Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VI - n. 5 - 15 marzo 1900

'l{.l'P'ISTÀ'POPOLARED1 POLI'fICÀ LETTERE E SCIENZE SOCIALI 97 il cammino - e che bisogna prima guarirlo e insegnugli a camminare. Quando, fatto sano e robusto, si sarà incamminato ecc. Dicevano cos·1 anche i moderati del 1860 quando imposero per decreto tulta la legislazione e le istituzioni piemontesi - arretrate rispetto alle civili istituzioni della Lombardia e della Toscana - a tulla Italia, precipitandola dal voto univerMle dei° plebisciti al voto ristretto dei censiti; e seguitarono a dir così, contrapponendo 11uel sofisma del popolo «immaturo», a Bertani e ai progressisti della Sinistra chiedenti riforme. La Sinistra salita al potere ripeté quel sofisma; ma la Monarchia con che venne maturando queslo popolo f Rispondano le cifre degli analfabeti, dei pellagrosi, dei delinquenti, degli emigranti, delle tasse enormi del debito pubblico, i milioni gettati in corazzate costose e poi rivendute come ferro vecchio; le guerre combattute « per finta», come quella del '66, ma in cui fummo battuti sul serio, come a Custoza e Lissa. Anche in Grecia, sett'ant'anni di monarchia «costituzionale», di regno « indipendente», di cosiddetto regime «nazionale» hanno eoirato così bene il popolo, che più non v' é traccia in lui delle virili energie del suo glorioso risorgimento. Ammettendo pure che il popolo « mando di chicchessia)> disse Cattaneo. « Le vere in- « surrezioni sono atti naturali, 11pontanei irre-;istibili; e « se non si propagano col telegrafo, non possono tener << fronte ad un esercito, e n,m sono che colpi di mano» disse Giuseppe Ferrari. « Il compito dei partiti seri - scriveva Alberto Mario - si risolve adunque - finché non « venga violentemente impedita - nell'azione pacifica « del!a stampa e della parola, per agevolare e accelerare « il processo evolutivo nelle idee e nelle istituzioni, fin- « chè la minorità presente sia dovenlata maggiorità ». A coloro che seguitano a denigrare il popolo come malato, ignorante, peggi01·e dei suoi governanti diciamo clie la lezione dei fatti c'insegna appunto come iu ogni tempo e in ogni latitudine, le istituzioni buone possono migliorare i popoli malati d'ignoranza civile e morale, ma le istituzioni cattitJe corrompono, guastano, ammalano anche i popoli buoni. Una lezione di fatti eloquentissimi in proposito ce l'ha data in questo secolo una popolazione italiana che, per fortuna di casi, si trovò benefi- ('.ata d' istituzioni repubblicane federali, il Canton Ticino, come é dimostrato nel breve ma succoso studio dell'avvocato Renzi su di una Repubblica italiana. Quella Van_ italiano sia ammalato d' i- L(~Grau]Via. dea alpestre della Lombardia cbe era rispetto alle altre regioni della Svizzera in uno stato di civiltà arretrata, é stata fatta progredire dalle istituzioni repubblicane con una rapidità che giustamente sorprende ogni sociologo positivista. - ( Educazione politica - 1 marzo). gnoranza morale e civile (1), non si può parlare di guarirlo se non se ammettendo ch'egli si trovi presentemente « in aere sane e in condizioni propizie alla guarigione». Chi ammette questo, si chiami anche repubblicano, o socialista o radicale, effettivamente pensa da con,,ervatore. « Quando sarò fallo sano e robusto - mormora nel suo buon sens0 il popolo - non avrò più bisogno di medici! Intanto se rimango nel presente fradiciume quando mai mi leverò a camminare f Albert Ruz: Gli Stati Uniti e Cuba. Il messaggio letto il 5 dicembre ultimo dal presidente Mac Kinley al Congresso Americano ha attiralo di nuovo l' attenzione sulla Perla delle Antille. La ereVolete dunque lasciarmi ere- Entrano in iscena tre ·celebrissimi clowns Chamberlain, denza che i Cubani non abRhodes e Milner. pare~ » Per guarire un ammalato, del quale occorre il consenso e il cc,ncorso della sua volontà, prima condizione è di non tacergli nessuna delle cagioni per cui si trova ammalalo, e non celargli nessuno degli ostacoli che occorre rimuovere. V' é chi suole contrapporci: Credete voi, dunque, a un moto di piazza, a un improvviso mutamento della forma dello Stato per virtù taumaturgica d'una insurrezione f No. « Noi positivisti e repub- « blicani siamo evolu,ionisti, in quanto aspettiamo il « trionfo dei nostri ideali, non da colpi di mano di una « minorità, ma dai mutati pensieri della maggioranza « del paese; ed a mutarli non altro che il diritto pre- « tendiamo di propaganda pacifica delle idee fatta solto « l'occhio del sole "· Questo non è microcefalo rivoluzionarismo settario che par fatto apposta per far gongolare i peggiori nostri avversari i quali ben sanno che riesce a beneficio d'una cosa sola: la reazione cieca e violenta. Per il Mario, come per noi, l'evoluzione « non « escude la rivoluzione, ma questa é soltanto un mo- « mento di quella. Le illusioni catastrofiche, le rivolu- « zioni a scadenza fissa non entrano nel nostro pro- « gr&mma e nel nostro metodo». - « Una rivoluzione « è una febbre, e non viene a tutto un popolo per co- (i) E bisogna, pur troppo, ammetterlo, N. d. R. ( Weeklad di Nederland). biano guadagnato niente da1 - l'inlervento americano, e elle non abbiano che cambialo padrnne é un errore. Cuba potrà esse1·e o non essere una nazione i11dipendente, avenle o no una personalità propria, ma il certo é che il popolo cubano sarà un popolo libero. Tanto l'idea di un potere centrale onnipotente é conforme al temperamento e alle abitud:ni della Spagna, altrettanto questa idea è al di fuori della concezione degli americani che peccarono, piuttosto, per un eccesso contrario. Venendo alla storia,· quando in un tempo relativamente breve la Spagna fu sloggiata dai suoi possedimenti coloniali, gli americani, dominanti allora il golfo del Messico, si trovarono di fronte alla questione di Cuba. Da quel moJOento la Grande Antilla fu una vera ossessione per gli uomini di Stato americano, come lo era staLa Nuova Orleans e c0me lo furono quelle dell'Oregon e del Texas. Vi furono due periodi nel modo di considerare il problema cubano per parte degli Stati Uniti, periodi nettamente separati dalla guerra di secessione. Nel primo, gli Stati Uniti, considerarono Cuba come u11 appendice naturale del loro territorio, e si sforzarono apertamente d'incorporarla nella loro Federazione; nel secondo gli Stati Uniti, pur mantenendo il loro diritto a interessarsi alla sorte di Cuba, non pensarono sempre all'annessone politica e sembrarono piuttosto aspirare

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