RIPISTA POPOLARE'DI POLITICA LBTTBRBB SCIBNZBSOCJALl scendon torvi e minacciosi alla riva o si indugiano lievi cullandosi fra i giunchi, quanta forza da utilizzare, anche per le campagne, quale fonte di prospe - rità nova per la nazione! ... Ma a tante ricchezze de la natura fanno un triste e stridente contrasto le nostre miserie sociali. Coi terreni più fertili e più feraci del mondo noi abbiamo la produzione più misera. La Francia ha un reddito per ettaro di circa il doppio e l'ha quasi tripla l'Inghilterra. Ribassando appena, e non sarebbe un gran guaio, dell'uno per cento l'interesse del debito pubblico, sarebbero cirLa 140 milioni ogni anno che lo Stato verrebbe a guadagnare. Altre economie potrebbero farsi e non lievi nei bilanci militari, ed in altre spese improduttive ed eccessive, non esclusa la lista civile. Traducendo queste economie in diminuzione d' imposte in gran parte si solleverebbero le condizioni dei contribuenti e si permet,terebbe la formazione del capitale necessario all'agricoltura, olt.re la grande elasticità che si assicurerebbe al bilancio, e che sinora - come risulta dall'ultima esposizione dell' on. Boselli, a chi sa leggere tra le linee, è un pio desiderio. Il cap:tale nuovo poi, diminuita la convenienza dell'impiego nella compra di cartelle del debito pubblico, di preferenza accorrerebbe ai campi. Quando governo e clas!:'idirigenti: riflettendo meglio sui loro veri interessi materiali e politici, che non dovrebbero essere in urto con quelli della nazione tutta intera, pensera1;mo a sacrificare le utilità egoistiche del momento e le velleità megalomani, quando l'affarismo più spudorato e la ruberia più sfacciata non saranno l'unica regola di governo; quando si penserà a divenire più seri, più coscenti di noi stes::ii, più amanti di civiltà vera, e si curerà di richiamare in onore l'agricoltura, non con le teatralità vane del campicello e delle feste degli alberi, ma sibbene destinando una parte considerevole de le entrate alla principalissima de le funzioni di uno stato civile, la produzione; solo allora l'agricoltura nazionale potrà avere un potente impulso, e l' Italia conquistare con la prosperità e la civiltà quel posto fra le grandi nazioni che i dazi protettori, le baionette ed i cannoni non le consentiranno mai. Ed allora, noi potremmo vedere di anno in anno assottigliarsi le cifre dell'emigrazione - contro la quale all'estero si prendono provvedimenti umilianti pel nostro paese -, vedremmo allargarsi l' istruzione nelle masse ed il nostro popolo potrebbe sperare di non essere oltre il più ignorante del mondo incivilito. Ed aumentati il lavoro produttivo e l'istruzione e con essi il benessere e la ricchezza nazionale, diminuirebbero i delitti e conseguentemente le spese giudiziarie e di polizia in genere. E le nostre statistiche sanguinose e vergognose (1) migliorerebbero, vedremmo salire i salari e il consumo, ~ttenuarsi questo senso di sfiducia, di sconforto, di diffidenza generale, che invade tutte le classi sociali ed infesta tutte le sorgenti dell'attività nazionale. (i) Vedi il mio artìcolo- Il novo primato cl'ltalia- Riv. Popol. anno IV. n. i2. Liberato il popolo dal dominio feroce di due terribili tiranni, l'ignoranza e la fame, col renderlo ognora più incivilito, più cosciente dei propri doveri, più vigile custode dei propri diritti, lo si troverebùe meno indifferente alla vita pubblica del suo paese, e potrebbe col suo intervento purificare la fangosa palude de la corruzione sfrenata, che tutto- circonda, insozza, sconvolge. E quando le classi dirigenti si saranno messe su questo terreno, e nel bilancio dello Stato saranno stanziate somme adeguate ai bi~ogni dell'agricoltura; quando il Ferraris nori sarà più costretto a riconoscere che «l'Italia agricola è rimasta negletta, dimenticata, « e la politica Italiana non ha ricordato che tutto è « povero dove l'agricoltura è povera - « pouvre paysan, « pouvre 1·oyaume, pmwre Roi! » - oh! allora i capitali privati accorreranno anch'essi in sollievo dell'agricoltura, •e più opportunamente e con maggior vantaggio potremo ripetere l'appello del Ferraris : « Agricoltori italiani, uniamoci! « Nel nome della cooperaz'on~ agraria è sorta da un « angolo all'altro di Europa una nuova forza, quasi una « nuova fede. I suoi grandi risultati, i suoi benefici ef- « fetti, morali e materiali rifulgono ogni giorno di più: « governi e parlamenti di paesi, ben più ricchi ed in- « dustriali del 1103tro,informano alla politica agraria « il loro programma econ mico » . FRANCESCO Lo SARDO. RULE BRITANNIA I Mario Rapisardi, il forte e sdegnoso cantore d•-lla libertà, ha scritto un'ode: Rule Br·itannia! che non è stata ancor messa in vendita dai libr1.1i.Egli si leva fierjss·mo contro l'ipocrisia e la prepotenza britannica e chiude con queste Htrofe, che riproduciamo colla sicurezza di fare cosa graditissima ai lettori della Rivista; .... se unct stirpe ctltem, clai tuoi ,niraggi illusa, Fedele al tuo oessillo, arma per te lct man; Se una plebe opulenta, ai meretrici aclusa, clocile ai tuoi clelitti, l'oro non presta inoan; Se la saggezza in vacui filosofemi assorta, Ficla alla forza o al caso elci popoli il destin; Se l'Europa, ,nezzana coclarclamente accorta, Brincla alla pace, ed orncisi di ,narzia fronda il e rin; Se il buffoncel cli corte la sonagliera squassa, E 1niagola oittorict clell' inno regio al suon; Se, palpanclosi i lombi, l'estetico bardassa Le belle prooe esalta dell'anglico cannon; Milton, il sacro oate, su la reggia abborrita Poggia grancle, spettrale, e clice al mondo : No! E a lei, che sogna imperi, il feral palco addita, Su cui la scure un perjtclo capo regal mozzò. MARIO RAPISARDI. ../"-../~~"-/"-~ D.r NAPOLEONE COLAIANNI L' ITALIA NEL 1898 (Tu:rn.ulti e reazione). LIRE UNA
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