RIYISIA POPOLARE DI 'POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALl 127 Lavoratori estu~enti italiani i Svizzera Emmanuele Sella, un italiano costretto a rirarare in S ~izzera dalla marea reazionaria dell'anno 1898, ha pubblicato in parecchi numeri della Riforma Sociale del Nitti uno studio interessante sull'Emigrazione italiana nella Svizzera. ' Nell'ultimo numero ( r 5 Settembre) vi è la conclusione, che sentiamo il dovere di riassumere ed un poco di commentare. Scrive il Sella:· << che la grande accusa che ~i « muove aga operai italiani è quella che essi fanno la « concorrenza agli indigeni»; m1 l'accusa riduce a prcporzioni modeste rilevando che su di un totale di 3,000,000 i lavoratori indigeni, ai quali i 100,000 italiani fanno la concorrenza, non sono che 200,000 al piu; e che i nostri concittadini, perciò, « sono utili, infinitamente utili, « o ancor più, come il Droz volle dire necessari. Si noti « ancora che anche per il picco!o numero di operai « svizzeri ai quali gl'italiani fanno la concorrenza, !'emi- « grazione italiana sia indirettamente giovevole ; poichè <e aumentando il benessere generale, aumenta anche il << benessere economico, politico, sociale di questi in ii- « vidui. » Poi soggiunge : « co~oro che domandano che per tf- « fetto della presenza degli italiani non si abbassino i « salari in qud due o tre mestieri in cui essi la \·orano, « domandono l'assurdo. li volere che i salari non si ab- « bassino quando, ceterisparibur, gli optrai aumentano, « e che gh operai italiani vengano nella Svizzera e che « non facciano abbassare i salari, è la stessa cosa che il « volere che il nero sia bianco nello stesso tempo ch'è e nero. » « Varrebbe, dunque, assai meglio che coloro che di- « cono agli operai italiani di non vendersi per un sala- « rio minore, si unissero ad altri politicanti svizzeri (i « quali o non s'intendono di ec nornil, o se ne inten- « dono, e allora mettono sotto i piedi l'interesse del loro « paese), e gridassero tutti insieme: restate in Italia! « Il eh<.::sarebbe quanto dire: crep1te di fame! Logica « stolta di protezionisti camuffati qualche volta da de- « magoghi ! E 1 è dolo rom il vedere giornali benemeriti « della causa della libertà nel nostro paese, come il « Seco'o di Milano, !'..AvantiI di Rom:>, dimostrarsi igno- « ranti dei primi elementi di economia. » Sin qui il Sella. A dir vero ciò che a noi sembra doloroso è che il pregiudizio patriottico abbia fatto velo alla mente dello scrittore e lo abbia indotto con tanta leggerezza a distribuire patenti d'ignoranza, che non sono affatto al loro posto. 8i capisce che il Droz, come tutti gli economisti francesi e cosmopoliti del laisser /aire, laisser passer, che si preoccupano della ricchezza in sè e niente affatto si curano dei suoi produttori, degli uomini, debbano e possano ineggiare alla concorrenza tra i lavo:atori ed al conseguente ribasso dei salari, che riesce ad una maggiore produzione di ricchezza ; e si capisce del pari che i capitalisti, gl'intraprenditori in Francia come in Svizzera, in Europa come in America vedano con grande simpatia l'emigrazione italiana. Non vorrebbero promuovere quella dei chinesi? E non gradirebbero anche il lavoro concorrente delle scimmie in mancanza del lavoro degli italiani e dei chinesi, quando sono insufficienti gli uomini di ferro? Il Sella ha stabilito con esattezza i termini della intensità della concorrenza che i lavoratori italiani devono fare a quelli svizz,ri, poichè ha dimostrato che i centomila nostri concittadini vanno a diminuire il lavcro appena appena di duecentomila svizzeri. Il ribasso dei salari dev'essere grandissimo, perchè in verun altro paese la concorrenza va a farsi in co~ì intense proporzioni, e ciò spiega la violenza dell'avversione che in Svizzera in pochissimo tem?o si è svolta contro gl'italiani. Ma, soggiunge il Sella, gl'italiani hanno il diritto di non morire di fame ! Già ; ma non è chiaro che gli svizzeri hanno quello maggiore, perchè si trovano in casa propria, di dare la caccia ai disgraziati che \'anno ad attenuare i loro salari, a togliere loro quell' elevato tenore di vita che hanno conquistato con tanti sacrifizi e con tante lotte? Questo argomento non si ritorce in tutta la sua crudezza contro gl'italiani? E perchè gl'italiani non restano a casa propria - con tante ricchezze naturali di gran lunga maggiori a quelle della Svizzera - e non sann J procurarvisi quel lavoro e· quei salari, che vanno a cercare altrove producendo un regresso economico e perciò civile e sociale nei membri della propria classe? Perchè essi procreano con tanta inconscienza animalescél? Perché essi tollerano in casa propria un governo che assorbe e sperpera il m glio della ricchezz1 del paese ? Perchè si lasciano abbrutire e non conquistano quella condizione economica, politica e sociale che i lavoratori degli altri stati hanno saputo assicurarsi? ( r) Dunque se è fatale, se le leggi della economia impongono che dove ci sono due lavoutori snraggiungendone un terzo ci debb1 essere con ;orrenz1 e diminuzione di salari - e ciò lo sanno benissimo gli scrittori dd Secolo e dell'Avanti! - è altrettanto fatalr, e viene imposto dalle leggi dell.1 psicologia sociale, dai sentime:.1:i umani, che chi sta bene non voglia stare peggio e debba reagire contro chi va in casa propria a produrgli il peggioramento ed a rapirgli col suo non chiesto intervento, il frutto di tanti anni di lotte e di sa.cr,fizi ! Ed ecco pnchè agli italiani, i chinesì di Euro• pa, come dopo Colajanni sono stati chiamati i nostri concittadini da tutti coloro che si sono occupati della loro cJncorrenza, si è data la caccia dappertutto in Francia e in Germania, in Svizzera e negli Stati Uniti e in Inghilterra - dappertutto, senza distinzione di razza, di nazionalità, di religfone .... * * * Nell'esame della grave e sempre attuale qmst1one abbiamo trascurato un elemerrto : quello morale. Infatti l'inferiorità delle condizioni morali e intellettuali degli italiani aggrava le co::iseguenz;! della concorrenza del lavoro e li rende più odiosi. No :i vogliamo, adesso, occuparcene di pro;>0sito, ma ci limiteremo a riprodurre dallo stesso studio del Sella il brano, che si riferisce alla parte piu elevata degli italiani, che vanno in Svizzera e non ci vanno in cerca di lavoro e di pane, ma di scienza e di libertà. Ecco ciò che egli scrive degli studenti italianj, che frequentano le U niversita della Svizzera, dove fanno tanto onore alla nostra patria i Pantaleoni e i Pareto: « Che gli italiani sieno meno suscettibili di altri "popoli di organizzazione si vede ancora nelle Università svizzere. , cc N<::lleun·versità Svizzere convengono studenti di diversissime nazionalità: svizzeri, francesi, tedeschi, russi, bulgari, polacchi, serbi, greci, italiani.. .. Fra questi studenti si vanno forman:io moltissime associazioni secondo lo spirito di nazionalit~, lo spirito politico, religioso, ecc. Si hanno cosi società di russi, di polacchi, di bulgari, di greci, e si hanno società di studenti astemi, soci :tà di cattolici; gruppi marxistici, ecc. e< Ma non c'è mai verso che nasca una so;;ietàdi studenti italiani. Gli studenti italiani di Ginevra saranno, è vero, forse soltanto una quindicina, ma anche i grP.ci sono (1898-99) dodici soltanto e hanno la loro s:>cietà.A Zurigo pure, non esiste alcuna società, e a Zurigo gli studenti italiani sono per lo meno una cinquantina. Alcuni tentativi che si f<::ceroa Zurigo abortirono. cc Non soltanto gli studenti italiani non sentono il bisogno di fondare società italiane; ma non sentono neppure il bi5ogno di unirsi in quel gruppo che ad ognuno è più omogeneo. Così, ad esempio, gli studenti socialisti non entrano a far parte dei gruppi socialisti. (i) All'indomani dei (atti di Aig-ues i\Iorles l'on. Colajanni nel 1893, mentre la Rivi -ta popolare era diretta da Antonio Fratti, svolse più ampiamente queste quistioni in una serie di articoli, che furono riuniti nell' opuscolo: Una qaistione ardent() (Lei concorrenza del tavoroJ.
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