RIVISTA POPOLARJ,; DI POLITICA L/1,TTHRé' E SCJl~NZ!i SOCIALI v1s10ne che sta innanzi all'occhio altrui, quando un grosso trave sbarra la vista a loro : a loro vergognosamente divisi e dilaniantesi, non su questioni di metodi e di principii, ma per interessi loschi cli persone e per brama ardentissima di soddisfare sciagurate ambizioni. E deridano pure l'indirizzo nuovo e pratico dei sociali!ti, e proclamino alto che tutto ciò che essi desiderano si può attuare colle vigenti istituzi,:,ui. Anche noi abbiamo detto che il programma minimo del socialismo italiano non si distin~ue da un programma di riforme realizzabili o realizzate nelle repubbliche o nelle monarchie veramente ]jberali. Ma siamo, però, convinti fermamente che ciò che é avvevenuto altrove non potrà realizzarsi in Italia, sino a tanto che il potere sarà nelle mani di queste classi dirigenti fiacche, corrotte, reazionarie e incoscienti, di cui fecero la diagnosi onesta gli uomini, che emergono nel loro seno: da Villari a Di San Giuliano dal senatore Pisa a Franchetti, da Vièlari a Fortunato. Per compiere l'opera che esse dichiarano facile, quando se l'assegnano come compito i socialisti, le classi dirigenti attuali dovrebbero ritemprarsi e rinnovarsi; e noi invece crediamo che esse siano pronte soltanto ad incarognire. Aueuriamoci che ci smentiscano vittoriosamente coi tatti. * * * Dalla malafede al servilismo. Non è un ~salto, ma é semplicemente la estrinsecazione dello stesso stato di animo; con questo in più e in peagio: che il lato del servilismo del prisma morale deT!e classi dirigenti suscita la nausea. Non era composto nella bara il corpo esanime di Umberto I e le classi dirigenti italiane, immemori della consuetudine egiziana che sottoponeva a severo processo i Re aefunti, gli attribuirono tutte le virtù, che gli avevano negato prima. Ma lodarono il morto per entrare nelle buone grazie del vivo, che sapevano tutto compreso di affetto e di riverenza pel defunto genitore. Poscia cominciò l'esaltazione del successore. Dissero Vittorio Emanuele III dotato di tutte le virtù e in possesso di tutte le scienze. ~ non lo negheremo noi che non ne abbiamo conoscenza diretta, e che non siamo usi a giudicare gli uomini e le cose di cui ignoriamo l'indole genuina. Ma lo spettacolo che dànno le classi dirigenti, facendo getto della loro digtlità, non potrebbe essere più meritevole di disprezzo Assegnarono a Vittorio Emanuele III una volontà ipermetafisica, e dissero chiaro - senza ricordarsi menomamente che si viveva in un regime costituzionale, cui lealmente e recisamente aveva prestato giuramento di fedeltà il Re stesso - che da oggi a siffatta volontà ci si doveva umilmente sottoporre e rassegnare. E la esplicazione della volontà regia vollero rendere possibile, in tutta la sua pienezza, consigliando ad assumere - con o senza la legge - tutti i poteri personali necessari. Poi fii scese ai dettagli. Il ministro del Tesoro brontola per le spese della Cina, perché non sa dove prendere i danari? E i cortigiani, che vogliono essere classi dirigenti, inventano che il Re accigliato ha imposto silenzio a Rubini, salvo a dire il contrario quando si accorsero che l'impressione non era stata buona nel pubblico e nella Reggia. Avevano giudicato necessaria la legge scellerata, esclusivamente italiana, sul domicilio coatto; ma seppero che il Re la voleva abrogata : e tosto ne lodarono la sapienza legislativa. Discussero e tentennarono sulla colonizzazione interna ; ma un bel giorno appresero che il Re n'era convinto partigiano : e allora imposero silenzio a chiunque sollevava dubbi non solo sulla sua oppor tunità, ma anche sulle modalità. Si ripete il caso Frezzi in Napoli, come si era già ripetuto a Genova e in tanti altri siti ancora? E Ie classi dirigenti danno addosso ai sovversivi, che calunniano e discreditano la grande calunniata, la polizia italiana. Ma a Capodimonte si pensa diversamente: e i nostri abietti staffieri annunziano gongolanti che un maresciallo di pubblica sicurezza é stato arrestato, e che un processo a suo carico é stato istruito, togliendone ogni merito al magistrato e assegnandolo tutto al Re, che la sua volontà aveva fatta manifesta al ministro Gianturco. Insomma, le nostre classi dirigenti, che in tanti anni di governo avevano date prove numerose e solenni d'insipienza e di egoismo, hanno voluto oggi compiere il proprio esautoramento dando prova di servilismo illimitato. Trovano buono ciò che ieri proclamarono pessimo ; affrettano le riforme e gli avvenimenti dianzi avversati, e di ogni mutamento trovano questa semplice giustificazione : Il Re lo vuole! Con ciò esse si dichiarano impotenti alle iniziative, avverse o indifferenti alle riforme, incapaci• della stessa amministrazione della giustiziai Annientano la volontà propria e si prostrano innanzi a quella di un padrone ; si chiariscono assolutamente indegne e disadatte a dirigere. I servi non possono che ubbidire. Giuseppe Sergi trionfa. Egli può ripubblicare le sue magnifiche degenerazioni psichiche e trovare la prova più luminosa cl el servilismo italiano, prodotto da tanti secoli di tirannide, nelle manifestazioni politiche delle classi dirigenti nostre di questa fine cli secolo. LA R1v1S1'A IL PUNTO DEBOLE (Attornoalla riformatributaria) L'articolo (li Sonnino e il discorso Sacchi - i primi a risollev,u·e la discussione politica ed economica - hanno avuto il merito di scuotere, almeno alla superficie, la trarlizi'>uale lìaccona dei nostri uomiui di Stato. Tutti temono di essere sopravvanzati dai concorrenti nello steeple chase per la conquista dei portafogli; e i pi1'tin vista si sono affrettati a parlare per couservare ciò che posseggono o per conquistarlo, esponendo al pubblico il bagaglio delle proprie idee o delle proprie ... promesse. Ha parlato abba,stanza bene Villa; ha parlato Chini irri; ha scritto una bella lettera alla Stmnpa l'ono• revole Giolitti. Dei minori oratori non torna conto fare menzione; e tra i minori, s'intende, non comprendo l'amico carissimo Pi\ntaleoni. Ma cli lui e del suo ili• scorso agli elettori di Macerata non si fa speciale menzioue, perchè non c'è bisogno di far sapere che approvo in gnmdissima parte quanto egli ha detto. Invece mi fermerò, come promisi nel numero precedente della Rivista, sulla lettera dell'on. Giolitti, il cui esame critico nelle linee generali si può applicare alle promesse eil al programma dcll'on. Chimirri. L'uno rappresenta l'avvenire; l'altro il presente. Se possedessi qualche attitudine artistica e letteraria, mi proverei a, schizzare le due silhouettes: Sonnino e Giolitti. I quali hanuo molti punti di contatto, e sopratutto hanno comune una precisione di contorni elle rasenta la durezza inestetica e· ripulsiva per gl'italiani frolli e politicamente inecfocati, che amano in tutto il bel gesto. Sonnino e Giolitti hanno anche comuni certi ricordi morali non belli, ed una energia di carattere abba- 'stanza rara, che mi fa sperare sinceramente che ess
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