Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VII - n. 13 - 15 luglio 1901

250 RTV!STA POPOLARE DT POLTTICA Lt.'TTERE E SCIENZE SOCIALI zioni, che sorsero all'ombra de' suoi ripari? Ma evidentemente, se la granicoltura italiana non ha valicati i confini, ai quali arrestavasi innanzi all'èra protettiva, l'abrogazione del dazio non arreca alla produzione agraria alcuna illegittima offesa, né ha forza di comprometterne la vitalità. Tuttavia non voglio spingere all'estremo il mio ragionamento ed ammetto che il dazio, se pur non ha estesa la granicoltura, ne ha attraYersata la riduzione, che altrimenti sarebbesi di certo aYYerata; e che perciò v' ha propriamente una parte dell'attuale zona granifera, la quale rimane adibita a tale coltura solo perchè il dazio permane e sarebbe da una immediata e totale abrogazione di quello, tra volta in irreparabile crisi. :\fa e chi mai, se non un demente, oserebbe chiemento dei viveri; ma da questo fatto noi dedurremo tutt'al piu che nei paesi a protezionismo agrario il deprezzamento dei grani è causa di disoccupazione, non però noi potremo trarne argomento a condanna del libero scambio. E' ben vero che Ella non manca di addurre anche le cifre dell'Inghilterra, ove il pauperismo e la disoccupazione si sarebbero accresciuti a paro col deprezzamento dei viveri. Nè voglio contraddire alle di Lei cifre, benché i dati della Labour Ga.'1etle autorizzerebbero, a vero dire, una conclusione alquanto diversa. Ma se la disoccupazione s'accresce paurosamente e nei paesi protezionisti e nei paesi libero-scambisti - la conclusione logica che noi dovremo trarne é questa: che i I fenomeno della disoccupazione nulla ha a fare colla politica commerciale, e che, !unge dal rannodarsi a quell'ordine di fenomeni superficiale e derivato, si rannoda a cagioni, che giacciono profonde nell'organismo dell'economia capitalista. E questa conclusione, che del resto s'accorda colle vedute più razionali della scienza economica moderna, sarebhe di certo ineccepibile; ma non so vedere come essa possa fornire un argomento qualsiasi in pro del dazio che le sta a cuore. dere l'abolizione immediata e completa del dazio? Io son cosi convinto della necessi t:'t di procedere per gradi nella riforma di che si tratta -come in ogni altra - che il mio desich,rato, in proposito, si ridurrel,- be alla diminuzione cli 1 lira di dazio ad ogni 5 anni ! Del che parecchi amici, che tuttavia non son giacobini, mi fanno garbatamente rimprovero, chiamandomi timido e remissivo ; e forse avranno anche ragione. Ma insomma, lasciando ogni questione di misura, è sempre cer- · to che l' abolizione del dazio dev'essere graduale ; e tale abolizione lascerebbe tutto il tempo alle colture, che sul dazio si reggono, di trasformarsi, per modo da poter liberamente competere nella concorrenza internazionale. Ma qui nuovamente mi arresta l'implacabile speLa Spagna e i suoi spasimanti (Der ìVakre Jacob di Stuttgartì E qui mi lasci ancora soggiungere che innanzi alle cifre da Lei addotte, le quali dimostrano il doloroso declivio nel consumo individuale di grano, in Italia, d::il 1870 al '96, di fronte alle rivolte che esplosero fra noi sotto l'incubo della fame - mi sembra strano che Ella possa considerare quale una conseguenza disastrosa del dazio la riduzione del rimentalismo. Le vostre considerazioni teoriche, esso mi dice, sono spietatamente sgominate dai fatti, i quali ci dimostrano: 1. che là dove non esiste il dazio sui grani, ivi la disoccupazione è maggiore ; 2. che, date le attuali condizioni del commercio internazionale e la politica protettrice ovunque vigente, non esiste alcuna cultura, che si possa in Italia utilmente surrogare alla coltivazione del grano. Riguardo al primo punto, che Ella ha discusso con tanto vigore in parecchie pagine brillanti, mi fa specie come Ella non abbia posto mente ad una curiosa incongruenza. E in realta, a dimostrare che il libero scambio agricolo genera, od accresce la disoccupazione, Ella si diffonde ad illustrare la speciale intensita della disoccupazione .... in Italia, cioè nel paese in cui il dazio sui grani ha raggiunta la massima altezza. Sia pure che, secondo le sue cifre, la disoccupazione è cresciuta in Italia a paroJcol deprezzaBiblioteca Gino Bianco prezzo del grano a 15, od anche a 12 lire, e trarre da lale riduzione argomento a combattere gli abolizionisti. Per mia parte, e finché mi rimarra un barlume di ragione, io non cesserò dal considerare una tanta riduzione nel prezzo del grano come una benedizione del cielo, che non sarebbe a caro prezzo comprata nemmeno se desse luogo ad un incremento della disoccupazione.Perché l'alto prezzo del grano colpisce l'intera massa operaia e proletaria, la costringe ad una alimentazione inferiore, la condanna alla pellagra ed all'alcoolismo, la gitta in preda alle malattie di inanizione, laddove l'inasprimento della disoccupazione, che, a di Lei credere, si accompagnerebbe al deprezzamento dei grani, non colpirebbe che il 10° sommerso, o la parte più degradata della popolazione la quale poi troverebbe ad ogni modo più abbondanti sussidi, quando i viveri fossero a buon mercato e perciò ritrarrebbe dalla s lessa abrogazione del dazio un lparziale ;compenso.

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