Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VI - n. 2 - 30 gennaio 1900

11 RIVIST.A POPOLARE DI POLITIC.A LETTERE E SCIENZE SOCI.ALI gramma e la loro tattica fos3ero sbagliati e avessero cagionato gravi conseguenze nel paese; principale fra tutte la maligna efflorescenza della reazione sfrenata che ha imperversato sull' Italia dal 1893 in poi - salvo la sosta del ministero Di Rudinì sino al maggio 1898 - e che temiamo forte continuerà. a durare per alcuni anni ancora; reazione sfrenata che ha l'ns sentimento delle classi dirigenti ed in alcune parti d' Italia anche della piccola b::>rghesia, per la paura che destarono e mantengono il programma, la tattica e i progressi, apparenti più che reali, del Sot:ialismo. L'aàone dei socialisti sotto questo aspetto riusci di-astrosa perchè prematura di troppo, e non affatto adeguata allo sviluppo economico, politico e intellettuale del popolo della maggior parte delle regioni d' Italia. In guisa che - ripetiamo l'osservazione fatta più volte - si pervenne a questo triste risultato: si allarmarono e si spaventarono enormemsnte e sinceramente, in ragione dei bava1Ylages degli stessi socialisti, quelli che potevano essere e sono i naturali e logici nemici del socialismo e che hanno in mano tutte le forze materiali, politiche ed economiche del paese; e mancò l'aiuto cosciente e persistente e organizzato delle classi lavòratrici che dovrebbero esserne i naturali e logici sostenitori. La lezione delle cose pare che abbia giovato molto al partito socialista italiano; se non alla massa, ultima sempre ad essere penetrata dallo spirito della verità. e della novità, certo ai migliori elementi dirigenti. Per potere misurare il mutamento avvenuto ed apprezzare la nuova tendenza che Hi delinea sempre meglio, non ostante gli ultimi conati del fanatismo e della intransigenza, giova riassumere brevemente i caratteri e l'azione del partito socialista sino ad ieri, e potremmo dire sino ad oggi. In quei caratteri e in quell'azione c'è la parte che rappresenta per così dire i peccati veniali e c'è quella che costituisce i peccatacci mortali. Mettiamo tra i peccati veniali: la intolleranza, il sospetto, la iattanza. Chiunque per poco si allontanava dal ve1·bo, dai dogmi, dalle formule infallibili della dottrina marxista - quale l'avevano esposta alcuni epigoni infedeli, contro i quali si levò spesso l' on. Turati - era un traditore, un rinnegato che doveva essere espuli!o. E bisognava sentire con quale altezzosità si parlava dei socialistoidi!.... Chi era designato come tale non aveva più speranza di salute politica e intelletuale. La credenza ipertrofica nelle proprie forze e nella propria a.zione arrivò a far designare in Imbriani e Cavallotti gli ultimi ( ? ! ? ) gendarmi della proprietà. privata. Cavallotti, del resto, da tempo era stato denunziato come il capo della democ1·azia vile. Nella sicurezza, sempre ipertrofica, colla quale si guardava all'avvento prossimo, ed in blocco, del regime socialista, si parlava della scomparsa della piccola proprietà come di fenomeno sicuro e immediato, e quanti con Mazzini o con altri la difendevano erano fulminati dal disprezzo dei nuovi profeti , che di qualunque riforma importante - ad esempio: la sostituziono delle milizie agli eserciti permanenti - nori volevano sapere come di pannicelli caldi sulle famose gambe di legno. I peccati mortali si raggruppano intorno a tre punti. 1 ° La uniformità rigida nella tattica, che doveva es. sere dovunque identica, senza tenere conto alcuno delle profonde differenze economiche, polit"che, intellettuali e m')rali tra paese e paese, tra regione e regione. L' uniforme tede.5C')doveva imporsi dapertutto anche a co. sto di far morire gli uni di freddo e di soffocare gli altri di caldo. 2° La lotta di classe presa come norma direttiva suprema ed assoluta. 3' Il materialismo sto- .rico esagerato sino al ridicolo, che riusci va a fare con - siderare come oziose e ridicole, anche dannose, tutte le discussioni sulla politica ed a far negare ogni e qualsiasi importanza alle forme di governo - monarchia o repubblica, aristocrazia o democrazia - erano tutta una minestra acida, che si faceva inghiottire ai lavoratori per avvelenarli. Tutto questo, constatiamolo con un grande sospiro di soddisfazione, è scomparso o è in via di scomparire. * * * La conversione non si è fatta in un giorno, nè in tutti presenta uguale intensità. Molti trascinati dalla evidenza dei fatti sentono vergogna di confessare gli antichi errori e recalcitrano ancora e protestano a denti stretti, colle mezze frasi. Vedremo tra breve come lo s1,irito antico si riveli in certe occasioni. Chi ha compiuto la evoluzione in modo completo, sereno, leale, davvero magnifico, è Filippo Turati, che da spirito superiore non mentisce e non attenua il fenomeno. In lui si può impersonare la tendenza nuova, lo spirito nuovo, che gradatamente s' imposses.5erà delle masse socialiste. Intanto è bene avvertire che non è stata la muda di Pallanza, che ha esercitato la sua influenza moderatrice come sogghignando possono osservare i suoi nemici. Oh! no: la reclusione non ha determinato la sua evoluzione, non l'ha accelerata. Per noi era compiuta prima che la reazione dì maggio 98 lo cacciasse ne1la reclusione. Molto tempo prima, a proposito del voto dato da De Felice al ministero Di Rudini, aveva richiamato i suoi amici ad equanimità di giudizi sulla condotta divergente di qualche socialista; e ed aveva notato con e dolore una deplorevole tendenza all'applicazione seme plicista e tutta materiale della formola ai casi com - e plessi delh politica, e uno spirito d' intolleranza e e dogmatismo che ,precede e sopprime la discussione e feconda. Questo è il burocratismo autoritario in seno « al partito. » Prima del forzato soggiorno in Pallanza egli, a proposito delle alleanze coi partit~ affini, aveva notato, che esse potevano essere imposte da un ritorno allo scrutinio di lista non solo, ma da altre contingenze, non tutte nè sempre prevedibili. Egli aveva avvertito « che il partito socialista non può vivere fuori dele l'ambiente reale del paese, non può prescindere dai « momenti storici sotto pena di diventare, non più un « partito, ma una scuola. > E noi soggiungiamo che per molti non si trattava - e per alcuni ancora si tratta - nè di partito, nè di scuola, ma di setta. Ma Turati non s'illudeva sul successo dello spirito

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