Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VII - n. 4 - 28 febbraio 1901

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SC!F.NZE SOCIALI 89' glcsi, e neppure dirò di quelle francesi e tedesche, ma in quelle almeno della Russia. Noi paghiamo un tasso d'interesse ancora relatiYamenle forte ai no- :;tri creditori per via delle nostre finanze dissestate; che, non solo non ci fanno buon credito, ma che ci nbhligano a tenerci il nostro regime monetario in condizioni false, che concorrono col credi lo incerto dello Stato, a rendere impossibile di fare quello che ila tempo hanno fatto i paesi a finanze sicure, e che gli ha sollevati di forti somme di interessi da pagare: parlo della conversione della rendita pubblica. Di economie, cli pareggio, di conversione della rendita, di riforme tributarie, si parla tutti i giorni, se ne scrive su tutti i giornali, ma guasi di cose staccate. Troppo poco si capisce che debbono fare sistema tulle insieme. Il che vuol dire che . abbiano una certa dipendenza fra loro, e quindi un certo ordine cli precedenza. Una larga riforma tributaria non può farsi se non si ha mano libera ; se cioè non si trova nel bilancio tanto margine da prevenire un eventuale minor gettito dei tributi riformati, sia pure momentaneo. E r1ueslo margine sarà difficile procurarlo con economie sui pubblici servizi che non siano il rlebito pubblico. Le economie potranno servire a qualche ritocco ; mai a quella larga riforma tributaria che il paese si aspetta e che deve essere complessa di minor aggravio effettivo pel contribuente e meno vessatoria dell'attuale sistema tributario, nelle sue 1nodalità cli riscossione e cli incidenza. Questa larga riforma tributaria, che - come è avvenuto in lutti i paesi che si sono troYali nelle n·ostre condizioni tributarie e finanziarie e che hanno saputo attuarla - dovrà aprire la porta agli slanci dell'attività economica degli italiani che sta trattenuta appunto dalla - barriera che il nostro angarioso sistema tributario le para dinanzi. Da una conversione del debito pubblico soltanto potremo avere quelli avanzi di bilancio che renderanno sicuro un ampio sistema cli riforma dei tributi. La conversione deve essere quindi la mèla più prossima da raggiungere. E quindi prepararne i mezzi con quella quantità cli economie che garantiscano il pubblico portatore della nostra rendita che i bilanci dello Stato si chiuderanno sempre in avanzo: il pareggio deve proporsi quindi anche come tramite alla conversione. La quale però deve avere altra condizione che assicurare al portatore ?,nche la stabilità. del valore della nostra moneta. E necessario far precedere l'abolizione del corso forzoso insieme alle economie che permettono il pareggio. Anzi queste permetteranno in parte cliprocurarci i mezzi cli abolire il corso forzoso. Con un po' d'energia non sara difficile neppure questa cosa, come ho dimostrato nell'ultima parte di una mia recente pubblicazione dal titolo Finanza e AvoenÙ'e al quale rimando. il lettore che avesse la bontà cli volermi seguire nella ricerca e nella discussione, che porterebbero troppo in lungo questo articolo a volerle qui ripetere. Lo nostra rendita é a prezzi tali, nonostante il poco credito di cui godiamo all'estero, da far credere cosa non impossibile il farle passare il pari e stabilmente, il giorno che scomparso l'ag~io sulla nostra carta, scomparisse anche la notevole differenza di prezzo che ha la nostra rendita sui mercati stranieri in confronto dei nostri. Quindi la più prossima méta da inserire su un programma di ristauro delle nostre finanze, dovrebbe essere l'abolizione del corso forzoso, il ripristinamento della circolazione metallica, e un assetto razionale dei nostri istituti d'emissione. Prima rnéta cui dovrebbe seguire a poca distanza la converBibliotecaGino Bianco sione della rendita, alla quale l'abolizione del corso· forzoso deve servire di preparazione. Le economie che si dovrebbero fare per trovare i pochi milioni necessari per ripristinare la circolazione metallica, fossero anche dolorose economie, fruttificheranno poi ·subito colle molto più larghe economie che la conversione della rendita regalerà ai bilanci degli altri servizi. Basterebbe la mela di quello che spendiamo effettivam_cnte in Eritrea ogni anno, per· fare l'abolizione del corso forzoso, e· ottenere quindi la conversione, la quale ci darebbe quasi cinquanta milioni subito, e altre decine di milioni in se~uito se la politica finanziaria saggia, che suppongo adottata, fosse continuata. La prospettiva di avere cinquanta milioni almeno fra un paio. d'anni, con cui soddisfare molte voglie che ora non possono che meschinamente soddisfare coi brandelli di bilancio che riescono ad afferrare, do_vrehbe consigliare gli energumeni degli aumenti di spesa, ad avere un po' cli pazienza e mettere acqua fredda nei loro bollori, almeno momentaneamente. · La meta potrebbe essere subito spesa per i servizi deficienti, mentre l'altra dovrebbe servire cli margine· alla riforma tributaria, intesa in modo largo, con larghi intenti, sicuri allora di averne un largo successo : alleviamenti del pubblico, cioè, e ripresa nel maggior gettito delle imposte meglio assestate alla contributibilità s11a, e quindi non più opprimenti di quella operosità che lasciata libera riflette benefiche conseguenze ancl te sul bilancio dello Stato. Usandone moderatamente si avrehhe un progrecliente bilancio di entrala che permetterehhe un costante miglioramento di tutti i pubblici senizi: di quelli che hanno intluenza diretta a promuovere la pubblica ricchezza, _di quelli che dovrebbero metterci al livello delle altre grandi nazioni per istituzioni ciYili,e cliquelli infine che la nostra civiltà e la nostra integrità devono difendere contro le insidie dello straniero. Anzi a proposito delle nostre spese miritari dirò che avendo per mira più prossima la difesa della nostra integrilù, potremmo in seguito di pari passi colla nostra potenza economica e quindi finanziaria cresciuta, aspirare a essere tanto forti in terra ed in mare da esercitare nel consesso delle grandi nazioni quel coefficiente cli contrappeso necessario a impedire i soprusi, le ch·ili barbarie delle nazioni moderne, e assidcrci arbitri ascoltati nelle contese dei popoli: missione altamente grande, la sola degna delle grandi tradizioni italiane. Ma per arrivare a tal punto bisogna seguire un ordinato programma di sistemazione cli tutta l'azinne dello Stato. Bisogna rifare le fondamenta della nostra finanza coi mezzi suesposti, lasciar libero campo alla pubblica ricchezza di svolgersi, e coi frutti della finanza assicurata, dell'economia fiorente, darci quelle istituzioni che ci possono fare realmente ch·ili e forti, se no, saremo sempre agli sforzi impotenti. La ricchezza, la civilta, la potenza, la gloria d'Italia avremo sempre in bocca, . senza conquistarle mai. Questo programma bisogna volerlo e fortemente volerlo tutti, sacrificando momentaneamente le nostre predilezioni individuali, per poterlo attuare. P. F. CASAl{ETTO. AVVISO A.GLI A.UDO~ A. TI Per variazioni di residenza, invio copie arretrate, reo/ami, ecc., gli abbonati debbono unire una fascetta con cui ricevono la «Rivista», indirizzandola al Sig. Gioacchino Montalbano, Viadella Vite, N. 74, Roma. *

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