Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VII - n. 4 - 28 febbraio 1901

88 RJVTSTA POPOLAR/,; DI POLITICA L!ffTlmR F. SCIEN7,ff SOCIALI pubblico, é la tema che la nostra Italia, messa insieme con tanti sacrifizi, possa un giorno essere di nuovo dilaniata dalle armi straniere; o in altri il dolore di vedere la popolazione così incolta, superiore alle altre nazioni solo nel delitto e nella povertà, essa ch(l per ragioni storiche dovrebbe essere alla loro testa per civiltà e ricchezza. Mesi fa Fabio Ranzi sull'Alba di ,\1 lilano scriveva delle pessime -condizioni di carriera in cui si trovano gli ufficiali subalterni dell'esercito, costretti à passare anche vent'anni al comando di un plotone prima di poter raggiungere il grarlo cli capitano nel quale rimarranno poi ancora forse altri dieci anni, raggiungendo i gradi di ufficiali superiori - se li raggiungeranno - solo quàndo la vecchiaia fa sentire i suoi sintomi, mentre ancora il vigore' della gioventù si richiederebbe al comando di un battaglione e anche di un reggimento. Egli diceva sacrosanto dovere l'occuparsi di migliorare la carriera di quelli ufficiali, e spesa doverosa quanto si richiederebbe per ciò. Si capisce che la lentezza della carriera deve allontanare i giovani intelligenti che sentono in sè lo spirito delle grandi cose, e che altre carriere più rimunerative chiamino a sè i giovani che potrebbero dedicarsi alle armi, ma che non si sentono tanto eroi di dover vivere una vita disagiata senza il conforto di una famiglia negli anni della virilità, quando l'uomo sente il bisogno cli qualche agio nella vita e di qualche cosa di materiale che compensi le illusioni della prima giovinezza che stanno pass~ndo. Di fatti gli allievi delle scuole militari vanno scarseggiando, e fra pochi anni sarà un problema pel ministro della guerra il rifornimento <lei subalterni nei quadri. « Ma che vi occupate delle condizioni degli ufficiali, » dicono altri proclivi arl occuparsi invece, per es., della amministrazione della giustizia in Italia. « Ebbene scelgano pure un'altra carriera, se quella delle armi non é rimuneratrice. «Dopotutto la guerra non é un evento che minacci tutti i giorni l'Italia. Ma l'amministrazione della giustizia minaccia d'andare a rotoli perchè mal pagati i giudici, naturalmente ogni giovine giurista preferisce la carriera libera di gran lunga più rimuJ1eratrice. È un alto interesse sociale che si tutela innalzando il livello della magistratura, anzi é la società stessa contro i suoi nemici. E guerra di tutti i giorni quella che combatte la magistratura e per questa guerra bisogna avere un esercito scelto se non si vuole la rovina della g·iustizia in Italia; e un paese senza giustizia è un paese in decadenza sicura ». E come questi che dichiarano la più sacra delle spese quella per la giustizia, e quindi la sola che bisogna aumentare, mentre benissimo si possono ridurre le altre ; cosi altri tuonano - e pure a ra9ione - contro lo stato della iskuzione pubblica in Halia. Anzi fra questi forse ce ne sono che si preoccupano più degli umilianti confronti del nostro insegnamento universitario che dell'assoluta insufficienza delle scuole elementari e tecniche per quantita, qualità condizione e livello di coltura degli inse~nanti. Tutte cose che un paese civile, una grande nazione deve avere. Spese sacrosante, insufficienti i fondi attuali ! Chi lo può ne0 are? Ma in Italia mancano anche quelle cose che altrove servono a promuovere la ricchezza e quindi indirettamente e con una certa scadenza ad allargare gli introiti dello Stato. Se si è speso molto. in ferrovie - lasciamo stare se bene o male - ; s1 è speso poco o nulla in bonifiche, prosciugamenti, irrigazioni ecc. E appunto perché queste son tutte cose che promuovono il bene economico del paese, perché BibliotecaGino Bianco ridondano in fin fine a vantaggio di tutti e anche del bilancio dello Stato, é, naturale che chi propugna un canale, una bonifica, dichiari la spesa quella si necessaria e da non premettersi qualunque siano le condizioni attuali della finama italiana, e gridi a <1uellidelle spese militari, dell'istruzione, della &iustizia. <e Lasciatemi passare _avanti perché le spese da me propnste sono quelle che un giorno permetteranno le vostre, dopo che avran fruttificato». Siccome poi tutta questa gente mette più forza nel sostenere le proprie sacrosante spese, che in combattere quelle sacrosante degli altri, perché_ più le pare il vantaggio cli far passare le sue che il danno cli vedere approvate quelle degli altri; si occupa meno di combattere queste che di impiantare le sue nel bilancio dello Stato. Da qui una lega tacita cli gente che credono forse· di combattersi perché di intenti differenti, per aggredire il IJilancio della spesa e obbligarlo a subire tutte quelle gonfiature di cifre che il paese non potrebbe sopportare. Ecco perché la gran maggioranza del paese vuole economie, ma le economie non si fanno. Quelli stessi che predicano economie, fanno poi invece pressione sul Parlamento e sul Governo perché si vada innanzi nel sistema di spendere. Può darsi che ci sia una sproporzione tra certe categorie di spese e certe altre, come è certamente tra le militari e le civili propriamente dette (le nostre spese militari sommano a quattrocento milio,ii, mentre i servizi civili, cioè istruzione, giustizia, lavori pubblici, marina ,nercantile, agricoltura e commercio ascendono appena alla metà cli quella cifra o poco più - ben inteso non computandovi la spesa delle poste e telegrafi, percltè sono piuttosto un'industria, e rimuneratissima, che un servizio oneroso: cosi dei tabacchi e privative)· può darsi, dico che ci sia una certa sproporzione tra categorie di spese diverse ; ma il fatto vero è che tutte però sono insufficienti ai servizi cui mirano, siano civili che militari. Per rimettere la nostra finanza su solide basi bisogna dunque rassegnarci tutti a non domandare nuove spese; anzi adattarci a riduzioni anche in quelle per le quali ciascuno di noi ha più predilezione o interesse. Ed è naturale che le riduzioni si pensi a farle in quelle categorie cli spesa che relativamente alle altre son già sin d'ora le più forti - sebbene, ripeto, insufficienti. E anzi prima ancora si dovrebbero sopprimere o ridurre ad un minimo quelle spese clie i megalomani si illudono di credere che man tengano presso le altre nazioni il pres ligio di grande all'Italia: voglio dire le occupazioni coloniali, che viceversa sono la causa di molta debolezza nel nostro prestigio militare. • "' .. Per rimettere la nostra finanza su quelle solide basi che non solo le permettono cli andare innanzi sicuramente e senza affanno per l'avvenire, ma che la costituiscano in punto d'appoggio dell'economia nazionale, non basta evitare i disavanzi. Non basta dunque neppure che le economie o le spese evitate, mirino semplicemente ad assicurare per un lungo per\odo d'anni il pareggio. Il pareggio tranqui!l, 1 amentde. sicuro non deve essere scopo a sé stesso. lv a _su 1 esso si deve far sorgere l'edifizio del nostro rmnovamento finanziario. Noi abbiamo metà del bilancio annuale della spesa dedicato a pao-are gli interessi del debito pubblico ; interessi che ~ommano a una cifra anche più alta di quella cui dovrebbero arrivare se le nostre finanze si trovassero non dico nelle condizioni di quelle in-

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