RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 157 A giorni si pubblicherà : Dott. NapoleoneColajanni, Deputato al Parlamento Per laecononmaizaionale_ ep dl azsiougl rano Un volume di circa 300 p:igine - Prezzo: L. 3 Dirigere cartoline vagiia all'On. Dott. Napoleone Colojanni - .ROMA. (Vedi sommario dell'opera sulla quarta pagina della copertina). RIVISTADELLERlVISTE Senatore Ugo P.isa: Il problema economico e finanziario in Italia. - E' notevole che dal 1859 in poi, bene o utale si è dovuto provvedere nella massima parte a tutto quanto già esisteva negli altri g-raudi Stati europei. Errori grandi e piccoli furono co1i1messi, ma tutto sta a vedere se furono maggiori le cose fatte bene o discretamente di quelle fatte male. Comunque siasi questo gigantesco lavoro, tanto più perchè di necessità aftrettat1;>,costò somme enormi, e per so1>perirvi fo ueces- . sano aggiuugere a debiti colossali il peso di impostt1 svariate, gravose, mal distrie, confisca del capitale, ma bensì la progressione fissata « e fermata in breve limite e poche categorie, che valga « a corroborare la giustizia distributiva dei tributi, che " cominci su cespiti piuttosto elevati, per arrestarsi a « aliquote multo moderate». E 11011 vi è forse margi11e da noi per modiche egraduali ridur.ioni nelle tasse postali e telegrafiche, nello tariffo dei trasporti ferroviari e marittimi, e in qnelle ùoganali di materio prime o di consumo ~enerale che cfa noi non si producono 1 Le perdite sarebbero rifuse nell'avvenire, e compensate lautamente dallo sviluppo cresce11te - ora impedito o ritardato -- dei traffici, della produzione e doi consumi. Nò deve esclnc1ersi qualche operazione del Tesoro. Fu per coprire le speso improrluttive dell'Africa che venne contratto facilmente e a buone condizioni 1111 prestito il cui ricavo avrebbe potuto trovare impiego ben più ragionato e prolicuo se usi.to a migliorare l'assetto eco - nomico e tributario del paese. · Nè sarebbe difficile il porre mano alla immediatn· o graduale abolizione del corso forzoso, qualora si instam una politica finanziaria meno debole e meno inconseguente, che da un lato applichi in modo ener~ico i dettam i della scieum. temperati dai suggerimenti dalla pratica, e dall'altro non provochi nuovo incleboli1!1ento negli istitnti di emissione, appena convalescenti, col coinvolgerli in nuove funzioni, a cui non hanno nè forza nè attitudine sufficieute. Senza mettere a serio repentaglio la solidit-il dell'Erario, e senza il timore di qualche lieve sbilancio, sembra se non facilt>, almeno più che possibile clifar sortire il paese dalle angustie in cni oggi sciaguratamente si trova. (Nuova. .Antologici -15 Aprile) buite. E qui pure la fretta, congiunta al bisogno impellente, fu pessima consigliera. Si colpirono con aliquote gra,·issirne i consumi; dopo aver dovuto ricorrere al corso forzoso si aboll prematuramente, con urgenti sacrifici, per ricadervi al piit presto ; e· si adottò,• infine, una politica doganale nefasta per l'erario e pel progresso agricolo, a fine di promuovere nuove industrie che in buona parte riposano su basi .fittizie. Waldersee invita la corte chinese a ritornare a Pechino Ercole Vidari : Il conve'gno di Tolone. - Chi l'avrebbe detto che, dopo il broncio minaccioso della Francia verso l'Italia, il quale durò circa un quarto di secolo, i due paesi si sarebbero riconci- Fatto sta che i sacrifici pazientemente subiti dal paese, superarono gli errori dei suoi governanti, e gii\ dne volte si riuscì a riporre in equilibrio il bilancio dello Stato. Se non che si giunse all'inevitabile: li\ finanza pubblica è risi.abilita, ma è spossata la parte maggiore, la parte sofferente e più povera della JJopolazione: e oc11orre prov..-edere, per non forzarla agli estremi dell'accasciamento o della rivolta. .Nè basta ancorn, perchè questa poco savia finanza viene ora a porsi in decisa opposizione cull'uniche forze da cui potrebbe attendere sicura e stabile guarigione: l'economia nazionale che vorrebbe risorgere e rinvigorirsi si trova troppo 11pessodi fronte e viene a dar di cozzo coll'inerzia e coll'insipienza dei governanti. Non potendo chiudere gli occhi per non constatare , quest,i situazione, i nostri nomini competenti si sono scissi in due schiere opposte e ben distinte: quella della finanza rigida che vuole le economie fi 110 all'osso, non ammette nuove spese di qualsiasi genere, nè riforma tributaria, nè sgravi di sorta, ~enza la piena sicurèzza del mantenimento del pareggio; qnelb della finanza spensierata che non vorrebbe sacrificare la nazione a.lle esigenze pedantesche del bilaucio. Noi non siamo nè per l'una nè per l'altra esclusi va mente, ma un po' per entrambe con prevalenza della prudente circospezione insita alla prima. « Allievando, come devesi anzitutto, alcuna fra le im- « poste più eccessive sui corrsnmi, mentre potrà atten- << dersi in futuro, dal graduale aumento di questo, qual- « che ristoro a,Ua .finanz:!, converrà però sussidiarla sino « da ora con nuovi, sia pure minori introiti, e all'uopo « sarà necessario decidersi nna buona volta a seguire << l'esempio che ci venne dato da altri Stati (anche fra « i piìt conservatori - persino l'Austria) introduce11do <t una lieve e limitata progressività in alcune imposte « che per la loro natura più vi si prestano. Non già - ccgiova parlar chiaro - qnella perniciosa, auspicata dai \'I collettivisti, che tende piit o meno lontanamente alla Biblioteca Gino Bianco (Nebelspatter di Zurigo). liati ed abbracciati a '!'olone, proprio a '!'olone che vide le prime armi del primo Napoleone, mezzo italiano e mezzo francese? Eppure, è così, perchè la forzi~ delle cose è infinitamente più forte dei capricci, delle gelosie e della volontà umana. L'odierno convegno di Tolone chiude quel brutto periodo che fu un grave errore da parte della Francia, la quale, però, aveva per attenuante il dolore della sconfitta e della sventura. Ma cosa poteva fare l'Italia per la Francia (a cgi pur tanto doveva!) se essa stessa, nel 1870, era quasi disarmata e' nella impossibilità di prestarle qualsiasi aiuto 1 Se fossimo intervenuti l'avremmo prese noi pure. Però il dispetto avuto dai suggerimenti diabolici di Bismarck, e non cercato di attutire dalla fenomenale incapacità del ministero Cairoli, spinse la Prancia alla conquista di Tunisi, e l'Italia dovette allearsi coll'alleata (un po' infida) del 1866, e poi con la sua secolare nemica, l'Austria. Cosi sorse la Triplice alleanza. Ma se la Triplice alleanza politicamente ci giovò, commercialmente non ci fu di nessnu vantaggio o di vantaggi troppo scarsi, i quali, per certo, non equivalevano ai doveri politici e militari che ci dovemmo assumere. Oggi, cessate le minacce fraucesi, e gl'interessi facendo soltanto le alleanze, parrebbero cessate le ragioni che determinarono quella nostra con le Potenze centrali. Altre amicizie, altre intelligenze, altri accordi ci abbisognano. L'Italia non aveudo fisime di conquiste che possano sollevare le gelosie altrui, deve cercar~ le proprie amicizie fra i suoi vicini, perchè <la questi soltanto può aspettarsi minacce e danni. Ecco perchè noi vorremmo particolarmente coltivare l'amicizia colla :Francia e con l'Austria colle quali ci tocchiamo per terra, e coll'Inghilterra, con la Francia e con l'Austria con le quali ci tocchiamo per mare. Nè per ciò occorre alcun solenue trattato di alleanza: gl'interessi fanno le alleanze. La Francia, oltrecchè così vicina a noi per terra e per mare, ci è vicinissima anche per istitu-
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