194 RlVISTA POPOLARE Dl POLlTICA LETTERE E SCIENZE SOCIALl Yita passata, la sua vita felice, torturata dalla grande angoscia di quei ricordi guadiosi, vinta, perduta. Ormai, era la sua giovinezza sfiorita, la sua esistenza distrutta. Così - pensava essa soffocando i singulti - sfio. riscono precocemente le roselline dell'autunno! - Io non ho goduta la mia parte di t'elicità nella Yita! Io non sorrido più, oggi, e sento la vita fug· gire; e queste mie povere creature implorano, piangono, sofft·ono ! Dio ! Dio ! E domani un altro figlio • mio aprirà gli occhi alla luce, e il mio seno esausto n_onpotrà rinvigorire il suo sangue, ,non potrà far rifiorire sulle sue povere guancie illividite i colori soavissimi dell'infanzia! Dio I Dio ! Fatemi morire ! Fatemi morire ! * * * - Nulla? - Nulla - rispose l'uomo freddamente - 10 m1 ammazzerò. E fu, tra di loro, il silenzio. Giacomo si era rovesciato sul letto, cosi vestito com'era. affranto dal digiuno; e rimaneva immobile, respirando a fatica, a contemplare il soffitto, mentre il suo cuore spasimava, come stretto in un cerchio di angoscia. - Nulla? Nulla? - domandò ancora la donna. - Nulla, ti dico. - E' una rovida. Il crollo ultimo della mia famiglia ! Perdio ! Il tuo padrnne L - E' per fallire. Stamattina ancora, cinque 'operai sono stati messi sulla strada. - Cinque ancora? - Sì, Rosa 1ia, cinque. L'officina è deserta. Le macchine non lavorano più. - Ti ripeto: è la rovina. Il bimbo pure s'era addormentato. E come i due tacquero, si udi va, nel silenzio, il suo respiro fioco, affannoso. - Io mi ammazzerò - disse ancora l'uomo - non posso più vivere così, ormai. Cosa de~o fare? .Cosa devo fare per dar del pane alle nostre povere creature? Ho tentato tutto e non sono riuscito. Nessuno mi vuole, nessuno mi vuole, capisci Rosalia 1 Cosa faremo domani ? E l'uomo balzò dal letto, in mezzo alla stanza. E •protese al soffitto le braccia, in atto di torva disfida. - Perdio ! Perdio ! " - Taci, Giacomo ; Bianca dorme. Ma la bambina - quasi l'imprecazione si fosse ripercossa nel suo anim.o ignaro ed infantile -- apriva gli occhi sgomenta. Cosa c'è? Mamma! Mamma! - Taci, Bianca, taci. - Il babbo 6? • - E' tornato. Gli occhi della bambina s1 accesero, nell'ombra, di un mite fulgore. - E' tornato ? Babbo, babbo. - Eccomi, Bianca; cosa vuoi ? La voce del padre tremava. - Ho fame - disse Bianca, sommessamente abbracciandolo. • - Puoi attendere, Bianca mia ? - Ho fame. Il lamento dolorosissimo, risuona va nella soffitta de;erta, sinistrarnente. - Non dormi? - interrogò il padra smat·ritamente. - Non ho sonno : ho fame Un raggio di luna, candido, tenue, penetrò nella stanza, abbattendo,i sul pavimento, venne ad illuminare le faccie scarne delle creature dolorose. I biondi capelli della bambina rifulsero mitemente, misero a torno il suo volto pallido, un'aureola di scintille luminosissime. E Giacomo stette a contemplarla, mentre dal cuore, dall'animo, egli sentiva salfre alla gola il pianto, agli occhi le lacrime. Pianse così, convulsamente, col volto affondato tra i guanciali, curvo sulla sua creatura che rabbrividiva di freddo, accarezzandolo lentamente, soavissimamente. - Taci babbo; non piangere, non piangere. Rosalia, nella luce, sembrava una convalescente ripresa dal male, già moribonda, nel fittizio ritorno della vita. - Giaco no! Giacomo ! Nel nome di Dio... - Io mi ammazzerò! Io mi ammazzel'ò ! - Nel nome di Dio, Giacomo, non spaventarmi così, non addolorarmi così! Ah Vergine Santa I Si strinsero in un amplesso furioso. Giacomo piangeva sempre, carezzando il volto smunlo della donna, abbanaooato su di lei, in un supremo smarrimento. E parvern, i due dolenti, soggiacere ad uno smarrimento di volutlà. Bianca si vestiva, ora, lentamente, male aggan • .ciandosi le vesti sdruscite, con le mani tremanti. E tutta la penoncina, anche, in quell'ora angosciosa, tremava, come per febre .. Cosa fai, Bianca? - disse Rosalia. Mi vesto. - Perchè? - Non dirmi nulla, mamma, non dirmi nulla. Dormi. E anche tu povero babbo, dormi. Io vi guarderò dormire, e dimenlicherò che ho fame. Sorrise, la povera creatura, pronunciando le serene·, divine parole di confo,·to. . - Dormite, dormite. Io non ho sonno. Dormirei pure io, se lo potessi: Ma non posso dorm.ire. Siate tranquilli , non ho pauea; la stanza. è piena di luce. -. Povera cara! Ancora, il silenzio fu tra di loro. Lentamente, Giacomo e Rosalia si abbandonavano alla dolorosa voluttà del sonno. Affranti, essi soggiacevano all'imperiosa necessità, subivano l'oblìo, quasi inconsci, inconsciamente felici • di dimcnlicare . E Bianca li vide dot·mire, immobile presso il letto di dolore, senza piangere, senza tremare - Svegliati, Piero - disse poi al fratello, scuotendolo - svegliati. Il bimbo aperse gli occhi, la fissò smarritamente. Cosa vuoi, Bianca? Hai fame? Molta fame. Io puee. Scendiamo. E' presto ancora : qualcuno deve passare. Non aver vergogua. Mangieremo 7 e dopo, mangeranno anche il babbo e la mamma. Vieni. I due fanciulli si sorrisero,si abbracciarono, felici. E discesero nella strada, avvinti. • • EDMONDO CORRADI. Per esserci giunto troppo tardi, siamo costretti a rimandare al prossimo numero, un articolo sulla PoUt,ica d~lla Germania e la Triplice Alleanza (Ricordi, colloqui ecl osservazioni) che ci manda da Berlino il nostro carissimo e valoroso amico GIUSEPPE p ARATORE. Per cambiamento d' indirizzo e per numeri arretrati rivolgersi al sig. G- MONTALBANO, Via della Vite N. 74, Roma. \
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