Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VI - n. 19 - 15 ottobre 1900

R!VlSTA POPOLARE DI POLlTICA LETTJ.:,'RE E SCIENZb,' SOCIALI Per Clli lo Stato imprenditore è concepito come il prodnttoro diretto o ùelegato doi beni o servigi che deYono servire alla collettivit,'i. Ma il rapporto tra la collett.ivit,\ e lo Stato, così 8tabilit,o, è pronito con dati di fotto, con precisione nuitomatic:t? Lo ;:;t,(l,to.rappresenti o uo la collettività, deve funzionare in modo da JJrOllurrn solo beni consnmahili dalla collettivit.ì stessa? Qni sta la tesi della teoria finanziaria tlolln produzione, ed in questo precisa.mente consiste il suo l>ITOre. Infatti lo Stato sarebbe 1111imprenditore portante sul rnorciito beni cli consumo generale e prodotti in condizioni di monopolio·; se lo ;:;t,ito riesce a venderli al tlissopra del costo. allora agisce come un monopolista privato, se vende al prezzo cli costo agisce come un cooperatore. Anche ammettendo, per un momento, che lo Stato produca solamonte beni destinati rt i;.oclclisforei bisogui comuni della Societ.à, pure I:. dottrina finanziaria urterebbe contro un errore metodologico, messo già acutamente in luce dal Maz7,ola. Si considera cioè il costo produttivo di nna, azione prima ne: rig1mrdo dell'attività economica privata, e poi si inclu<lono nel problema i fini pubblici da raggiungere,· o bisogni collettiYi da soddisfare (Op. ('.it., p. 13-!J. In questo modo è evidente che si interpreta la dipc1Hlen7,:1,del problema finauziario dal problema economico come se non vi fosse contemporaneità tli azione, ma solamente successione di diversi atti produttivi. Ma resta pur sempre ii dimostrare qu,tl('. sia la protlnzionr 1lell'i111presa-Stato. La conce7,ione d'uno Sbito monopolista foudak, doveva aiutare il De Yiti a rn- ~pingere la conclusioue dei teorici della scnola_ etico· storica, i quali ravvisano sempre, uei prodotti dello Stato, merci di consumo generale. Il m:.ttJrialismo storico asseriva che mai lo Stato ò :il rappresentante dell'intera collettività, e che per conseguenza i co ·ì detti bisogt1 i pubblici suno bisogni della, classe iii potere. ~e viene cli conseguenzrt la necessit.ì. ili dimostrare elio tutti i prodotti dello Stato ~ooo fatti per essere ceduti alla colletti Yitù, dietro un corrispettivo pi1'1 o meno grande. ì\[a questa cli111ostrazio11euon fo mai dMa. Può darsi che l'iinprenclitoro-Stato cerchi cli soddisfare a propri bisogni, senza curarsi cli restituire alcuna utilitù, alla collettività, tutte le volte ch'egli attinge cfa ess:t beni chi applicarsi alla produr.ione. Pnò clar,i che l'imprenditore-Stato non abbi.a ::iltro scopo che procacciarsi il reddito massimo, sfruttando la collettività. _\llora le soddisfuzion i ottenute clall't, pplica,zionc clel redlli to, sarebbero sod.clisfazioni di bisogni tlell'imprencli· tore, e non della collettività. Oppure certe soddisfar,ioni, come quelle della difesa, dcliii sic11rozza etc., sarebbero ~oclclisfazioni iuereuti direttameutn all'escrci1,io clell'improsa, e solo indirettamente n.lla collct-ti \·ità. E così l'ultimo effetto di una ~erie di atti, la soddisfazione dei bisogni della collettività, sarebbe assunto, dalla teoria della prothlilioue, come la causa Jll'ima dell'atti vitù, finanr.iaria. Mentre la sodllisfar.ione dei bisogni della collettività non sarebbe che nu mezzo por raggiungere certi prodotti, si postula come lo scopo ultimo ft, cni tutta l'attività finanziaria è di retta. L'errore fondamentale dell:. teoria fina1tziaria della produzione consiste nel concepire lo ;:;tato come emanazione delh società; come un fenomeno di cooperai-:ione o di <liYisiono delle forze operantesi in seuo o per conto della colletti vit:ì tutta. Lo Stato non lo si è \"O· lnto mai concepire come un imprenditore che liworn por proprio conto, per soddisfare il maggior .numero do' propri bisogni; - invece si è sempre postulato lo Stato, anche dulia teoria produttiva, come un orgn,no dell'economia colletti va I Do Viti, p. 99 ), clic produce solamente beni da cedecsi alla collettività (p. 100). E veniamo alht teorirr,dei pubblici bisogni. La critica fatta alla teoria produttiva ci faciliter:\ il compito nol mostrnre gli onori e le lacune di questa seconda tormnlazione della finauza pura. Il concetto cli p11bblico bisogn.o passa veramente per lli verse fasi, che possono essere così riepilogate: ci) Dapprima si parte ,lall'idca semp.lico di bisogni e si assumo Ull bisogno cli Stato diverso dal bisogno privato. ~[:t lo Stato è un ente astratto, ed i bisogni devono essere risentiti da ei-Ìti reali. Por cni q11èata distin,,ione Yiene ad e~sore abbaudonata coll'a11ali~i pi.ì1 approfondita del soggetto finanziario. b) Bisogni collettivi sarebbero <iuclli risentiti dai singoli come ,110111brdi 'una eollcttiYi t,à; l'econo.lll ia di stato ,;ocltlisl'erebl.,e il i bi.sogni cli stato, cioè a quelli che i cittadini di uno St,ito risento110 in ragione delln loro unione (V. contro: )fazzoIa e Wieser, ]';'atifrliche Werth, pag. 214 ). e) Bisogni colletti vi sarebbero bisogni complementari, bisogni nou antonomi. ma rifles~i (,\Iazzola). Ma la finauza pura, in quest,t direzione, uell'aualisi dei publici bisogni, ooo ha superato mai l'applicazione del concetto di ntilit,ì. marginale ai fenomeni finan7,iari. ,',..nche nel ,\[azzola :si trattavano i beni publici come beni complementari, o si cercaYa cli risolYere il problema ilel valore di <iuesti beni col metodo cli MeDger e cli Wieser, protendendo cioè il concetto d'ntilit.ì 11utrginale anche ai beni cliordine superiore.I/ iutlagino economica odierna ha fatto dei progressi iu questa direzione. Il \\Tal ras tratta indipendentemente dalla teoi:ia dell'utilità la tooria della produzione. Una. teori,t delle produttività marginnli si ò venuta forurnnclo, concernente una dottrina dell'offerta, !11,quale si riconol>bo come un feno111.enocomplesso d11,doversi sottoporre a quell'analisi scientifica che si era, già ,ipplicata al feuo,ueno della cli.:. maucla, specie dalla scuola m1striaca. La fina11za pnr,1, aduoque ~i può dire sia rimasta allo sviluppo cfatole dalla scuola anstriaca, elio non esce clalJ',1,n,ilisi del concetto di utilitil. Il tentativo in Italia del Ricca e del Graziani cli coonlin:.tre il mondo ùella domanda e dell"offert,i col concetto di utilità, relatha, non è sufficiente "' 11011 riesce a rispot1clere alle obbiezioni che si fauno intorno alla natura del bisogno pnblico. Finora, come Jrn osserYato il Plintalconi, l'nuica fondamentale di visione, tra bisogrii in di vidnal i e. collettivi, :trnmess:t da tutti gli scrittori, sta nella scelta d'un ine.:w con cui reali7,7,aeo il postnlat.o edonistico, di modo che F<arebhero inclivicliictli i bisogni soddisfatti col minimo :sacri fìcio se ogni indi villuo a.gisse cb ~ò e per sè, - o collettivi i bisogni in cni realizzasi questa condizione rne11iante l'opera consoci,tta. Perchè la definizione nou sia anfibologica, rimituc pur sempre ii rispondere alla climaucla: a vantaggio di chi si intende tacitamente re:tlizzato il massimo oclonistico mediante il ricorso all'opera i111liviclualeo collettiva? Colht sol,i teoria fwauziaria itusLriaca non si può rispondere alla climancla,.Tutta la teoria cl ,ll'offorta dei l10ni publici ò esclusa clnlla ricerca. L'aualisi del soggetto finanziario non è approfondita. I calcoli edonistici sono sempre istitniti come se b eolletti1·itil fosse il ~oggetto tlul calcolo. :S-011 si riesce ,t staccare la porsoua dell'i111preu11itore politico cl,1,llacollettivi.tà. Per reazione :ti teorici della produzione: Steill, \Vagner, si ritorna :.cl uua teoric,t del consumo (Sax), o meglio ad un,, teurica della utilitù, marginale. Ed ora per r~azione ai ~eot'ici del c_ousu_100si vuol tomare alla teonc,, produttiva. Ma porche LI ntorno sia giusto, lo si do,·e fate dal punto di Yista della teorica rlello produttività margio,,li. Il punto di partenza della nuova costruzioue de,·o essern quoll.o doli' nuica follllameutalo cliYisione, ammessa cla tutti, trn i bisogni publici e priv,1,ti: solo il moclo cli soddisfazione determina li. p11blicitiì del bisogno. Questo modo distingue le impre. e in publiche e private. Ora, un bisogno può essere soclclisfatto. o un prodotto può esse1·e raggiunto, clabt una quaI,J.tità ili fattori produttivi, o con uo'organizr.azione proclutli va o con un'organizzazione cliversa. Si sceglier:'t l'organizzazioue (publica o privata) che dà la. produttivit,\ marginale pii't alta. E si continuerà ad i1,pplicarc fattori produttivi in una 1rnblica impresa, fiuo a. tanto che h sna prntlnttivit,'i marginale sarà eguale ;1,[l,1p,roduttività iniziale tlell'impre,a pri rnta. Qnintli non si tratt>t cli applic,irc i fattori produttivi ad uua prolhlzione piuttosto che.ad un'altra; alla ~oddisfai_ion_e di un bi,;ogno piuttosto che acl un altro bisogno: 1 b1sogn i e le procl11zioni sono determioat,i, varia la forma cl'imprcsn, il mezzo o l'organizzazione produttiva. Prof. G. )[ONTE)IARTll\l AVVISO AGLI ABBONA.TI Per variazioni di residenza, inuio copie arretrate, rea/ami, ecc., gli abbonati debbono unire . una fascetta con cui riceuonola «Rivista>>,indirizzandola al Sig. Gioacchino Montalbano, Viadella Vite, N. 74, Roma.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==