Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VI - n. 21 - 15 novembre 1900

RIVISTA POPOLARE Dl POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Niente cli fotto ciò è vero. Ora era logico o no, che nll'inùignazione giustissima del p;etore di Bitti s'unisse quelht de' snoi concittadini? Si è voluto, dai dil'cnsori del Bechi, tacciar di ferocia la delibemziono del consiglio comnna.le di Bitti, come una espressione ili violeuza barbarica che feriva crudamente la libertà di discussione. Anche qui mi pare si sia esagerato. Dopo le afl:'errnazioni recise del Bechi, indicanti !no ghi e persone, non era più possib:le alcuna discussione. Si discute forse rn certe cose 1 Vorrei nn po' vedLJre Adolfo Rossi, Sabat.ino Lope;r,, Clarice Tartufari, Dino Mantovani, Luigi Capuana, il signor Benelli e tutti gli altri difensori dPl 13eclti, come discuterebbero con eh i affermasse loro nel pi ì1 bell'italiano possibile: Vostro pnclre è m galern, e ·vostro fratello (supposto che tutti u'aubian uno) è morto <w1.11ia;;;- znto in rissa. Oh, io scommetto cento contro uno che quei siguori, nessuno eccettuato, inoltrerebbero la loro brava quen,l:~ e protesterebbero nè più nè meno di quau to fecero il pretore e il consiglio comunale cli Bitt.i; perchè In querela del pretore è atto irreprensibile di dignit,'t e tli difesa del proprio onore, e fa protesta del con~igl io comunale, è atto cli solida.riet:ì, non di ferocia.. E dire, come Adolfo Rossi scrisse nel Secolo XIX, che i sardi vogliono la testa tli Bechi, a me pare 11na iperbolfl di molto cattivo gusto, che non fa certamente onore all'imparzialità del pubblicista. Qnaudo si è poco peritosi <' molto leggeri, come pare sia ttppunto il Bechi, si possono scrivere, senza pregiudizio di nessuno, novelle, romanzi, commedie, tutto qnel che si VGole, tranne libri d'impressioni alla sna maniera ; poichè egli, scrittore facile e piace1•ole, ignora, o vuol ignorare, che chi descrive - specialrnente_uel gt,nere di lettera,turn da lui trattato - non <lcvP aggiunger nulla di suo. La fotografia dev'essere foto_grafia, 110!1 caricatura. E sostenere come ha,n fatto molti - che 11 carattere ameno del libro 11011 solo comporta, ma vuole quasi certe inesattezze per giovar~ene, a me pnre una sottigliezza bella e bnona (p ·r .:i l, di dire). Chi descrive dovrebbe guardarsi be11e dalle inesattezze e dalla amenità, perchè sono forse le sole cose alle quali si crede subito come al Vangelo. L'ho già detto mi pare: chi vuol sbizzarrirsi a raccontar frottole, iuvece che libri d'i11ipressioni scriva dell'altro. Perchè quando si toccano certi argomenti affermando co&e che possono aspramente ferire, e si indicano con dati precisi e con grande sfoggio. di particolari, luoghi e persone, bisognit saper bene quello che si dice, e di tutto accetta.re intera e completa la responsabilitlÌ. Qualunque siano ora, le ritratt,izioni dell'autore cli Onccici grossa, esse non rnnteranuo nna virgol11,al suo libro, che in grazia alia polemica, corre per le mani di tutti. Un vero successo librario. E' ancora il signor Bachi, dunque, che deve ringraziare. Si è voluto faro molto sentimento e troppa rettorica per difenderlo, e per quanto la sua situa,:ione non debba nè possa rallegrar nessuno - perchè fi:ntto di Yanità, di leggerezza, e d'inesperionza gio,anile, piit che d'altro - pure non ò giusto che per sai vare lui si ribadisca ancora una volta il concetto nero che rnolt,i, che troppi hanno <lella Sa.rdegna, e che grava sull'isola sventurata. e schernita come un marchio d'infamia. Si è anche detto e ripett1to che i sanli non tollernoo la verità sul conto loro, che si ribella,n,l se qualunno mette coraggiosamente il dito su una delle piaghe che li affliggono. Non è vero. I sardi si ribellano, e giustamente, qm1,ndo i soliti visitatori parlano dei mali della loro isol;t pifr per disprezzarla che per studiarht I s11,rdi 11011 pen,iarono n1a i cli ribellarsi contro Valer.r, Maltzan, ;\frmant, Delt•.$Sert, Boullier, La ?lfarmorn e tantissimi altri, i quali scrissero sulla Sa,rclegna molte piìt vcritù, di quante u'abbia scritte il Bechi; anzi al La ~Iarmora, il pi 1'1pontleroso e il piìt grande di tntti, eressero nn monumento di gratitudine in Vfltta al Genna,rgentu. Una cosa piuttosto è veramente deplorevole in <Jnest'isola, ed è la leggerezza con cui spesso si parla e si scrive di cose nostre. Non sono pochi coloro che hanuo la stnpiqa manìa cli mostrare al forestiero tutto il BibliotecaGino Bianco male, esagerando il piì1 delle volte, per darsi forse aria di saputi o cli progrediti, e di sorvolare su quanto y'ha di buono e di. bello. Questo è veramente deplorevole. Ma piì1 deplorevole ancum è ,·edere certi seclicflnti studiosi accettare ed ingoiar tntto come ciambelle cfddo, sen;r,a la piì1 piccola, circospezione, senza il piì1 piccolo esame. Donde poi le affermazioni dei Niceforo e dei Bechi, i quali cit:ioo come prove indiscutibili della nostra barbarie, storielle e corbellerie da irnpietosiro. E non è da meraYigli,u•e. Ciò mi è piaciuto scrivere sull'ottima Rivista, perchò la protesta anivi dove il giornale di Sass;ari 11011può arrivare. I sardi 11011 hanno mai a1·11to tenerezze sviscerate por il male; lo hanno subìto spesso fatalmeute, per nece ·sità di cose t! per colpa tl'altri; ma sono sempre stati i pri111i a dolersene ad alzn,r la ,·oce e ad in,·ocai· soccors.i. E non si devo dimenticare che chi aveva il dovere strettissimo di aintnrli li lasciò per ;umi ed anni, e li fascia tuttora, nell'oblìo più sconsolato, agginngendo di tant.o in tanto, a questo trattamento, il conforto beffardo di molte J)romesse e di linone parole ... Tesori d'aria! direbbe Heine. Al signor Niceforo, nno dei tanti precursorf' del signor 13echi, scrive1'0 l'anno sc,n·$o, su qnest.a stessa Bivist<i, a proposito di nn suo libro sulla Sardegna, le parole che seguono, e che volent.ieri risc1·ivo per tutti i presenti e fnt,uri clesc-rittori dell'isola nostra. « Si dica pure la verità i11tera, la si snudi recis1t111e11tesenza reticenze, o si fo.n\ opera meritoria, veramente comggiosa lo<levnle e santa. Ma si lasui no. per a.mor del buon senso e della dignità, certi spnri di mc• t:tfore, e non si fauciauo con leggerezza i ncredihile asserzioni che sono vere enormitit ». E piì1 avanti: « Esit,are, dnnriue, innanzi alht parob aspra quando essa è giust,1, e necessaria, no: ma abusarne per sguazzare nelle espressioni piiL crnde, oltraggiose. e ingiuste nemmeno. Perchè, se lo 5gga bene in ment,e il sig. l\icefo1·0 (ed orn aggiungo il signor Bechi e i suoi difensori), la potenza non consisto nel colpire forte o spe8so, 11m nel colpire giusto D. Le quali cose, dette e scritte cla mille altri, provano a tutti i signori che non YO::{lionouapacitarsene, che i sardi non «lisclegnano le verità anche cocenti sul conto loro, quando le Yerità .. sono vere. CARLO D~; ANGELIS. A PROPOSITO DI UN NUOVO LIBRO DEL PATRIZT (]). La recente polemica scientifico-letteraria su Leopardi ha provocato da parte di alcuni letterati, dico cosi, puri, l'ironia dapprima, lo sdegno e il disprezzo poi contro questa scienza pettegola che si permette di indaaare le cause anormali che hanno prodotto un'oper 0 a d'arte più o meno bella, più o meno utile. Il disprezzo divenne presto furore, ed io rammento ancora certi articoli a base di male parole comparsi in giornali e riviste, articoli che se dimostravano il fegato dei loro autori, ne affermavano anche l'assoluta ignoranza scientifica. Eppure è logico che la scienza intervenga là ove una malattia si mostra, e bisognerebbe non avere intendimento alcuno per non accorgersi che nel campo artistico la malattia si va estendendo e diviene pericolosa, non solo per quella classe di persone dedite esclusivamente all'arte, ma anche per la generalità di coloro che di arte si occupano in un modo qualunque, più o meno indiretto. E fuor di dubbio che l'arte sia un prodotto dei tempi, ma è anche

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