RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 193 contingente di studenti in lettere e :filosofia. Esiguo il numero de !li studenti in giurlsprud··nza. 2° ltalia centrale. - Ha il primato in tre facolti ed il secondo posto in medicina e chirurgia. Su questo fatto rontribnisce il gra·1de numero d' istituti di cui è dotata la regione; vi è la capitale, che attira molti da altre regioni ed ha nel suo seno i figli u'impiegati e di appartenenti ai corpi legislativi e amministrativi dello Stato che più facilmente si danno alle professioni liberali Il Ferraris accorda una certa in:flnen ·a alla nritura clell'ingegno dell'Italia centrali·. Noi non siamo del suo avviso; invece ci pare giusta l'influenza attribuita ai numerosi ag.:icoltori ricchi o almeno agiati, alla minore ; gglom ;- razione della popolazione chè esige un maggior numero di professionisti e<l alla tradiLione. 3° Italia mericlionale. - La fama e le a:~evolezzedell'Università di Napoli spiegano il primato negli sludi medici. La tradizione - non del tutto socialmente proficua, osserva l'autore - la mancanza d'industria e di commercio, al prevalere della grande propriel a agricola danno ragione del grande numero di avvocati e p o.;uratori. Sorprende lo scarso concorso agli studi filosofi i e letterari, a cui l' ingegno mericlionale è così propenso. Ed anche su questo punto facciamo le nostre riserve. 4° Sicilia. - Il numero relatirn1nente grande delle Università, la popolazione densa attorno alle medesime, la prevalenza della proprietà agr:cola spiegano il posto elevato che occupa in tre facoltà. Si avverte intanto che molti siciliani vanno a Napoli a stud;are medicina; e molti calahresi invece vengono a Messina a studiare leggr,• lettere e filosofia. Il posto che occupa nelle facoltà di lettere e filosofia indica o che gli abitanti vi hanno maggiori attitud ni o che vi sono spinti dall'ambiente ricco di grandi monumenti. 5° Sarclegna. « Qui le condizioni sono alquanto anor mali. Nell'isola manca la Facoltà di lettere e filosofia: ve n'è una sola. ed assai monca, di scienze :fisiche e na• turali; è quindi natural- che i pochi studiosi, dati dalla scarsa popolazione, si volgano di preferenza ai due ordini di studi, i giuridici e i medici, che soli so o costituiti in modo soddisfacente. Si aggiunga che la tradizione chiama· non pochi studiosi sul continente, il che non permette cli trarre dalle cifre re'ative all'isola un giudizio alquanto sicuro sulle locali tendenze verso l'alta coltura. » Cosi l'eminente profes::.ore di Padova. Noi aggiungiamo che le tristissime condizioni e onomiche dell'isola s;,ieg,no il basso posto che occupa la Sardegna nel numero degli s udenti universitari. La massima litigiosità e criminalità dell'isola derelitta~ avrebbe potuto far sospettare maggiore il numel'o degli studenti in giurisprudenza; rna la miseria ci dice che accusati e conte ,denti sono costrctli a co tl:'ntarsi dell'assistenza di un qualstasi azzeccagarbugli) che non ha mai messo piede in una t 1niv,'rsità. D'EDEMOSINA Ho fame! Ho· fame I Così gemettero i due bimbi di Giacomo Altieri. E il silenzio incombeva sulla povera soffitta, rischiarata debolmente dalla luce vacillante di una candela di sego che finiva di bruciare sul camino. - Ho fame ! Ho fame! Rosalia protese al soffitto le braccia scarne, ignude. E la desolata preghiera uscì - come un rantolo - dalle sue labra pallicle e contratte. - Io muoio, Iddio Signore, io muoio, se tu non mi togli a questa orribile pena! Io soffro, torture spaventevoli. E sono stanca, Iddio Sig11ore, di soffrire cosi; ment1·e non ho mai fatto nulla di male a nessuno, e la mia vita non fu che un sacrificio, sempre. Ma vedere, Iddio Signore, patir così queste povere mie creature, sentire le loro voci rotte dai singhiozzi implorare la vita, è strazio superiore alle mie forze! Io muoio, io muoio! La donna ricadde sui guanciali. Nell'atto, la camicia le discese dalle spalle, lasciò a nudo il seno. Ed essa comparve ignuda, nei tenui bagliori della fiamma morente : povera creatura logorata, consunta dagli stenti, dalla fame: misera larva di donna deformata precocemente dagli spasimi della maternità, curva sotto l'enorme peso del suo grembo fecondato. - Io muoio! Io muoio I La candela si spense. L'ultimo bagliore illuminò la sortì tta, debolmente, venne a spegnersi sui visini pallidi dei due bimbi, avvinti in un tenacissimo amplesso. - lo muoio! Io muoio I - ·Mamma, ho fame. Po\ tacquero. E l'atLesa cominciò ; dolorosa, atroce, poi che nessuna speranza le povere creature nutrivano in seno, attesa angosciosa, terribile, nella soffitta squallida dove passavano or sì or no, dei soffi gelidi. Rosalia invocava la morte. Ogni energia era spenta nel suo animo. Spalancava gli occhi, e dinanzi a lei era il buio, come nel suo cuore era il gelo e io tutto il suo povero corpo il brivido ardentissimo della febre - E Giacomo non tor~a! 1oq torna! - pensava essa, abbandonandosi sui guanciali. -- Ho freddo, mamma I - disse, ancora, Bianca, avvicinandosi al letto - ho paura! Rosalia la accolse tra le braccia, la fece scivolare sotto le lenzuola, la strinse, la baciò dolcissimamente. -. Taci, Bianca, taci mia povera Bianca; a mo menti il babbo torna. _.:_Mangieremo~ - Sì, Bianca. Spero... almeno -- soggiunse poi, con un sorriso amarissimo. - Puoi dormire? Hai ancora freddo 1 • Già la bambina si assopiva. E Rosalia la cullava soavemente, come nel tempo lontano della sua felicità, quando la bambina succhiava ingordamente la vita dalle mammelle materne, gonfie di latte, oscurate ai capezzoli dal rigonfiamento bruno delle vene; quando essa presentiva la grande gioia della novella maternità, sorridendo al suo divino sogno di gioia, e il peso del gremb9 non le curvava le spalle come sotto a un giogo doloroso. Cullava Rosalia, lentissimamente, la povera ignara creaturina; e le laerime scendevano lente a rigarle le guancie impallidite, e, ancora. nelle vene insisteva il brivido della febre, ed il seno esausto ricadeva mollemente, allungandosi in stranissime forme oblunghe, senza leggiadria di curve. • E l'altro bimbo, singhiozzava nell'ombra. Rosalia udiva quel singulto represso, e contiffuav;:t a piangere, tacitamente, invasa da una pro;;trazione indefinibile, perdendo a poco a poco la coscienza dell'essere. Sotto le lenzuola, il suo corpo non metteva che un lieve rigonfiamento. Essa scompariva quasi in quel candore di lini, non mettendo più in esso la nota fresca e rosea delle sue carni ormai illividite, torturate dagli spasimi interni. - 1on viene il babbo? - interrogò, con la voce sommessa il bambino. A momenti Ho fl'eddo, anch'io, mamma. Vuoi venire 1 No, mamma. E' meglio aspettare. 1on potrei dormire perchè ho molta fame. Ancorn, tacquero. Bianca si era addormentata. E Rosalia rimaneva immobile sul leLt0 di dolore, trattenendo a fatica i lamenti di n.ngoscia che le irrompevano dal cuore, negli spasimi acuti della maternità. Passò un'ora, così E Rosalia rivisse in quell'ora inenarrabile, la sua
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