Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VI - n. 2 - 30 gennaio 1900

RIVISTPAOPOLARE DI POLITICALETTERE E SCIENZESOCIALI AnnoVI. - N. 2. Abbonamento\postale Roma30 Gennaio1900. LA LEZIONE DELLE COSE I SOCIALISTI I. • Alla vigilia della riapertura della Camera dei Deputati riprendiamo l'esame del profitto che dagli avvenimenti hanno saputo trarre i partiti politici italiani - . specialmente parlamentari. Intrapredendolo sei mesi or sono (Anno V, N. 3) noi avevamo riaffermata una antica nostra convinzione sulla utilità della funzione politica di una Sinistra veramente progressista in Italia; ed avendo a compagno autorevole Filippo 'rurati, e più di noi caloroso nel trarre certi auspicii, da certi fenomeni potemmo sperare che 1 maggiori uomini, che la rappresentano si fossero ravveduti e dovessero per lo avvenire seguire un indirizzo più italiano e più liberale anziché esclusivamente dinastico. a questo imponeva abdicazioni inconcepibili e ad una probabile e proficua alleanza assegnava una grave restrizione, escludendone il campo elettorale, che la rendeva una meschina cosa ; anzi la riduceva ad un tranello teso alla Estrema, della quale si sperava trarre giovamento nella situazione parlamentare senza la base razionale e giusta del do iit des. Il silenzio dell'on. Giolitti sulla riduzione delle spese militari - la sola condizione che renderebbe possibile la riforma tributaria - d'altra A lorcl Salisbnry. parte faceva rinascere il dubbio che l'entusiasmo dei nostri uomini di Sinistra per le riforme necessarie era· sempre subordinato al beneplacito di certe alte sfere, che non lo accorderanno mai spontaneamente. E conchiudendo su~la Sinisflra, ai critici, che derisero il nostro ottimismo - assai relativo - faremo osservare qhe noi delineammp ciò che dovrebbe essere nello interesse delle stesse attuali istituzioni e sopratutto nello interesse di una sana e pacifica evoluzione. Non sta in noi1 in guisa alcuna, far sì che ciò ehe dovrebbe essere, sia in realtà. Certi rimproveri, che ci vennero da parti diverse, e che ci riuscirono amari quando li leggemmo formulati nel Giornal,e degli Economisti per la grande stima che n~ abbiamo, non ci scossero. A noi non era - Per scongiurare il pericolo, inchiodate, secondo l'uso francese, l'avvoltoio Chamberlain sulla porta del War-otfice e l' Inghilterra Con maggiore conforto oggi diremo di un altro partito di cui é massima la forza ideale nel paese, per quanto non corrispon• dente alla forza numerica avrà la pac~ con la giustizia. lasciata la scelta degli uomini; nè in politica - a meno che non si sia in momenti di rivoluzione - è facile crearli, improvvisarli. Dovevamo forzatamente eontententarci di quelli che la situazione ci offriva, e tener conto dei segni di resipiscenza. Questi uomini li attendiamo alle prossime prove; intanto sentiamo il dovere di dichiarare che la nostra speranza in loro é diminuita, non ostante lo smagliante discorso di Giuseppe Zanardelli in difesa della libertà e quell'altro più pratico e con contenuto economico dell'on. Giolitti. È diminuita la fiducia in loro in seguito alla polemica tra il nostro direttore e l'on. Roux ( Stampa), che, quasi impaurito di un passo troppo ardito fatto in prò della crea ,ione di un partito popolare, (Rire di Parigi). nel Parlamento: diremo del partito socialista, a cui, ci pare, che la lezione delle cose, abbia giovato assai più che ai progressisti. Nella Rivista non vennero mai risparmiati i Soci1,listi, come non lo furono i repubblicani e gli altri partiti. Noi ed altri collaboratori li facemmo oggetto di crit;che pm o meno vivaci, perché sinceramente credevamo e crediamo che pel passato, nonostante non poche e non piccole benemerenze - grandissima quella di avere scosso dal letargo profondo alcuni strati sociali e di avere agito come assillo verso gli altri partiti, che imputridivano nell'inerzia - il loro p~o- .. '

11 RIVIST.A POPOLARE DI POLITIC.A LETTERE E SCIENZE SOCI.ALI gramma e la loro tattica fos3ero sbagliati e avessero cagionato gravi conseguenze nel paese; principale fra tutte la maligna efflorescenza della reazione sfrenata che ha imperversato sull' Italia dal 1893 in poi - salvo la sosta del ministero Di Rudinì sino al maggio 1898 - e che temiamo forte continuerà. a durare per alcuni anni ancora; reazione sfrenata che ha l'ns sentimento delle classi dirigenti ed in alcune parti d' Italia anche della piccola b::>rghesia, per la paura che destarono e mantengono il programma, la tattica e i progressi, apparenti più che reali, del Sot:ialismo. L'aàone dei socialisti sotto questo aspetto riusci di-astrosa perchè prematura di troppo, e non affatto adeguata allo sviluppo economico, politico e intellettuale del popolo della maggior parte delle regioni d' Italia. In guisa che - ripetiamo l'osservazione fatta più volte - si pervenne a questo triste risultato: si allarmarono e si spaventarono enormemsnte e sinceramente, in ragione dei bava1Ylages degli stessi socialisti, quelli che potevano essere e sono i naturali e logici nemici del socialismo e che hanno in mano tutte le forze materiali, politiche ed economiche del paese; e mancò l'aiuto cosciente e persistente e organizzato delle classi lavòratrici che dovrebbero esserne i naturali e logici sostenitori. La lezione delle cose pare che abbia giovato molto al partito socialista italiano; se non alla massa, ultima sempre ad essere penetrata dallo spirito della verità. e della novità, certo ai migliori elementi dirigenti. Per potere misurare il mutamento avvenuto ed apprezzare la nuova tendenza che Hi delinea sempre meglio, non ostante gli ultimi conati del fanatismo e della intransigenza, giova riassumere brevemente i caratteri e l'azione del partito socialista sino ad ieri, e potremmo dire sino ad oggi. In quei caratteri e in quell'azione c'è la parte che rappresenta per così dire i peccati veniali e c'è quella che costituisce i peccatacci mortali. Mettiamo tra i peccati veniali: la intolleranza, il sospetto, la iattanza. Chiunque per poco si allontanava dal ve1·bo, dai dogmi, dalle formule infallibili della dottrina marxista - quale l'avevano esposta alcuni epigoni infedeli, contro i quali si levò spesso l' on. Turati - era un traditore, un rinnegato che doveva essere espuli!o. E bisognava sentire con quale altezzosità si parlava dei socialistoidi!.... Chi era designato come tale non aveva più speranza di salute politica e intelletuale. La credenza ipertrofica nelle proprie forze e nella propria a.zione arrivò a far designare in Imbriani e Cavallotti gli ultimi ( ? ! ? ) gendarmi della proprietà. privata. Cavallotti, del resto, da tempo era stato denunziato come il capo della democ1·azia vile. Nella sicurezza, sempre ipertrofica, colla quale si guardava all'avvento prossimo, ed in blocco, del regime socialista, si parlava della scomparsa della piccola proprietà come di fenomeno sicuro e immediato, e quanti con Mazzini o con altri la difendevano erano fulminati dal disprezzo dei nuovi profeti , che di qualunque riforma importante - ad esempio: la sostituziono delle milizie agli eserciti permanenti - nori volevano sapere come di pannicelli caldi sulle famose gambe di legno. I peccati mortali si raggruppano intorno a tre punti. 1 ° La uniformità rigida nella tattica, che doveva es. sere dovunque identica, senza tenere conto alcuno delle profonde differenze economiche, polit"che, intellettuali e m')rali tra paese e paese, tra regione e regione. L' uniforme tede.5C')doveva imporsi dapertutto anche a co. sto di far morire gli uni di freddo e di soffocare gli altri di caldo. 2° La lotta di classe presa come norma direttiva suprema ed assoluta. 3' Il materialismo sto- .rico esagerato sino al ridicolo, che riusci va a fare con - siderare come oziose e ridicole, anche dannose, tutte le discussioni sulla politica ed a far negare ogni e qualsiasi importanza alle forme di governo - monarchia o repubblica, aristocrazia o democrazia - erano tutta una minestra acida, che si faceva inghiottire ai lavoratori per avvelenarli. Tutto questo, constatiamolo con un grande sospiro di soddisfazione, è scomparso o è in via di scomparire. * * * La conversione non si è fatta in un giorno, nè in tutti presenta uguale intensità. Molti trascinati dalla evidenza dei fatti sentono vergogna di confessare gli antichi errori e recalcitrano ancora e protestano a denti stretti, colle mezze frasi. Vedremo tra breve come lo s1,irito antico si riveli in certe occasioni. Chi ha compiuto la evoluzione in modo completo, sereno, leale, davvero magnifico, è Filippo Turati, che da spirito superiore non mentisce e non attenua il fenomeno. In lui si può impersonare la tendenza nuova, lo spirito nuovo, che gradatamente s' imposses.5erà delle masse socialiste. Intanto è bene avvertire che non è stata la muda di Pallanza, che ha esercitato la sua influenza moderatrice come sogghignando possono osservare i suoi nemici. Oh! no: la reclusione non ha determinato la sua evoluzione, non l'ha accelerata. Per noi era compiuta prima che la reazione dì maggio 98 lo cacciasse ne1la reclusione. Molto tempo prima, a proposito del voto dato da De Felice al ministero Di Rudini, aveva richiamato i suoi amici ad equanimità di giudizi sulla condotta divergente di qualche socialista; e ed aveva notato con e dolore una deplorevole tendenza all'applicazione seme plicista e tutta materiale della formola ai casi com - e plessi delh politica, e uno spirito d' intolleranza e e dogmatismo che ,precede e sopprime la discussione e feconda. Questo è il burocratismo autoritario in seno « al partito. » Prima del forzato soggiorno in Pallanza egli, a proposito delle alleanze coi partit~ affini, aveva notato, che esse potevano essere imposte da un ritorno allo scrutinio di lista non solo, ma da altre contingenze, non tutte nè sempre prevedibili. Egli aveva avvertito « che il partito socialista non può vivere fuori dele l'ambiente reale del paese, non può prescindere dai « momenti storici sotto pena di diventare, non più un « partito, ma una scuola. > E noi soggiungiamo che per molti non si trattava - e per alcuni ancora si tratta - nè di partito, nè di scuola, ma di setta. Ma Turati non s'illudeva sul successo dello spirito

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALl nuovo e sano che doveva aleggiare in seno del partito socialista e in altra occasione, a proposito delle appro• vazioni che gli venivano alle idee manifestate dai mandati imperativj, malinconicamente soggiungeva: « Ma10"rado ciò vedrete - così poco si legge e si rio d. « flette ancora fra noi e così • grande è l'impero 01 « partiti presi -· che neppure tesi così one:3te e mJ- « deste avranno provita fortun,. I più tenaci a re- « spingerle saranno gl' intransigenti, quasi una oscura « coscienza li avvertisse che senza jmperativi categoc rici sarebbero presto per terra o sent:ssero il biso• e O"nodi ammanethrsi da loro medesimi. Cosi tutte o e le fedi, sopravvissute al bi,.!Ognostorico che le ge « nerò, domandano al dogma ed alla coazione un pro• e lungamento artificiale di viti. ,, Poi quando la lezione delle cose si era fatta sentire anche ai più bollenti spiriti, lo stesso Turati colla sua fine ironia notava: e l' intransigenza di felice memoria, e l'abbiamo cercata e cercata invano nei confratelli di e di partito; e che se abbiamo voluto trovarla, ci fu sui punti cardinali della tattica del partito socialista italiano. Ora avvertiamo soltanto che è già un fatto importante questo: l'ironia di Filippo Turati contro la vecchia tattic~~ non suscita l'indignazione dei colpiti; la sua dichiarazione di oppo1·tunisnio per quanto egli dimostri essere il suo un opportunismo di nuovissimo conio non D"liha fatto scaraventare alcuna scomunica, ' o . nè maggiore nè minore. Oh! i tempi sono davvero mutati. Vedremo ancora delle resistenze e delle proteste; ma inefficaci e fiacche. Lo spirito nuovo penetra nel co:-po del partito socialista italiano: auguriamoci di tutto cuore che la lezione delle cose per esso non vada perduta. LA RIVISTA. Pe1· crunbiarnento à'indi1•ù;:~o e pm" numeri a1 r·retrati rivolgersi al signor G. MO:NTA.LBANO, Via della Jlite N. '14, ROMA. « giocoforza di.... stampar- " cela noi. Mutano i savi, " fu detto. Che gente savia " noi sia •·noI ,. 11 gran bucato di palazzo Marino. CHI ÈILCOLPEVOLE? (A proposito della,querradel Tl'answaal). Estratto di una lettera inedita di stoi a ..... I.eone TolLa lezione delle cose diviene formidabile nell'anno 1898; e non scherzò nel 1899. L'evoluzione di F i 1i p po Tuoati, in conseguenza, assume contorni più precisi quando egli ritorna alla libertà; e noi siamo convinti che la maggiore precisione non era cosa nuova. nell'animo suo, ma viene fuori più ardita e più secura perchè sente da un lato, che la condanna dei Tribunali miliCe ne vorrà del sapone con tanta biancheria sporca ! .....È con piacere che io vi rispondo, perchè i vostri opuscoli sono sinceri e ben seri tti, ad eccezione del terzo a proposito del quale io sono d'accordo col vostro amico. Questo opuscolo è debole, non perchè sia troppo aspro, ma perchè non fari- ( Uomo di Pietra di Milano) tari gli aveva d~to maggiore autorità e che queste erano già meglio disposte lo spirito nuovo. • tra le masse ad accogliere Egli, quindi, nel magistrale articolo della C1·itica sociale del 1 ° Gennaio rnoo (Dichiarazioni necessarie) ricorda che i suoi dubbi e il suo nuovo indirizzo rimontano all'epoca degli stati di assedio in Lunigiana . e Sicilia, delle leggi eccezionali del Crispi, del primo fiorire delle fregole africane, celanti un' imperialismo ipocrita ecc. ecc. e quindi dato e l'addio alle forc mulette leggiadre, che vi danno la magica chiave e di tutti gli eventi, il conforto per tutti i disastri; • l'addio agli opuscoli a un soldo, che vi squadernano • in sedici paginette tutto lo scibile sociale, vi riscl- • vono i dubbi molesti, v'insufflano le certezze ripo• e satrici; l'addio alle dottrinette della dolce infanzia; » egli, che in precedenti articoli aveva già ìnneg iato alla utilità. di un governo di Sinistra, che aveva incardinato nell'on. Giolitti, dopo avere assestato colpi formidabili all'antico e rigido principio della lotta di classe, inv1.,cala democrazia al potere e si dichiara ..... opportiinista I E qui per oggi ci fermiamo, riserbandoci a dire in un altro numero del mutamento meglio circostanziato saltare ab: astanza nettamente il carattere odioso di Guglielmo II, uno dei rappresentanti più ripugnanti, se non più comici, dell'imperialismo. Ma, per quanto sieno ben scritti i vostri opuscoli, io non sono d'accordo con voi in sostanza, o, per meglio dire, io non posso condannare ciò che voi chiamate biasimevole. Se due uomini dopo essersi ubriacati, si letirano giuocando a carte, io non posso, in nessun modo, condannare uno dei due, per quanto sieno convincenti gli argomenti dell'altro. La causa dei cattivi procedimenti dell'uno e dell'altro non sta nel buon diritto di uno dei due, ma in ciò che hanno giudicato utile di bere di vino e di giuocare alle carte, in luogo di lavorare tranquillamente o di riposarsi. Lo stesso, io non potrei mai consentire a riconoscere in una guerra, qualunque sia, una parte come esclusivamente colpevole. Si potrà trovare che una delle parti agirà più male dell'altra, ma l'e3ame della più o meno colpabilità delle parti non può assolutamente spiegare le vere cause dell'ap• parizione di un fenomeno così terribile, così duro, così inumano come la guerra. Per ogni uomo che non chiuda volontariamente gli o~chi, queste cause sono perfettamente evidenti, così nella guerra'. del Transwaal,

RIP'IST.A.POPOL.A.'l{BDl POU'flC.A. LBTTBR.E B SCIBNZB SOCI.A.Ll come in tutte le guerre degli ultimi tempi. Le cause sono tre: 1.0 la ripartizione disuguale delle ricchezze, cioè lo spogliamento degli uni per mezzo degli altri; 2.0 l'esistenza della classe militare, cioè della gente predestinata all'assassinio, ed educata per questo; 3.0 la dottrina religiosa menzognera, in gran parte scientemente ingannatrice, nella quale sono educate per forza le giovani generazioni. È per ciò che io credo, che non è soltanto inutile, ma anche cattivo, di considerare gli Ohamberlain, i Guglielmo II come cause delle guerre, perchè cosi ci si nascondono le cause reali che sono molto più prossime e alle quali noi partecipiamo. Noi potremo arrabbiarci contro gli Ohamberlain e i Guglielmo II e ingiuriarli, mà la nostra collera e le nostre invettive, se ci guasteranno il sangue, non cam- ~ieranno il corso degli avvenimenti, perchè gli Chamberlain e i Guglielmo II sono gli strumenti ciechi delle forze che Eono dietro di loro. Essi agiscono come. devooo agire perchè non pC'ssono fare altrimenti. Tutta la storia è una continuazione dei procedimenti dei politicanti, perfettamente simili a quelli che Lanno C'ausata la guerra del 'J.~ranwaal; è perciò che è completamente inutile e anche impossibile riscaldarsi co ·- tro essi, e condannarli, quando si vedono le cause re;,li dei loro atti, e quando si sente anche noi stessi colpevoli dell'uno o dell'altro di questi atti, secondo che agiamo relativamente alle tre cause principali che io ho rammentate. Finchè noi godremo di ricchezze esclusive, mentre masse di operai sono schiacciate dal lavoro, vi saranno sempre delle guerre 1er l'appropriazione degli sbocchi, delle miniere d'oro ecc..., necessarie per sistemare la nostra ricchezza esclusiva. Le guerre saranno inevitabili finchè noi faremo parte della classe milttare, finchè ne ammetteremo l'esistenza, e che non lotteremo contro essa con tutte le nostre forze. Se non siamo noi stessi della classe militare, noi la consideriamo non solo come indispensabile, ma come degna di elogio, e di più facciamo, quando scoppiando una guerra condanniamo in luogo di essa uno Chamberlain qualunque La guerra sarà sopi attut.to inevitabile, non solo quando noi ccnfesseremo, ma quando ammetteremo, senza indignazione nè rive lta, la sfigurazione. del Cristianesimo che ha nome Cristianesimo della Chiesa, e che ammette l'esistenza di un'armata cristiana, la benedizione dei cannoni, e che riconosce la guerra come un'opera cristianamei;i.te giusta. Noi insegnamo questa religione ai nos!ri figli, la proclamiamo noi stessi, e poi, affermiamo o Chamberlain, o Kruger colpevoli se degli uomini si uccidano tr~ loro. È perciò che io non sono d'accordo con voi e non posso biasimare gli strumenti ciechi dell' ignoranza e del male e vedo le cause nei fenomeni, all'aumento o alla diminuzione dei quali io posso da me stesso cooperare. Lavorare al livellamento fraterno dei beni; godere nella più piccola misura dei prhilegi avuti da parte sua; non par• tecipare in nulla all'opera militare; distruggere l'ipnotismo a mezzo del quale le persone, trasformate in assassini mercenari, pensano di fare un'opera buona a fare i militari ; e soprattutto confessare una religione cristiana ragionevole, sforzandosi di distruggere per quanto è possibile la dura impostura del falso cristianesimo, nel quale sono educate le giovani generazioni (1) - questa triplice opera costituisce, secondo me, il dovere di ogni uomo che desidera contribuire al bene, e che è giustamente rivoltato dalForribile guerra che ha commosso anohe voi. Mosca, 4116 d?°cembre1899. LE0NE TOLSTOJ. (1) Resta ben inteso che noi non dividiamo le idee religiose di Tolstoi. N. d. R. Ilmilitarismo ~al ~~~to ~ivist~atico. (1 ) « Si vis pacem para bellum » diceva la sapienza antica, e questa massima, che il Glumplowick giustamente stigmatizza (2) come quella che serve a mascherare atavistiche brame brigantesche di un Cesarismo non più consentaneo colla ragion de' tempi, costituisce tuttora il venerato Vangelo del moderno militarismo. E non a caso, o· per un semplice modo di dire, noi qui acecnniam0 al Vangelo, poiché - come acutamente osserva il Tarde (3) - il militarismo si manifesta a' giorni nostri, con tutti i caratteri di una vera e propria religione, sorgente di un misticismo nuovo, di un delii·io feroce. È questo barbaro misticismo che ha rid0Ltol'insegnamento della Storia nelle scuole, alla esclusiva esposizione e glorificazione smisurata delle imprese, delle virtù guerresche; é questo barbaro misticismo che ha creato una giustizia militare contrapposta alla giustizia civile, condanna trice degli innocenti, istiga lrice delle più basse passioni e de' più loschi interessi. avvelenatrice immonda del senso morale; é questo barbaro misticismo che - con ipocriti e bugiardi pretesti umanitarii - ha confinato sotto il p&nno dell'uniforme il sentimento sublime dell'amor patrio, pronunciando contro il libero cittadino che per impulso irresistibi 1e dell'animo impugna un'arma purchessia per difendere contro lo straniero invasore .il sacro focolare de' suoi padri - la odiosa e ripugnante condanna inflitta al brigaQte, al volgare assassino; condanna contro la quale insorge e insorgerà sempre con fiera e spontanea riluttanza tutta quanta l'onesta umana coscienza; é questo barba1·0 e fanatico misticismo che - per servirci delle acconcie e coraggiose parole del Laghi (4) é riuscito a sottrarre alla cognizione, non solo del popolo, ma degli stessi suoi rappresentanti, tutti gli affari esteri, col segreto diplomatico, e coll'affidare il diritto di guerra ai capi degli Stati: sicché i più alti interessi, l'onore, la vita di un popolo, la pace dell'umanità sono nelle mani di una diecina di uomini I Belli ed interessantissimi studii sono stati fatti, a' giorni nostri, intorno alla morale professionale, alla morale di classe, alla morale di partito; e sono state poste nella debita luce le modificazioni che il sentimento (i) Da un'opera d'imminente pubblicazione, su « L'Ideale della pace universale, gli ostacnll che ue Impediscono la reallzzazloue, e Il rln110, 1amento psico-sociologico della dlsclpllna lnterstatuale ». (2) Cfr. « Allgemeines Staatsrecht » Insbruck, \Vagner, 1897, p, 431. (3) Cfr. « L'opposition universelle », Paris, Alcan, 1897 p. 364 e seguenti. (4) Cfr. « Le basi scientiftche del Diritto internazionale » Par ma, Rossi-Ubaldi, i899, p. 35. (

RIYISTA 'POPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI morale subisce sotto l'influenza d'interessi e d'idee che derivano da peculiari situazioni sociali d'individui e gruppi. Così il segreto professionale può determinare il medico, il prete, l'avvocato, ad assicurare, col silenzio, l'impunità ai peggiori delinquenti; così le persone di servizio più oneste, non s'indurrebbero mai, per nessun motivo al mondo, a rubare direttamente ai padroni neppure un centesimo, ma d'altra parte non si fanno il benché minimo scrupolo di rubare sulla spesa, considerando come legittimi guadagni le sottrazioni per questa via commesse a danno de' padroni medesimi; così le levatrici non possono acconciarsi a considerare il procurato aborto come un delitto, e lo praticano senza scrupolo alcuno, valutando le repressioni legali (secondo il loro punto di vista, assurde) in cui possono incorrere, come un semplice rischio professionale; così gli agenti di cambio che pure sono tanto scrupolosamente onesti nell' adempimento de' lo,ro impegni da poter fidarsi di conchiudere per via di semplici appunti sui loro tac~uini, od anche ve1·balmente, contratti impegnativi per somme enormi, non si peritano poi, viceversa, di ricorrere alle La Perequazione morale fra il Nord e il Sud. - I magistrati siciliani hanno occultato gli assassini di Notarbartolo. - E i magistrati milanesi hanno occultato i complici. - Ecco dunque fatta .... la perequazione morale! (Asino di Roma). manovre più abbominevoli per provocare il rialzo o il ribasso de' valori; così i romagnoli, generalmente tanto generosi e leali nella vita privata, si lasciano trascinare tant'oltre dalle passioni politiche, da esaltare e definire come un bel colpo anche il più efferrato assassinio d'un -avversario politico; così certi uomini di Stato che non toccherebbero un soldo del denaro altrui per scopi personali, svaligiano le casse pubbliche e falsificano i bilanci per procurarsi i fondi occorrenti per le più losche operazioni elettorali. (1) E gli esempii si potrebbero m0ltiplicare a centinaia, senza tuttavia trovarne alcuno mai tanto eloquente da superare le eccelse vette toccate, in questa materia dell'immoralità professionale e di classe, del militarismo. Quando Guglielmo Ferrero pubblicò, intorno al militarismo, il coraggioso e geniale suo libro a tutti noto, parve a non pochi esagerato, in quell'opera, la tinta oscura, e si disse che il giovane sociologo aveva troppo (1) Cfr. P. Fabregnettes « Societé, Etat, Patrie » Paris, Chevaher - Maresq 1897, Vol. I pag. 163 e seg; Ferrero, Bianchi e Sighele « Il mondo criminale italiano - Milano Amadei Zorini 1883 pag. 292 leggermente lasciata la briglia sul collo alla fantasia, in un argomento di tanta importanza. Ma i fasti dei Tribunali militari in Italia ed in Francia, hanno aperto gli occhi anche ai più ostinati ottimisti, rivelando pervertimenti di cri lerio, e abissi di degenerazione etica èi fronte ai quali an,~he l'immaginazione più fervida tace, mortificata e stupefatta. Giusti~sirne e veramente preziose sono le osservazioni che lo stesso Ferrero altrove ci porge intorno alla forza meravigliosa dell'abito, la quale fa sì che un uomo, quando si trova con un individuo che é vestito come lui e che appartiene alla sua classe si sente suo fratello, suo compagno, e quasi frutto dell'albero stesso; si rappresenta meravigliosamente che tutte le emozioni di cui egli é capace sono sentite anche dall'altro, e quindi é sino ad uo certo punto in grado di praticare a riguardo di lui il precetto evangelico: non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te; la cui e~cacia si fonda appunto sulla forza con cui un individuo può rappresentarsi i dolori sentili dai proprii simili. Quando l'uomo é invece vestito diversamente e appartiene a uI vicerè in Sicilia. Co1lro11cld - Mi pare che laggiù- ammazzinorqualcuno. llirri - La1,cia fare ! Sarà qualche nostro amico~che prepara .... il terreno elettorale. (Asino di Roma). n' altra classe, é più estraneo di un'albero o di una rupe; nessuno, salvo casi eccezionali, é capace di rappresentarsi le emozioni di lui, di sentire l'affinità di sentimen ti e di idee che passa tra Lutti gli uomini, dai più alti ai più umili. (1) Questo dato psicologico positivo spiega in gran parte le molteplici manifestazioni del cosidetto pregiudizio di classe; ed ognuno ne comprenderà tosto la portata pratica rilevantissima, quando rifletta al ben noto curioso fenom@o della condotta di quasi tutti i cittadini in campagna; i quali, mentre per tutto l'oro del mondo non toccherebbero un tal fiore nel giardino di una villa, senza il permesso del proprietario, che al ceto loro appartiene, e veste come essi vestono, sogliono invece senza il benché minimo scrupolo penetrare nelle private proprietà de' contadini che appartengono ad un ceto diverso e portano panni diversi, anche a costo di guastare le siepi, di calpestare le messi e le erbe, pur di accor-ciare di qualche dieciha di metri una l0ro passeg,'jiata; quando non spingano anche (e il caso é frequentissimo pur tra (i) Il mondo ,;riminale italiano pag. 1G5, Vedi anche: Ardigò « Sociologia » p. 89 e « Rivista popolare » 16 Sett. 1899, p. 39.

~IP'JSTA POPOLARE 'Dl POLITICA LETTERE E SCIENZE SOClALJ le più onesLe persone) la loro improntitudine sino al punto di rub;ire, sempre senza il menomo scrupolo, le frutta pendenti dalle piante, proprio come se, appartenendo a rozzi contadini, dovessero considerarsi come res nutlius. Questi pervertimenti del senso morale derivanti in gran parte dalla differenza delle vesti e dei modi di vi La, è naturale s'ingigantiscano sino oltre il limite del credibile, nei militari che porLano abiti spiccalamente diversi da tutti gli altri, e conducono una vita materiale e morale che profondamente li differenzia da ogni altra classe o ceto della società. Un uomo che porta la divisa, che può comandare in modo quasi assoluto ad altri uomini, ridotti, di fronte a lui, allo stato di automi, non si persuaderà giammai (salvo ra1·issime eccezioni) di non esser qualcosa di più e di meglio dei miseri mortali vestiti in foggie più dimesse, e deslituiti d'ogni autorità frrrea e indiscussa sui proprii simili. Per lui la divisa, la gerarchia, lo spirito di corpo costituiscono l'alfa e l'omega di ogni cosa, e non v'è spi~ rito di umanità e di giustizia, non senso di rispettabilità personale, di correttezza, di onore che possa trovar luogo fuori di quelle venerabili, sacre e immobili categorie. Il caso Dreyfus ha rivelato, a questo proposito, brutture di enormezze tali, da icuotere fin nelle intime latebre la coscienza civile del monqo inter0; ed altre testimonianze, meno spettacolose, ma non meno eloquenti, sorgono dai fatti atrocissimi che accompagnano quitsi serI),pre le esplorazioni e colonizzazioni militari nei paesi così detti bar• bari. Non è spento ancora in Italia, nè forse mai si spe• gnerà, ìl ricordo delle efferratezze commesse dal famigerato Livraghì; e non ignota è l'orribile storia delle atrocità di cui sì resero colpevoli i tedeschi a Camerun. Ma il più significante esempio dell'immane !pervertimento morale generato dal militarismo non tenuto in freno da una severissima sorveglianza civile ci è stato offerto, proprio in quesli ultimi tempi, dagli ufficiali francesi Voulet e Chanoine, che, dopo aver compiuto le più besliali efferratezze, denunciate dalla rarissima onestà del tenente Pateau, si lasciarono trascinare dalla brutale coscienza della propria forza fino al massacro del colonnello Klobb e del tenente Messiner incaricati di trarli in arresto. E da molti, da troppi segni ormai trasparisce come non sia questo caso, apparentemente singolare, se non un esempio rivelatore, in piccolo, di ciò che, in grande accadrebbe nella Francia intiera (e forse, di seguito, in gran parte degli Stati europei) ove l'autorità civile non riuscisse a riportare un compiuto e decisivo trionfo contro le mene dei militaristi. Pensando ai casi di Francia, si affacciano insistenti al pensiero, come un mònito grave e solenne, le scultorie parole del nobilissimo poeta tedesco : ausgelost Sind alle Bande, die den . . . . . . . . . Soldaten Vertranlich binden an das Burgerleben. Pslicht und gesetzlas, steht er gegeni.iber Dem Staat gelagert, den er schiitzen sali, Und drahct gegen ihn das Schwert zu vehren (1). E così è stato sempre, e tutt'ora è, per quanto grandi possano apparire in senso contrario, le conquiste della libertà ci·:ile. (1) « Sciolti sono tutti i legami che fiduciosamente vincolano il soldato alla vita civile. Dimentico di leggi e doveri, egli sta accampato di fronte allo Stato ch'ei deve tutelare, e minaccia di volgere contro esso la spada « Schiller » Die Piccolomini ». A. V.-sc.1. Troppo differiscono, sotto questo riguardo, dalle materiali e intellettuali riforme progressive, le conquiste morali. Quelle, una volta compiute, si riservano, quasi può dirsi, per virtù propria, per forza naturale delle cose; e solo per gravi accidentalità, per cataclismi affatto eccezionali, possono esse perdule. Queste, invece, hanno bisogno di una difesa attiva continua per essP.r guarentite : di un esercizio vivace e costante per non sYauire affatto di fronte all'opera assidua delle forze avversarie dalle quali sono perennemenle insidiate. Dove cessa la lotta, - ebbi a scrivere, nou inopportunamente, altra volta - (1) ce:;sa la libertà. Il print.:ipio d'autorità é troppo forte, troppo esclusivo per non schiacciare ed annientare ogni opposto principio che si proponga di ;nantenerglisi allato in buoua armonia, se1JZa combatte1·e vigorosamente e continuamente per la propria esistenza, pel proprio riconoscimento. Alla libertà, dice il Gans (2), suole succeder questo: che, quando non si presenta con carattere di opposizione, neppure la si riconosce come presente ed esistente. E queste mie osservazioni e citazioni giovanili mi è lecito oggi ricordare con legittimo orgoglio, pensando alle illusioni che allora occupavano la mente de' più ro• busti pensatori; pensando che proprio in quell'anno in cui la ricordata opera mia vedeva la luce, Achille Loria nei « Problemi sociali con temporanei » (3) scriveva esser ormai da considerarsi come esau1 ita la questione politica, perché assicurata ormai ad esuberanza la libertà, istituita di fatto, anche se un nomé diverso, la repubblica in tutti i pal si civili, assisi gli Stati sulla base della nazionalità, e scomparse, quasi, dal loro seno ogni traccia di conquista e di violenza. Cinque o sei anni appena sono trascorsi e già l'errore dell'eminente sociologo si fa manifesto con paurosa evidenza; e i suoi correligionari1 politici che quell'errore, quel!' illusione fatale largamente condivisero, son fatti oggimai persuasi che, di fronte alla mala bestia del militarismo, il problema della libertà è anco1· semp, e vivo e verde, e gravi e paurosi sono tuttora i pericoli che l'insidiano. E se ciò deve dirsi riguar·do a'le possibili contese endosociali, ognun comprende con quanta maggior ragione debba ripetersi riguardo alle lotte intersociali. Il militarismo, organizzato com'è in compagine chiusa ed immobile, dissociato affatto dalla vita civile, estraneo a tutti i moti più luminosi del pensiero moderno, vive nel desiderio, nel bisogno morale imperaLivo della esplicazione effettiva dì quelle violenti virLù ch'esso unicamenLe coltiva. Per esso la pace è uno stato di cose anormale che soffoca le sue forze migliori, che pesantemente gli fa sentire il cruccio della propria inutilità sociale, che gli vieta l'agognato dispiegamen Lo delle energie ch'esso considera come superiori e preziosissime fra tuLte, e la non meno agognata affermazione piena di quell'autoriLà indiscussa alla quale reputa di aver dir-iLlo in forza di titoli indisconoscibili, conferitigli dalla stessa natura. Di qui la sua riluttanza insuperabile ad accogliere i principii d'uguaglianza e di giustizia cui s'informa la vita civile; di qui l'assidua (e, pur troppo non infruttuosa) sua cura per infiltrare il suo spirito d'autoritarismo cieco e di esclusivismo, nella sfera del ceto dirigente; di qui la coltivazione amarissima di quel falso e tronfio (1) V. la mia « Ritorma Sociale in Italia». Firenze. Bernporad, 1894, p. 140. (2) V. la prefazione alle « Grundlinien der philosophie des Rechts » del!' Hegel. Berlin, Demellur uncl Humblaclt, 1833, p. XI. (3) Milano, Kautorowicz, 1894, p. 13.

'R._IVISAT POPOLARE 'DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOClALl patriottismo che Giambattista Vico chiamò giustamente boria nazionale, e che Ferdinando Laghi molto opportunamente battezza col nome di etuscentrismo (1). Queslo deplorevole fenomeno psichico, frutto di uno smisurato orgoglio collettivo delirante, e considerato a buon diritto dalla Scienza come un vero caso specifico di reversione atavica (2), deve senza dubbio, in gran parte, l'odierno suo morboso sviluppo impressionante al pervertimento morale ingeneralo e diffuso dal militarismo; e se taluno crede di poter villoriosamente oppugnare questa verità evidente, adducendo gli esempii di popoli immuni dalla tabe militaristica, eppure invasati, non meno e for·se più che gli altri, dalla acciecante mamia dell' 1mpei-ialismo, ben meschino conoscitore si dimostra costui della incalcolabile importanza ed efficacia che nelle manifestazioni lulte dello spirito umano rivela il fenomeno del!' imitazione. Imitazione che - se 111 generosa lotta iniziata con nobilissimo intento da coraggiosi veggenti non sortirà esito definitivamente trionfale - riuscirà a trascinare nei fatali ingranaf>gi del militarismo anche i popoli considerati finora, come inespugnabili baluardi del civile progresso (3), rendendo dei ceti dirigenti, troppo ben tutelali dalla bugiarda e subdola diplomazia - in ten li incivili di violenza e di conquista. Prof. MANFREDI SIOTTO PINTOR dell'Università di Urbino. Perl'emigrazione •italiana Sarebbe opera assolutamente inutile far cenno della importanza della emigrazione nella storia della civiltà ; anche i libri più elementari sono pieni delle notizie che la riguardano nel passato remoto, e per quanto in esse campeggi l'eroismo dei pochi e scompaia l'azione delle masse, pure si riesce sempre a formarcisi un'idea adeguata da ciò ch'essa fu nel passato remoto. Vediamo ciò che essa significa e quali conseguenze produca oggi l'emigrazione. In vedetta. - Generale. non vedete venir nulla:! - Si, delle felicitazioni e degli auguri dai quattro angoli del mondo.... pel nostro nemico. così inevitabile quella guerra colossale e paurosissima alla quale già da lungo tempo - pur fingendo di volerla in ogni modo evitare - gli Stati europei si vanno preparando con assidua cura e con incalcolabili sacrifizi, sempre crescenti. Questa guerra immane e devastatrice auspica e sogna, per fatale necessità storica e psicologica, il militarismo; e sinché esso non sarà domato, e istituzionalmente distrutto, sinché conserverà l'organizzazione sua professionale ristretta ed esclusiva, pervertitrice del senso etico ed istigatrice delle passioni più bl'Utali, non sarà mai possibile che al sacro cò~pito della difesa nazionale, cui ogni Stato deve indispensabilmente provvedere, non s1 sovrappongono - complici gl' interessi egoistici (i) Op. cit. p. 33. (2) V. To1stoi : « Patriottismo o pace 1 » nel num. di Gennaio 1899 della « Vita Internazionale». (3) Non deve forse far impressione, ad esempio, il fatto che nel r ..cente congresso socialistico di Hannover lo Schiippel abbia potuto sosténere a spada tratta (trovando seguaci e difensori) il sistema degli eserciti stanziali 1 Caso più enorme, davvero, non ~i poteva dare I (Figaro di Parigi). Indubbiamente l'emigrazione, se in proporzioni considerevoli, indica che nel paese di origine c'è malessere economico o politico. Ora le cause politiche di emigrazione o non sussistono più o sono temporanee. Non sono più i tempi delle persecuzioni religiose o politiche, nei quali i Pellegrini dal Regno Unito volgevano le prore verso il nuovo mondo in cerca di ìibertà. Se l'amore di libertà è ancora vivo in qualche emigrante, il caso costituisce un fenomeno individuale e non mai potrà essere dato come indizio di una condizione che interessa delle vere collettività. La stessa emigrazione politica che dette l'Italia dal 1821 al 1860 e la Francia sotto il 2° Impero non, presentò affatto i sintomi economico-sociali, che caratterizzano l'emigrazione contemporanea. Le ricerche ufficiali che si sono fatte in tutti i paesi sulle cause, che generano attualmente l' emigrazione sono concordi nella designazione del malessere econ,J. mico come movente principale 1Wal,3sser·e conomico, intanto, non dev'es.,ere interpretato sempre come sinonimo di esfrema miseria material,e ; anzi ordinaria-

Rl'P'IST,4P.OPOLARE'DI POLITICA LBT1:BRBB SCIBNZBSOCJALI mente coloro ohe sono caduti nella estrema miseria hanno perduto quella energia morale eh' è sempre necessaria per emigrare : essi si adattano all'ultimo abbrutimento e fanno concorrenza alle bestie da lavoro, nel servilismo, nell'abiezione, nella niuna cura e preoccupazione per migliorare la propria condizione. Non hanno, quando sono discesi in tale basso stato, i mezii per emigrar.e ; ma anche se ricevessero g1·atis il passaggio pel Brasile o per altre parti del mondo non si moverebbero. I rapporti dei Prefetti italiani quando fu fatta una inchiesta ad hoc, e le relazioni che di tanto in tanto vedono la luce sul Bollettino delle notizie agricole , la inchiesta privata fatta dal Nitti, e i rapporti che mandano alcuni consoli diligenti tolgono ogni dubbio su questo proposito. Ma che la causa precipua dell'emigrazione, come fenomeno collettivo, sia il malessere economico risulta dalla sua vera stessa distribuzione geografica. Sono alcune provincie del Veneto e sono le più derelitte provincie del Mezzogiorno, che danno il maggiore contingente all'emigrazione permanente o temporanea. In Sicilia era. sconosciuta ; ma appena la filossera elimina il -lavoro e la crisi agraria si fa sentire, l'emigrazione vi fa capolino e in poch1 anni in alcuni paesi vi assume proporzioni allarmanti. D'altra parte migliorate legislativamente le condizioni economico-sociali dell'Irlanda vi diminuisce il grande esodo che in pochi anni, dall'anno della carestia del 1847 in poi, tolse all' Isola Verde metà della sua popolazione : circa quattro milioni. Vi si mantiene ancora relativamente alta - 35,678 emigranti nel 1897 - perchè ancora tristi si mantengono le sue éondizioni economiche e non manc·.adel tutto l'oppressione politica e religiosa. Il progresso della prosperità inglese può essere desunto dalle cifre della sua emigrazione - sebbene rigonfiate dai non pochi stranieri che vengono in essa confusi : era di 152 mila nel 1881-85; discese a 123 mila nel 1891-95; si ridusse a 94 mila nel 1897. Si noti che nella popolazione inglese il desiderio di un miglioramento è più influente che non la sofferenza materiale del momento, come movente a valicare l'Oceano. E l' inglese lo valica con un certo orgoglio e con una certa sicurezza perchè di ordinario va nei propri dominii e non è trattenuto dall'Ef:nigrare da alcuno di quei fattori morali e sentimentali, che possono agire, ad esempio, sugli italiani i quali sanno già, per ripetuta e dolorosa esperienza, che lasciando il loco natìo sono molte le probabilità di andare incontro alla caccia all' italiano I Più istruttive ancora sono le cifre relative alla Germania. La grande crisi del 1873 fu seguìta da un movimento migratorio spaventevole principalmente verso l'America del Nord. Si mantenne a 771 mila in media nel quinquennio 1881-85; discende rapidamente a 97 mila e ad 80 mila nei due quinquenni 86-90 e 91-95; la troviamo infine ridotta a 23 mila nel 1897. Ecco fatta la storia della sua prosperità industriale ed economica. E lo ricordino i nostri guerrafondai : accenna a cessare l'emigrazione tedesca quando la Germania acquista dominii coloniali. Ben diversamente e dolorosamente parlano le cifre per l'Italia. L'emigrazione europea che nei suoi maggiori centri di attività primitiva diminuisce rapidamente, aumenta con altrettanta rapidità tra noi. Fu di 64 mila. nel 1881-85; si elevò gradatamente a 133, a 150, a 187, a 197, a 174 mila nei quinquenni 86-90 e 91-95 e negli anni 96-97. La diminui,ione dell'ultimo sul precedente anno non ha importanza; la ripresa c'è stata nel successivo, a giudicare almeno dell'emigrazione negli Stati Uniti sulla quale c'è l'ultimo rapporto di Egisto Rossi. Era stata di 56,641 nell'anno amministrativo 1897; si elevò a 76,489 in quello 1898-99: la cifra massima nel decennio. La Germania coi suoi 55 milioni di abitanti nello stesso anno non figura che con 13,925 emigranti! (Bollet.ino del Minis ero degli affari esteri. Dicembre 1899). È innegabile che attorno a questo movente principale d'indole economica si aggruppino altri fattori d' indole psicologica nel determinare l'emigrazione, come bellamente ha dimostrato il Prof. Caletti; ma il fattore economico rimane assoluta.mente preponderante. I fatti che si sono riportati ne danno la dimostra- . zione statistica; ed essi insegnano in pari tempo che· qualunque na ?ione, che vede determinare nel proprio seno una corrE>ntemigratoria com1iderevole e persistente, deve già scorgere in essa il segno più sicuro .di un profondo stato di malessere, che deve richiamare l'attenzione dei politici, ai quali incombe l'obbligo di conoscere e di provvedere. * .... Mentre l'emigrazione che assume certe proporzioni costituisce un indizio sicuro che nella compagine di un popolo e' è qualche cosa che rivela la malattia, essa rispettivamente allo stesso popolo dev'essere considerata come un bene. Qualche vantaggio ne ritraggono i lavoratori che rimangono, se altre cause non paraliziano quello che ieoricamente dovrebbe essere la conseguenza diretta della rarefazione delle braccia, cioè: l'aumento dei salari. Potranno i latifondisti e i grandi industriali guardare al fenomeno con occhio pauroso; ma i!l complesso essi stessi dovranno riconoscere che l'emigra,ione rappresenta una grande valvola di sicurez; a. Dato il malessere che )a cagiona, se essa non fosse, certamente i vapori compressi determinerebbero uno scoppio; e questo sarebbe tanto più facile inquantochè gli elementi che emigrano sono di ordinario i più attivi, i più energici, i più intraprendenti. In un caso solo si potrebbe non pensare a questa esplosione, là dove manca l'emigrazione pur agendovi le cause determinatrici della medesima: quando, cioè, la miseria, arriva a tale grado da produrre l'adattamento a condi~ioni di vita inferio~e. L'adattamento completo allora è preceduto di ordinario da un incremento nelle manifestazioni criminose. Ma l'emigrazione non è semplicemente una valvola di sicurezza politica, un grande diversivo; è pure un fattore di miglioramento economico non soloper coloro, che partono, ma anche per quelli che rimangono, e pel paese di origine. Si è fatto il conto di ciò che costa l' allevamento e \

'R. IYIS'IA POPOLARE 'DI POU'IICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI l' educazione di un uomo ; e perciò si è calcolata la perdita di capitale, che fa uno Stato colla emigrazione. Ma c'è all' attivo una contropartita che rappresenta vantaggi economici considerevoli, forse di gran lunga preponderanti e compensatori della prima. L' emigrazione tedesca sicuramente è stata il fattore primo più importante dell' aumento dei consumi della produzione della Germania all'estero. Per la Germania la merce ha seguito l'emigrante, in modo più sicuro che non la bandiera come segno di potenza politica. Non m'indugierò adesso a mostrare come e quanto l'emigrazione irlandese dagli Stati Uniti e dal Canadà .coi milioni mandati alle Land league e coll'organizzazazione del fenianisnio abbia contribuito al gladstoniano land act del 1881 ed al rilevamento economico e politico dell'Irlanda; ma voglio fare poche considerazioni sulle benefiche conseguenze che ha avuto in Italia l'emigrazione. lascia la patria, - a differenza degli irlandesi, degli inglesi e dei tedeschi - colla speranza di ritornarvi appena avrà raggruzzolato un qualsiasi capitaluccio. Perciò i suoi risparmi egli di ordinario li manda in Italia; e da questi inv~i, che riuniti lira a lira formano centinaia di milioni all'anno - nonostante quelli che vanno perduti per mezzo dei banchieri (?) italiani, del famoso sistema-padrone, illustrato dal Coren in uno degli splendidi Bollettini dell' Ufficio del lavoro di W ashington - ne è venuto in molti punti un sensibile rilevamento nelle condizioni economiche di alcune regioni d'Italia. In quanto al miglioramento della condizione degli emigranti è innegabile; ed è forte. Esso spiega come e perchè i nostri lavoratori continuino ad emigrare nella Svizzera, nella Francia, negli Stati Uniti, nel Brasile quantunque sappiano che vi siano esposti alla caccia all'italiano, al linciaggio, al trattamento da Tra noi la densità della popolazione di 109 è già elevatissima te• nendo conto del poco sviluppo delle industrie - e infatti l'emigrazione è fortissima nel Mezzogiorno che manca d' industrie-, e dello enorme spazio occupato da monti incoltivabili e inabitabili - oltre 4 milioni di ettari. È anche elevata di troppo la natalità che oscilla tra 37 e 35 per 1000 abitanti e che riesce ad un eccedenza di nati sui morti che negli ultimi anni è divenuta più considerevole per la diminuzione sensibile della mortalità. In queste condizioni geografiche, biologiche ed economiche, aggravate dalla lentezza con cui si sviluppa la ricchezza, insidiata Un proverbio schiavi nella Fazendas. Quando si sa che il salario di un contadino in Italia non arriva - nei giorni di lavoro - a una lira al giorno, e che gli slums - la feccia degli operai italiani - in Chicago guadagnano da lire cinque a lire sette e cinquanta centesimi al giorno, si comprende benissimo che i nostri miseri lavoratori debbano affrontare ogni onta, ogni pericolo pur di potere vedere schiusa innanzi a loro la prospetti va di una vita umana, quale non è loro consentita in patria l ad uso degl'lnglesi. perpetuamente dal regio fiscalismo, Un proverbio ad uso degli inglesi. !Non stanno le ragioni precipue, che rendono bisogna mordere le <:oseche non si possono mangiare. necessaria e benefica l' emigrazione. I L'emigrazione ha i suoi punti neri. Gli accenni alla caccia all' italiano, ai linciaggi, alle bar barie ed alle torture delle fazendas, alle truffe organiz'.!~te ai danni dei nostri concittadini col sistema-padrone dicono che ( Tribune di Minnepolis). governanti d'Italia se il fenomeno non si fosse determinato spontaneamente, se non fossero stati destituiti del tutto di sapienza politica, avrebbero dovuto artificiosamente promuoverlo, come lo provocarono e favorirono direttamente in altri tempi in Inghilterra. Non solamente per questo l'emigrazione riesce benefica all'Italia - cioè quale val vola di sicurezza che impedisce lo scoppio di vapori generati e condensati dal malessere economico e politico; ma anche quale fattore della sua prosperità economica. La merce italiana non segue l' emigrante connazionale nella misura accennata dalla merce tedesca ; poichè sono scarsi negli italiani: la coltura, il sentimento nazionale e la forza di consumo; ma certamente l'emigrazione ha contribuito abbastanza nell'aumento del movimento d'importazione e di esportazione tra l'Italia e i paesi dove quella di preferenza si dirige. Gli stessi difetti che rendono all'estero inviso e disprezzato l'emigrante italiano agiscono beneficamente verso la madre patria. L'italiano in America o altrove, pel suo basso tenore di vita (standard of life), si condanna a tutte le privazioni; consuma poco, e sempre molto meno di quello che guadagna. Di più l' italiano la nazione e lo Stato, in forza della emigrazione subiscono indicibili amarezze ed umiliazioni, che talora possono tradursi in pericoli di lunghe e penose trattative diplomatiche e di esplosioni di odi - come dopo Marsiglia ed Aigues Mortes. Ciò eh' è ancora più strano e doloroso si è che il paese spesso deve ap • prendere delle notizie non liete sulla sorte dei nostri poveri emigranti prima che essi e·scano dal regno, o durante il loro viaggio, o appena sbarcati nel luogo ove sono diretti. Si apprende che essi sono stati ingannati o derubati da agenti o pseudo agenti di emigrazione; o che sono stati disumanamente trattati a bordo di certi vascelli-fantasma dove hanno incontrato la morte o il martirio; o che abbandonati a loro stessi - deboli, divisi, senza conoscenza della lingua del paese, senza mezzi di sussistenza _ sono stati accaparrati dai mercanti di carne umana, dai bosses che li sfruttano nel modo più scellerato. Ecco la necessità suprema dello intervento attivo, e intelligente dello Stato: necessità brillantemente formulate dall'on. Pantano in questi termini: « Problema altamente politico, sociale ed economico,

'R,.IVIST A POPOLARE Dl POLl"IIC~ LETTERE E SCIENZE SOCIALI l'emigrazione non rispecchia soltanto le condizioni ec- -cezionali e transitorie dell'ora che passa, ma quelle altresì che esercitano un'azione permanente sulle correnti spontanee e naturali d'un paese: correnti eh➔ bi- ,sogna usufruire nella misura del possibile a beneficio -della civiltà e degli interessi italiani, facendo dell'emigrazione una forza feconda di espansione nazionale nel mondo, anzichè un esponente cronico della nostra miseria morale e materiale. « Da ciò il dovere e la necessità ad un tempo di tutelare l'emigrante prima che lasci la patria, durante il suo esodo attraverso i mari, e dopo che arriva nei luoghi di destinazione, contro lo sfruttamento a cui qui -e fuori, è fatto segno da. ingordi speculatori. » Per rendere migliore la sc•rte degli emigranti italiani nelle regioni dove essi vanno a portare la lc,ro forza di lavoro sarebbe necessario: che aumentasse la ·1oro coltura morale e intellettuale; che tra loro crescesse la solidarietà; che evitassero di determinare quella concorrenza del lavoro, che li rende sopratutto Questo dovere dello Stato emerge chiaro dal fenomeno stesso della emigrazione. « La corda del senti- < mento e gl'impulsi della ragione, la tradizione leg- ~ gendaria e la cronaca palpitante; tutti i dolori come « tutte le speranze, tutte le delusioni come tutti i « successi, vibrano e s'intrecciano talmente in questo « grandioso poema dell'emigrazione, da eccitare ad un « tempo le seduzioni della fantasia, la passione deUe « indagini e le meditazioni dell'intelletto .... Dalle tolde « delle navi che salpano settimanalmente dai porti di e Genova e di Napoli, io vedo per l' aria agitarsi a « migliaia le braccia dei lavoratori che, salutando il <' 1uogo natio. sembrano chiederci con muto, commo- « vente linguaggio: a quando la vostra legge tutela- « trice ? E in fondo, più lungi, al di là Oceano, sulle « rive del Plata, nelle fazendas del Brasile, nelle basse « pianure del Parà, altre braccia, altre voci che in- « vocano, che attendono dalla patria lontana la parola « confortatrice della solidarietà nazionale. » Così l'on. Pantano, con un lirismo reso efficacissimo Circo Boero, Esercizio di cerchio dell'impareggiabile Chamberlain. odiosi in Europa ed un poco negli Stati Uniti di America. (1) Per ottenere il miglioramento intimo, per così dire, della massa emigrante l'azione dello Stato non può essere che scarsa; sopratutto lenta e indiretta. Ma lo Stato può e deve fare molto per impedire che il povero emigrante venga derubato e sfruttato prima d'imbsrcar,:1i, e venga umanamente trattato a bordo, ed abbia un minimo di assistenza appena arrivato alla residenza prescelta. (1) Della concorrenza del laooro mi sono a lungo occupato • dooo A ie"ues-Mortes in Quistione Ardente. Tra breve tratterò della criminalità degli italiani all'estero. La conrlizione economica e intellettuale dei nos:ri emigranti viene risp~cchiata da queste ,cifre, che tolgo dal citato ultimo rapporto del Rossi. Nel 1898-99 possedevano dollari per testa gli emigranti dalla Germania L. 49.25 dalla Francia 38,61 dall'Inghilterra 33.87 dal!' Alta Italia 20,93 dall'Italia .llerldlouale 8,t~ Gli ar:alfabeti distinti per nazionalita formavano il '16, ~• mO -tra gl'italiani del Mezzogiorno; 24,59 della Russia; 20,59 della Grecia; 16,67 della Turchia: i 2,97 della Spagna; 10,20 dall'Alta Italia: 1,85 dalla Scozia; 0,65 dalla Svezia e Norvegi11.. (Rire di Parigi). dalla corrispondenza precisa colla realtà del_contenuto, nella relazione della Commissione parlamentare sul disegno di legge del governo e sull'altro d'iniziativa parlamentare da lui stesso e da altri presentato nella passata s~ssione in nome di tutta l' Estrema Sinistra il 2 Dicemhre 189;:J. Con questi disegni di legge nella misura del possibile si mira ad eliminare gli sfruttamenti prima dell'imbarco, e i maltrattamenti a bordo dei vapori che conducono al di là dell'Oceano i nostri emigranti. Tra la Commissione - di cui sono anima l'on. Luzzatti e l'on. Pantano - e il Governo pare che sia completo l' accordo per provocarne subito la discussione. La quale riuscirà interessantissima) poichè sarà una vera battaglia contro il capitalismo italiano, che per riuscire meglio nello sfruttamento dei miseri lavoratori ha organizzato un trust tra le compagnie di navigazione italiana ed estere, al quale pare abbiano acceduto abtorto collo anche gli agenti d.i emigrazione. La battaglia sarà viva precisamente attorno a que sto. punto del trust che gl'intesessati hanno già fatte negare dai· loro· organi, su di cui 1'on. Pàntano lia :::-

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