3,4 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI dubbio, accanto alle cause attuali, le causo per così dire preistoriche, dalle quali è stata comunicata la malattia al primo essere vivente che l'ha contratta. ì\fa nel conca~enamento attuale dei fenomeni, perchò la peste o hL malaria esistano, occorrono dei focolai viventi d'infezione e di contagio. Si deve forse dire che nè l'aria, nè l'acqua esercitano alcuna parte nel male a cui gli scienziati piì1 scrupolosi banuo conservato i nomi antichi di malaria e di febbre palustre 'I Si devono forse t,rascurare come nn ammasso di superstizioni puerili, le osservazioni rac• colte a traverso lunghi secoli dagli ignoranti, che hanno conosciuto il flagello per averne sofferto·/ Se le teorie nuove urtassero di fronte l'esperienza tradizionale, si avrebbe il dirit.to di ritenerle sospette, come arbitrarie o almeno incomplete. i\ia, iu verità, i vecchi aforismi della sapienza campagnuola e le rivelazioni del microscopio si trovano d'accordo, quando si osserva che lo scienziato distingue gli agenti immediati r,he determinano il male, meutre il contadino si limita a considerare l'ambiente in cn i si sviluppano questi agenti che gli restano ignoti. Se Varrone parla di a.ria avvelenata, il Cclii 1>cnsa alle zanzare che vi son diftu~(I. Così la tradizione trova la sua giustificazione e quasi la sua trnrlizione uel liogua.ggio della scienza. « .Fuggi, dice il contadino, fuggi il soffio fetido clelle palndi e delle acque 8tag11auti ». E lo scienziato aggiunge: « Appunto dalle acque dormenti nascono le zanzare: b\ esse vivono allo st-ato di uovo, di larva. di ninfa, per diffou1lersi dopo uell'aria » - « Non dormire presso la terra malsana cb'e tu hai lavorata, e mietuti~ ». « La set'a e la notte, le zanzare, addormentate e nascoste durante il giorno, si mettono alla caccia, e vanno a inocula.re in un uomo il vc1eno che esse avranno preso sul corpo di uu altro uomo ~- - <1 Getta sulle tne spalle il tuo gran mantello triste, quando il sole declina all'orizzonte·». ir 11 fresco del tramonto intorpidisce l'organismo e lascia i minuscoli difensori del corpo umano in istato d'inferiorità contro il virus propaga,to dal pungiglione degli insetti >).- Si potrebbe ascoltare a lnugo que"la ,;pecie cli coro alternato e sempre si scorgei:ebbe che le llue voci.ridicono, in termjni differenti qua,nto pit1 ò possibile, delle verità identiche. Y. Lo scienziato che, dinnanzi alla sfinge della Malaria, ha trovato la parohL, sarebbe meno utile del contadino che ripete l'enigma. se, dopo le ingegnose scoperte, non dovesse sempre offrire, in fatto di profilassi, se non i consigli d'igiene popolare di cui gli ignoranti si contentavano da più di venti secoli. Ma i medici e gli amministratori, uniti in Italia per lo studio della malaria, harmo compreso che iu presernm di un pericolo nazionale, l'osservazione, di ventata sicura di sè stessa, doveva· subito imporre un'azione. Gli scritti di divulga• zione pubblicati da un a.uno son riesr.iti a scart.aro dei rimedi recenti che si appigliavano all'autorità di teorie foggiate apposta; essi ne banno proposti alcuni, antichi, che erano stati lungarneuto trascurati, e ne hanno indicato altri nuovi. _Venti anni fa, quando la malaria passava per un mrnsma sviluppato dalle terre umide, le piantagioni di eucalyptus, proposte con entusiasmo cfa parecchi scienziati, fecero fnrore nell'Italia intera. Si riconobbero loro tutte le virti1. Da una parte gli alberi d'Australia, che hanno sviluppo rapido e radici sempre assetate, dovevano agire sul suolo spugnoso come delle serie di pompo viventi. D'altrf1, parte s'immagiu:wa che l'azione febbrifng_a esercitata dalle foglie cli eucalyptus allo stato d'infusione, doveva spandersi iu giro nelle acri esalazioni dei grandi e pallidi alberi. Con uua sicurezza, che nessun prec~clente giusti~cava, s'~uauguri, alle porte di Roma, m piena terra d1 malaria, una vasta esperienza-. Lo Stato trattò nel 1880 coi trapp;sti francesi che dirigevano all-3 « 'l're Pontane » una modesta, speculnzioue agricola; intorno al com·ento larghe estensioni cli terreno furono in parte piantate ad eucalyptus, in parte destinate alla cultura; e vi si stabill nna colonia, di forzati, sotto la protezione degli alberi miracolosi. Il risultato dell'esperienza fo uu disastro. Per mettere fuori pericolo i disgraziati che erano stati tutti colpiti dalle febbri, occorsero tre chilogrammi cli chinino (1). ( 1) ToMMASI-CRUDELI. Il Clima di Roma. L'insuccesso doloroso di questo tentativo emp1nco si sviega facilmente secondo la nuova teoria. Quale azione gli eucalyptns e il loro profumo potenwo mai esercitare sulle cnuse reali della nu1,laria'I Invece di essere per le zanzare una specie cli sp:rnracchio, essi anzi offri 1"ano loro un ricovero favoreYole durante i calori del giorno. Poi, quand'anche gli alberi a,·essero disseccato il suolo in cui erano immerse le loro radici, non un sol germe morbido sarebbe stato cliRtrutto cla questo dreunggio aereo: nè la terra, infn,tti, nè l'acqua, nè l'aria stessa, a, quanto sembra, contengono il corpuscolo che provoca la malaria umana e che è il parassita esclusivo dell"110111e0 di uu iuRctto: Perchè le acque sotterranee diventino nu focolaio di febbri, occorre che esse escano dalla terra e in nua sinuosità del suolo vengano a contatto dell'aria libera. Ciò che si deve temere non è !'umi rlità profonda e nascosta, ò inYece un po' d'acqua, accumulata in un fosso. Per diffol)dere la malaria, non è necessario un pantano o un lago: ogni stagno,' ogni pozza, d'acqua dormente può diventare nu nido cli zanzare. E' facileallorncomprendere come il lavoro nmano è capace di provocare o di sopprimere la malaria. Ogni cultura che prende l'acqua per ausiliaria., come i prati irrigni e lf\ ri~aie, è in Italia un vcricolo permanente; nessuLa ,,u:.,1,rn intensivn, è eh sè sola 1111 agcnto di bonifica. Inveco, le città popolose liberano clalla malari,t h1 terra dove sorgono. Tra le strette case e snl lastrico pulito, le acque non restano a lungo; nel sottosuolo le fogne formano nua vasta rete di drenaggio. Così si spiega la sorte delle città della Magna Grecia. La costruzione di Sibari, in pieno paese di malaria, iu mezzo a, torrenti incoercibili, ha dovuto costare molte vite umane; ma, quando la città è stata costruita, lm vissuto prospera, e sana, se1uplicemente perchè esisteva. Poi son passati i Ilarhari, la città è stata rasa al suolo, e le acque del cielo e della montagna hanno ripreso, fra lo rovine, il loro sonno fatale, interrotto dall'iuclustria umana. Anche la stessa Roma fu abbandonata alla malaria, ch'era stata un tempo già vinta, quando, durante il medio evo, la popolnzioue della città si trovò ridot,ta a poche migliaia di a,nirne, e la cinta imperiale racchiuse un deserto. Si sarebbe potuto credere che la campagna, che l'aria sua malefica avesse tnwersato le munt e imperversasse a sua volta sulla città. Viceversa, ai giorni nostri, l'improvvisa espansione della nuova capitale è stata segnìta d,t un risanamento immediato. Ogni nuovo quartiere che si è coperto di costruzioni è stato un terreno sottratto alla malaria. Nel 1898, l'infezione palustre uon ha prodotto iu Roma che 170 morti. La proporzione, che ancorn nel 1883 era di 18 morti su 10,000 abitanti della. città, si ò trovata rirlotta a meno di tre. li bonificamento per così dire automatico delle città può suggerire un mezzo per bonificare le campagne 'I E' possibile, iu altri termini, praticare nel sottosuolo dei terreni <~sposti alla malaria uu drenaggio analogo alle fogue delle città e capace di trasportare lontano le acque superficiali? '!'aie questione, che oggi sembra così grave ed irta di difficolti\, era stata risoluta dai primi abitatori del Lazio con una vastit~\ di concezione e con una sicurezza di metodo chi lasciarci coufnsi. Il canale sotterraneo della Cloacci inaxiina che sin dal tempo dei • re operava il drenaggio delle acque di un quartiere di Roma, continuava. come pare, sull'altra riva del Tevere, nei fianchi del Viminale e dell'Avent,ino; e cli l:ì. dalla cerchia in cui si determinava la cinta di Aureliano, molto innanzi, in pic11a campagna, le colline·erauo tutte traforate da gallerie che vi ai ramificavano come tane e che con la loro rete occupavano intorno aHorna piÌI di ce11to chilometri quadrati. Poi, dopo le invasioiy, il beneficio legato ai secoli avvenire da uu popolo, di cui il nome stesN è incerto, fu dimenticato e perduto. Si può riprendere forse al giorno d'oggi un'opera che forse aveva richiesto molti secoli ? Si può tendere a minare, una per una,, le colli11e dell'Agro romano e a raccl1iudere le acque nei canali di Lina immensa catacomba~ E se si arriYasse, infine, dopo sfon1i inauditi, a rendere la vita a tutta la campngna di Roma, che cosa si farebbe per le paludi pontine·/ Qui 11011 si trovano colline da sventrare, ma 1111 basso phu.10 tla ricolmare, perchè il suo livello ò inferiore alla superficie del mare. Il problema è troppo vasto è troppo complesso, perchè l'Italia possa uscir mai vittoriosrt da un.t lotta con le sue acque. D'altra pa;rte il
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