RIVISTA POPOLARE DT POLITICA LF:TTERE E SCIENZE SOC!ALT ogni anno a un paese cui occorrono tutte le proprie attività per mantenere il posto ripreso nel mondo, bi• sognerebbe ancora tener conto dei mali accessorii, dove ia malaria interviene come un fat,tore che con la sua azione sfugge al calcolo. La vecchia malattia della terra italiana non è quindi estran11a, - e si può provare, ·- a nessuna delle malattie sociali e politiche da cui ò tormentato il giovine regno. II tu questa stessa Rivista si son letti dei forti studii sui dt1e pericoli più gravi che minacciano l'Italia unificata. Giorgio Goyau, analizzando in base a ecrit.ti italiani e ad una ricerca personale, il regime ùella grande proprietà che mantiene sul suolo italiano la lebbra delle terre deserte (1) e l'emigrazioue che indebolisce il paese come per effetto tli una perdita continua di sangue (2), ha denunziato giustamente delle responsabilità incontestabili e delle colpe inespiabili. Tuttavia, volendo appre·zzare con la massima equità i tentativi del governo attuale, bisogna tener conto delle tradizioni storiche e delle fatalità geografiche, di cui l'Italia moderna ha raccolto la pesante eredità. Gli errori umani non han fatto, in Italia, che continuare e tal ,·o!ta aggr:ware l'opera di un male tisico. Giorgio Goyau ha per il primo indicato nel suo studio l'azione reciproca che hanno esercitato -l'un sull'altro questi due fenomeni funesti: la persistenza della grande proprietà e l'esistenza del miasma palustre. Se ancora oggi i latifondi mantengono la mal,uia, in origine la malaria ha prodotto i latifondi. Perchè, infatti, sopra una così gran parte del suolo italiano, le abitazioni si trovano come esiliate lungi dai luoghi di coltura 'I Perchè, dalla campagna romana sino alle ri vé del mare Jonio, il lavoratore, salvo rare eccezioni, non è più un fittaiuolo attaccato alla terra, ma soltanto un bracciante mezzo noma.de 1 Perchè i possessori di queste . estensioni fertili e malinconiche non risiedono mai in mezzo ai loro dominii, e lasciano ad intendenti rapaci l'a,mministr:1.zione dei loro beui o il governo della gente loro sottoposta i Perchè questi uomini pi1re abbiano paura della terra! La ragione sta in un fatto assai semplice. La terra è veramente nna forza, nemica. Il ricco non si cura di affrontarla; e il povero la fugge, a sera, dopo averla combattuta per tutto il giorno. Il lavoratore che si è emancipato col possesso cli un piccolo peculio o con una istruzione primaria, non rischim-à certo in una lotta simile la vita sua o quella dei suoi; ma lascierà il pericolo a qnelli che vi devono cimentare per la loro estrema miseria. Gli indigeni della Basilicata o della Calabria sono condanna.ti ai campi 1 come altri, nei paesi del Nord, sono condannati alle miniero; e come altri sudano nelle cave di carbon fossile, essi lavorano in pieno sole, nella gran vampa, in un'atmosfera di fuoco. Nè gli uni nè gli altri conoscono il proprietario o l'azionista che essi arricchiscono. Perchè queste folle oscure possano produrre degli uo• mini liberi, le forze ostili che decimano i lavoratori devono essere state vinte dalla scienza. La terza d'Italia sarà il campo dei contadini quando non sarà più il campo della malaria. Era legittimo cercare persino nella irresponsabile natura l'origine di un male tanto antico quanto i lcitifimclia, a cui Plinio, in un pa.sso famoso della sua Storia naturale, attribuisce già la rovina d'Italia. L'emigrazione che ogni anno importa delle migliaia d'Italiani verso le Americhe, è invece un male nuovo. Prima del 1860, non si conosceva in Italia che l' « emigrazione temporanea D dei Piemontesi e dei Lombardi, che anda".ano a guadagnare un po' di danaro di J:'. dalle Alpi e ritornavano dopo qualche mese. L'emigrazione per- ~imente è venuta in seguito all'unificazione. E pure se s1 confrontano le statistiche regionali della malaria e della emigrazione, si troveranno delle coincidenze troppo notevoli per lasciar credere che il primo di questi due tatti non abbia avuto azione sull'altro. Sono ancora (I) V. 19. Revue des deua; Mondes, 10 gennaio 1898, Le régime de la grande propriété dans les <.:alabres (tra:d. da L. Ferrara nella Rassegna Pugliese, Anno X V). (2) V. hl Revue des deux Mondes, I O settembre 1898, L'émigration dans l' Italie méridionale (trad. da L. Ferrara nella Rassegna Pugliese, Anno XV), numerosi i contatlini, che fedeli al rnnle sopportiito dai loro paLù-i. curne i capanniiri di Ostia o -i ciociari di Terracina, non cerc,-ino di sottrarsi al tlrtgello se non t?nrnndo ogni_ sera a un Yillaggio lo11tano, o pure nsalendo ogm anno, alla fino della fatica e della mietitnrn., sulle montagne d'onde. sono discesi. Ma. quelli ogni giorno più numerosi che prestano orecchio ai rumori della città o agli echi di paesi lontani quelli a cui !apertura delle strade ferrate l.tastrappat~ il velo di antiche tradizioni doYe era addens:ita la loro ignoranza, come mai potrebbero infine resistere a.Ile promesse fantastiche di agenti che reclutano uomini per le terre transat.lantiche, quando essi non dovono lasciare dietro di s,ì se non mui, terrn maledetta o un'aria ammorbata, e quando con l'abbandonare lii patria essi possono aver la fortuna di s,il i•are la fonm, del loro corpo e la vita dei loro figli~ Appunt;o nelle regioni di malarfa si sono estesi da, tempo im111emorn· bile i pii\ vasti latifondi; e appuilto di là J)arte al giorno d'oggi, senza sicura speranza di ritorno, la mao-- gior parte degli emigranti. Cresce così la minaecia clfe le braccia manchino sempre più ai possessori di terre. Se alle ossen·azioni fatte sinora occorresse come uua consacrazione ufficiale, io citerei un passo del pro.,etto di legge del 1882 dove era così definito il " terzo ar~do » della malaria: 11 La categoria della malaria (fra;issiurn, e mort1Lle comprende i paesi dove è imposiibilo SO"· gioruare senza essere esposti a prnudere le febbri. 0o dove l' emigrazio•ie è l'imico nie~;o cli sottrn.rsi al pericolo D. Così la malaria è, se non la cm1sa determinante, alrueno la condizione prima dei mali economioi in mezzo ai quali si dibatte l'ltalia. Essa appare anche nell'origine del' male politico, che oun la sm1,gra\·it,1, comincia a s11aventare tntti qtielli che non si lasci,tno stordire dalle paro.le ambiziose. L',u1tagouis1.110 fra il Nord e il Sttd si è ridestato minaccioso. Lo folle che avevano marciato d'accordo contro lo straniero, sono ricaclnte nelle difficoltà di 1m gran governo in comune. Le doglianze sono egualmente vive così da 111m parte come dall'altra, e, co1wien dirlo, anche egnalr11cnte ingiuste. La Lombardia accusi1 la· Basi.lic,tta di esserle a carico e la tratta da pareute povera; le Calallrie, in ricambio accusano Roma, che le sfrutti, ooure un paese cli con: q~ista. Anche qui vi sono dei colpevoli. Si ò potuto tlunostrare come con la rottnrn dei trattati di commercio con la Francit~ e la chi usura_ùegl i sbocchi ape1t.i. srno allora alle Calabne e alle Puglw, la nuoYa politica ~stern dell'Italia aveva precipitato una crisi ai l)Olitioa rnterna 11). ~fa per convrncerst cbo pttre con l'amministrazione pitt cauta il male si sarebbe tuttavia manifestato, IJasterà guardare di uuovo le cartu clell,1,malaria. li Bodio, l'illustre direttore della statistica, osserv,1, egli stesso che sulla carta dove è indicata la 1,rogre,·siono della mortalità <luvuta alla mala.ria, l'ltalia (con le isole1 si trova nettamente divisa in due metà « dal parnllelo di l~on~a ». ~l_N?l'd ~li questa linea non vi è una sola provincia, lll cm s1nievi annualmente sopra 100() anime un caso di 1norte prodotto dalla nrnlaria. Al Sud non vi è una sola provincia che sopra 1000 alJitanti non ne perdf1, oo-ni anno almeno 5 per caus,t della malaria; in Basilic;ta si arriva a pitt di 11 ; in Sardegna a pilt di 26. Queste cifre bastano, io credo, a far comprendere lo stato di singolare inferiorità in cui la malaria mette l'Italia ricostituita nel concerto delle grandi nazioni europee. E' ben lontano il tempo in cui l'endemia JJalustre regnava a Londra, in cui anche altrove si usava minacciare a guisa di bestemmia « delle forti febb1·i quartane D, in cui Luigi XCV, guarito cla una febbre intermittente mediante la a: cincouina » del medico 'l'albott, faceva, co11oscere al suo popolo in un avviso ~ftlci~le a: il ~·imedio ingle,e p~r la guarigione delle febbn D. Oggi a Londrn, a Berlrno, a Parigi, il o-over110 non si preoccupa delle febbri palustri che pei totoni o pei soldati in via ti nei possedimenti d'Africa o d'Asia. 1\fa, dopo l'annessione del reame di Napoli e il trasporto della capitale in mezz(I all'Agro romano, la malattia che per l'Inghilterra, la Germania o la Francia, resta una malattia coloniale, è <li,entata per il reo-no d'Italia una malattia na.~ionale. '1'1·iste destino di O un popolo energico e ardente, che la sua stessa sobrietà (1) G. GoYAU. L' Unité italienne et t'ltalie du Sud-Est, nella Revue des deux Mondes. 1 settembre 1899.
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