Rll'ISTA POPòLARE DI POL!TICA LETTERE E SCIENZE SOélALI ~fa. facc·amo pur l'ipotesi che sia possibile un Bismarck italiano. E bene, in questo caso non , ossiamo concepire un rapp_,·esentante di una monarchia feudale cosi potente, se non trovandolo nella classe dei nobili. Bismarck apparteneva a una delle più grandi famiglie di Prussia : aveva tutto l'orgoglio brandeburghese e tutta la fierezza dei nobili di Pomeriana, guerrieri per tradizione secolari. I suoi ant(•nati erano stati in conflitto con o-li Hohenzollern, cui ave~n dovuto cedere per forza la 'ì·oresta cli Burgstall. I nob1h del a nostra Camera non discendono da famiglie di guerrieri: ~molti piuttost<• che cedere foreste, se le sono appropriate, al- tempo della liqui_dazion~ dei beni demaniali. I pochi nobili che hanno una. pos1z1one parlamentare notevole, non sembrano animati dal fervore ascetico di Bismarck, cui non 1assomigliano nè meno nell'imponenza del corpo. Sono scettici amabili e bona1·i; o pure individui che sarebbero assai soddisfatti se si desse loro una di quP-lle AmbasciatE>. che ll1smarck considerava come fìorito esilio. Bismarck israelita non si può suppone nè meno per ipotesi. Com·! ammirare il feudalismo senza riconoscere la necessità di ricostruire il ghetto? Nè Bismarck si puo concepire ng!molo d1 contadini, o di poveri operai. In questo caso piuttosto che farsi usurpare la foresta di Bur!{Stall, vi sareb _e rimasto a pascolare gli armenti o a segare i tronchi. Tanto meno si può concepire Bismarck avvocato. 11 causidico, che s'inchina a tutte le corti, il causidico, che distende comparse conclusionali o prepara offer:e real, può essere ·un uomo eccellente, ma no11mai avere il tono di un nobile di Brandeburgo. L'Italia ha bisogno di un bagno di realtà U,1 giornalista inglese pubblicò al tempo dell'Esposi1.;one di Chicago un libro èhe sollevò grandi discussioni : / f Chri,t came to Chic.1go ! Wltat 1wuld_Jesus do? La domanda era assai suggestiva: se C, 1sto fosse andato a Chicao-o che cosa avrebbe fatto? Si potrebbe fare un cap,,Iavo~o' di politica e di arte : Se Bismarck venisse in Italia, che cosa direbbe? Ahi I se Bismarck venisse in lt.Jlia come riderebbe dei suoi ammiratori ! ( Gioi·no di Roma). L'on. Crisple la politica internazionaleitaliana. - Gli avvenimenti della Cina hanno risollevata una discussione sulla politica coloniale dell'Italia, in cui si ripetono c'.a una parte e dall'altra argomenti che sono già stati manifestati. La lettera dell'on. Crispi pubblicata dalla Tribuna viene esplicitamente ; d eccitare gli animi, deplorando che l'Italia si trovi in condizione di 11911 potei·e seguir quella linea di condotta che le sue glorios<! traduioni le assegnerebbero. La questione ha troppo stretto legame con le condizioni economiche del paese, perchè non abbiamo da esporre tutto il pensiero nostro E prima di tutto eliminiamo ogni ragione di equivoco. Se per intervento dell'Italia nelle cose della Cina s'intende che essa invii qualche nave e qualche migliaio di uomini affine di partecipare alla difesa delle vite e degl'interessi europei, non vi è nulla da ridire; ma se si tratta di partecipare alla conqu.sta della Cina per po, condividere il bottino, crediamo che la cosa meriti di esser considerata da altri punti di vista, oltre che qu Ilo della gloria delle tradizioni e dei futuri compensi Su questo tema noi crediamo che l'on. Crispi soffra di un'illusione, che non gli permette di giudicare serenamente nemmeno dell'opera propria. Chi è che r.nfaccia Tunisi, Dogali, Abba Carima, ::;an Mun, come un prodotto di una politica indegna e quasi peccaminosa? L'on. Crispi. Ma noi vonemmo chiedergli: che esempio di forza, di coraggio e di suite nella n_ostra politica_ coloniale ha egli dato? L·on. Crispi ha _tamuto quando ti trattato del Bardo trnncò le illusioni di Cairoli; l'on. Crispi non fece sentire la sua voce quando Depretis pallido, davanti alla Camera commossa, annunziò i trecento morti di Dogali. Egli pet·Ò potrebbe dire che allora non aveva la responsabilità del potere. Ma perchè dopo Abba Carima l'on. Crispi ha imitato J'esem. pio di Baratieri, e lungi da dare l'esempio di corago-io .di sangue freddo si è dato alla fuga abbandonand~ il potere? Noi intenderemmo perfettamente le orgogliose e v1brantt parole della lettera del 21 corr. dell'on. Crispi se dopo la disfatta egli, seguendo il suo concetto, si fosse presentato alla , amera per chiedere i fondi per mandare 100,000 uomini in Africa, e, vinto alla Camera, si fosse appellato al paese ; ma perchè allora in vece l'on. Crispi, v.rese la fuga? Forae perchè i suoi colleghi, la Corona, o 11Paese non erano d'accordo con lui? E allora in nome di chi parla l'on. Crispi? L'on. Crispi e i pochi uomm 1 che divi_dono, o m?strano di -~ivide_re, il suo pensiero po. ltt1co, vivono nell'11lus1one p-,u pericolosa che li mette nella neces_sità di avere una parola a cui non corrispondano I fatt1. Certo sarebbe stato bello, dopo il trattato del Rardo, mandare nelle acque di Tunisi· una squadra che pronunciasse il quos ego; ma bisognava prima· apparecchiare le alleanze e sacrificare l'irredentismo. Certo sare be stato bello conquistare almeno una parte· dell'Abissinia e avere, a fatti, il protettorato su quell 'impero; ma bisognava consacrare centinaia di milio•ni all'impresa, e non illudersi di aver conquistate delle provineie solo perchè il padrone di casa era momentaneamente as . sente. 9erto sa_rebbe st~to bello avere alleate le potenze centrai(, d1partecipare assieme a loro alle grandi imprese· colo111~1,; ma allora b1~ognava spenderé cento milioni di più ali anno nella marma, e non lascia e ridurre l'esercito nelle condizioni deplorevoli in cui si trova Ma quando si è uomini di stato di un paese in cui si deve ,·alcolare sui cattivi raccolti per tenere in parego-io il bilancio dello Stato; quando si è costretti a manca~e <li fede ai creditori dello_ stato; quando si fa promet.lere sempre al!a. Corona r1form_e tributarie che non si ha coraggio di m1z1are; quando s1 ha un bilancio di 1500 milioni dei quali la guerra, la marina, il debito, le spese di riscossione assorbono 1200 milioni, e soli 300 ne rimano-ono per tutti i servizi civili: allora, un uomo di Stato cfi un paese simile non ha il diritto di scrivere' una lettera eccitante come quella d~l 21 corrente dell"on. Crispi. -Ma se nell'animo dell'o 1. Crispi, la visione del!' Italia forte e temuta, è cosi potente da fargli diménticare che il pmno elemento di forza all'estero è rordine interno - ordine nella finanza, nella giustizia, nell'amministrazion~ nei grandi poteri - allora sarebbe stato' necessario che la lettera Crispi avesse una seconda parte che dicesse ai contribuenti italiani, che bisognava pagare altri duecento milioni l'anno perchè la patria potesse continuare nelle famose tradizioni. Ci provi l' on. Crispi ! -Ma ]'on. Crispi, che così volentieri ricorda· 1e famose tradizioni, guardi la storia economit:a di Venezia• e cli Genova e vedrà che le due repubbliche non si sono avventurat~ a . quei fatti che costituiscono le famose tradizioni, se non quand~ l'econ~mia. interna _le. aveva rese forti per _saggi ord111ament1, sviluppo dt ricchezza, prevalenza dt intelligenza per abbondanza di uomini capaci. Provocare a che un paese cosi debole come il nostro si av·venturi in imprese delle quali ha già avuto così duTa esperienza, ct sembra un delitto. Ma - si dice - intanto le occasioni si perdono e rimarremo soffocati nei nostri confìni~ L_'osservazione è erronea, perchè 1a storia ci mostra che v1 sono stati sempre paesi da conquistare quando ve ne . furono altri capaci di conquiste. Se l'Italia saprà evitare le dispersioni delle. sue forze in in utili e infelici conati, non mancheranno poi i campi dove essa potrà esercitare la sua influenza e spandere la sua azione, riversare la suft esuberante energia. Non è conveniente che l'Italia imiti i ragazzi impazienti che sciupano il prossimo avvenire di uomini per brevi e sterili godimenti del presente. « Se si tratta di conquiste e di occupazioni, si premetta ,, a tale politica una chiara esposizione del come e dove a si troverebbero i mezzi sufficenti all"uopo, aftìnchè non o: avvenga come- per Tunisi, per il Tigrè, per San Mun - " che i contribuenti paghino gli errori deo-Ji uomini po- « ht_ici. ai quali non s'infd,qge altro gastig~ che quello di • subire una crisi ministeriale. (L'Economista di Fi1·enze 24 giugno) Uno di Montecitorio. Sottola bandierailei Socialismo. I tre gruppi dell'Estrema, che hanno fatta la campagna da buoni fratelli, tornano alla Camera in numero di circa novanta Erano un pugno d'uomini qualche anno fa: oggi sono falange E' vano il negarlo: molti ilei dirigenti ne sono esterrefatti. Seriza voler far la litania dei torti e degli errori dei Ministeri che si sono avvicendati al Governo, e pur riconoscendo « che il popolo italiano ha " tutte le ragioni per esser malcontento non solo degli ,, uomini, ma del modò come il sistema fumiona, vo• « gliamo dire che lo spavento del socialismo è un'esage- <1 razione del nostro temperamento, perchè. il socialismo Cl in Italia è una bandiera la quale copre una merce che « con le teorie di Marx non ha nulla a vedere ...· Quale , programma i socialisti, che tornano alla Camera rad- « doppiati, hanno agitato dinanzi il paese? ».• " La di-
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