Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VI - n. 7 - 15 aprile 1900

'l(_I'YIS'f.JP.OPOLARE 'DI POflf:IC.J. LETTERE E SCIENZE SOCIALI òi sdegnose proLesle, assai meno eloquenli di tJuella colleLLivamenLe compiuta. E che, allo sLalo cui eran giunle le cose, fosse l' abbandono dell'aula la deliberazione più savia ed insieme più fiera, lo dimosLrarono gli avversari con le loro confessale impressioni. Lì per lì dell'uscita furono tu Lti bea Li: era un terribile incubo che, dopo nolti inlere passate sognando rivoltelle, devastazioni, defenestrazioni occorrendo, si veniva a togliere loro di sullo stomaco; ma all'ind,)mani i più inlelligenti non seppero affatto rallegrarsi di quanto era successo. Capirono che l'operazione solitaria compiuta in quei cinque minuti non avrebbe poLuto mai fecondare che una parvenza di riforma destinala a salvare le convenienze di una giornala campale, ma giammai ad insLaurare cosa vi va e durevole. .. Il 15 gennaio, nell' ipolesi dell'alto eroico che forse dalla intonazione della Gerusalemme Liberata sarebbe passato facilmente a quella dell'Orlando Furioso, cioè all'alt•> eroi-comico, noi ci saremmo ripresentati alla Camera come i reduci di un grande eccess0 in mezzo al quale, in un modo qualunque, ed in parte coonestato dalle violenze materiali, una riforma sarebbe staLo volata. Cos·,, invece, noi possiamo dire, e con noi deoe dir·e la Sinistra Costituzionale: questo regolamento 11011 chè riconoscel'lo non abbiamo nemmeno la for·Lunadi co · noscerlo. E non appena il Presidente si appresLasse per esempio a dare dei congedi di sua autorità, o a dichia1·a1·e approvritv il verbale senza votazione, noi avremmo tutta l' oppot·Lunità di chiedergli in quale .mai regolamento dell'Austl'ia, della Gelì'mania o della Polinesia sieno consacrate simili facoltà'? Insomma, l'epilogo dignitoso e sdegnoso alla seconda parte del pl'ogramma, i11iziato lo scor:;o giugn·o, rende possibile di cominciare la terza con alLreLLanta cligniLà, solennità ed efficacia. Esso prepara il miglior terreno alla dichiar·azione che quel lriste zibaldone che usurpa il nome di regolamento (del quale non ìa facoltà delle espulsioni ci offende, non le semplificazioni della pro~edura, ma la bal'ta dala alla maggioranza di sequestrare il dir·iLlo della parola e del voto!) è pet· noi privo - ora e sempre - d'ogni esistenza giuridica e fisica! Ora e sempre .... a meno che non vi si aggiunga un articolo lransitorio così concepito: « Le nuove disposi1ioni si applicheranno ai soli depuLati che le hanno votate l » Avv. SALVATOREBARZILAL Deputato al Parlamento. X>----«:X, >-~>00--<><>0--0C<:>---<:x'.>O--<A""'-X>-~O/VV'Ov--OCO---<X Anche per questo numero dobbiamo rinviare· la risposta del nostro Direttore alla lettera dell'on. prof. Maffeo Pantaleoni. I presucnotimpldiciAi cciarito Le responsabilità rivelate dal JJrocesso La commozione inspirala dalle rivelazioni di Acciarito, l'indignazione suscilata dalla figura di Angelelli, impedirono a noi tuUi di considerare serenamente la natura dei fatti addebitali al direttore dell'ergastolo di Sanlo Stefano e la serie dei responsabili che meriterebbero con lui obbrobrio e pena. Ci siamo limitati sinora a proteslare conlro i metodi di inquisizione esperimentati sul cuore di Acciari Lo, e fu così violenta e sopraffatlrice la pietà per lui e la collera pel suo carnefice che non ce1·- cammo se Angelelli avesse miralo ad altre viLLime e se fosse mosso da segreti lontani incilamenti. Oggi, a menle serena, ci sia consentito di far quella ricerca. E sarà facile e breve, e basterà ricordare alcuni episodii de: diballimento di Teramo_, dai quali risulta semplicemente questo: il diretlore dell'ergastolo di Santo Stefano - mandato colà dopo che il cav. Doria facendovi un'ispezione, vi aveva provata l'impressione clie Accia1·ito, convenientemente blandito, avrebbe par-lato - aveva un programma preciso : sventare l'organizzazione anarchica in Italia, per mezzo di Acciarito colpendone i capi, e svelare i complici che questi avesse avuti. E comrnciò là dove avrebbe dovuto finire: cominciò dall'assumere notizie alla questura di Roma colla quale mantenne poi rapporti epistolar·i continuati: la nostra non è ipotesi, ma verità accel'talasi nel diballimento di Teramo non solo per le insistenti dichiarazioni che ne fece Acciarito, ma anche per le contraddizioni in cui incorse 11 testimone Troise Alessandro, segretario dell'ergastolo di Santo Stefano e collaboratore dell'Angelelli. Quesli dunque sapeva bene nomi e biografie dei so- . cialisli e degli anarchici invisi alla polizia di Roma: e quando delegò all'ergastolano Pdilto l'incarico di spiare e tormental'e Acciarito 1 gli intimò anche di farsi designare i capoccia: ed i disgrazia Lo Petitlo nel suo epistolario si affanna a dar prova dell'abilità con cui tentava di far parlare Acciarito su Berenini, Costa, Merlino ed altri, senza però poter venire a conoscenza di fatti precisi. Ogni volta che Accia rito alcoolizzato di suggestione, stimolato coi pungoli morali ormai noti, parlava dei suoi amici, ne lamentava l'abbandono, ne esaltava le atliludi11i, o ne rimpiangeva l'affettuosità, Petilto lo inlerrompeva per osservargli : - sì, Lutto ciò sta bene, ma costoro sono poveri operai; e Lu comprendi che, r·ivolgendoti al Re per chiedergli la grazia, non puoi fargli nomi di persone umili, ma devi nominare grandi personaggi! - Per fortuna della giustizia Accia1·ito ha una psiche disordinata ed elementare, ma inetta a 1 la vor-'10delle invenzioni coordina le e verosimili : non avendo nessun fatto da aUribuire a Berenini, a Costa, a Merlino ed agli altri uomini politici che Io si voleva indurre a designare come determinalori al regicidio egli vi si negò. Ed a questo punto prevedo un'interru~ zione: si potrà chiedermi: - ma, su tale è la psiche di Accia1·iLo, i faLti clie nelle sue islanze-denunzie attribui ai quallro ostinalamenle definiti dalla stampa presunti suoi complici, sono veri~ Rispondo subito : sono falsi, ma erano stat.i coordinati in un complesso di relazioni possibili, se non verosimili del tutto, dalla polizia di Roma, che appunto contro Diotall,wi. Ceccarelli, Gudini, Collabona aveva per ben due volte proceduto, quando volendosi Lrovare dei complici ad ogni costo, si era creduto di poterli scoprire in quattro amici di Acciarito. E ~ontro tali infelici, perfettamente innocenli, il magistrato aveva compiuto un' istruttoria chiusa per insufficienza d'jndizii, perché, come scrisse il procuratore generale Tofano, quegli indizii non erano vivificati dalla conferma del correo Accia rito. Orbene; il lavorìo suggestivo dell'ergastolano Petitlo e di tulti gli Angelelli - direttore, segret11rio, capo-guardia ecc. - di Santo Stefano consisté nel far ricordare ad Acciarito tutti i fatti raccolti - e vedremo or ora come - dalla questura romana a car-ico dei presunti complici. La salurazione di suggeslione. nello spirito di Angelelli non si compì che dopo due mesi, circa, e specie per la ubbriacatura sentimentale che Pelilto ed AngelelJi gli avevan prodolto, inventando strazianti lettere della sua amante Pasqua Venarubba ed alti pianti di un suo figliuolo, che la carcerazione del padre dannava alla più dolorosa miseria! Torquemada e Guzman con gli imitatori tutti del primo e tutti i seguaci del secondo non avrebbero poLulo trovar nulla di più turpcmenle doloroso e lacerante; ed io stesso ho bisogno di dislrarre la memoria dalla veemente emozione che provai per tali episodii nel dibatlimento, se vo~lio conservare la obbiettività analiLica impostami sin dalla prima parola di questo arlicolo. Dunque, quando la saturazione psicologica della suggeslione fu complela, Angelelli Lrasse nel suo gabinello Accia1·ilo, e di notte, estenuatolo per selle ore con discorsi commoventi, lo indusse a SCl'iv, re. « Il direttore Angclelli - con la sua esasperazione di dannato, gridava l'infelice nella Co1·te d'Assise di Teramo - mi Lo1rnenlò nel suo gabiuelto, dal tramonto sino all'una dopo mezzanotte. Mi lesse una lettera di Pasqua, e rimproverandomi acel'bamente perché non tentavo di uscire in libertà per occuparmi di mio figlio, rni insinuò di sc1·ivere un'istanza al Re, rivelando tutto, assicurandomi che i rniei compagni non avrebbero avuto pene. Oppresso, senza forLe, scrissi l' isla11za, che mi fu dettala integ,,almentc da Angelelli. Egli poi maudò a pren - dere una bottiglia di marsala, ed inneggiò con un brindisi alla grazia. Era mezzanotte. Così pure scrissi un'al•.

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