Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VII - n. 12 - 30 giugno 1901

RIVISTA POPOLAR!t DI POLITICA LETTERE E SCIENZll SOCIALI 235 Poi lfl. /Ìitu'a cominciò acl ingrandire; pareva toccasse b volta con la testa, e le 'vesti si fondevano nella luce o su Paltaì·e rimatleva lin:i. bella donna nutl1t che stringeva fra .ie braècia uii graude iììn.zzo di rose. E il preto ero, lni, ltti ch'è pregava per avere un bacio che la clòntlà gii dfiùtava ridendo; ridendo d'un cotal riso iascivo che le scuopriva i denti e le face,a snssultare snl petto i seni bianchissimi. E la donna· s'allontanava e la grande stanza s'era trasformata in un lungo corridoio attraverso il quale ei segui va, brandendo una scure. la donna che fuggiva. E la scnre urtava i muri che davano suono come di bronzo, e ad ogni colpo pioveva sangue e da le mura scaturiv,ìno mani che cercavano di ghermirlo. E la donna, lit hella donna nuda, gli rideva davanti fuggendo e dalle mura veni va un rumore come di rovina Il carceriere era passato battendo la chiave su la porta dei prigionieri per destrtrli. Il lavoro non lo consolava piì1. Non bastava piìL il lavoro !Lfargli dimenticare le ote che non passavano mai; e la solitudine della cella non gli cbva piì1 l'oblio della vit.a e delle cose passate. L'antico uomo s'era ridestato in lni; egli anehwa ardentemente le verdi praterie, lo folte foreste, il cielo azzurro e la vista del mare che, lontano, sembrava mrn li11ea più cupa che orlava i'orizzonte, così come egli lo vedeva quando, libero, era lui i! padrone della sua vita, il re della macchia. Egli non respirava più. La volta dell,ì cella gli $i era come abbassata a pesargli su la testa e sovente egli stendeva le braccia a misurare lo spazio, l'angusto spazio nel qnale doveva trascorrere la sna vita. E i giorni non passavano e lo notti erano l)Ìl1lunghe e più dolorose dei giorni. Nulla, che venisse a crtm· biarne il corso; nulla 0he venisse a mutarne l'inesorabile uniformità .. E quella donna ! Oh! quella bella donna nuda era sempre là. La notte lrt vedeva, quasi la strin!)'eYa. fra le braccia; ma la donna fuggiva sempre. E il gioruo veniva a sederglisi accanto, s'accoccolava, in 1111 angolo della cella, gli faceva rlei gesti, lo in vita va; si sdra• iava tntt!L lunga sul suo lavoro, cuopriYa col suo bel corpo provocante il telaio e la tela che egli tesseva. Egli uo sentiva il respiro, l'alito, il caldo delle carni; qualche volta gli pareva di sfiorarne con la punta delle dita ht pelle vellutata; ed una rabbia feroce, uno spasimo inappagabile gli tendevano i mnscoli, gli irritavano i nervi, lo gettava.no bocconi per terra a mordersi i pugni, a mordersi le braccia, e, qualche voltn, i rnor~i diventavano haci; baci lunghi, furiosi che gli lasciavano larghi lividi punteggiati di rosso su le braccia e su lo gambe. Una volta ne parlò al dottore. Il dottore sorrise o gli ordinò una purga, delle pillole: ht donna era sempre là, e il desiderio della libertà e il bisogno della carne nou s'attutivano mai. · Un giorno non seppe resistere al desiderio di maledire, di imp1·ecare, d'urlare. Scosse la porta, fracassò il telaio, spezzò, con ht brocca dell'acqua. i vetri della finestra. I carcerieri vennero, gli si gettarouo addosso; egli resistette, volle sfuggire alle man i che lo serrnvano come tenagliEl, scalciò, morse, mescolò bestemmie e preghiere; alla fine della lotta si trovù chiuso in una cella oscura, lo braccia strette dalla carnici a di t'orna i ferri ai piedi; e venti lunghi giorni passarono prima. ch'egli uscisse di là a rivedere la 1ioca luce delht stm cella; prim•a ch'egli uscisse dalla punizione con le me1ubra rotte dal tavolato, lo stomaco illangnic1ito dalla privazione del vit,to, con la nausea del pauo, lo scl1ifo dell'acqua, e al collo dei piedi i segni rossi per l'anello che gli aveva stretti. E giorni e giorui passarono ancorn, e mesi, e 1nesi interminabili, dolorosi, angoscianti. Volle provarsi a leggere. Volle tentare lo sforno supremo di raccogliere il pensiero in uno scopo solo, di Bibliof~ltaot;t1nto1~,aen~~ sua volontà. Cercò, CÒlllegià una volta aveva fotto per leggere la tabella affiss~ alla parete, cli ricordarsi il valore d'ogui lettera, cli distinguerne nna dall'altra, di ricordarsi quello che quantlo ora bambino, aveva imparato. i\fa le .li11ecdello stampato si con fondevano, quando aveva decifrata una parola, aveva dimenticata quella che la precedeYa; non riusciva ad intendere quello che sul libro era stampato, 110n poteva leggere; no, non poteva; eppoi c'era sempre la donna che ridevn, la belht <lonna brnna, tutta unda che gli diceva parole o lo invitava. Un giorno aveva appoggiata la ttsta su le mani - da tanto tempo gli era diventata pesante e· gli doleva - un giorno sentì un colpetto leggiero sullaspitlht, si voltò, pensando che il carceriere era entrato e lo chiamava, non c'era ness1rno e il medesimo colpetto ei lo sentì immediatamente alla gamba, eppoi sopra nna mano, eppoi dietro la testa, alla nuca; gli p~rrn che un animale fosso entrato nella stanza e lo toccasse qua e lit e gli sfuggisse tanto rapidamente che egli non lo poteva vedere Lo disse al cnrcerierc, l'indomani, ma il carceriere sorrise scuotendo la testa e gli richiuse la porta in faccia. E l'animale rimase invisibile nella stanza; ma egli lo udiva respirare, qualche volta, e continuamente ne sentiva le toccate, pitL frequenti e dolo· rose quando l'orologio dello stabiliiuento suonava le ore lente, lente cou Hna vibrazione nell'aria, che pareva svegliarsi all'rtrmonia della d•ippia campana. E la notte la donna rideva, seduta iu fondo al sno letto; e le mani sanguinose brancicavano per terra, lasciando larghe chiazze lucenti doYe s'erano posato. Un giorno finalmente potè vedere l'animai.• <lhe lo toccava. S'ora aquattato su la tavoln murata sopra la porta dove egli soleva posare le coperte del letto. So ue stava lassù immobile, fissandolo cou occhi strani che sembr,wano ridere e accanto a lui, con le gambo penzoloni nel vuoto, s'era sednta la bella donna nuda ed essa pme l'ideva. Quando il Cllrcericre venne per ispezionare la cella egli gli accennò i due esseri e perchè il carceriere sorrideva egli gridò di guardare, di gnardare 1,tt.entameute, c'erano; erano là; era dunque orbo~ La donna era entrata nna volta dalla spia della porta, e l'animale ern venuto un giorno di bel tempo, ed era scappato fuori dalla gamella dove l'avevano mcssò, sotto la minestra, per farglielo arrivare. Lo sapeva lui. Chi lo ave,·a mandato era Nene; Nene che gli aveva mandato un compagno per aiutarlo a passare il sno tempo. Soltanto Nene aveva scelto male, quell'animale lo tediava. Il carceriere uscondo scosse la testa o eh iuse la porta soltanto ,t metà, ammagliandone il chbvistel)o. Poco di poi un uomo venne, seguito diil carceriere e da u11 altro uomo. AveYa una faccia benevola e gli sorrise parlando. Solt~rnto a lni parve che quell'Homo nascondesse delle ali sotto le braccia, e quando la porta fu rinchiusa ed egli rimase 1movamente solo,pensò: se potessi piglial'o le ali di quell'uomo io acchiapperei il mio ani male; poi peusò: No, volerei via dallrt finestra o tornerei a casa a ,·odere che cosa fa la mia Nene e perchò non Yiene da J11e. :E cominciò a pensare che poteva fabbricarsi Ùlle ali con i peizi di telaio, lo molliche del suo pane ed il lenzuolo tlel suo letto. Gli tor• uò alla mente il pensiero ch'egli ayeva avuto i primi giorni del suo arrosto ; se potesse fabbricarsi un pallone fuggirebbe di là. Quel pensinro ora gli tormenta.va il cervello. L'indomani il carceriere aprì la porta piit presto del consueto e lo clii amò. Egli era vestito, seduto per tena. Da. che la donna aveva preso l'abitudine di sedet·si sul letto egli non ci dormi rn più. - An11ia1notfal direttore - disse il carceriere. - Dove~ - D,,1 direttore. - - Ah! egli disse, mi darà nn altro animale cito non dia noia e rnRnder:ì via quella don nn.? - J<'orse -· gli rigpose il cttr~erioro. i\la quando egli fu dina11ii al 1lirettoro, egli <.:01upres(I

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