216 lUVlSTA POPOLARE DI 1-'UDZTlC.A LETTERE E SCIÈNZE SOCIALI ·LiERGASTOLANO L; spid della porta s'a~bassò piano, pianò e· l'oèchio, i:he dal foro copei'to di vetro attentamente lo fissàva, scomparve, Egli intese uh fruscio leggiero come di qilalèhe <iosache strisciàvà sul pavim,mto e èomprese che il llni'ceri.ere si allontanava. Per ùn istante rimase immobile nella posizione ch;egli a,·eva quando la spict fli al,qtta1 steso supino su lo st~etto lettuccio guarc1ando, attraverso il breve pertugio della finestra, le stelle che brillavano nel cieio argentee, lu- <1ent1come goccie d'a!)ciaio in fusione. Nell'alto silenzio l'orologio dello stabilimento S<loccò lentamente,. a rintocchi armoniosi batt.uti su due camtJane diversamente soùore 1 le ore. Egli contò: le lin'dici. Si rivoltò sùl fianco; contro il murò e chiltse g'li occhi èl:lrèando di dormire. Ma non· poteva. Una strana agitazione s'era impadro.a nita di hfr e lo eccitava, gli tendeva i neni come se fossero co1·de d'uno strumento, forte1nente tirate. Gli sembrava che quella notte fosse più lunga di tt1tte le altrè e che lo orè scoccassero con suoni tutti nuovi, pal'lassero, con voci misteriose, strane parole non dettè lilai prima di quella notte; gli si ripercuotessero nel cervello come leggeri colpetti battùtigli d11, nocca invisibili, su fa sommità del cranio. Ed egli non riusciva a · tenere chiusi gli occhi per addormentarsi/ Da che .il silenzio era suonato ecl egli, ·obbligato a coricarsi aveva cerèato; voltandosi contro il-muro, di do1:- 111irecome le altre notti, gli erano venute nella mente mille e mille idee che lo tenevano desto, facendolo pensare. Era come un ass.alto di tentazioni strane, di desì• ded da lontana epoca sopiti, di bisogni da lunghi anni quetati; come una irruzione d'immagini sbiadite dal - tempo, pallide, cirèonfuse di nebbia; risorte ora,; ritor 0 nate, ora, di' lontan'ò e che lo stringevano, lo chiama• 'vano in· mille modi, lo facevano· sentirsi vivo nel pro - fondo buio• della notte, nel grave silenzio della-cella, muta e .sorda come un baule di pietra. La coscienza del·.tempo s'era ridestata in l.ui e, con ht percezione degli anni che erano passati, ..che passa• Yal)o, .che avevano da passarn .ancora, gli si ridestavano 11ella mente i ricordi, i pensieri da lungo tempo svn• uiti, dn tanto tempo repressi. · Da quanti anni viveva egli là dentro, chiuso J:'rnquelle qnattro inesorabili murai Cinq_ue'I Sei'l Dieci'/ Chi lo poteva dire 'l Altri forse, egli no, certainente. · Non lui che aveva veduto tante, tante. tante volte ri-. tornare al medesimo punto sul mur~ della cella. un breve,raggio di,sole, e assottigliarsi col p.assare dei giorni fino a diventare una punta strett,a e lunga; .che.aveva computate molte .estati dalla lungit durata dei giorni, ed aveva, saputi gl,i inverni dalla fredda e triste lunghezza delle notti. · Quanti_ anni, dunque, aveva egli passati là dentro 1 Di tanto, in tanto un mezzo bicchiere di vino aspro còtùe aéetò, ve1'safo·nella ·sua tazza di stagno; lin piccolo Sltppleme·nto di vitto, un piatto ·di pàsta asciutta,- una fetta di carne·in"umiclo gli avevano accennato una grande festa· dell'anno,. un .Natale, una Pasqua·, un giorno dello Statuto, ma egli ·ne aveva, màngiate tante,di quelle fette di carne in umido!· Il pensiero gli si confondeva a contarle, da, lungo tempo -ei non contava più. S'era adattato alla vita che faceva, che doveva fare là dentro. ' · Nella prima epoca. della prigionia egli aspetta.va ansiosamente' le· notizie di fuori. Dtll'ante fa prevenzione le lettere di sna moglie, che egli si faceva leggere dal carceriere, le· visite al parlatorio, i colloqui con ravvo• eato, tu tt,o lo ·distraeva,.· Egli· sentiva, allora; la necessità ,:!.iMnve1·sare, di sapere che cosa accadev~ fuori della prigione, di avere notizie cli tutto e di tut.ti. Lo interes• savario i giornali che parlavano del suo arresto, che BibliotecaGino Bianco raccontàvano i(', stie gesta di bandito, i sùo1 fatti feroof, le sue astuzie. S' foformava dei suoi compaesani che di lui non pronunziavauo il nome, ora, altro che a bassa voce; che mettev,tno tutta la loro <lura maggiore nel far sapere èhe non lo avevano conosciuto o nel far dimenticare ch'essi avevano avuto dei rapporti con Irti. Da tutto egli tràeva materia a distrazioni, a conforto, a sollievo. Se al parlatoriò sua 111ogli_earrivava più · tardi dell'ora consueta egli aveva a~pre parole di:·rimprovero, e, sfog1;tva il cruccio che. gli amareggiava l'anima tormentancio. la meschina che sola, nell'abbandono di tutti, gli era rimasta fedele, lo cercava ancora e si sforzava, nella potenza del suo sco_nfinatoamore! di rendergli meno dolorosi i giorni della prigionia.;· i giol'ni angosci tisi prececleiiti il processo; ; · i. Dopo la condanna; dopo che la condanna era dive 0 nuta definitiva, gli. erà sembrato che una vita nuova era incominciàta per, lui. . Gli •parve d;essere _cambiato in un 'altro, ii giorno che le porte dell'ergastolo si chiusero dietro di liii. Qttando pensava a qtiel suo arrivo alla galeragll sembrnva <lhe ogui porta - dal portone grande che dava · sulla strada, alia· porticciola stretta e bassa della sua cella - ògni porta che dinanzi a lui s'apriva e dietro .di lui si chiudeva lò i1i:11netteva in un mondo sempre pii1 nuovo; toglieva di lui qualche cosa ch'egli lasciava. dietro di se, con le cose. sue, per sempre, e gli dava qual<lhe altra cosa nuova che gli entrava nell'anima e lo ti'asformava. · · Cosl in ùna Nima stanza egli aveva lasciato il stio tabacco, jl coruètto di corallo, l'orologio, il portafoglio, alcun_i altri picéoli o_ggetti ch'egli portava sempre con sè e ne aveva ricevuto, quasi in cambio, un pane; in un'altra stanza aveva lasciata la fusciacca, il fisciit rosso che Nena gli aveva ricamato, ·e gli avevano dato una bisaccia, una gamella, una tazza di stagno, un cucchiaio di legno ; in nn':tltra stanza egli aveva detto il suo nome ad un uomo che lo aveva scritto in un libro e gli aveva •dato, poi, una piastrèlla di metallo su la quale erano incise tre cifre. Va quel m9mento non più col suo nome, ma col valore di quelle tre cifre,.cou quel numero, diviso in due, egli era sta.to chiamato: Avanti il 4, 22. Di qui 4, 22.· Siediti là 4, 22. · Ed egli, ormai 4, 22, era anelato per un lungo corridoio e s'era fermato in una stanza dove gli erano stati tolti tutti i suoi abiti, eppoi, nudo, era passato di là, attraversando una grande stanza umida nella quale un uomo gli aveva rasa la faccia e la testa e gli aveva fatto prendere una doccia, in un'altra. stanza dove gli avevano dato un paio di zoccoli, una ca.micia, un fazzoletto a qurulrati bianchi e bigi, una cravatta, un'asciugarnani ed un abito a righe brune e chiare, sul quale era cucita una piccola banda di tela bianca che portava stampato il suo nuovo nome : 4, 22. Egli aveva, così, lasciato dietro a sè tutto sè ste$SO e, vivente, non era più un essere dei vivi, e non era, più lui. Un ultimo sussulto dell'essere suo lo aveva provato quando il rasoio, adoprato da una rnvida mano pesante gli aveva sfiorato il labbro fac!:)ndone cadere i baffi; una Iagrima gli era scesa lungo le guancia ed un bri, vido gli aveva percorRo il corpo al contatto freddo della macchinetta. che g\i rapava la testa. Poi più nulla. S'era seduto su una. panca in una stanza quasi buia e vi era rimasto molto tempo, immobile, senza che nes, suno venisse a cercarlo, senza che, apparentemente, nessuno si occupasse di lui. Durante quelle ore egli aveva avuto la sanzione che l'intimo di sè, la sua profonda coscienza, si separava da lui con gli ultimi pensieri, con g.li ultimi ricordi della sua vita libera, che svolavano via con le- ore scoccanti lente, lente, a rintocchi armoniosi, battuti .su due campane diversament~ i!ODOre.
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