degli ambi predoni, ecc., ecc., formano in complesso un cinematografo che dà l'illusione della vita, della vita ch'è spazio e tempo, che è moto, per dir tutto in una parola. TJn esteta, un intellettuale, avrebbe rimpianto il passato, invece, tu che non ti lasci se<lnrre dalla moda, di quei giorni negri svaniti non ti <luoli; anzi inebbria cli gioia l'età nuov,t, sorta sopra le rovine della ca<luta, e a Motta, sotto i cui ualuarcli arse la pugna, anteponi Motta laboriosa: Amo i tuoi verdi pittoreschi poggi e le campagne sterminate, dove gli agricoltori e le villane intenti all'opre stanno; e tu, nel mentre alàcre la fatica ferve cli mille braccia intorno intorno, muta t'iunalzi scintillando al Sole meridiano. Amo le tue costiere popolate cli case e ulivi; cla' la campestre ni<lo, ove talora contemplando il Sole occiduo sie<lo, etc. Grazie vi vissi me ti rendo clei versi in niol'te cli Ccirnielo Ccilì, pag. 40, « che giovinetto tanta copia di carmi bevve dai labbri dell'itala musa}}. Ed ora permetti alla mia età e al bene che ti voglio cli esortarti a consolidar nella memoria clne precetti: Osa sempre esser uomo - questo pe1· la vita - Sii discepolo di tutti e cli nessuno - questo per l'arte. - Congratulandomi molto ti stringo cordialmente la mano. T1io LurGI MARINO. Gli abbonati che invieranno subito all' A.mministra;;ione della Rivista Popolare l'importo dell'abbon_amentoscaduto, e più lire una e cinquanta, riceveranno franco cli porto il . volume Per l'economianazionale pel dazio sulgrano pubblicato il mese scorso dall'on. dott. Napoleone .Colajanni.

308 RIVlS'IÀ.. POPOLARE DI POLITlGÀ. LETTERE E ~CIÈNZE SOGIALi DomeniMco relli Domenico Morelli é morto la sera. del 13 agosto di quest'anno che ha visto scomparire gli astri maggiori della politica e dell'arte. Io l'avevo per l'ultima volta riveduto qualche mese addietro, nella casa sua, in quell'arioso palazzo di via S. Carlo a Mortelle, odoroso dell'alito fresco d'un bel giardino che gli si addensa appiedi e che mette sulla dolce curva del golfo il vibrato disegno della sua chioma verdeggiante. Da un pezzo il Maestro aveva abbandonato lo studio suo di via Pace, ove i figliuoli troveranno raccolto tutto il tesoro dell'ultima opera sua. E, non potendo più, per l'infermità che lo aggravava, uscir di casa, Egli s'era messo a stare nella sua preferita st&.nzetta, attigua a quella da pranzo. Aveva accanto un mucchietto di libri che di volta in volta le~geva, una tavola sulla quale erano dei disegni, delle scatole per l'acquarello, le sue preferite penne d'oca, i grandi fogli di carta a mano sui quali usava di fermar le sue continue visioni. Le sofferenze fisiche avendogli come inciso sul volto il segno inesorabile del loro passaggio, io rimasi colpito da quei tratti straziati da tanto lunga e spietata infermità. Egli mi stese una mano che pur non tremava, ma ch'era divenuta scarna e sottile. E tuttavia mi parve che gli occhi di lui splendessero sempre di quella fiamma che li animò e li accese o~ni volta che il suo pensiero - con quelle parole ch'.t<;g)i solo sapeva dir del suo tempo e di sé e dell'Arte - traboccò da quell'inquieto suo spirito. .. * * Nessuno dei nostri pittori sincroni è stato davvero più personale di lui. Nessuno, allo stesso tempo, ha conferito all'arte sua quel valore formale che, a parte la concezione, ci ha fatto risovvenire dei coloristi più sapienti e più efficaci. Egli, che è stato un artista completo, non s'é abbandonato agl'impeti soltanto della sua fantasia, ma ha proceduto, nella sua opera tutta quanta, sulla scorta delle più illustri tradizioni e ha ricalcato l'orma dei pittori italiani più vantati dalla buona tradizione. In questo, l'assiduo studio giovanile e certe norme non pedagogiche di quella medesima Accademia, la quale egli appresso scrollò dalle radici, gli hanno singolarmente giovato. Ai suoi tempi di giovinezza quell'Accademia era in fiore: nelle tele di figure ciascun personaggio s'atteggiava; nel paesaggio medesimo di cui l'Haeckert, pittore cesareo, aveva come stabilito il disegno architettato, la verità subiva la vernice retorica. A un tratto que' ceppi furono spezzati. Un'accolta di pittori paesisti, che poi dal Villari fu battezzata col nome di Scuola di Posilipo, consacrò, nei primi ventennii dèl secolo scorso, tutta la sua genialità, tutta la novità della sua tavolozza all'elogio pittoresco della nostra Napoli. Da quella scuola scesero per li rami i fratelli Palizzi: da quella verità, che pur era poetica, attinsero tutte le norme intese a esprimere le cose viste come la loro anima medesima. Cosi la forma manierata clell'Haekert fu repudiata da un'osservazione diretta: cosi un fremito di vita si parti come dagli alberi, dalle piante, da tutta la Natura e raggiunse un'altra arte rappresentativa alla quale la Natura medesima, or così sinceramente espressa, doveva servire da sincero complemento. Cosl, incitato da quelle prime ribellioni della verità, Domenico Morelli potette portare nel suo campo immaginoso e creativo la forma schietta che quello davvero meritava. . Era il tempo degl'lconoclasti, il vero primo quadro del Maestro. Egli appresso non lo repudiò : ma, certamente, se negli anni più vicini a noi avesse dovuto BibliotecaGino Bianco ricomporne le figure e l'aspetto, qualche cosa di accademico che pur vi si esprime sarebbe sparito. Nella scuola e negli studii, nella stessa letteratura, nei primi anni del secolo decimonono l'Accademia aveva avuto una influenza continua: liberarsene così presto non sarebbe stato assai facile. · Ma da quel ribollimento del pensiero suo intento, fantasioso, osservatore, Morelli trasse man mano opera in tutto nuova e palpitante. Vennero prima i quadri cli soggetto storico, come il Tasso ed Eleonora, il Conte di Lar:a, i Vespri Siciliani, e furono capolavori di pittura succosa, a effetti singolari di ombre e di luci, di tenerezze squisite, di colore e di impasto, di disegno magistrale, spiranti, infine, tutta la grande e profonda poesia di chi li aveva concepiti. Poi, in un novello periodo, che é durato fino agli ultimi giorni del Maestro, la leggenda di Cristo lo ha tenuto continuamente raccolto e ha documentato, con tele d'una penetrazione profonda, la sua st-Jconda elezione. Così Egli è stato ben 9.ualcuno. Non ha fatto scuola, poiché la poesia non s'insegna e un palpito non si comunica in lezioni. Guardate l' arte sua: guardate quella degli altri pittori dei quali è stato maestro e vi noterete la singolare differenza. Ha insegnato norme, direi, scolastiche, ha sempre tentato d' indurre a ideali superiori i suoi discepoli, ma tuttavia è rimasto solo, personale, anzi più giovane, sempre più giovane di tutti costoro. * * Nato in Napoli da gente non facoltosa, anzi umile e povera, avviato dalla madre, una pia donna, alle pratiche di chiesa piuttosto che a scuola, rimasto solo con lei fin quasi da bimbo, Domenico Morelli, quando proprio, con dolce violenza, persuase la mamma a non più pretendere che si facesse prete, aveva quindici anni, e s'era nel 1838. Occupata dalle faccende della casa e dalla letteratura tenuta lontana, la buona donna, per la nessuna dimestichezza eh' ella avea avuto con quella, il giovanetto Domenico che, leggendo e scegliendo, cominciava ad attingerne la sua cultura generale e il desiderio di vantaggiarsene, non fu molestato, in nessuna maniera, durante quella verde età sua, dalla sorvegliahza materna. L' ignara madre viae spesso nelle mani del figliuolo, in cui s'accresceva con gli anni simile solitaria e intenta occupazione, libri come quelli del Giusti, del Gioberti, del Manzoni, penetrati in Napoli quasi di sotterfugio e avidamente scorsi da una gioventù assetata di puri e nobili e nuovi insegnamenti e disgustata dall'ozio dello spirito. li governo delle Due Sicilie, 11ospettoso, rigido, assai spesso tiranno, s'adoperava in que' tempi a mantenere a un livello insuperabile così le coscienze come ogni manifestazione dell'intelletto; ma un lievito occulto fermentava anche qui nelle nostre provincie, ove il principio del secolo dovea fatalmente segnare nella storia dell'arte pittorica un rinnovamento benefico. Tuttavia, e proprio a' più ardenti che lo sognavano, le materiali difficoltà per iniziarlo dovevano parer tali da farneli desistere in tutto: chi avesse voluto conoscere le opere nuove degli artisti forestieri, la modernità de' loro criterii, I' impressionante rivelazione della loro tecnica si trovava di fronte alla necessità d'un viaggio ch'era impossibile di presto e pur democraticamente intraprendere. Non più in là di Roma: e con grave spesa di tempo e di danaro. Da Parigi, dal Belgio, da Londra arrivavano qui solamente le stampe di que' dipinti: ma già erano bastevoli per insegnare, se non altro, a mutare di idee. Le poche e piccole somme che potette, in quel tempo, raggranellare il Morelli, spese in libri e in acquisto di stampe. Comprò Byron, la Divina Commedia, l'Ariosto, la Bibbia, e cercò, tra le pagine

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