Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VII - n. 13 - 15 luglio 1901

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE' E SCIENZE SOCIALI 240 di cui si tratta, averne una esatta nozione; poiché in caso diverso ci si trova al tutto incapaci ad orientare l'esperienza, nonché ad apprezzarne i risultati. Dunque prima di procedere ad esperimenti intorno al dazio s·ui grani, occorre rispondere a questi quesiti : che cosa é un dazio siffatto ? in che si risolve? E mi sembra che la risposta non presenti alcuna difficoltà. Il dazio sul grano, così l' osservazione più elem~mtare risponde, non é che un meccanismo, il quale consente ai proprietari di terre di por le mani nelle tasche dei consumatori e di sottrar loro, a proprio immediato vantaggio, una certa somma di danaro ; é un processo, il quale fa passare una certa quantità di ricc\1.ezza dal consumatore al proprietario, a quel modo che il giocoliere fa passare misteriosamente un oggetto da u,1 cofano all'altro. Ella mi dirà che son queste verità triviali e a tutti note · ma il fatto é che ben· sovente ci imbattiamo in asse;zioni, le quali dimostrano come esse siano tuttogiorno disconosciute o ignorate. Una di queste asserzioni, che il di Lei libro ricorda e suffraga, è dovuta a C. F. ·Ferraris; il quale pensa che il giudizio intorno alla convenienza, o giustizia del dazio sul grano esch1sivamente dip,mda dall'impiego che i proprietari faranno dei proventi che ne ritraggono. Se, egli dice, i proprietari dedicheranno tali proventi al miglioramento dell'agricoltura, od al .vantaggio delle classi lavoratrici, noi non avremo motivo di combattere il dazio, degnissimo, all'opposto, in tal caso di aver posto durevole nel nostro sistema finanziario ; ma se invece i proprietari spendessero il maggior provento ritratto dal dazio in improvvidi e pazzi scialacqui, allora il dazio meriterebbe irremissiva censura e dovrebb'essere abrogato. Ora, con tutto il rispetto dovuto all'illustre professore, a me pare che il suo ragionamento sia affatto simile a quello di chi, dovendo giudicare un tagliaborse, dicesse : Ecco, se egli impiegò il ricavato dal furto nella fondazione di utili industrie, od in beneficenza, io lo assolvo e lo elogio; ma se invece lo sperperò in gozzoviglie, lo condanno alla reclusione. - A me sembra che un provvedimento legislativo debba sempre giudicarsi in base al suo valore intrinseco e non già ad una determinata condotta, che potessero eventualmente seguire gli interessati, successivamente alla sua introduzione. Che se proprio si vuol tener conto del modo di agire degli interessati, convien muovere sempre dall'ipotesi' ch'esso sia il peggiore e più egoista possibile; dacché la legge viene emanata per ciò appunto, che l'uomo è dominato dall'egoismo e dalle più grette e volgari passioni, mentre se così non fosse, se l'uomo fosse di regola morale, altruista, benefico, non sarebbe, nemmeno necessaria una legge, che intervenisse a frenarlo. Dunque, dire che una legge é opportuna e benefica solo nell'ipotesi che gli uomini seguano una condotta morale e perfetta, val quanto dire che detta legge è buona soltanto data una ipotesi inammissibile, ossia che è degna d'incondizionata condanna. Ed alla voluta ignoranza dell'intima essenza del dazio é pur dovuta la recente trovata di Adolfo Wagner; il quale, a proposito del disegno del Cancelliere tedesco di elevare il dazio sui grani, ero-:- gando il maggior provento dell'erario a vantaggio . delle classi povere e lavoratrici, osserva che in tal modo, grazie alla nuova gabella, verra a crearsi un fondo dei diseredati. Ma non s'avvede l' eminente economista che questo fondo dei diseredati è formato a Biblioteca Gino Bianco spese dei medesimi ? In realtà tutta la sostanza dell'affare riducesi a questa: che l'incremento di dazio toglie ai lavoratori 100, ma che di questi 100, 95, rappresentanti l'incremento di prezzo del grano nazionale, vengono intascati dai proprietari, mentre i residui 5, rappresentanti l'incremento di dazio percepito alle frontiere sul grano importato, vengono intascati dallo Stato e da questo poi restituiti ai poveri. È dunque precisamente come se_ il tagliaborse sullodato, dopo aver rubate 100 lire, ne restituisse dignitosamente 5 al derubato, esigendo, a compenso di tanta munificenza, la sua eterna gratitudine. O può darsi, io lo chieggo, una maggiore e più strana mistificazione ? :Yii affretto a soggiungere che queste considerazioni, ch'io ritenni necessarie a dissipare alcuni equivoci stridenti, non valgono per se sole a risolvere il problema che ci interess~. No; quand' anche sia riconosciuto che il dazio è una appropriazione irtdebita dei proprietari di terre a danno de' consumatori, non perciò é detto che il dazio debba ad ogni costo abrogarsi ; poiché potrebbe ben darsi che t~le indebita appropriazione fosse la condizione sine qua non allo sviluppo normale o fiorente dell'industria agricola e più generalmente dell'economia nazionale. E qui interviene per l'appunto lo sperimentalismo da Lei tanto caldeggiato, il quale, richiamandoci alla realtà delle cose, ci grida : Il dazio sar.à ingiusto finché volete; ma provatevi a sopprimerlo e vedrete su buona parte delle terre cessare d'_un tratto la coltivazione ; onde gran numero di operai verranno licenziati ed il flagello già tanto terribile della disoccupazione ne sarà inciprignito. Dunque è nell'interesse delle stesse plebi agricole che il dazio venga a perpetuarsi. A tale argomento gli operai potrebbero con malizia rispondere : Noi siamo veramente grati ai proprietari di terre ed ai protezionisti della cura affettuosa e solerte, ch'essi prendono delle nostre sorti, nonché dell'interesse vigilante ch'essi mostrano alla permanenza del nostro impiego. Ma poiché noi siamo tanto stolidi, da preferire il pane a buon mercato e la disoccupazione al pane caro accompagnato ali' impiego permanente - che volete farci? Perché vorrete imporci contro la nostra voglia la beatitudine economica a colpi di. dazi protettori, a quel modo che imponete la civiltà ai popoli selvaggi ·a colpi di cannone ? - Lasciateci una buona volta alla disoccupazione e alle fami, di cui ci addosseremo· quindi innanzi tutta la colpa, anziché còstringerci a f)rza ad un benessere, che non siamo in grado di comprendere e di apprezzare. Ma la opposizione ignara del proletario troverebbesi nel caso concreto suffragata dai positivi risultati della più riposata investigazione. Già nello stesso Suo libro (pag. 121) io trovo a tale proposito una constatazioneassai grave ed è questa: che il dazio sui grani in Italia non dette luogo ad alcuna espansione della granicoltura, od alla coltivazione del grano su nuove terre, meno produttive delle precedenti. L'osservazione é vera, ed io mi affretto a riconoscerlo, correggendo così l'opposta asserzione, che trovasi nella mia conferenza contro il dazio sui grani pubblicata nel 1892. Ma quando si riconosca questo fatto, che divengono le reiterate affermazioni dei protezionisti sulla necessità di mantenere il dazio per non offendere gli interessi cui esso diè vita, e non compromettere le coltiva-

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