RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 22!} e non dalla Francia, ci giunge ogni anno, secondo i raccolti nostri, un supplemento di vino forte. Neppure dopo le vendemmie dell'anno scorso, eccezionali per il prodotto straordinario della Francia e pel raccolto scarso del vino nostro meridiònale, è potuto venire in Italia il vino francese. La statistica italiana ne registra a tutto maggio 6030 ettolitri su 81,612, e a tutto il 18 maggio se n'erano respinti dalla dogana 7346 ettolitri, giudicati non genuini (1 ì. Questi ultimi non seppero entrare nel Regno, perché non poterono invocare che il trattamento usato al vino austro-ungarico. Ora nelle clausole chiare e giuste che lo definiscono è esclusa qualsiasi aggiunta cli alcool e di glicerina, e se la chimica non ri~sce a scovrirla li supplisce il certificato cliorigine, il quale permette cli determinare la quantità media dell'alcool naturale contenuta nel vino del luogo, donde è spedito. In nome di tutte queste cautele l'Italia ha potuto ora eliminare dai suoi mercati il vino francese artificiale, che si manifattura segpatamente a Cette, aggiungendo a un vino naturale fra 8 o 9 gradi, dell'alcool immune da tassa cli fabbricazione, e dissi- ,mulato, per quanto è possibile, con la dose opportuna di glicerina. L'accordo e i verbalj parlavano così chiaro che il governo francese non ha potuto reclamare, non volendo confondere le alte ragioni di un nobile paese colla causa infelice cli alcuni noti adulteratori. • In quanto a1!'inasprimento del dazio sull'alcool contenuto nei vini esteri sopra i dodici gradi, il torto è stato del governo italiano e c1ello spagnolo, che a tempo non reclamarono. Ma appena si seppe bene la cosa (la legge che aumentava i diritti sull'alcool collegata con quella sulle bevande igieniche si discusse in grande fretta e confusione nel Parlamento francese alla fine del 1900), ii governo italiano mosse le sue doglianze, e quello francese riconobbe lealmente, che si era violato lo spù,ilo dell'accordo, presentando alla Carnera un disegno di -legge il quale riparava l'errore e non fu ancora approvato. Fra le cose che il suo corrispondente ignora (e ne ignora tante!) vi è quella di non conoscere il modo col quale la Francia si impegna. Essa non stipula mai trattati con tariffe vincolate, ma concede la tariffa minima, libera anch'essa, allo Stato che le consente sufficienti compensi. Se, dopo l'accordo, alza quelle tariffe minime, argomento di esame particolare nei negoziati, si espone a un egua'e rischio, perfino alla denunzia del trattato. Il che avvenne di recente quando la Svizzera minacciò la Francia di denunziare l'accordo se avesse alzati i diritti sui tessuti di seta! Questo è il solo metodo possibile di trattare con ( (1) E neppu1·e i 6000 Etloliti-i sarebbero entrati nel Regno se la Dogana Italiana avesse a tempo vigilato anche prima dei giusti richiami parlamentari alÌa rigida . osse1·vanza dei trattati. Nella lettera succe•siva parferò dell'invio del vino italiano in Francia per taglio; qui rispondo al punto fondamentale dell'accusa. .. , • I BìbliotecaGino Bianco la Francia, data l'indole delle tariffe del Mèline e dell'art. 11 del trattato di Francoforte, e tutti gli Stati che negoziarono con essa dovettero piegarvisi. Se non si approverà il disegno di legge, che riduce il sopradazio dell'alcool all'antico teno're pei vini sopra dodici gradi, l'Italia potrà e dovra esaminare la convenienza di rialzare alcune voci in modo che si restringa all'altra parte un equivalente compenso, e non é escluso che, di comune accordo, si possa anticipare, anche prima del 1903, l'applicazione del dazio di 12 lire ai vini francesi. La Frcmcia sa che non può invadere il mercato nostro coi suoi vini nat,,rali, nè aspira a farlo avendo accettato il dazio normale di dodici lire; dai vini artificiali ci difendono le giuste applicazioni dflle norme contenute nel trattato coll'Austria-Ungheria. Vede, on. Colajanni, quante cose ignora il suo corrispondente, il quale, come tutti questi critici aspri è permalosi non paiono potenti che ne!la impotenza! E gli auguro (giacché io mi sono da un pezzo presa la giubilazione volontaria, desiderando che cessi il mio monopolio nei negoziati), che indichi lui, quell'infallibile!, gli uomini liberi e disponibili, i quali non sciupino i trattati prossimi a scadere colla Germania, coli'Austria-Ungheria e con la Svizzera, nella preparazione e sLipulazione dei quali Ruclinì e lo scrittore di questa lettera, nel 1891-92, ci misero tutta la loro anima. Così dopo avere sbarazzata la via da questo ingombro, epilogherò, poiché Ella lo desidera, un'altra volta (quando avremo, fra breve, i conti analitici del 1900 .e quelli del primo semestre 1901) gli effetti di indole politica, economica e finanziaria che l'accordo del 1898 rese possibili, senza esagerarli o impicciolirli, coll'unico fine della verità, la quale mette ogni cosa a posto. Saluti affettuosi Roma, 24 giugno. Dal suo LUIGI LuzzATTI. MAGGIORI! O FERRARIS PANE E SADE(l) Il problema è posto! Le sorti delle riforme tributarie dovranno tra breve essere decise. . La Camera dovrà pronunciarsi se debba prevalere un indirizzo di una larga, seria e feconda riforma tributaria, atta a risollevar6 il paese dalle sue strettezze ecouomicht-, ad assicurare la pace sociale, ed a promuovere il progressivo benessere delle classi popolari: oppure se l'Italia debba maut1mere un regime fiscale di alte e disumane imposte, soprn i consumi più necessari, che prorncliiuo il malcontento delle popolazioni, e che costituiscano una minaccia permanente all'ordine pub~ blico, alla pace soci-aie. La decisione dovrà essere chiarn, risoluta: ogni mezzo termine non gioverà a nulla, non snherà nulla. ;< È da ( 1) Per la sua particolare importanza diamo uno speciale riassunto dell'articolo pubblicato dall'on. Maggiorino Ferraris nella sua Nuova Antologia del 16 giugno. N. d. R.
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