'l{.IJTISTA'POPOLAREDI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALl 9 FINIAMOLA! Pasquale Gibelli è un onesto e noto avvocato di Milano dalla barba evangelica e dai modi sgradevoli; duro, ispido quando scrive. Ma egli è un cuor d'oro'. che va seo-nalato all'affetto ed all' ammirazione degh i:, italiani per due qualità, che mancano generalmente alla massa dei nostri concittadini: il coraggio e la sincerità. Si può dissentire da lui su questo o su quell'altro punto - e chi scrive dissente da lui su parecchi punti-; ma si deve sempre discuterlo con· rispetto, perchè si sa che ciò che egli dice lo pensa e lo sente. Pasquale Gibelli lotta e scrive coraggiosamente pro repitbblica e in questo pamphlet dal titolo: Finiamola! pubblicato in Lugano, insiste sulla necessità della forte organizzazione di un partito repubblicano attivo e cosciente. Non si può essere di accordo con lui sulla classificazione dei partiti, che egli in fondo vorrebbe ridurre a due - monarchico o conservatore e repubblicano o progressista: qui c'è un semplicismo che contrasta• colla storia. S'illude, pure, e troppo sul paese distinguendo comodamente paese reale da paese legale. E su questa distinzione è necessario fermarsi. Non facciamoci illusioni, amico egregio! Dove il paese reale è sano e vivo, del pari sana e viva è la rappresentanza. Può esservi qualche sproporzione determinata dalle qualità personali di un candidato o da particolari condizioni locali - così vi sono collegi senza colore o monarchici di Sicilia, e di Calabria eP,Cc. he sono rappresentati da repubblicani; mentre in Lombardia, nelle Romagne, nelle Marche ecc. collegi repubblicani o socialisti hanno per rappresentanti dei monarchici. Ma queste dissonanze sono parziali, sono temporanee e sopratutto si compensano tra loro. Tutto sommato si deve concludere che il paese non è migliore della propria rappresentanza ; in qualche parte è peggiore. Ed a questo proposito e bene rilevare che a torto repubblicani e socialisti si sono scandalizzati di ciò che disse l'on. Sacchi nel discorso di Bologna sulla differenza che c'è - e non piccola tra i precedenti delle ordinanze di luglio 1830 in Francia e quelli del Decreto-legge del 1899 in Italia. La differenza enorme, per quanto spiacevole e vergognosa per noi, sta in questo: il ministro Polièmac emanò le ordinanze di litglio contro la Cunera dei Deputati, che l'aveva battuto; il ministero Pelloux emanò il decreto-legge col consentimento di tre quarti della Camera dei Deputati, che aveva approvato in prima lettura il principio informatore dei provvedimenti politici. Il ministe;o Polignac non poteva vivere senza violare la costituzione; il ministero Pelloux poteva dare la vernice dalla legalità alla riforma in senso reazionario dello Statuto. La violen~a pel primo fu estremo tentativo per vivere; la violenza pel secondo fu libidine di reazione. La differenza nelle situazione parlamentare e mini· steriale, tra la Francia del 1830 e l'Italia del 1899, sottolinea e rende vivissima, come la luce del sole in un meriggio di luglio, la differenza profonda che c'è tra i due paesi reali, e che viene espressa dalle conseguenze diverse ch'ebbero i due attentati contro la costituzione. In Francia il paese reagisce contro le ordinanze di Polignac colle giornate di luglio che mandano a gam-_. be in aria là monarchia legittimista; in Italia il pa·e• se reagisce contro il Decreto-Legge divertendosi con molto infantilismo o con molta senilità a chiamare il Pelloux il signor Pellugnac .... spiritosamente credendo così riavvicinare il nostro Presidente del Consiglio al ministro Polignac, senza avvedersi che addita in lui un Polignac diverso: un Polignac fortunato ..... per no• stra meritata putiizione. E giacchè mi ci trovo, voglio ricordare un altro esempio della sbagliata distinzione tra paese reale e paese legale. Me lo somministra la 'politica africana. Tutte le responsabilità della nostra sciagurata politica coloniale si vollero addossare a Francesco Crispi, che tante altre ne ha. In realtà la colpa dell'ex Presidente del Consiglio è grande a1,che in quella faccenda; ma con lui sono solidali i ministri, il Parlamento, il paese. L'on. Colajanni tbbe il coraggio di dirlo chiaramente alla Camera, a tempo debito. Il .paese voleva la politica coloniale; quella parte che realmente e fortemente non la voleva - il Piemonte, la Lombardia - bastò che affermasse la propria volontà per imporsi al resto e produrre la remora, che per un momento parve preliminare di abbandono dell'Africa, nella politica coloniale del Ministrò Di Rudinì. Un altro esempio più recente della illusione di coloro che vogliono stabilire un taglio netto tra, il paese reale e il paese legale, lo fornisce la storia dell' ostnizioni · smo. L'estrem,a sinistra ha fatto il proprio dovere ricorrendovi; l'ha fatto bene, come meglio non potevasi nelle condizioni del Parlamento, di Roma, dell' Italia. Ma l'opera sua non ha che un valore morale, almeno per ora; non ha alcuna efficenza pratica e politica. Perchè l'avesse bisognerebbe che la capitale del regno - non voglio dire come la chiamava il colonnello .Ripari! ·- avesse vita, sentimento, passione, attività po• litica. Non l'ha; esaurisce tutte le sue energie nelle chiacchiere del Caffè Aragno ; riserva le sue predilezioni per i vermicelli al sugo o per i carciofi alla giudia; esplica la sua vita al pallone, alle bocce e nei quintini del vino più o meno autentico delli castelli. L'ostruzionismo, giusto, santo, doveroso - sino nell'abbattimento delle urne - per dare i suoi risultati pratici e politici come nel Belgio.... o in Austria; come condizione sine qiia non, avrebbe bisogno del paese che stasse dietro le spalle dell'Estrema ... (1) Il paese, invece, o si è divertito un mondo, come gl'inglesi si divertono al combattimento tra i galli, e gli spagnuoli alle corridas cle toros, alle narrazioni dei pugni scambiatisi (i) Questo articolo dello Zotico ci per\·enne molto tempo fa e non fu pubblicato sinora per mancanza di spazio. Non ha perduto d'attualità. Oe-gi, però, accennando al Belgio, il nostro collnboratore avrebbe tenuto cento di una conispondenza di Bruxelles all' Acianti I nella quale, mulinconicamente si osservava che i polmoni di Vanrier Smeet non valsero ad impedire il trionfo di una maggioranza cosciente e disciplinata. E ciò, perché il popolo no1;1 era più in armi a sostenere in piazza i radicali e i socialisti 1 E bene saperlo. N. d. R.
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