192 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI con la quale pare sempre si Yogliano offuscare le raaioni vere e positive balzanti dalla vita: si dice cio0é che Dio per punire la donna della parte, dirò così, preponderante avuta nella consumazione del peccato originale, le inflisse i dolori ineffal,ili del parto e la sottopose alla signoria illimitata del marito. Quale applicazione avesse nel fatlo la legge mosaica si rileva dalla interpretazione che ad essa é stata data da Illelo, uno dei più famosi sapienti della Palestina, il quale visse ed insegnò negli anni che precedettero la nascita di Cristo. Egli, oriundo babilonese, portò nell'esame della legge mosaica la manica larga della decrepita civillà assira: lo vediamo infatti affermare che il marito può ripudiare la mog!ie, ogni qual volta questo abbia suscitato il suo disgusto. Secondo lui e secondo la sua fiorentissima scuola, bastava che una moglie avesse salato male le vivande, bastava che avesse mostrato le braccia o il seno nudi per ripudiarla. . Povere signore nostre, se Illelo tornasse! Addio provocanti décolletées ! Addio passeggiate in costume da bagno sulle spiaggie infuocate, sotto gli sguardi cupid_idegli oziosi frequentatori dello stabilimento! Più rigoroso di lui, Sciammai, suo discepolo e poi suo rivale, non ammetteva il ripudio che come punizione della impudicizia e della turpitudine della donna. Ma agli arbitri ed alle incertezze delle interpreta, zioni farisaiche doveva porre fine colui, che della morale mostrò di avere un concetto veramente•·umano, Cristo : egli, conseguente alle sue purissime dottrine, al tenore della sua vita illibata, non poteva consentire una facilità così morbosa al dissolvimento dei vincol_i coniugali, fonte di una deplorevole licenza. Infatti nel magnifico sermone della montagna non ammette il ripudio che nel caso di adulterio della moglie, con una frase che ha dato luogo a dispute interminabili fra i dottori della Chiesa, e che tuttavia non si presta ad altra interpretazione, specialmente quando, oltre alla lettera ed allo spirito della sua predicazione, si interroghino senza preconcetti dommatici le condizioni def suo tempo, e le parole de~li Apostoli, che furono i suoi autorevoli ed autentici interpreti e continuatori. Egli, astraendo dalla instabilità della famiglia e dalla poca considerazione in cui in Grecia era tenuta la donna, in una vita cosi alta di pensiero e cosi intensa di azione, aveva, sia pure inconsapevolmente, insieme agli altri ottimi insegnamenti della civiltà greca, subito l'influenza anche della pratica del divorzio, consentito fra gli Elleni con una grande larghezza. E, d'altro canto, come in molti altri casi, neppure in questo aveva osato mettersi completamente di fronte a tutta la tradizione della civiltà ebraica. Eccomi giunto cosi a Roma, dalla quale noi abbiamo ereditato e conservato con scrupolosa ed umile riverenza tutta la meravigliosa costruzione giuridica per ciò che riguarda il diritto cli proprietà ed il diritto della obbligazione. Trascurando tutte le congetture dei romanisti pel periodo, che precedette la promul~azione delle XII Tavole, queste contenevano indubbiamente disposizioni relative al ripudio, come effetto della sconfinato autorità del marito sulla moglie, e non regolata quindi da alcuna restrizione legislativa, ma soltanto dalla approvazione o dalla condanna dei pubblici costumi. Quando invalse l'uso dei matrimoni liberi, e questi ebbero la stessa efficacia dei matrimoni conchiusi con tutte le forme, allora la dissoluzione del matrimonio poté avvenire senza alcuna pubblicità giudiziaria, e poté esser pronunciata dal giudice dopo un regolare giudizio in contraddittorio. Tutta questa Biblioteca Gino Bianco materia affidata dapprima alla semplice sanzione della consuetudine, ed al sapiente arbitrio del ma~istrato giudiziario, venne poi regolata con precisione cli particolari dalla codificazione di Giustiniano, il quale si occupò delle forme procedurali, e delle conseguenze patrimoniali del divorzio relativamente ai coniugi ed alla prole. Sarebbe interessantissimo studiare la reciproca in- . fluenza del diritto tradizionale romano e delle prescrizioni della Chiesa Cristiana in quei secoli oscuri, dai quali usci poi la civiltà nuova. Ma nei ristretti limiti di un articolo non si può che accennare per sommi capi alle notizie, che di quel periodo ci rimangono. Nei primi secoli del Cristianesimo spesseggiano le decisioni dei Concili (specialmente in Francia ed in Spagna), che consentono la dissoluzione del matrimonio nel caso di adulterio, per lo meno nel caso di adulterio della moglie. Ma, se è sempre permesso al coniuge offeso di ·passare a seconde nozze, per lo più questa facolt:-'t è negata al coniuge colpevole. Certo la Chiesa greca scismatica ammise sempre il divorzio, e quando i papi tentarono la conciliazione con la Chiesa latina non se ne preoccuparono mai : il solo Eugenio IV mostrò cli desiderare l'abolizione del divorzio, ma non vi insistette troppo. . La prima recisa affermazione della indissolubilità del matrimonio, in risposta all'ardimento rivoluzionario di Lutero, fu fatta 1'11 novembre 1563 dal Concilio di Trento, il quale contemporaneamente ammise la separazione personale dei coniugi a tempo determinato o perpetua. Su questa deliberazione del Concilio tridentino, della quale sarebbe opportuno occuparsi particolarmente, si basarono le nazioni cattoliche per accettare come principio giuridico il domma della indissolubilità del matrimonio. Si giunge così all'epoca moderna, la risposta della quale é concordemente favorevole al divorzio, poiché le tre eccezioni (Spagna, Portogallo, Italia) confermano la santità e la perfezione della regola. L'esempio degli altri Stati. È forse una universale aberrazione quella che ha condotto tutti i popoli civili ad ammettere e regolare nelle loro leggi l'istituto del divorzio? Io so •~he non sono mancate le lamentazioni più compassionevoli sul pervertimento dei costumi, e sulla decadenza della pubblica e privata morale; e ,so parimenti che mille inconsolabili Geremia hanno attribuito tutti questi malanni al rilassarsi dei vincoli famigliari, e più specialmente alla dissolubilità universalmente accettata del vincolo matrimoniale. Non sarebbe difficile dimostrare quanto siano superficiali le loro considerazioni, e come esse sieno l'effetto di quel metodo aprioristico ormai fortunatamente caduto in disuso in ogni scienza, ed anche in quella più ardua e complessa delle ricerche sociologiche: ma ciò potrà esser materia di un apposito studio. Certo quando io vedo popoli di razze, di religione, di costumi fra loro diversi vivere da lungo tempo, rispettando gelosamente l'istituto del divorzio, non posso astenermi dal ritenere che qualcosa di sostanzialmente buono, di eminentemente morale essi debbano ritrovarvi, ed assai legittimamente il loro esempio io addito ai nostri legislatori. Chiunque poi potrà dire sinceramente a sé stesso se la costumatezza italiana sia superiore a quella inglese o a quella tedesca: chiunque conosca meglio di me le condizioni della pubblica moralità negli altri paesi d'Europa potrà far le debite comparazioni, e concludere se la mancanza dell'istituto del divorzio in Italia sia
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==