Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VI - n. 7 - 15 aprile 1900

'R..l'P'lSTÀPOPOL,ARE'Dl POUTICA LETTERE B SCIENZE SOClÀLl tera di Pasqua Venaruba (1), che PeLitlo scrisse, Angelelli corresse, e la polizia sped1 da Roma ad Acciarito ~ raccomanda La. Sorvolerò sulle storie di Santo SLefano: ma come la polizia creasse le prove, sforzasse gli indizii, presumessa le rivelazioni, ci indicarono all'udienza del 30 marzo il prof. Vincenzo Grassi e la .sua signora; i quali dichi'a1·arono alla Corte clic una loro sliratr·ice, squilibrala e s,uggeslionab!le, che si chiamava Jezzi, un giorno, dopo 1attentalo, s1 presentò loro per riferire clie Pasqua Venaruba la aveva pregala di scriverle una !etlera da dirigersi a Pietro Acciarito detenuto a Regina Cooli. In questa lettera si doveva stimolarlo a rivelare i nomi dei complici. Ebbene, Pasqua non aveva mai pensato di scrivere o di far scrivere una simile letLera, che era solo una subdola manovra di polizia diretta a far ciarlare Acciarito per incitamento di Pasqua Venaruba. ' Ma v' è di peggio: nella stessa udienza il tesLimone lVlar?bini di_cl}ia:ò qua_nl? segue: quando i quattro presunL1 comphc1 d1 Acnarito furono arrestali la prima volta, la madre del. Diotallevi, del quale il Mara bini avev_a accettata la difesa, gli mostrò un biglieLto che un sedicente ex detenuto di Regina Cooli avevale portai.o - diceva - da parte del figliuolo. In quel biglietLo si sollecitava la madre a pregar Pasqua Venaruba e Cherubino Trenta di voler modificare le loro deposizioni, in favore di Diotallevi ! Ebbene, il Diotallevi non scrisse mai una tal cosa a su a mad~e; era un'altra insidia della polizia, che aveva tentalo d1 sorprend~1·e la semplicità, e l'affetto di una povera madre, pe_r_111durla far cosa che avrebbe_ potuto nuocere ternb1lmente al di lei stesso ficrlio ! E mostruoso di perfidia oHre che di loiolesca artifici:òsità ! Ho citato a caso e solo per segnalare il sistema. Passo oltre. . Narrando le varie falsità con le quali si era lascialo mdurre a 1o~andar la grazia ed a denunziare i suoi am1c1, .i\cc~ar1t~ ebb_e_delle frasi dolorose· come il pianto, e dei ri_cord1 um1hanti per Angelelli come una frustata. Sentite: « Angelelli mi promise che sarebbe andato egli stesso a Roma _per p1~esentare ai piedi del Trono la mia domanda d1 grazia. Ed aggiunse: pure io ho figli, e prendo a cuore la tua sorte. Poi rivoltandosi al suo segretario che er~ rresente, lo avvertì che il perdono sarebbe venuto d1 s1curo, e che appena fosse stato concesso gli av~~bbe teleg_rafalo per farmi prendere la misura degli ab1t1 borghesi _che vol~va regalarmi! Ma Angelelli and?to_ a Roma mvece d1 presentare la mia supplica ai p1ed1 del 1:rono, la presentò ai piedi del Questore ! » t'; Quest'ultimo lamen Lo di Acciarito è una rivelazione: in verità Angelelli fu inquisitore crudele straziatore che ' ' (1) Per far ricordare come quesla invenzione dovesse eccitare lo spirito di Acciarito, tr11scrivo qui in gran partP il documento. Eccolo : è in data del 28 novembre 1898: • Se sapessi, adorato Pietro, le mie sofferenze, le wfferenze di questo figlio tuo, ho perfino pochissimo latte per nutrirlo. Dai tuoi amici, per causa dei quali ti sei sacrificato, non ho mai avuto un aiuto, nessuno si è mài fatto vedere a me, eppure essi sanno che tu hai questo figlio, il quale se avesse fuori il padre, avrebbe il suo nome e la sua assistenza. - Io non ti voglio attristare, nè farti rimproveri, ma ti assicuro che quelli che ti hanno ingannato avrebbero almeno il dovere di dare un soldo a questo innocente bambino, mentre se tu dicessi il loro nome, essi pure sarebbero perduti e scacciati dai compagni, mentre poi tu potrest.i ottenere di vedere il figlio tuo e non restare in eterno nel fondo di una pr:gione, dalla quale non uscirai che per andare al campo santo. ... Se tu fossi in libertà, comme saremmo felici ! Il mattino saresti il primo a baciare sulla sua fronte purissima il figlio tuo, e la sera, ritornanrlo dal lavoro, egli ti verrebbe incontro e tu lo prenderesti nelle tue braccia e lo trastulleresti sulle tue ginocchia e la domenica andremmo con lui fuori porta ... E la lelte1·a finisce con un nuovo colpo di martello sul cuore di Acciar·ito: Ora siamo nel lutt.o e nella miseria: io vedova ed egli orfano! Questi pensieri mi fanno quasi divent:i.r pazza per il timore che forse perderemo questo gioiello del nostro amore, perché egli è macilen~o e ma~ nutri~o; ti ripeto che non ho nemmeno un soldo per chiamare il medico, comprar le medicine e sono da tutti abbandonata. abusò dei mezzi di inquisizione, che violò le leggi umane e divine: ma non agì insindacato, ed i suoi sistemi inquisitoriali non rimasero segreti: da quando li compiva, al giorno in cui i difenso1 i dei presunti complici di Acciarito li esponevano al pubblico in Corte di Assise passarono molli mesi e molte elevale intelligenze di magistrati le vagliarono: il procuratorci generale di Roma che ricevetle la domanda di grazia in base alla quale requis1 per la riapertura del giudizio a carico dei pretesi complici; la Sezione di Accusa, che, avocata a sé l'ist1·ultoria complementare, la comp'1 e rinviò i quattro accusati dinnanzi ai giurali; il sostituto procuratore generale che compilò la requisiL01'ia di rinvio al 6'1udizio di Corle d'Assise; i presidenti delle Corli, i procuratori generali cli udienza a Roma come a Teramo .... ELbeue, tutti questi altissimi magistrati conobbero Angelel i, lo sentirono parlare, ne appresero le gesta dentro le car-te del processo, ne seguirono le orditu1·e e gli inganni per più di un anno, e non uno ebbe una p~rola che riassumesse l' imp1·essione dolorosa del pubblico ! non uno credette che fosse dover suo JJollare i sistemi dei quali gli istruttori Pelilto ed Angelelli si ernno va~si ! noi! uno eb_bequ~lla fori:na d'intelligenza che consiste nel presentire la 1mpress10ne amara che di un rroc~diment_o eretto su base immorale sarà per risen t1re 11pubblico, non uno ebbe quella forma ,di pudore che consiste nelle manifestazioni di r·ispello della sensibilità etica collettiva ! Questi altissimi magistrati ai quali noi non solo affidi~m? l'onore ed i~ dover~ ~i garenlire la ~ostra proP~'1eta e_la nostra 111colum1Lam, a anclie affidiamo la cura d1 far rispettare la legalità civile dei giudizii di fronte alle frodi turpi delle quali la banda dell'ergastolo di Santo Stefano si era servila per impiantare un processo malaugurato, non ebbe uno scatto dell'anima indignala non un motto del!' ingegno nobilmente educato nel!~ d~scipline del ~iritto e ribelle a sanzionare il torquemad1smo angelelhano ! Quando la magistratura, custode della giustizia e depositaria della legge, prese la parola per bocca del procurator generale Paletti, alle Assise di Teramo, fu solo per dire, con un::t ingenuità che da parte di un giudice fa rizzar i capelli sulla testa: « Ma di che cosa vi stupite~ Angelelli non era direttore di un seminario ma di un ergastolo, quel che fece fu a fin di bene, ed Acciarito ha esagerato! » Come se agli ergastoli i direttori fossero preposti per perpetrarvi reati, e per torturarvi i reclusi; come se le accuse di Acciarilo fossero state infirmate; come se it fin di bene non si fosse convertilo in una mala fine pel decoro di tutti gli istituti I Io non voglio già dfre che i magistrali della Procura Generale del Re e della Sezione di Accusa siano meno che intelligentissimi e moralissimi; ma vocrlio solo arr-iva1:e al\a. C:on_clusioneeh_~in questo proc~sso dai riflessi poht1c1 1·1velarono prn zelo che serenità, più crud_eltà c~e. equ~tà, p_iù fretta di requisire che preoccupaz10ne d1 1llum111a·rs1. .. È_la più pericol0sa specie di quella deformazione professionale che,_ appunto, studiai sui magistrati e per la quale un mio autorevole collega in giornalismo definì i rappresenLariti del pubblico ministero così: sono impresari di condanne. A q1:1aleverità, a quale giustizia, a quale istituto, a quale mteresse si inspiravano quando ad istituire il pro~ cesso del complotto eYoearono dalle celle di Santo Stefono la figura di Acciarito f io son troppo rispettoso della magistratura del mio paese, nonostante i suoi errori - o meglio, nonostanle gli errori di qualcheduno dei suoi capi, più frettoloso di arrivare che di far arrivare la giustizia - per rispondere. Ma un risultalo è palese: si volle la condanna di quattro innocenti e la coscienza pubblica si ribellò e condannò gli auloci del processo; si vollero perseguitare degli anarchici e si rivelò una furibonda anarchia in certe pubbìiche amministrazioni; si vollero dannare all'ergastolo dei presunti regicidi in fieri, e si riuscì a rendere commovente il caso e simpatica la figura di uno pseudo regicida, di Pietro Acciarito, che apparve il :'olo e_ssere dotato. di viscere umane passato att1·averso 11gabmello del direttore dell'ergastolo di Santo Stefano! Grnv ANNI CrnAOLO.

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