Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VI - n. 1 - 15 gennaio 1900

6 RIPISTA POPOLAREDI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI mente le asciutte vene de la nazione, senza riflettere che, come osserva il Casaretto sulla Riforma Social,e, confortando l'osservazione con l'esempio dell' Inghilterra - « ammesso pure che le nazioni moderne abbiano a ricercare, come gli antichi monarchi, titoli di gloria nei fasti militari, mai potranno raggiungerla, se non preparando in pace, con una saggia politica economica e con una finanza austera, una poderosa agiatezza nella popolazione. » - D'onde e come può venire tale poderosa agiatezza all'Italia? Ritorniamo ai campi: ecco il grido che urge tutti i paesi inciviliti, l'Italia in ispecie. Ma, pochi sono ancora fra noi gli uomini pubblici che volgano appena uno sguardo all'agricoltura, a questa, se non sola, cert > più solida e sicura ed inalterabile fonte de la ricchezza nazionale. Fra questi pochi è l'on. Maggiorino Ferraris del cui artic lo intendiamo occuparci non per muovere appunti, che non sarebbe concesso a noi piccoli e oscuri, ma per esporre semplicemente e alla buona alcune riflessioni, che la lettura di quello studio ci ha suggerito. Il Ferraris, da conservatore oculato ed intelligente, dopo aver gettato il grido di allarme sul malcontento generale de la nazione, malconironto che accenna ogni giorno più ad aumentare ed organizzarsi, malcontento, che mette in pericolo le istituzioni e a di.struggere il quale è necessaria una ben'intesa e solida politica agraria, viene a constatare quali sono i termini principali del problema agrario in Italia, e così li determina: lavoro, associazione, capitale 1 istruzione. Egli constata la importanza di questi fattori, ma non cura di notare: che il lavoro non è per nulla favorit? e difeso con valide legge sociali, mentre invece sono protette, difese, favorite la taccagneria e le spoliazioni dei proprietari e capitalisti, ne è un esempio il da1io protettore sui grani e sulle farine; che le associazioni mutue lungi dall'essere ai 11tate e difese dal governo vengono fieramente combattute sì nei periodi non molto rari di dissenteria reazionaria, come pure in tempi normali; uhe il capitale, appena accenna a costituirsi viene strozzato dal fisco sempre avido ed insaziabile; che l'istruzione è circoscritta alle classi privilegiate ei è molto classica e poco moderna e positiva. Ma non è di questo che voglio occuparmi, nè rileverò quella parte interessantissima dello studio che si riferisce agli istituti agrari e allo sviluppo agricolo degli altri paesi. Volgo invece l'attenzione alla riforma agraria formulata dall' A. ed ai mezzi per conseguirla. Anzitutto mi affretto a riconoscere che l'ordinamento agrario tracciato a grandi linee dall' on. Ferraris sarebbe senza dubbio ottima cosa e di incommensurabile vantaggio per la ricchezza agraria nazionale, anche perchè lascerebbe sufficiente libertà ai coltivatori e perchè non è infestato dalla tabe accentatrice; ma. è egli possibile così com'è stato ideato, ed è da solo adatto ad avvantaggiare seriamente le condizioni dell'agricoltura nazionale? Ottima cosa sarebbe, perchè, se da un canto gioverebbe a strappare dagli artigli del fisco e dai tentacoli dell'usura il piccolo proprietario, rendendo meno precaria e dolorosa l'esistenza delle classi medie - infelicissime fra le infelici - da l'altro poi sviluppereb be quel principio di cooperazione mutua fra piccoli produttori, quella s·,cializzazione parziale di capifo.le, quel collettivism0 verso cui mirano le tendem:e tutte de la vita moderna e senza di cui veri progressi e durevoli vantaggi non sono possibili. Intenti entrambi l'uno più interessante de l'altro, il primo dei quali libererebbe interi paesi, regioni, da funzionari induriti e perfezionati ne le scorticazioni fisca·i, e da tristi e vi vide figure, che dopo aver circuito e sefotto in mille modi il piccolo proprietario per farlo cadere in debito, mostrano di venirgli in aiuto, e lo trascinano inevitabilmente alla propria rovina con un piano prestabilito e ben organizzato di vessazioni spietate ed ipocrite concessioni; il secondo renderebbe possibile lo esperimento di quella grande verità constatata dal Goltz, che cioè « l'influenza che le Unioni Cooperative hanno esercitato, e tutt'ora esercitano, sul progresso dell' agricoltura è ad un tempo molteplice e profonda...... Le Unioni di credito costituiscono la base dell'intero sistema cooperativo .... Quindi non solo i singoli agricoltori, ma anche lo Stato hanno un grande interesse alla diffusione ed alla prosperità intrinseca delle unioni. La cura di esse costituisce un ufficio importante dello Stato che fino ad ora (parlo della Germania non già dell'Italia!) esso ha completamente adempito> e potrebbe rendere i governanti nostri più cauti ne la mania persecutrice d'ogni principio di associazione. Ritengo però che non sarebbe così facile nel paese nostro trovare i capitali necessari all'ideata riforma col concorso delle attività private, nè stimo consigliabile quella specie di inversione di parte del risparmio nazionale esistente ne le casse postali. Per ciò che si riferisce ai capitali privati, malgrado gli insegnamenti del Lampertico accettati dal Ferraris, ritengo che veramente dei capitali non ve ne siano troppi in Italia. Queste poche cifre credo conferiscano una certa attendibilità al mio asserto: La ricchezza privata dell' Italia ascende a soli 54 miliardi, mentre le cifre per gli altri stati più importanti di Europa sono: Inghilterra 251, Francia 225, Germania 220, Austria Ungheria 86, Belgio 34. Ma, ve ne_fossero pure a iosa, i capitalisti, piuttosto che consacrarli all'industria agricola i cui prodotti non sono immediati, nè sempre sicuri, trovano più comodo investirli in cartelle del debito pubblico, dal momento che senza alcun grattacapo e senza alcun pericolo possono percepire un interesse non indifferente qual è quello del debito pubblico italiano. Per ciò che rigqarda i fondi de le casse postali di risparmio, bisogna notare che essi appartengono per la maggior parte a povera gente, che si leva il pane di bocca per raggruzzolare quelle poche decine o centinaia di lire. Se noi potessimo compulsa.re le cifre statistiche dei depositi annuali si vedrebbe quanti di essi non arrivano alle cento lire. Ora tutta questa povera gente, operai, impiegatucci, minuscoli proprietari, è egli assodato che seguirebbero a depositare i loro risparmi alle cassi postali quando avranno appreso che i fondi di quelle casse saranno in parte destinati all'ordinamento agrario? Data la diffidenza e la disfiducia. ed il misoneismo cieco del pubblico, che hanno il loro fondamento un po' nella ignoranza delle masse e molto mag-

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