Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VII - n. 10 - 30 maggio 1901

RIVISTA POPOL.4.llE DI POLITICA LE1 TERE E SUENZE SOCIALI 189· Nelle storie dolorose degli episodi del!' esodo degli italiani per tutte le plaghe del mondo campeg- &iano queste note : mancanza deplorata d'intelligenza, cti cuore e di attività nei rappresentanti - consoli e ministri - t'lell'Italia all'estero; mancanza di coltura, di mezzi per la esistenza, di cure igieniche, di contegno morale negli emigrati ; loro concorrenza spietata ai lavoratori indigeni, di cui da per tutto peggiorano la condizione economica ribassa.ndone i salari. Da ciò l'odio, il disprezzo, la persecuzione, cui sono fatti segno in Europa e in America, ad eccezione dell'Argentina - senza distinzione di razza, di religione e di colore politico. Ma se gli emigrati nostri vanno contro a tante sofferenze fisiche e morali, come si spiega questa loro continua insistenza nel valicare le Alpi e l' Oceano? Egli é che qualche cosa di sinistro li sospinge fatalmente: la mancanza di lavoro! E ne trovarono sinora in !svizzera, in Francia, in Germania; e ne trovano tuttavia in America! Può e deve il governo italiano porre un limite all'emigrazione in genere? Non lo può, non lo deve. Giova al paese nostro l'emigra'lione pei milioni di risparmi che mandano in patria i suoi figli derelitti; giova per la diminuita pressione nella concorrenza. pel lavoro ; giova in un primo tempo per i maggiori consumi dei nostri prodotti - più tardi essi divengono concorrenti della madre patria ; giova, infine, perché li dirozzJ., li educa, li migliora intellettualmente, moralmente e politicamente. Ma se il governo commetterebbe un grave errore ostacolando l'emigrazione, commetterebbe, come com-· mette, un vero delitto non regolandola, non proteggendola alla partenza, all'arrivo e nella dimora a1l'estero. Per la partenza provvederà la nuova legge ; per l'arrivo e per la dimora ali' estero nulla si é fatto di nuovo e di provvido. Ed é tempo che si faccia sul serio. Sullosviluppod.ellamarinamercantile in Germania <1> ( St1iclios1illa Circolazione, jiitto nell'Ufficio Iniperùtle ti,i Stcitistica a Berli/lo). Navigare necesse est, vivere non necesse (Motto della lega cmseatica). Io visitai le grandi fabbriche bavaresi; tra Crefeld, Erbefeld e Colonia vidi i grandi stabilimenti di colori; passai attraverso la città di Krupp; assistetti allo sfilare degli operai elettricisti a Norimberga; ebbi una visione incompleta ma precisa di tutti i fumaiuoli che stringono e comprimono Berlino ; entrai nelle scuole, nelle associazioni, negli ospedali, nelle carceri: udii conferenze di operai, di commercianti, di professori e presi il treno per il Nord. Fui ad Amburgo di domenica e verso il pomeriggio. Corsi al porto. Un gran silenzio:: tacevano gli edifizi rossi, alti ed infiniti, tacevano gli argani. Le rotaie ferroviarie che si inters3,~avano in tutti i sensi, facevano pensare a treni, che senza interruzione, passassero per tutte le direzioni. Di tratto in tratto incontravo una enorme grue, guardia oscura e secura pronta ad alzare con i suoi ferrei denti uno dei pesanti (J ì Ho il dovere di ringraziare tutto il per;;onale dell'Ufficio Imperiale di Statistica, e specialmente il Direttore dottor v. Scheel, i consiglieri Herzog, Geib, i quali. mi furono larghi di consigli ed aiuti. :\fa, innanzi tutto, a S. E. il conte v. Iliilow, con l'autorità del quale io fni ammesso in quell"Istituto, la mia gratitudine. B.blioteca Gino Bianco colli, che giacevano, gli uni sugli altri, sotto !'ampie· tettoie. Il silenzio, in quei fabbricati, i quali racchiudevano miliardi di lire, mi faceva ricordare il grave sciopero che per mesi aveva prolungato la inerzia, e 11).fiaceva pensare alla miseria di. coloro, che i beni economici concepiscono e trattano, sia pure per· astrazione di momenti, indipendènti dall'uomo. Il &rande locale refrigerante per le frutta meridionali, la casa delle arancie, l'osservatorio, l'albergo dei marinari, parea stringessero, mura inespugnabili, le selve di alberi, che in un disordine confuso si drizzavano, con i loro pennoni severi, nudi e neri, verso il plumbeo cielo serotino. La mattina dopo io vidi la vita in quell'enorme estensione di terra, portata da migliaia di. uomini,. e l'occhio pieno ancora di quello spettacolo, presi imbarco sul vaporetto, che fa il giro dei porti. Passavamo dal porto delle navi a vela, a quello del petrolio, delle Indie, sempre avanti. Io pensavo e ricordavo. Amburgo ha ben preparato e meritato codesto· avvenire. Nessuna storia marittima presenta tante lotte, tanta resistenza, tanta costanza come quella. della gloriosa Hammonia. Non é avvenire improvviso quello della Germania. Bisogna scordare la lega anseatica, il fenomeno commerciale più importante di questo millennio? Fondata nel 1247 fra Amburgo e Lubecca, raccolse poi nel suo seno ben 87 città. Pirati del commercio - sono detti da· qualche storico, gli anseatici. Non de~ cido. Io so la loro vita rigogliosa, io so che i loro vascelli muovevano da Brema, da Rosbock per arric-· chire le Fattorie della lega, per combattere nemici politici: Erich di Norvegia, gli ii:1glesi, Waldemar df Danimarca. Ladri del mare, stato nello stato, affamando i popoli che ad essa non volevano sottomettersi, vivendo di propria vita giuridica e politica, sollevò molta gente dalla barbarie e, chiudendo il suo congresso a Lubecca nel 1669, lasciava una storia gloriosa di fatti, ed una eredità preziosa. di insegnamenti. L'arte del commercio, lo spirito marinaresco oramai erano potentemente infiltrati nelle città alleate. Lubecca, Brema, Amburgo non restavano divise, e le loro flotte avevano delineato i compiti e l'avvenire. Un commercio non può prosperare senza avere stabilita la sua politica. E codesta massima, la Lega aveva insegnato ai suoi associati. Aveva fatto dippiù: aveva additata e segnata la politica. da seguire. Ventitré anni dopo incominciavano ad Amburgo le discussioni sui modi mercé i quali il commercio marittimo possa migliorare e si facevano i primi tentativi per un porto franco. •Certo, la guerra franco-inglese del 1689, finita con la distruzione del commercio inglese, le emigrazioni francesi, la formazione della Jl1erchants Adoenturers Company furono fatti di una importanza non piccola .. Ma osservate gli Statuti della città: osservate il sistema finanziario : osservate la storia dei privilegi economici accordati dal Consiglio ai priva ti, ai consorzi - voi trovate sempre le prove di politica commerciale abbastanza decisa e stabile, la quale non può esser detta protezionista o liberista, poiché i consiglieri amburghesi non riconoscevano il protezionismo o liberismo come dogmi, ma come misure da applicare opportunamente a tempo ed a luogo. Essi non avevano che una mira che era il dogma : lo sviluppo del commercio marittimo. - E quindi dalla lotta ~on Altana sorge il porto-franco. Gli scopi protezionisti possono essere raggiunti con mezzi liberisti. La storia di Livorno nella metà del 16° secolo con tutte le concessioni di Cosimo I (1547) non é li a riprovare il fatto ?

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