~IP'JSTA POPOLARE 'Dl POLITICA LETTERE E SCIENZE SOClALJ le più onesLe persone) la loro improntitudine sino al punto di rub;ire, sempre senza il menomo scrupolo, le frutta pendenti dalle piante, proprio come se, appartenendo a rozzi contadini, dovessero considerarsi come res nutlius. Questi pervertimenti del senso morale derivanti in gran parte dalla differenza delle vesti e dei modi di vi La, è naturale s'ingigantiscano sino oltre il limite del credibile, nei militari che porLano abiti spiccalamente diversi da tutti gli altri, e conducono una vita materiale e morale che profondamente li differenzia da ogni altra classe o ceto della società. Un uomo che porta la divisa, che può comandare in modo quasi assoluto ad altri uomini, ridotti, di fronte a lui, allo stato di automi, non si persuaderà giammai (salvo ra1·issime eccezioni) di non esser qualcosa di più e di meglio dei miseri mortali vestiti in foggie più dimesse, e deslituiti d'ogni autorità frrrea e indiscussa sui proprii simili. Per lui la divisa, la gerarchia, lo spirito di corpo costituiscono l'alfa e l'omega di ogni cosa, e non v'è spi~ rito di umanità e di giustizia, non senso di rispettabilità personale, di correttezza, di onore che possa trovar luogo fuori di quelle venerabili, sacre e immobili categorie. Il caso Dreyfus ha rivelato, a questo proposito, brutture di enormezze tali, da icuotere fin nelle intime latebre la coscienza civile del monqo inter0; ed altre testimonianze, meno spettacolose, ma non meno eloquenti, sorgono dai fatti atrocissimi che accompagnano quitsi serI),pre le esplorazioni e colonizzazioni militari nei paesi così detti bar• bari. Non è spento ancora in Italia, nè forse mai si spe• gnerà, ìl ricordo delle efferratezze commesse dal famigerato Livraghì; e non ignota è l'orribile storia delle atrocità di cui sì resero colpevoli i tedeschi a Camerun. Ma il più significante esempio dell'immane !pervertimento morale generato dal militarismo non tenuto in freno da una severissima sorveglianza civile ci è stato offerto, proprio in quesli ultimi tempi, dagli ufficiali francesi Voulet e Chanoine, che, dopo aver compiuto le più besliali efferratezze, denunciate dalla rarissima onestà del tenente Pateau, si lasciarono trascinare dalla brutale coscienza della propria forza fino al massacro del colonnello Klobb e del tenente Messiner incaricati di trarli in arresto. E da molti, da troppi segni ormai trasparisce come non sia questo caso, apparentemente singolare, se non un esempio rivelatore, in piccolo, di ciò che, in grande accadrebbe nella Francia intiera (e forse, di seguito, in gran parte degli Stati europei) ove l'autorità civile non riuscisse a riportare un compiuto e decisivo trionfo contro le mene dei militaristi. Pensando ai casi di Francia, si affacciano insistenti al pensiero, come un mònito grave e solenne, le scultorie parole del nobilissimo poeta tedesco : ausgelost Sind alle Bande, die den . . . . . . . . . Soldaten Vertranlich binden an das Burgerleben. Pslicht und gesetzlas, steht er gegeni.iber Dem Staat gelagert, den er schiitzen sali, Und drahct gegen ihn das Schwert zu vehren (1). E così è stato sempre, e tutt'ora è, per quanto grandi possano apparire in senso contrario, le conquiste della libertà ci·:ile. (1) « Sciolti sono tutti i legami che fiduciosamente vincolano il soldato alla vita civile. Dimentico di leggi e doveri, egli sta accampato di fronte allo Stato ch'ei deve tutelare, e minaccia di volgere contro esso la spada « Schiller » Die Piccolomini ». A. V.-sc.1. Troppo differiscono, sotto questo riguardo, dalle materiali e intellettuali riforme progressive, le conquiste morali. Quelle, una volta compiute, si riservano, quasi può dirsi, per virtù propria, per forza naturale delle cose; e solo per gravi accidentalità, per cataclismi affatto eccezionali, possono esse perdule. Queste, invece, hanno bisogno di una difesa attiva continua per essP.r guarentite : di un esercizio vivace e costante per non sYauire affatto di fronte all'opera assidua delle forze avversarie dalle quali sono perennemenle insidiate. Dove cessa la lotta, - ebbi a scrivere, nou inopportunamente, altra volta - (1) ce:;sa la libertà. Il print.:ipio d'autorità é troppo forte, troppo esclusivo per non schiacciare ed annientare ogni opposto principio che si proponga di ;nantenerglisi allato in buoua armonia, se1JZa combatte1·e vigorosamente e continuamente per la propria esistenza, pel proprio riconoscimento. Alla libertà, dice il Gans (2), suole succeder questo: che, quando non si presenta con carattere di opposizione, neppure la si riconosce come presente ed esistente. E queste mie osservazioni e citazioni giovanili mi è lecito oggi ricordare con legittimo orgoglio, pensando alle illusioni che allora occupavano la mente de' più ro• busti pensatori; pensando che proprio in quell'anno in cui la ricordata opera mia vedeva la luce, Achille Loria nei « Problemi sociali con temporanei » (3) scriveva esser ormai da considerarsi come esau1 ita la questione politica, perché assicurata ormai ad esuberanza la libertà, istituita di fatto, anche se un nomé diverso, la repubblica in tutti i pal si civili, assisi gli Stati sulla base della nazionalità, e scomparse, quasi, dal loro seno ogni traccia di conquista e di violenza. Cinque o sei anni appena sono trascorsi e già l'errore dell'eminente sociologo si fa manifesto con paurosa evidenza; e i suoi correligionari1 politici che quell'errore, quel!' illusione fatale largamente condivisero, son fatti oggimai persuasi che, di fronte alla mala bestia del militarismo, il problema della libertà è anco1· semp, e vivo e verde, e gravi e paurosi sono tuttora i pericoli che l'insidiano. E se ciò deve dirsi riguar·do a'le possibili contese endosociali, ognun comprende con quanta maggior ragione debba ripetersi riguardo alle lotte intersociali. Il militarismo, organizzato com'è in compagine chiusa ed immobile, dissociato affatto dalla vita civile, estraneo a tutti i moti più luminosi del pensiero moderno, vive nel desiderio, nel bisogno morale imperaLivo della esplicazione effettiva dì quelle violenti virLù ch'esso unicamenLe coltiva. Per esso la pace è uno stato di cose anormale che soffoca le sue forze migliori, che pesantemente gli fa sentire il cruccio della propria inutilità sociale, che gli vieta l'agognato dispiegamen Lo delle energie ch'esso considera come superiori e preziosissime fra tuLte, e la non meno agognata affermazione piena di quell'autoriLà indiscussa alla quale reputa di aver dir-iLlo in forza di titoli indisconoscibili, conferitigli dalla stessa natura. Di qui la sua riluttanza insuperabile ad accogliere i principii d'uguaglianza e di giustizia cui s'informa la vita civile; di qui l'assidua (e, pur troppo non infruttuosa) sua cura per infiltrare il suo spirito d'autoritarismo cieco e di esclusivismo, nella sfera del ceto dirigente; di qui la coltivazione amarissima di quel falso e tronfio (1) V. la mia « Ritorma Sociale in Italia». Firenze. Bernporad, 1894, p. 140. (2) V. la prefazione alle « Grundlinien der philosophie des Rechts » del!' Hegel. Berlin, Demellur uncl Humblaclt, 1833, p. XI. (3) Milano, Kautorowicz, 1894, p. 13.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==