Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno V - n. 12 - 31 dicembre 1899

RIVISTA POPOLARE VI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOClALJ bito che la rendita di monopolio non esisterebbe, se non si manifestass'j attuosa la legga limitatrice, poi, chè se sovrapponendo caI?itali nel medesimo terreno si conseguissero sempre compensi proporzionali, mancherebbe la ragione di una estesa domanda di terre. Ora il Loria ritiene che la legge limitatric..:eabbia relativamente scarsa importanza nellè!. costituzione economica odierna, benchè non ne neghi l'efficacia anche attuale in modo assolL1to,e ciò mi sembra alquanto contraddittorio alla suprema influenza, che egli attribuisce alla rendita di monopolio, poichè, per la ragione accennata, l'ampiezza di qnest'ultima si collega all'ampiezza della -rendita fondiaria ricardiana. Avverte il nostro autore che il proprietario ha posizione più favorevole anche dello stesso capitalista, -poichè può convertirsi in capitalista, mentre que-iti non può divenire proprietario. Il capitalista può ridurre per un determinato periodo la domanda di terre, ed ?.lla sua volta il proprietario può risP,rvare una parte delle pr,)prie terre ed offrire la rimanente a saggi eleciazioni cperaie, e riferisce le principali norme legislative dirette a regolarne l'azione. Prima di continuare il riassunto delle poderose investigazioni del Loria, soffermiamoci brevemente intorno al contenuto fondamentale delle indagini esposte. G à in altra occasione discutendo della teorica della terra libera (v. Giornale degli Economisti, l 89U fas. 3°) ebbi a manifestare il mio dissenso relativamente alla ripartizione ugualitaria, che si verificherebbe nella associazione mi-1ta. Ed i miei dubbi. non sono eliminati dalle nuove arg0mentazioni dell'autore. Supposto infatti che il suolo sia praticamente illimitato, mediante l'associazione sopra una medesima unità fondiaria, si ottiene un prodotto superiore al doppio di quello che resulterebbe dagli sforzi isolati di due lavoratori, anche in mancanza di applicazione di capitale. Quando uno dei lavoratori è proprietario di capitale, di regola, il resultato è pure maggiore, sia che si tratti di capitale strumenti, sia che si tratti di capitale• alimenti, il quale permetta un prolungamento del processo produttivo. vati di reddito. Ciò determina la formazione di un capitale e,;ces,;ivo si- ~tematico, il _qnale deve essere tanto più grande. cluanto più depresso è il livello, cui vuole ridursi il saggi) del profitto. Ma ogni :incremento di que- ::stocapitale sottratto alla 1,roduzione scema. la produttività dell'industria: vi ~ar,\ una misura di J>roF.tto che consentir.\ al proprietario la massima renditfl, e tale misura prevarra perchè il pro prietario è l'arbitro della distribuzione. Il Loria in seguito esamina con mol - to acume le modificazioni che alla distribuzione arrecano Je mutazioni nell'efficacia degli elementi produttivi, la concorrenza fra i diversi proprietari di uno stesso ele - mento produttivo, ed i ,cangiamenti nell' offerta dei singoli elementi proùutti vi. Non posso fare una rassegna critica della interessante discussione: Dinanzi all'Alta Corte <l.iFJ'ancia. Laonde il lavoratore non potrà pretendere dal capitalista, nè questi potrà consentire al lavoratore, una porzione uguale a qnella che egli percepisce, c..:omenella asso(;iazione pura, senza il sussidio di eapitali, altrimenti nessun vantaggio ritrarrebbe il capitc:dista dall'accumulazione e nessun danno soffrirebbe l'ope . raio dal difetto di essa. Abbastanza l'astensione dall'unità fondiaria sarebbe compensata al lavoratore da una porzione inferiore alla metà del resultato totale, nè egli avrebbe modo di costrin• gere il produttore di capitale a cedergli una ricchezza quantitativamente uguale a quella che lo stesso produttore ottiene. Perciò il profitto può coesistere colla libertà della terra. Le ricer1' he intorno alle mercedi, data l'occupazione della terra, sono molto pregevoli e nuove; da nessuno Glullo Gnerin de Cl111.brol. particolarmente mi paiono rilevanti i riflessi dell'autore intorno. alla concorrenza, che difende da attac(;hi re- -centi ed antichi, dimostrando come le gravi sperequazioni nella distribuzione della ricchezza si debbano alla ·mancanza di concorrenza fra lavoratori e ca(Jitali::iti, fra capitalisti minori e maggiori, fra capitalisti impieganti un.a diversa porzione di terre, fra. proprietnri del capitale produttivo e e dell'improduttivo, fra capitalisti e proprietari. A suffragio delle proposizioni enunciate H Loria, con copiosi dati di fatto, dimostra l'incremento delle rendite agricole. nonostante il deprezzamento dei cereali, e prova pure il cospicuo aumento -di salario, che negli ultimi anni si è verificato in tutti i paesi. Esso non è solo l'effetto della maggiore efficacia prestata. dal lavoratore meglio remunerato, ma .anche della produttività accresciuta in virtù dell' impiego di una schiera di operai, che dovevansi dapprima ·mantenere disoccupati, al fine di deprimere il saggio della ·mer ede. Rileva quiodi come il salario varii in ragione della produttività del lavoro, solo finchè l'am- ·,piezza del risultato sia più ingente dell'incremento del })rofitto e del salario; constata le vittorie delle asso- (Rù·c di Parigi). scrittore gli effetti dello sciopero erano stati così felicemente collegati al movimento dinamico del saggio dei sa• lari. Non dirò che la dimostrazione mi appaia eaauriente; quantunque dette relazioni"fra la· desistenza dal lavoro e le variazioni della misura delle mercedi sian lumeggiate con originalità e sagacia, non mi sembra che la legge del salario normale sia determinata in gui:'!aincontrovertibile e completa. Anche ammettendo che la disoccupazione degli operai sia l'effetto della condotta dei capitalisti, i quali vogliono procacciarsi una riserva di lavoratori per rendere inattuoso lo sciopero, non si può consentire in tutto nei criteri, che a parere dell'autore, valgono a determinare la quantità di soprannumeri, nè può affermarsi t·he tali criteri sian primi ed indipendenti dal1' inco~nita del proposto problema . Il Loria dichiara, come riferimmo, che ogni incre. mento di salari costringe al mantenimento di un minor numero di eccessivi, perchè distoglie gli operai dalla resistenza. Ma se può dirsi che un salario massimo rende inutile codesti operai eccessivi, per l'inefficacia. di ogni c ,alizione diretta ad accrescerlo ulteriormente, e che un salario mini.mo pure rende inutile il mante-

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