Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VI - n. 7 - 15 aprile 1900

130 'l{_IVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALl un muro e vi si addossano) o pur vanno laggiu, in fondo al giardino, a cercarvi un sedile. E prima di sedervi un di loro si cava rispettosamente il berretto e lo saluta. Altri che immagina di turbarvi la pace d'un che v'è seduto con un lieve umile atto della mano chiede permesso al fantasma e si raccogl,e tutto a seder sulla sponda di quel sedile di marmo ingiallito e par ?he tei:na ~i s~oyar con gli abiti suoi quelli del suo 1mmagmano v1cmo. Cessò, a un tratto, la pioggia. Un raggio di sole s'adoperava di penetrar pel fitto d'una bruna nuvolaglia e già quell'immane viluppo si colorava d'oro e la sua frangia ondulante se ne accendeva. Dalla terra, dalle piante inumidite si sprigionava un lievissimo odore che a poco a poco diventava più acre. Nessun rumore attorno: se bene piu folto di pazzi che non fosse d'alberi il vasto giardino taceva. Una coppia arrivava dal più largo viale. Un vecchio signore dava. braccio a un giovane e per la via, talvolta fermandosi per guardarlo fiso, gl~andava parlando e gli scioglieva -~ -.__, ·" - • '\. ,..),i , '; . --- • ·~~ -- ?", ~1)~ ~ - l~~~- 0 ~ ~~-,,.~ -- "' •• '--,_ • ~.. 1 jlJ ~ ' ~ ~\\\ ~~- - ~~ \, -- ~~-~ ~. '--- ç ~-~ ~,!"JJJ~~=--;;::' _,;;r-· dava parlando - per la larga scala che mena a' corridoi superiori - del suo nuovo soggetto, una giovane e assai bella donna affidata alle sue cure. - Un tipo non comune - soggiungeva, arrestandosi. al sommo della scala e pigliando fiato -- Nessuna delle degenerazioni fisiche che io ri,icontro nelle altre ammala te, in fuori delle iridi grige, che tal volta si slargano e par che lampeggino. Ripigliamm0 il cammino. - Di che cosa è malata? - domandai. - Io stesso non saprei dirlo. Ha delle frenosi complicate d'isterismo e di catalessia e una mania di pianto. Per lo più è muta e solitaria. Talvolta canta e ha una voce d'un suono penetrante. Io la lascio libera: ella non farà male a nessuno. Non ,s'agita, non urla, non dimostra alcuna irrequietezza. E, per tanto, un'isterica, ma mi appugna il Sydenam che al cospetto di lei ai troverebbe per la prima volta in presenza d'una di queste malate che non ha, come lui dice, la costanza dell'incostanza. E tutfo questo - conclu:1e l' Eisen - - ~ - ,-.?'~ ~ ( ~ ~,- --:;____ Il coro degli animali: Eppu1·e ci era stato detto che il leone era il re degli animali. le mani e glie le serrava fra le sue, dolcemente. L' ebete lasciava fare, senza dir verbo, come sopportando le carezze paterne. E il padre che veniva a trovarlo e che lo c glieva tra la tristezza e i sogni in giardino, or gli parlava, invano, della casa, della famiglia, di tutte le persone e delle cose a un tempo così care, così dolci, e poi dimenticate forse per sempre. E mentre attorno duravan selllpre il va e vieni, il rincorrersi e gli strani monologhi, le pose strane e gli atteggiamenti e un canto monotono a distesa veniva dal for:.do del giardino, quel po;ero padre seguitava a interrogare il figliuolo e gli mormorava le strazianti parole che tutti i visita tori rivolgono là dentro ai loro cari) l'amorosa frase che pur non sa più svegliarli) la domanda angosciosa, palpitante: Dimmi, ricordi? Dimmi, dimmi, ricordi tu ?.... .. ... * L' Eisen, con le mani sul dosso, con sotto l' ascella l'ultimo fascicolo della Phrenologische Zeitschrift, m'an- (Judge di New Yorck). per amore ! Ella ama, credo io, qualcuuo che il suo amore non ha mai potuto raggiungere. Eravamo in un lungo, largo corridoio, dalle bianche pareti. Tutte le porticine delle celle eran chiuse, il corridoio era deserto e un gran silenzio vi regnava, un pauroso silenzio, più impressionante, più sospettoso del solito rumore. - È qui - disse l'Eisen - a' pagamenti. Numero ventisette. Allora, com'egli, cavando dalla saccocJia una chiave, faceva per aprir quella porta, io gli trattenni subita~ • mente il braccio, esclamando: - No! No! Non aprite!. .. L' Eisen si volse, meravigliato. Che avevo io in quel momento? Quale strano, inesplicabile terrore s'impadroniva di me? Un tremito mi percorreva tutto, le mie gambe si piegavano .... - Ebbene? - fece l'Eisen. Girò la chiave e la porta s'aperse. Egli salutò, di su la soglia, col cappello in mano.

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