Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VII - n. 15 - 15 agosto 1901

286 RIVISTÀ FOPòLARÉ DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI ronza e fermezza che raramente si riscontra negli atei che muoiono da bigotti. La passione, il giusto risentimento, l'amore della libertà e dell'Italia accecarono Cavallotti - e glielo dissi e glielo scrissi più volte - trascinandolo a negare a Crispi ogni merito nella spedizione dei Mille. In questo capitalissimo avvenimento, che decise dell!1, sorte d'Italia, invece la parte sua fu eminentissima. Senza di lui, da Quarto non sarebbe partita la falange sacra capitA,nata da Garibaldi. Senza cli Crispi, che assicurava · la Sicilia trovarsi in istato di aperta ribellione, sarebbe prevalsa la opinione di Bixio, che sconsigliava la partenza, e prevedeva - non conoscendo la Sicilia e l'in• dole e i sentimenti dei suoi abitanti - un nuovo Sapri ed una nuova inutile ecatombe di valorosi. Crispi seppe infondere in Garibaldi una opinione contraria; e i l\Iille sbarcarono a :Marsala, e vinsero, aiutati poderosamente dalla inettitudine e dal tradimento dei borbonici e dal coraggio dei siciliani, e specialmente di Palermo che seppe combattere strenuamente. (1) Le sue lotte cogli annessionisti incondizionati di La l<'arina ; le energiche misure contro le Jacquerie di Bronte - misure eseguite ferocemente da Bixio - di cui vantossi nel telegramma a ,me diretto del 4 gennaio 1894, mostrarono l'energia e la tempra dell'uomo, che rivelava-si già fortemente autoritario. Quando i partigiani di Cavour ebbero il sopravvento, ad ogni modo, 11l,ui con Mazzini, con Cattaneo, con Bert.aui rimase il merito di:essere stato tra i pochi che sconsigliarono l'annessione della Sicilia e del Napoletano al Regno di Piemonte. Ciò potè contribuire a renderlo inviso ai bigotti della monarchia sabaudn, ed a mantenérgli l'affetto e l'amicizia della parte democratica. Ma colla più grossa frazione della democrazia non tardò a, venire in aperta rottura in seguito alla sua famosa lettera del 1865, indirizzata a Gii1seppe Mazzini, nella quale enunziò il suo celebre apotegma : la Repubblica ci di·viclerebbe,la Monar-· chia ci unisce. Non posso essere sospetto di dar ragione 11,lui io che nel 1882, in aJ)posito scritto (La Repubbliw e le ffttcrre civili) dimostriLi la falsità storica dell'a potegma stesso. Non si deve negare, però, che tra quanti abù,.nclonarono Mazzini e i principii repubblicani dopo il 1860, nessuno seppe tentare una giustificazione più ap• parenternenfo ragioneYole, ed un movente più nobile e più elevato di quello accampato da Francesco Crispi. Perciò la sua defezione dalle file repubblica.ne addolorò maggiormente Giuseppe ì\lazzini, che tante altre n'e avevn, ,iste e che lo avevano lasciato i udifferente. Crispi altresì rose decente la defozione, rimanendo tra i più avnnzati in Parlamento, e nulla facendo per acchiappare il potere, come ·premio dell'apostasia. Dalla lettera a J\fazzini alla entrata nel ministero Depretis corsero tredici anni. Tutti conosciamo oggi invece dei politici che scambinno il berretto frigio coll'uniforme del ministro alla distanza di quarantotto ore! E dopo la lettera a Mazzini venne il Programma della Riforma che tanti punti di contatto ha col Patto cli Boma; programma della Riforma cui dettero opera Bertani, Carcassi, De Boni e i migliori democratici del tempo. Rimase misteriosa, e certamente non lodevole, la parte da lui rappresentata nella denuncia dei Tri1Jotages (I) La parte capitalissima avuta da Crispi nella spedizione dei Mille, venne riconfermata testè da una memoria del Generale Turr, che non ha alcun interesse a mentire, e che non Bi bÌi~te~~c Gal nmctsia neo delle Regìa cointeressata, che condussero al tentati ,o di assassinio contro Lobbia, al vergognoso processo per simulazione cli reato contro lo stesso Lobbia, e alla si;,1, conclannn,. A Crispi fece molto male - molto <li più che non gliene abbia arrecato il patrociuio della Compagnia Charles, Vitale e Picard - l'abbandono <lel Lobbia, e il contegno tenuto dinanzi al tribunale di ?\filano nel processo del Gazzettino Rosei, le cui rivelazioni, che condussero alla nomina della Commissione d'inchiesta parlamentare sulla Regìa cointeressata dei tabacchi, erano state da lui provocnte e incoraggiate. Il colloquio avuto col bn.nchiere Weill Scbott, si dice che lo abbia indotto al silenzio in nome del suo segreto professionale. Ma Crispi, che crasi dimostrato sempre un valoroso clife11sore parlamentare della causa della libertà, si rialza tosto nelia opinione dei democratici col contegno enet·· gico e minaccioso tenuto nel momento in cui scoppiò la guerra tra la Francia e la Germania. Egli- fu tra i più attivi nell'impedire che Vittoi:io Emanuele II corresse in aiuto del suo alleato Napoleone III; fu tra i più risoluti della Sinistrci nello spingere il ministero Lanza alla breccia di Porta Pia. * .. * Passo sopra alle vicende p~rlamentari, nelle quali Crispi ebbe sempre una parte importante; passo sopra alla missione diplomatica presso le varie Corti d'Europa che la Sinistra al potere gli affidò, e che prova in qual11 conto lo teneva; passo sopra al suo primo arrivo a Palazzo Braschi, ed alla sua uscita dal ministero, in seguito allo scandalo sollevato da R. De Zerbi e da altl'i moderati sulla sua bigamia, e noto, soltanto, che sotto di lui all'Interno, avvenne la morte del primo Re d'Italia e ht morte di Pio IX. I democratici gli rimproYerarono di aver teunto chiuso il Parlamento mentre sie- . deva il Conclave che nominò Leone XIII; ma egli colla libertà garentita ai cardinali, è indubitabile che assestò un vigoroso colpo al clericalismo internazionale che si faceva forte, negando la indipendenza del Papato essendo Roma capitale d'Ita~ i,1.. Dopo la sna, prima caduta da mini.stl'O non furono belli i suoi accenni a reazione per vendicarsi di Cairoli e di Zan:ndelli in segt1ito 11,ll'atteutato di 'Passanaute. Colla Pentarchia provò l'ardente desiderio cli ritornare ministro, e 'l'unisi gli porse l'occ~sione propizia di farsi ginclicnre un gallofobo. Comunque, nel Parlamento pur non avendo al sno seguito nè un partito organico, nè un largo gruppo di amici personali, essendo anzi un vero solitario, qmtudo a\7 \ 7 enne Dogali, non· il solo Depretis ma il Parlamento tutto, lo designò come l'uomo che potevn, reggere le sorti d'Italia in un momento clei pilt gravi. E cosa più strana ancora; quando egli era più avariato moralmente per lerisnltanze delle ricerche consacrate nella relazione del Co1nifoto clei sette la stessa designazione si ebbe, con un largo consenso anche di democratici - se ne possono avere le prove nel discorso di Cavallotti e nel mio, che ricordo perchè fu il prodotto degli accordi collo stesso Cavallotti e con gran parte dell'Estre1na Sinistra - all'indomani della caduta del ministro Giolitti. Ciò dimostra che l'uomo non era comune, e che la sua posizione parlamentare, al di fuori dei partiti, quasi al cli sopra dei medesimi, mantenevasi eminentissima. * .... Ma quale fu l'opera sua di Presidente del Consiglio dei Ministri? Pur t~·oppo nel suo insieme riuscì disastrosa pel paese spedalmente dal punto cli vista econo• mico.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==