Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VII - n. 1 - 15 gennaio 1901

i4 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Questa l'interpretazione dell'origine naturale della divinità dei Re. La lolla per l'esistenza costringeva i primitivi come una necessità ineluttabile: ciò che divenne in seguilo legge di convenienza era iu origine lolla feroce ed incompo:;ta per la conquista di quanto era necessario alla vita. Pei primitivi il Diritto sta nella facoltà di asire e di reagire 0ome la coscienza individuale, sospmta dalla prepotenza dei bisogni di natura, loro detta. Ed anche quando la Società si fa vasta e si organizza, la reazione istintiva degli individui e:;legi non trova freno, o molto limitato e debole. Alla lotta prendono parte tutti, ma tosto si fa la naturale selezione dei forti, che combattonlJ per sè e pei deboli; poi tra i forti i più vigorosi ed i più audaci si innalzano o maestri e duci e fra quesli il più forte, il più audace diventa il capo supremo. La lolla della massa contro la massa si personifica, si monoteizza (è la parola) fra il capo dell'una ed il capo dell'altra. L'uno vince e l'altro soccombe: prima •~he delle tribù che seguono i duci, la vitforia f\ la sconfitta sono dei duci. li vincitore, che la sua for-· za muscolare e la eccezionale audacia ci1·condano d'un fascino che esercita grande influenza sui seguaci, da capo d'un gruppo esiguo è diventalo capo d'una· tribù, quindi di molte tribù, quindi di uno o più popoli; da regolo diventa re: Re unico, polente, assoluto. Ma il primitivo, intuita la vita oltretomba, trasporta al di là della vita lutti gli avvenimenti mondani: passioni, vizi, virtù, tutto trasporla in cielo e quindi anche le lolle, le vittorie, le sconfitte e per,. conseguenza anche il concentramento del potere, l'assolutismo, l'unicità del Lio più forte, più aslul\J. E in vero: Satana muove guerra a lehovah, ~rimane ad Ormuzd, ed è tale una guerra fantasticamente gigantesca che i poeti si entusiasmano nel cantarla e ricantarla e i Popoli fremono per terrore ed ammirazione, e pregano con fervore e compiono atti con l'intenzione di venire in lai modo in aiuto alla divinità buona contro ,la divinità malvagia. La prima vince; così lehovah debellò Lucifero; oppure vincerà: così Serosch, il Dio ·della terra, capitano supremo dei dodici batla 0 lioni celesti comandati ognuno da ciascuna delle dodici co:;tellazioni dello Zodiaco, vincerà Esciem, il generalissimo di Arimane. Il concetto polidemonistico permane, ma si delinea nettamente il dualismo che nel mito è contemporaneo al dualismo fra i due capitani supremi delle schiere ·degli umani l'uoa contro l'altra combattenti. Fra i due nemici, colui che vince diventa il Re di tulti, così il Dio buono diventa l'unico .Cio. Ecco come monoteismo e monarchia si equivalgano e siano effetti contemporanei e d'identica natura derivanti da un'unica causa. Dio uno è in cielo ciò che sulla terra è il Re d'un Popolo o di più Popoli conosciuti, oltre i quali altri Popoli non esistono dei primitivi o, se sanno che esistono, li dicono seguaci d'un altro Dio, quello del male, e perciò condannati o presto o poi alla sconfitta, perchè alla sconfitta è condannai.o il loro capo supremo. Dato il vincolo strettissimo fra monotei5mo e monarcato, sebbene quello derivi da questo (perchè la unicità del Dio non è altro che una idealità iperbolica scaturente dalla unicità del Re), pure la credenza universale è che il monarcato promani dal monoteismo, e conseguentemente il Re è tale perchè tale lo volle Dio, che lo investe di autorità divina. Questo principio sanciscono non soltanto i Veda, la Bibbia, l'Avesta, il Tripitaka, il Vangelo, il Corano, che sono le sei grandi opere religioso-giuridiche di carattere eminentemente mistico, ma anche il Jou-kiao ed il Tao-kiau - che sono le due grandi religioni della Ragione - sanzionano rispettivamente nei King ct,nfuciani e nel Tao-te-kin di Laotseu l'oBibliotecaGinoBianco rigine mistica <lèlla divinità dei Re, non essendo possibile ancora alla filosofia, - per quanto assurga· con Confucio, con Lao, con Mencio a grandissima altezza- pendrare nei fenomeni naturali dellaSocielàe della vita l'origine dei fenomeni mitici dell'oltretomba, Forse una vaga percezione della dottrina, o meglio di alcuni elementi della dottrina, che poi doveva diventare la base della scienza positiva moderna, l'ànno avuta molte sette religiose, ad esempio queile indiane dei Kapila, dei Barexiti, dei Lokaitikas, quelle mussulmane dei Galaiti e dei Muserini, la scuola filosofico-religiosa dei g,·eci Pirroniani, che tulle dicono la divimlà essere la materia stes,a, e i settari Adveitarni dell'India ed i filosofi Zenoniani di Grecia, che del mondo e di Dio fanno una sol cosa; più chiara e completa l'ebbero i cinesi Fau-chins, veri precursori dei Positivisti odierni, coi quali ànno comune in modo indiscutibile le teoriche di diritto penale. Ma nessuna setta, nemmeno quest'ultima dei Fanchins. che io mi sappia, comprese mai che la divinità dei Re anzi che derivare a questi dalla autorità del Lio, è stato un prodotto logico e naturale delle condizioni etiche ed ambientali. Logico, poichè se nulla o quasi nulla sfuggiva, se obietto inanimato, all'animismo, se obietto animato o casualità 1:JStratta o misteriosa, alla deificazione, era logico si deificasse la potestà di quell'uomo che, più forte o più audace o più saggio, era riuscito ad affermare una indubbia preponderanza sugli altri uomini. Naturale, p~r la medesima e le anzidette ragioni, nonchè pel progresso psico-fisiologico degli individui, i quali se dapprima si limitano alla deificazione di ciò che più colpisce i loro sensi (sole, fulmine, tempesta, lampo), in seguito personificano, animano e deificano fenomeni superiori ed astratti (sogno, morte, potenza, ingegno) che in modo evidente loro si palesano. Oggi ancora si usa dire: inchinarsi all'ingegno, alla virtù di un individuo e si vede nella mente dell'uomo non comune l'orma più profonda della divinità. L'idea naturale dell'origine della divinità dei Re non poteva essere dei primitivi, e nemmeno degli inciviliti che seguono le concezioni assolutistiche sancite dai Codici religiosi: soltanto la dottrina positivista avrebbe potuto rilevare la verità vera. Ma poichè quella è giovane ancora e non è ancora influito così fortemente sulla coscienza giuridica dei Popoli da poter mutare le basi morali della legislazione; in ogni tempo rimase, e tuttora rimane, lo stretto vincolo che unisce il culto a tutti gli istituti morali e giuridici. Perciò il Re fu in ogni tempo ritenuto, secondo l'espressione del Bussuet, un luogotenente di Dio, e, come tale, il potere r he egli à ed esercita vuol essere subordinato all'unica legge conse1·vatrice della giustizia; chè, separandosi la legge umana dalla divina, fra esse sorgerebbe un disastroso conflitto (1). Il concetto del Lammenais non è dissimile da quello di Aristotile, di Platone, di Dante, etc. i quali non possono concepire l'Autorità umana senza concepire l'autorità divina. Tale concetto risorge più tardi col razionalesimo cartesiano, per opera principalmente di Malebranche, il quale dice che la ragione universale ed immutabile ci rivela i rapporti della perfezione e ci dimostra che la cosa è meno perfetta dell'animale, l'animale meno perfetto dell'uomo, l'uomo meno perfetto del Monarca, che è il vicario di Dio sulla terra. Ciò che ripetono Hobbes e Bossuet, propugnat,)ri del potere assoluto, conseguenza logica del carattere sacrale, e però inviolabile, del Sovrano : principio che naturalmente è la negazione della sovranità del Popolo, con tanta (I) LAMME:-IAIS - Des progrès de la révolution et de la guerre contre l'Eglise, VI - Paris 1844.

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