334 RIVISTA POPOLARE Dl POLITICA LETTERE E SCIENZl!: SOCIALI tori cli vita simili a lui : da ogni lettura cliopere s11c, sono sempre uscito col sentimento democratico fatto, per la contraddizione ch'egli provoca, più attivo e pugnace e insieme, per la necessità di riconoscere qualcosa di vero nella sua critica feroce, più prudente e bisognoso cli autocritica. · Ora, se alcuno può credere, a torto secondo me, che non ci sia bisogno nelle classi colte, che debbono dirigere la democrazia, cli rafforzare il sentimento democratico, nessuno dubiterà dell'utilità di una critica continua delle tendenze e idee che da la democrazia pigliano nome. A ciò può essere utilissima la conoscenza della vera dottrina nietzschiana e un lavoro di rettificazione delle idee che corrono per sue e non sono, che insieme traesse da le teorie veramente sue gli insegnamenti che conten1:1ono per noi democratici, sarebbe tutt'altro che acaclemico e vano. Naturalmente io non posso che accennarlo. Lascerò dunque ogni considerazione su questo~audace esploratore del mondo del pensiero, il quale, nelle sue lotte incessanti contro i sentimenti e le illusioni più care cui contrastavano le conseguenze terribili a cui giungeva la sua mente, contro la indifferenza e lo scherno universali e contro il male che minacciava ad ogni istante la sua esistenza intellettuale, è stato poco men che un eroe degno di essere proposto come esempio a tutti, (che importa qual sia stata la sua causa, se l'ha creduta ]resola vera e tutto I.e si è dato ?) e passo senz'altro a la sua dottrina. .. * * Qual'è lo sc0po della vita umana, individuale e sociale ? ecco il punto di partenza cliogni teoria morale e politica. Le risposte possono ridursi a due : per alcuni é la felicità, per altri i',1:Jontanamcnto dal bruto verso la perfezione degli attributi specificamente umani. - Tra quali è il ~ ? - Nell'opinione dominante, qnando non se ne fa anche una filosofia del piacere, la sua è una dottrina dell'istinto e dell'egoismo : c'è bisogno di dire che 6 tutt'altro ? In Morgenrothe egli muove da la questione se l'umanità abbia uno scopo: non crede, ma pensa che ben si possa proporgliene e fargliene accettare uno, ed è questo il còmpito dei creatori di valori. - Quale? - Il N. vede un'antinomia radicale tra elevazione e felicità: bisogna dunque scegliere ed egli sceglie. « La felicità non è per noi un fine, ma la fine » : lo scopo è l'elevazione. la superazione di sè stesso : « l'uomo ò qualcosa che deve essere sorpassato, un ponte fra il bruto e il superuomo ». È lo stesso punto di partenza del Carlyle, che, come ha detto l'ultimo suo biografo, il Barthèlemy, place la grandeur des hommes avant leur bonheur; il sentimento della utilità del dolore pel progresso e l'elevazione ·umana. Non c'è• qui da imparar qualcosa per noi democratici? Certo è che nell'opinione volgare l'ideale della democrazia è la maggior felicità del maggior numero. Ciò è falso. Intanto è lecito credere che dare agli uomini coscienza di loro miserie e accrescerne i bisogni non sia il modo migliore di accrescerne la felicità. Però noi vogliamo accrescerne il benessere materiale. Certo, ma forse per renderli felici? No: chi di quelli che hanno a cuore i destini dell'uomo vorrebbe vedere il popolo sdraiarsi felice nel benessere materiale? Questo non é per noi che il mezzo cli togliere le forme inferiori del dolore, dovute a l'insoddisfazione dei bisogni elementari, che fan dell'uomo un bruto, per sostituire bisogni nuovi e più alti, cioè forme più elevate di dolore spirituale e morale, che siano stimolo a più alti modi cli vita. Ora si crede davvero che queste forme superiori cli dolore rendano meno infelici delle inferiori ? Il numero dei suicidi crescente nelle civiltà e classi veramente superiori prova il contrario. E allora che c'entra la maggior felicità? f.; la maggiore elevazione del maggior numero che, spesso inconsciamente e promettendo felicità, la democrazia persegue. Di ciò deve acquistare piena coscienza e questo deve volere e accettare quali mezzi a ciò, come il maggior benessere materiale, cosi il maggior dolore, purchè sia più umano e più alto, poichè, rlice bene il N., é a la scuola del dolore, del gran dolore che l'uomo si eleva. Volere gli uomini non più, anzi magari meno felici, ma infelici d'una infelicità sempre più umana cd alta, perché siano sempre più altamente uomini: ecco un ideale virile che può trarre da l'animale uomo ciò che non possono i predicatori cli felicità. Parlare non di felicità, ma di dignità eci elevazione umana, ceco il primo insegnamento che ci può dare il N. Passiamo alle sue teorie morali o politiche. .. * * La maggior elevazione possibile dcll'uorn° : o~co lo scopo comune al N. e a noi. Ma chi può compiere questa superazione dell'uomo? Qui fra noi e lui è l'abisso. Il grande errore democratico pcl N. è pensare che essa sia opera della maggioranza degli uomini e possa raggiungersi 'da tutti in generale, sl da esser lecito proporsi .la maggior elevazione possibile del maggior numero. Per lui invece solo qualche ir:idividuo o una minoranza lo può. E a ciò occorrono due condizioni. L'una politica: « ogni elevazione novella del tipo umano è stata fin qui e sempre sarà l'opera d'una società aristocratica, che non saprebbe fare a meno della schiavitù sotto l'una o l'altra forma ». L'altra etica ed è l'esistenza clidue morali, una degli schiavi, l'altra degli IIcrren, la quale ultima egli riassume nel « tutto è permesso » e nell'obbedire alla pr0pria legge al di là del bcoc e del male. Tale l'individualismo aristocratico del N. Non è qui il luogo cli criticare la concezione individualistica della Storia: basterà notare che si potrebbe e sarebbe utile trarne un apprezzamento del1' importanza delle incliviclualitit superiori e geniali assai più largo cli quel che ne fa l'odierna storia democratica e materialistica. Il che farebbe anche cessare quella diminidio cripitis, che da parte elci volgo minaccia gli individui superiori e condurrebbe a vedere I' dme de vér'ité èontcnuta in quella concessione cli diritti eccessivi che il N. fa loro. Vediamo questa anima cli verità. La dottrina del N. è stata affatto fraintesa per volerla estendere a tutti ; il D'Annunzio ha creduto potere in suo nome accordare a un povero diavolo cli statuario rammollito che per far statue ha bisogno di avere una certa femmina .... il diritto di tradire la moglie! Ma il N. parla solo degli Herren di cui è essenza il 1Ville :mm Jfacld. - E qui altre false interpretazioni. - Chi sono costoro? - Egli stesso spiega nei frammenti che la forma suprema del suo ideale è il genio, e, più giù, quelli che han qualcosa dell'essenza 9cniale, i Sc!wffencle, i creatori, i novatori, quelli che hanno una parola nuova da dire, un'opera nuoYa da compiere, che portano in sè un nuovo mondo religioso, politico, morale: la loro volontà di dominio è la tendenza irresistibile a imporro agli uomini la novità che hann0 in sé. Questi creatori e novatori, dice il N., d'accordo col Carlyle per gli Eroi, è utile e necessario abbiano, lasciamo ora da parte il dominio, un'assoluta libcrtit, nello sviluppo e nell'azione, d'obbedire alla propria legge (che non é già il loro capriccio, ma la nuoYa idea che essi portano in sèJ, al diJà del bene e del male quale è determinato dalla morale di un certo tempo e luogQ: come potrebbero creare il nuovo senza andar contro il vecchio, se?za apparire cioè
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