Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VI - n. 7 - 15 aprile 1900

RIVISTA 'POPOLAREDl POLITICA LETTERE E SCIENZE SOClALl tra istanza al guardasigilli nell'infame gabinelto del direttore Angelelli, il quale aggiungeva che il cimitero era già pieno. InfaUi io stesso vidi il capo delle guardie ricevere ordini di tor-ture e sentii grida di torturati». Ed aggiunge : « Angelelli mi dettò le suppliche mentre ero più morto che vivo. Io, il perdono lo avrei chiesto citando fatti genuini; ma era impossibile. La questura voleva chiudere tutta Italia nelle carceri. « Angelelli mi disse : Perché !!On metti anche Saverio Merlino~ Io risposi: Saverio Merlino non c'entra. Egli mi r"ispose : Non imp0rta, metticelo lo stesso ! Ma mi rifiutai». Era dunque un vero e preciso inciLamento alla calunnia - un reato - che Angelelli compiva ! E tutto questo fu da Acciarito urlato, con evidente strazio, in piena Corte di Assise, e fu da !ui confermato nel confronto che ebbe con Angelelli stesso ; e non vi fu un pubblico ministero che, vindice della moralità, della giustizia e della legge, ricordasse di aver il dovere di iniziare o chiedere un procedimento a carico di chi veniva apertameute accusato del più vile tentativo. Ma non è tutto ! seguivano le contestazioni del presidente ad Acciarito, cui si ricordava: voi però avete scritto di Gudini., Collabona, Ceccarelli e Diotallevi particolari precisi. ... Ed il presidente glieli enumerava. Ed allora, a misura che l'enumerazione proseguiva, din- • che, a garanzia della quiete sociale, della legge, della incolumità nosLra e dei nostri diritti, noi preponiamo all'amministrazione della giusLizia ed alla difesa della legge. * ,,.,,. Ed arrivato a questo passo io ho esposta una parte ed ho accennalo all'altra della dimostrazione che m'ero assunto di fare: ho esposto, cioè, che Angelelli ed i suoi cooperatori sono colpevoli di un reato preciso previsto e punito dall'art. 212 del nostro Codice penale messo in rapporto coll'art. 63: concorso di più persone nel reato di calunnia. E sono inollre colpevoli di quel tale abuso di autorità che il Codice prevede e punisce nel suo articolo 175. Le torture morali inflitte ad Acciarito, le fole dolororose del figlio e della grazia e del tesoro di Avellino - miraggi rosei o lugubri coi quali si volle fiaccare il cuore del disgraziaLo, Lutti i metodi di istruttoria che esaltarono la nostra pietà ed il nostro sdegno non devono farci dimenticare il lato meno - direi - commotivo, ma più precisamente penale dell'opera di Angelelli; il magistrato mostra di non accorgersene ed è un maggior nostro dovere incitarlo, sottraendoci alla rete sentimentale nella quale il nostro cuore restrinse sino ad ora il nostro giudizio. I reati di Angelelli e dei suoi - dall'abuso di autorità IL NUOVO REGOLAMENTO I compilatori del nuovo regolamento parlamentare per essere imparziali si sono occupati anche della maggioranza, ed agli antichi metodi di richiamo telegrafici e telefonici hanno Mstituito il seguente metodo ministeriale per raccogliere il numero legale. nanzi alla folla enorme ed indignata che invadeva l'aula, Pietro Acciarito esclamava: - Ma l' han detto loro I ma me l'ha fatto scrivere lui! ma sono invenzioni di Angelelli I Ma è falso ! ma è falso ! - Tutto l'edifizio artificioso dell'accusa contro i prernnti complici cadeva e pareva che ogni pietra ci colpisse nel cuore, lanto ne eravamo turbati; ma, in verità, ii nostl'O cuore era solo addolorato, però i frammenti dell'accusa odiosa ed iniqua cadevano, percuotendoli forte, sugli istituti della Patria, e specialmente sulla polizia politica e sulla magistratura! .... E quando Acciarito disse : « Scrissi nella mia istanza, fra l'altro, che Ceccarclli e Diotallevi si dovevano trovare sul poslo dell'altenlato per ~ettare delle bombe ; ebbene, questo è falso! Angelelli me lo fece scrivere. El'a l'una dopo mezzanotte ». quando Acciarito finì di segnalare quest' altro particolare della calunnia, un mormorio di collera pervase la sala ed un fremito di angoscia le anime: solo il procuratore generale era impassibile, come se nel suo cospetto un infame reato contro quattro innocenti non fosse stato denunziato. Egli compiva, col suo silenzio, in quel momento, un atto più pericoloso e più initante della stessa infamia segnalata da Acciarito: perché il reato può dolerci, può offenderci, può nuocerci; ma quel che ci proccupa e ci riempie di ansia è vedere inerti o legati col colpevole nella complicità del silenzio coloro (Asino di Roma). al concorso nella calunnia - sono molteplici: tutta la coscienza italiana, sollevatasi nell'orrore, chiede che si pro.ceda nelle forme di legge, ed attende per sapere se 1 criteri di moralità e di. legalità che la informano siano diversi davvero da quelli che reggono il senno e determinano l'opera dei giudici togati ! Nessuno dei cittadini dimentichi I e tutti esigano con voce d'ìmpei·o - con la voce del loro diritlo e della loro coscienza - la punizione della banda di Santo Stefano. E scrivevo di aver enuuziata la seconda parte della mia dimostrazione, che è questa: la responsabilità specifica di Angelelli, perseguibile in un giudizio penale, non ci deve far dimenticare la serie di coloro, che, pur non polendo esser colpiti come lui da una pena, meritano però di essere riprovati per la parte che ebbero nel dramma giudiziario dall'ergastolo alle Assise. E vorrei enumerare le colpe dei funzionarii di pubblica sicurezza nelle varie fasi del processo: ma è compito così faticoso e lungo che mi limiterò a citare esempii isolati, desunti, come tutto il resto, dalle prove raccolte nel pubblico dibatLimento, a Teramo. Non dirò dell'influenza_ che la questura esercitò sulla istrutrnria compiuta nell'ergastolo dal galeotto Pelitto e dal direttore Angelelli; dei nomi e dei fatti che la questura torniva ad ambidue perché intorno agli uni ed agli altri raggruppassero le memorie di Acciarito; della complicità della questura con ambidue nella simulazione della let-

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