Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VI - n. 18 - 30 settembre 1900

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI snatura i cangiamenti ed i fenomeni dello spirito, per ~ettarli nello stampo dei cangiamenti e dei fenomeni della meccanica. ;,lei rispetti del determinismo sociologico, il Petrone passa in rassegna le tre concezioni principali della sociologia contemporanea - la scuola psicologica, biologica e quella del materialismo storico - egregiamente rilevandone e Jenunziandone le imperfezioni e le inesattezze. In complesso il pensiero del Petrone, a proposito dei limiti del determinismo sociologico, si riduce a sostenere che la penetrazione, lo scambio, l'interferenza e la solidarietà degli stati psichici, non é riducibile allo schematismo unilineare della causalità, ed oppone al determinismo scientifico, la doppia resistenza della complessità e della indeterminazione iniziale dei dati e dell'accrescimento e della complicazione progressiva delle risultanze finali della loro composizione. I prodotti complessi della coscienza individuale e sociale non sono mtelli$ibili per integrazione dei presunti elementi semphci, perché il nuovo ed il caratteristico dei pro• cessi psichici e dei processi storici consiste meno negli elementi che nel modo della loro combinazione. Il fatto sociale é una sintesi originale ed é sempre un processo cli nuova formazione. Come si vede, con questo libro profondamente pensato, il Petrone mira ad agitare e dibattere i fondamenti supremi di tutto il sapere scientifico moderno. Egli, in parte accogliendo e in parte rinnovando la tesi del Boutroux, dello Spir e •-di altri pensatori moderni, con acutezza di sguardo non comune è penetrato nell'intimo della concezione deterministica del mondo, e perspicuamente ne ha esposte le parti non ancora sufficentemente suffragate dalla critica e dall'esperienza. Se non che il Petrone, inrlulgendo alle tendenze native della sua mente piuttosto critica che ricostruttiva, come si può rilevare anthe dai suoi libri antecedenti, non ha saputo sui ruderi della sua opera demolitrice innalzare un edificio teorico altrettanto forte e ben organato quanto quello che ha abbattuto. Soffermiamoci brevissimamente a vedere qual'è la concezione della vita e del mondo che egli sostituisce a quella da lui egregiamente criticata. li pensiero del Petrone ci pare che oscilli tra il determinismo monistico del Lewis e dell'Ardigò, i quali riconoscono la differenziazione e la specificazione progressiva dei fenomeni nel continuo e nell'infinito dell'evoluzione cosmica, ed il monismo idealistico che ammette una progressione ascenclente e discontinua di esistenze, di relazioni, di valori e di fini. Dall'Ardigò, infatti, egli accetta, peraltro senza riconoscerlo, che il processo cosmico é una graduazione ascendente cli complessità e di autonomie, accadendo nella progressione delle forme dell'essere, che le forme inferiori non siano eliminate o sostituite dalle forme superiori, ma solo dominate e dirette da quelle. Ma insieme con questa esplicazione causalistica, egli (a sua ed integra l'intuizione teleologica dell'idealismo indeterminista il quale, sovrapponendo al processo delle cause efficienti l'ordine delle cause finali, e rileYando nella serie dei fenomeni dell'universo la presenza di una capacità nativa cli cangiamento, per la quale nessun fenomeno si contrae e si esaurisce nei limiti della propria natura. ma ciascuno tende come a risollevarsi in una natura o in un principio superiore, costituisce, secondo il Petrone, il primitivo aYviamento ad una concezione veramente filosofica del mondo. ~on è certo nostra 1ntenzione discutere a fondo <;t!esta integrazione di due vedute che ci paiono in• trmsecamente contradditorie. Ci sembrano però indubbie queste verità; anzitutto crediamo che a badar(' all'assunto dei sistemi e non alla serie delle opinioni che vi si sovrappongono, la conciliazione dell'ordine delle cause efficienti con quello delle cause finali sia una conciliazione logicamente _forzata; in secondo luogo ci pare che male si rimedi alle imperfezioni ed alle lacune delle - concezioni, eccleticamente integrandone le ·parti sane e vitali; infine siamo del parere che se la critica de~Petrone ha saputo assestare colpi poderosi alla dottrina meccanica del materialismo metafisico, non ha intaccato menomamente il granito della concezione positiva clell'Ardigò fondata sulla legge della continuità dinamica. Prof. ALESSANDRGOROPPALI. E. BBl{fl'AU:X:. La malaria in Italia (Co11t-inna~iv11e V di .V. prececlente). III. Per colpire la malaria, bisognava penetrare il mistero che l'avvihq)pa. Prima di agire·, occorreva sapere. Dai laboratorii soltanto si poteYa e si doveva aspettare l'ordine di battaglia, secondo il quale spetterebbe ai legislatori di ordinare e disporre per la lotta le forze nazionali. Ora sin dall'antichitù,, le teorie degli scienzia,ti, che si erano occupati della malattia del popolo italiano, erano costruite coi soli dati della tradizione e dell'esperienza popolare. La malaria, fra tutte le malattie infettive, è la prima a cui si sia riconoscinto come causa un parassita vivente. Il buon Varrone, lo storico delle più antiche credenze italiche e il depositario delle più antiche ricette agricole, attribuiva già le febbri a in visiuili animaletti che nascono nei luoghi palustri (1). :\la quale era iI « mezzo » elle a questi fermenti animati servi,,a di focolaio e di veicolo~ Su questo punto le opinioni erano divise. I più ammettevano che i germi morbidi, nati nelle acque dormenti e sature cli putredine, si tenessero sospesi nell'aria delle regioni paludose: donde il nome stesso della malattia. Altri facevano venire il flagello sull'ala dei venti: il sospetto cadeva ora sul vento caldo del Sud, ora sui venti freschi che soffiano dalla terra; alcuni immaginarono che la malaria traversasse il i\Iediterraneo e venisse a .ri · versarsi sul suolo italiano con lo scirocco carico di sabbia ardente dei deserti africani. Secondo un'opinione che ha trovato sino ai giorni nostri dei sapienti difen: sori, e che sembra rimonti ad Ippocrate in persona, s~ prenderebbero delle febbri intermittenti, come le febbn continue analoghe alla tifoidea, bevendo l'acqua stagnante. Quindici anni 01· sono, si ammetteva comunemente che i germi risiedessero non già nelleacqne, ma nel suolo umido, e s'era venuta così a creare per la malaria una categoria speciale: quella delle « malattie telluriche •. Queste opinioni contraddittorie si accordavano in un sol punto: tutte attribuivano la parte principale nell~ produzione e nella propagazione del male ad uno clegh elelllenti che costituiscono il suolo o l'atmosfera, acl un Essere, contro il q·uale l'uomo non può difendersi che colla fuga, o con opere da gigante, all'aria, al vento, all'acqua o alla terra. Eppure le ipotesi accumulate in molti secoli, sono state in pochi anni ridotte a niente. Quando si rag~o_nò senza preginclizii, si scorse corno nessuno de ivent1 _rn~ criminati anticamente avesse l'orientazione che gh s1 tava per le esigenze della teoria; si n tò nn po' tardi che tra le paludi pontine e la campagna romana: le montagne latine forman1no un antemurale coperto d1 (I) « Crescuntanimalia quaedam minuta, quae non possunt oculi consequi, et per aera intus in Cl)rpus per os et nar~s perveniunt, atque efficiunt d,tficiles morbos ». (De re rustica, J, 12).

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