Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VII - n. 6 - 30 marzo 1901

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI . . . 113 conflitto degli interessi. La necessità di alimentare una popolazione in eccesso sulle sue risorse, spinse Ateue, la città imperiale, a volgere tutte le sue energie nel ~rocurare fuori ciò che la natura ne~ava in patria, non solo estendendo il. suo commerc10, ma anche e principalmente traendo profitto dalla sua posizione politica e dal dominio sul mare. Tutte le guerre elleniche, nel periodo del progresso o della decadenza, riconoscono una causa economica, e la pace che si ebbe. in Grecia fu dovuta meno all' d.Zione dei Macedoni ; e più all'enorme espansione ed emigrazione verso l'Asia, che inaridirono la fontana perenne delle guerre. La Grecia nell'Esiodo ci dà la prima protesta cootro la guerra e l'inno al lavoro. E tutto ciò che la scuola di Cobden ha dato su questo argomento, si può dire che non è se non ripetizione di ciò che è contenuto nel poema dei lavori e dei giorni. Tucidide è il primo storico che guarda la guerra dal punto di vista economico ; e la sua opera si può considerare come una interpreta1:ioneeconomica della storia Greca. I concetti di Tucidide si trovano nei primi scritti di Senofonte ; e gano tributi sotto tutte le forme. In Roma, . perciò l'ideale della conquista fu realizzato completamente e in tutto il suo splendore; ma nella realizzazione c'era il germe del castigo. La lunga agonia dell'impero romano, la decadenza' senza speranza, la fine inevitabile su cui Gibbon con stile scultorio ha versato un melanconico splendore, e pei: cui sono state date tante profonde ragioni, dopo t1,1,~t~nion ebbe che una semplicissima e prosaica caùsa: Teècesso del eonsumo sulla produzione. ··· · Questa condizione si dovette a due cause principali. La prima fu quella del lavoro a schiavi. Questò sistema, come anche insegnò l'esperienza degli Stati Uniti, è improduttivo. · Il sistema a schiavi impedi la formazione delle classi medie e dei lavoratori liberi, produsse la ricchezza ai pochi privati e la miseria della società, Donde la verità irrefragabile del motto di Plinio: latifundia perdidere Italiam, jam vero et provincias. La seconda va ricercata nell'assenza d'industria in Roma. 11 suo commercio, la sua missione era quella di opprimere· uomini ed importare grano ed altri tribùti e proposcia di Platone che condanna la guerra. Platone, però, nonostante il suo idealismo, n o n propone l'abolizione della guerra e riconosce che la decadenza dello spirito militare è sintomo e causa della decadenza na- .zionale. Aristotile in parte conferma e in parte sviluppa le idee cli PiaGiuocoeuropeo. dotti, che contraccambiava in moneta. Questo carattere automatico delle relazioni fi. nanzi ari e e commerciali tra le metropoli e le provincie, riuscì disastroso all'una ed alle •altre. Da un lato le provincie che pagano come tributo una larga parte della loro Biilo,v: Questo è interessante: appena io avvicino la Germania all'Inghilterra, ecco che la Russia si allontaoa da noi e si avvicina alla Francia! _ produzione furono impoverite e ruinate, dall'altro lato gl'italiani subirono la Stessa sorte per la concorrenza forzata del prodotto coloniale. tone. La guerra tra i Romani. - I Romani originariamente furono pastori; perciò spinti alla guerra per avere pascoli. La guerra fu la loro normale condizione; la pace, l'eccezione. Beati possidentes fu la loro massima legale; e Gajo: ma:r:imesua esse credebant quae ex hostibus cepissent. Restarono guerrieri quando la loro economia si trasformò e progredl, in ciò aiutati anche dall'abitudine e dalla tradizione. Lemazioni commereiali lavorano per noi, essi dicevano. La nostra missione è quella dì conquistarle e di levare eontrtbuzioni su di esse. Continuiamo nella. guerra, ehe ei ha resi loro padroni. Ne1 dr;bellare superbos di Virgilio c'è il grido del vero Romano; e Cicerone fa l'apologia delle cose militari. In Cicerone è vero che c'è un accenno a reazione contro la guerra; ma rimane senza efficacia. Indi la condannano gli stoici, Seneca, Strabone, Probo, Plinio: nei quali si leggono espressioni sentimentali come in St. Pierre ed argomentazioni che rassomigliano a quelle di Rousseau. Le condizioni economiche e le tradizioni nazionali cosi spingono Roma alla polìtica di conquista e di sfruttamento. I suoi successi stimolano l'avarizia e l'usura. Tutte le vie conducono a Roma e per tutte le vie arrivano tributi dalle provincie; e i milioni di conquistati divengono gli schiavi che lavorano per Roma. Sono schiave anche le provincie, che in apparenza hanno conservato la libertà e la prosperità. Cicerone dice i provinciali_ in servitucline nati; le provincie praedia populi Romani e servi rei pubblicae. Le provincie mandano prodotti di ogni sorta, e .paBibliotecaGinoBianco (Dt.istige 8liittcr cli Berlino). In questa guisa la produzione clella ricchezza decrebbe rapidamente in Italia e nelle provincie:; mentre µello stesso tempo il consumo improduttivo della ricchezz_a, crebbe rapidamente per le gratuite elargizioni di ~rano, per l'aumentata centralizzazione amministrativa, per la moltiplicazione di corti, capitali e funzionari. Inoltre non essendovi in Italia altra esportazione che di moneta per pagare le lussurie importate, si ebbe una vera .fame di danaro del carattere più allarmante. Caddero i prezzi e il pagamento delle tasse divenne sempre più difficile e finalmente impossibile; mentre dall'altro lato i bisogni fiscali dell'impero aumentarono come se ne allargarono i confini. 11mondo Romano cadde in convulsioni. L'economia monetaria che era stata la base dell'amministrazione dell'impero falli; riappari l'antica economia naturalé. I tributi in misura crescente si pagarono in generi. Soldati ed ufficiali invece di salari ricevettero doni di terra. li cambiamento delle occupazioni divenne impossibile. La societa cristallizzossi in un sistema di caste. li principio feudale cominciò a svilupparsi. La malattia economica di cui l'impero andava perendo, aveva attaccato i suoi organi vitali. Le provincie erano desolate, il popolo soffriva la fame e i barbari erano alle porte. Possiamo meravigliarci se essi furono accolti a braccia aperte? Roma f11 uno smisurato parassita economico, che aveva steso i suoi tentacoli sull_eprovincie succhian~ done il sangue vitale sino a dist1~uggerle; con cio

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