Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno V - n. 8 - 30 ottobre 1899

Rl'JTIST..PdOPOURB DI POLITlCÀ L'11TERB B SCIBNZB SOCl..dLl Ugo, (sorridendo) Aspetterete un poco. Voi non sapete quanto io sia povero, e tanto più povero, in quanto che una volta ero infinitamente ricco. Quando misi il piede fuori, avevo le tasche piene di ideali. Credevo di potermi comprare tutto il mondo. Ma è una moneta poco corrente, l'ideale. La gente è troppo ragionevole, troppo ragionevole. La nave fa acqua, si comincia col cari o e si finisce con la zavor,·a: tutto fuori! Carl Amico mio ! Ugo. Non mi chiamate così! Non lo sono, non posso esserlo: c'è un abisso tra noi, ormai. Carl. L'amicizia vi salverà. Ugo. (derisorio) L'amicizia? L'am~cizia tra uomo e donna ? Voi credete ancora ? E un edifizio di paglia pericoloso, pericolosissimo: una scintilla basta a mettere tutto in fiamme. (cupo) Io non ci credo, perchè non posso più credere al buonn, al puro, negli uomini. Carl. Non lo potete. _ Ugo. Io non eono più cf eco. La vita mi ha tolto la benda. Ora vedo l'abisso I cosiddetti nobili sentimenti non sono nobili che nella superficie. In fo:pdo è l'egoismo cbe pullula. Carl. E brutto ciò che voi dite. Ugo. Vecchie verità, signora, e niente più. L'uomo non è mai cosi comediante, come quando vuol e3sere il grande ed il nobile uomo. E vedete ... la nostra amicizia, cosi come era prima ... Carl. La nostra amicizia ? Ugo. (breve) Era una commedia, signora, una commedia. (Carl'Jtta fa un moto) Voglio anche ammetterlo, una commedia incosciente, perchè entrambi eravamo inesperti. Carl. .iii triste ! Ugo. Perdonate. Vi faccio male, lo so. Ma noi dobbiamo cercare di farci chiaro l'uno con l'altra. La nostra amicizia era un'ipocrisia. Se un sentimento ci univa, era ... Carl. Era? Ugo. Amore. (breve pausa) Almeno per parte mia. Ne fui convinto quando udii che voi eravate fidanzaia. Come amico avrei dovuto mandarvi le mie felicitazioni, ed invece sentivo che l'avrei visto sconchiuso volentieri, il vostro matrimonio. Carl. (piano) Siete infelice, Ugo. Ugo. (ironico) Infelice? Non lo so. Forse anche questa è un'auto-impostura. La infelicità rende interessante. Si fa il martire, se non innanzi al mondo, innanzi a sè stesso. Carl. (triste) Avete ragione: noi siamo mutati, siamo molto diversi, ora. Ugo. Vedete? Finalmente intendete perchè io non posso accettare il vostro invito. Lasciatemene andare: meglio per me, per voi (si ferma un momento, come se aspettasse una risposta. Carlotta sta appoggiata al tavolo, tutta assorta: non risponde. Ugo raccoglie la sua roba e si avvia verso la porta). Carl. (correndo) Ve ne andate? Ugo. Si. Carl. Con questo torto, che fate a me, a voi stesso? Ugo. Un torto? Carl. E lo riconoscete. (Ugo accenna di no) E se voi siete povero, come dite, (superba) io sono ricca, e vi darò della mia ricchezza. Ugo. (scuotendo la testa) Non è più ricchezza per me, questa. Carl. Lo sarà di nuovo. Vedrete. Ma dunque credete che la mia, sia una ricchezza della inesperienza? Ugo. Sì, francamente, io son persuaso però che anche al~a vostra porta batterà la bancarotta. Carl. E già venuta, amico mio, ed io l'ho cacciata via. Io non sono la ingenua creatura senza esperienza del mondo e della vita, che voi credete vedere m me. Ugo. Oh, non si vive gran cosa tra ·quattro mura! Carl. Quattro mura? Voi dimenticate che giovane io uscii di casa, in cerca di pane. Ad una scuola molto dura ho fatta la mia educazione. · E molto presto! I miei genitori erano ricchi: la mia fanciullezza passò felice, tra i comodi e il lusso. Poi venne il krack. Ancora vedo mio padre, pallido come un morto, cader su di una sedia, la testa tra le mani, e piangere. Allora udii piangere per la prima volta nella mia vita! ( Carlotta tace un momento presa dalla forza dei ricordi. Ugo le sta dirimpetto, cupo). Eccovi la mia gioventù. E un paio d'anni dopo, via, pel mondo, in cerca di pane: un pane dolo - roso. Si faceva un peso la vita, capite, ma io ridevo, io cantavo: dovevano venire tempi migliori, e speravo sempre. Ugo. E non avete perduto mai la fede? Carl. Fu alì'estero, in Amsterdam. Avevo un posto come governante presso un ricco e vecchio negoziante. Era vedovo. Io stavo bene: egli mi trattava da :figlia. Aveva le sue ragioni. Io ero troppo sciocca: più tardi compresi, quando, una sera, sul tramonto, egli venne da me... (breve pausa) Sul momento lasciai la casa. Ma sentivo che qualche cosa non era più pura in me, sentivo la fede negli uomini mancare .... Ugo. Oh, vedete! Carl. Era sulla strada, sola, in una città straniera, senza amici, senza mezzi. Il mio stipendio l'avevo mandato ai genitori. Dove andare? Io non sapevo. Ed, incosciente, m'avviai al mare. La strada era oscura e deserta. Non la dimenticherò più quell'ora. Sotto i miei piedi mormoravano, dolci, le onde, una ninna - nanna. Se io cercassi sonno e pace, lì, in fondo? ... Ugo. (spaventato la 1egue con gli occhi). Carl. Due, tre volte allontanai la brutta idea, ed essa sempre incessante, insistente, finchè mi decisi. Fu un momento. La luna comparve tra le nuvole e rischiarò d'una luce argentina tutta l'acqua all'intorno: la luce era caduta anche nella mia anima. Rividi i miei genitori, pensai al loro ::I.olore,pensai alla loro miseria. Una breve lotta e tornai alla vita. Ugo. Questo non lo sapevo, io. Carl. E per tre anni continui ho lottato tra disillusioni e amarezze. Ma lottavo credendo nel mondo a dispetto del mondo, avendo fiducia negli uomini a dispetto degli uomini. (superba) Ho vinto. Conobbi ed amai mio marito. Due sani ed allegri bimbi riempiono la mia casa di riso e di pianto: io sono madre! Ed ora, amico mio, credete ancora che la mia ricchezza sia tutta apparenza ? Ugo. No, no, perdonatemi, Carlotta, io vi ho fatto torto. Carl. Anch'io, dunque, ho avuto le mie vicende e sono una debole donna. Ugo. So quello che volete dire: io come uomo... Carl. Si, voi come uomo, non ve l'abbiate a male, io vi tr0vo così piccolo, così meschino. Gioia, gioia ! Senza gioia noi siamo povere creature perdute nell'oscuro. Ugo. Io era perduto nella notte, in una nera notte. Ho cercato tanto, ma nessuno ho trovato fino a quest'ora. Carl. (sorridendo) Non comincia te ad adularmi. Ugo. No, Carlotta, non sapete voi quanto io vi debba esser grato. Carl. (scettica) Per la semplice istoria che vi ho raccontata? Ugo. Voi m'avete raccontato più d'una storia. La lotta e la vittoria d'un uomo m'avete mostrata. La luce è tornata ai miei occhi, il sole risorge sul mio cielo. Carl. (allegra) Lo sapeva ...

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