Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VII - n. 5 - 15 febbraio 1901

94 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Ha ragione l'on. Salaudra nel sostenere ciò che sostiene1 Mille ne ba, non una sola: 1wrchè a non badare ad altro, il Debito pubblico fa in uno Stato, e nell'Italia maggiormente, il triste ufficio di una cappa di piombo che opprime, toglie il respiro, soffoca in una parola. E siccome l' incaponir§i a rimanere sotto non depone molto bene al nostro riguardo, bisognerebbe quindi che ne uscissimo, se no gli abitanti della luna, scendeudo su questo mondaccio, ci gratificherebbero col titolo poco onorifico d' imbecilli. L'on. Ferraris, uomo accorto, ha proposto di uscire a respirare per un cinquanta milioni l'anno le aure campagnole al fine di ritemprarci un po' i nervi logorati da quegli ar,cidenti di rialzi e ribassi di quella tale Borsa fatta appost!l. per tormentare il bnon genere umano. Mandiamo i CaJ)itali alla terra, e liberiamoci in parte se non in tutto dall'afa opprimente delle cartelle di rendita, - ba detto l'on. Ferraris. L'on. Salandra invece, mentre scioglie inni « alle selve sterminate di fiorenti vigne •, come 1.'artarinSanoho, esclama : - In campagna c'è tropp' aria e si corre rischio di buscarsi un malanno. O les bons gilets tricotés ! ! les bonnes gcnotiillères bien chandes ! 6 les braves casqncttes à oreillettes ! oh ... l'impiego in rendita!. .. Vediamo un po' chi dei due illustri uomini ha ragione. Lo Stato, impiegando il danaro che la fiducia del pubblico gli ha portato, deve ricavare quell'ntilo che, dopo aver pagato le spese di amiµinistrazione, p11rmetta di dare un interesse discreto al depositante. In ciò lo Stato non differisce punto da una Banca popolare, p!lrchè anche questa deve cercare un impiego fruttifero ai depositi che può avere. Ma è norma di buona amministrazione bancaria che a depositi a breve scadenza, o meglio senza scadenza, corrispondano impieghi brnvi, facilmente liquidabili. Ciò percbè in caso di crisi, o neanche di crisi, di semplice bisogno delle somme depositate, si possa essere il più che sia possibile pronti alla restituzione : e quanto più sollecito è il rimborso, tanto più nella folla dei depositanti 1,i aumenta la fiducia. Ora lo Stato questa norma di buona amministrazione non la segue; e il non seguirla è pericoloso per la quantità e qualità. dei depositi. Si credette all'inizio che le Casse postali non potessero avere un grn.n sviluppo; anzi la massima concessione fu di 3('0 milioni: e siamo arrivati alla bella cifra di 600 milioni, cioè abbiamo sorpassato del doppio le previsioni fatte! Si credette ancora che in esse, in uu impeto di previdenza, dovessero affluire i piccoli risparmi. Ma di ciò abbiamo parlatv avanti: il piccolo ri~pitrmio o è scarso o non va alla Posta. I 600 mili ,11i :sono rappresentati o da puri impieghi di capitali - e questi non sono molti - o di <'apitali diremo così viaggiatori che all'ombra, del buon 3 °1 0 spiano la via migliore per.hm impiego ad interesse pii1 alto. -- Il pericolo poi aumenta, si accres<'e, prende enormi proporzioni, in tempi cli crisi a cui gli stati come tutti gli organismi biologici e sociologi, soggiacciono. E siccome è raro che le crisi non determinino un panico generale, esso è tanto più forte, tanto più disastroso quanto pii1 è assente l'azione dei cittadini dalla vita dello Stato. Imaginate per un po' che una di questo crisi colga lo Stato nostro e che esso si trovi nella non lieta necessità di provvedere per far fronte ai rimborsi. Deve vendere'/ La parola è presto detta; ma veniamo ai fatti. La vendita è scevra di grattacapi l Tutt'altro. Se un banchiere di buona fama, cli salda posizione finanziaria, accorto negli affari suoi, un bel giorno, pensa cli vuotare sul mercato le sne tasche piene cli Valori pubblici, non tranquillizzerà certamente i banchieri minori che a quello guardano come ad un termometi-o della Borsa, e che si affretteranno a vendere. Una vendita tira l'altra; l'offerta supera la domanda; di qui il ribasso sicuro, inevitabile, col suo funebre codazzo di rovine subitanee a cui non sempre è facile rimediare. I ribassi quindi sono facilissimi nuche tenuta presente la persona o ditta venditrice. Se lo Stato domani facesse vendere per qualche milione cli Valori che ha nel suo portafoglio, significa che qualche cosa di anor• BluuOL va _,, ''"' '-''a' 1vO male avviene in Paese; se i depositanti ritirano in una misura straordinaria significa che le cose vanno punto bene. Mettete la fretta dello Stato nel vendere, la flemma dei compratori nel comprare - perchè capiscono che siccome si ba bisogno, domani si pretenderà meuo cli oggi - e vedete so il netto ricavo sia o no immune da perdite piì1 o meno gravi. Di esempi ne abbiamo avuti in Francia, dove dopo la rivoluzione del '48 il Governo provvisorio pur composto cli uomini probi si trovò in un imbarazzo non augurabile. Prouclhon (l) scriveva: <I Le dernier déc1·ct « dii gouvcrneincnt provvisoire nous apprend qur le Pc11r « l)lc ·t"acntamer son épargne. Encore trois 1nois de ce <I régi11ie et 1t01LS nous tro1ivons san, argff!it, sans produits, e s1u1s capita11.1; >>. L'imbaraizo del Governo derivava rlal fatto che il popolo c11tmnait, intaccava il suo risparmio. Con soli nn:i ott.antina di milioni in cassa come far fronte a richieste quatt1·0 volte maggiori 1 Si tentò con una specie di imposta progressiva - 1'1010 sui crediti ipotecari - di rifomire il Tesoro e fare fronte ai rimborsi; si contava sui 120 milioni che avrebbe gittat!l. l'imposta nuova - perchè il credito ipotec!l.rio francese ascendeva allorn a ben 12 miliardi - : ma tale cifra o non venne affatto o fu scarsa. Si fece appello alla retorica, perchè il Governo provvisorio di retorica ne aveva da vendere: ma fu fiato sprecato perchè i rimborsi avanzarono minacciosi tanto da provocare un altro decreto con cui il Governo come un commerciante qualunque, pi01nbo a danari, diceva ai dei,ositanti: Se fate i buoni figli c'è qualche probabilità di essere pagati. Il debito clelle Casse cli risparmio che lo Stato aveva assunto l'obbligo solenne cli paga1·e a vista o a certo tempo vista veniva così consolidat,o. E fu il fallimento; fu la bancarotta: fallimento e bancarotta tanto peggiori in quanto le cartelle che si emisero cli questo nuovo consolidato vennero quotate in borsa il 20 OrOmeno del loro valore ren.le. Che lo Stato tema i rimborsi è chiaro, evidente come la luce del sole. Se no cosa ci starebbe a fare il Recondo capoverso dell'articolo 8, Legge 27 maggio 1875 'I 11 limite massimo dei rimhor;;i è un po' troppo. Lo Stato acl onor del vero non tanto ci tiene. Questo è un bene ed è un male. f: uu bene: perd1è così di fatto si è abrogata una disposizione che urta, intralcia la sollecitudine dogli affari È un male per <lne ragion i. Lri prima perchò non applicando in tutta la sua esten. sione l'art. 8, il pubblico, elle in fatto di leggi non st.a mai al corrente e le apprende (Juanclo le subisce, è maDtenuto se111pre nella piì1 perfetta ignoranza: e io scommetterei un occhio che solo il '20 010 dei depositanti delle 5000 Casse postali, oonosce l'esiste1Jza del• l'articolo 8, malgrado che esso sia stampato sulla copertina del libretto; la seconda ragione poi è questa: il giorno in cui si metterà in Yigore qu11sto benedetto articolo, e san\ certamente non in condizioni normali, subito si dimostrerà che~lo Stato non naviga iu buone acque. Allora saranno lamenti, proteste, invettive che, è f'acile presumere, avmnuo questa conseguenza: a calma tornata i depositi non torneranuo più. Sarebbe stato meglio abituare i depositanti ai rigori della legge anzicliè simili rigori nascondere sotto lo specioso pret,esto cli agevolarli. ì\!a anche se il limite pei rimborsi fosse accettate, senza recriminazione alcuna, anche esso, particella minima dell'incommensurabile tempo, passa ecl affoga nell'abisso dei secoli: e se si ammette che la crisi duri, non dico molto, un giorno cli pii1 dei dieci, basterà que1,to giorno per detenniuarti un panico tanto più facile oggi che la stampa diffonde, con vertiginosa e sempre crescente rapidità, le 11oti1.iepiù minuto. Serviamoci di alcuni dati ufficiali. Alla fine del 18!)7 ,2) avevamo 4898 ufizi postali che raccoglievano danaro; la media dei libretti rimast,i in corso fu di 641 per ogni ufìzio con un credito medio su ciascun libretto di lire 170,81. Orbene se al principio del 1898 fosse avvenuta una crisi tale cla determinare un ritiro medio cli lire 70,81 per o~ui libretto, stando al 2° capoverso dell'art. 8 anzidetto, lo St.'tto per provvedere non aveva dinanzi a sè che dieci giorni. In dieci giorni avrebbe (I) « Le représentant du Peuple li 23 avril 1848. (2) Relazione intorno al ~ervizio delle Casse postali di Ri. sparmio durante l'anno 1897. - Roma, Tip. Editrice, 1900

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