Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno V - n. 7 - 15 ottobre 1899

'I{_IVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 125 Po di pace colla Francia, e avremmo meno ancora da guadagnare in una guerra anche se - e si deve dubitarne - dopo averci lasciato lanciare nella impresa, gli alleati riconoscessero negli articoli della Triplice, di quell'ottavo sacramento dei nostri bigotti difensori delle Istituzioni, l'obbligo di battersi con noi. È dubbio che noi possiamo da una ostilità veemente, accanita, furibonda alla Francia guadagnarci in pace, poichè economicamente non possiamo lottare con essa nè chiuderci quel mercato ; ma è anche dubbio che ove il parossismo della pazzia ci conducesse alla guerra ne trarremmo, nell:1 ipotesi più favorevole, un grande profitto. L'esito della nostra campagna del 1866 e i trionfi della nostra politica estera da vent'anni in qua - tacendo ogni considerazione militare - stanno là a dimostrarci che se noi troviamo facilmente gente disposta a. farci impegnare in prima linea, non troviamo, poi, alleati mo}. to generosi quando vi è da raccogliere i frutti della vittoria. "' * • E noi dovremmo compromettere l'economia nazionale e il buon vicinato o esporci a una guerra, che se vittoriosa darebbe agli altri la parte del leone e a noi lascerebbe quella dell'agnello, proprio perchè la Francia crede di amministrare la giustizia come le talenta e di governarsi come meglio crede? Fosse anche Dreyfus innocente come l'agnello pasquale, cosa di cut dubita(?) chiunque non giura ne11'accanimento altrui, gli stranieri non avrebbero mai il più lontano diritto di pretenderne l'assoluzione e la riabilitazione coi metodi che si adoperano oggi da tanti frenetici. E non sarebbe meglio, invece, volgere la mente e i1 cuore alle ingiustizie giudiziarie, amministrati ve, morali, economiche e sociali di cui abbiamo tanta dovizia in Patria e che dovrebbero attirare tutta l'attenzione e tutto l'amore per ripararle di quelli che si credono patrioti e liberali ? Qui 11ousdelivrerades grecs et des i·omains fu gridato in Francia quando il classicismo in letteratura e in arte faceva dimen. ticare la necessità di coltivare il genio e il carattere nazionale; chi ci libererà da Dreyfus e dai dreyfusardi abbiamo il dir:tto di urlare noi dopo che da tre anni siamo perseguitati e ossessi da una turba· di bel1icosi apostoli della giustizia e della morale .... in Francia, quando. per tollerare che poche centinaia di imbroglioni e di ciarlatani arricchiscano e dettino leg ge in Italia, noi lasciamo che alcuni milioni di nostri concitudini gemano nella miseria, e altri milioni lottino con un disJgio che le Istituzioni sopprimerebbero e lenirebbero qualora non fossero travisate e tradite da pochi chiacchieroni morbosi, e da pochi dottrinari usi a compiacersi nelle incruente battaglie a paroloni che nascondono la mancanza delle idee pratiche e dei propositi utili I • • * Ed ora a noi non resta che conclulere con una semplice constatazione : se i monarchici italiani che scrivono, parlano ed agiscono in nome di tutta la nazione pensassero e scrivessero come la vecchia Opinione, molti guai sarebbero evitati al paese e più lunghi anni di vita - di questo non ci rallegreremmo - sarebbero assicurati alla .•... in Italia. Nor. LA GUERRA ECONOMICA Il mio eccellente amico onorevole Colajanni ha avuto la bontà di chiedermi di presentare ai lettori della 7?._ivista Popolare un saggio sintetico del volume che sto per pubblicare - La guerra economica - di cui due riviste francesi, la Revue Socialiste e la Revue 'Bianche, hanno stampato la maggior parte. Io .sono felicissimo di poter dare soddisfazione al direttore della 7(ivista Popolare, ma egli mi permetterà di limitarmi all'esposizione delle idee generali che dominano il mio studio. • * * I. Il XIX secolo avrà veduto il più prodigioso sforzo d'attività umana di cui la storia faccia menzione. Ciò che meglio gli dà il suo carattere d'unità e di continuità, ·malgrado la diversità delle correnti che l'hanno attraversato 1 e le multiple rivoluz;ioni che l'hanno interrotto, è ancora lo sviluppo senza arresto nè regresso, della produzione industriale. Noi vogliamo, nel momento in cui il secolo sta per chiudersi con la più grande e sontuo~a esposizione che sia stata mai organizzata, precisare le con:iizioni econ miche dei principali Stati dei due emisferi. Lo scopo che ~oi ci siamo imposto è, se possibile, più alto ancora. E un'idea feconda della dottrina socialista che i fenomeni economici agiscano e reagiscano senza posa sugli altri fenomeni della vita dei popoli: essi sono il fattore determinante, la sostanza stessa dell'altre manifestazioni d'attività. La storia dei cinque continenti, le relazioni degli stati nel momento presente si riaccordano in gran parte ai fatti che costituiscono l'oggetto di questo studio. ~ * * II. È incontestabile che in questi dieci o quindici anni, una trasformazioue profonda si è compiuta nella gerarchia delle nazioni produttrici. La Francia che per tanto tempo aveva occupato il secondo posto è stata tutto ad un tratto, spinta indietro dalla Germania e dal l'America. L'Inghilterra, pure, è stata arrestata nel suo sviluppo e le sue esportazioni n<?nraggiungono nemmenole stesse cifre d'un tempo. E l'Impero Germanico, è l'Unione americana che per una controspinta logica hanno ottenuto un beneficio dalla rivoluzione economica. Le trasformazioni che si sono compiute nell'aspetto del globo sono ancor più vaste di prima. Il grande segno distintivo di questo tempo sarà, sicuramente, l'apertura all'industria ed allo scambio delle contrade fino ad ora dormienti nel torpore di una barbarie prolungata. L'Estremo Oriente sta per diventare uno dei più grandi , centri dell'attività umana. Tra non molto i due emisferi non saranno più che una sola officina accesa giorno .e notte dall'attività dei lavoratori. Le ultime solitudini selvagge, ove i Pelli Rosse, i Cafri, i Papuas cacciano liberamente le bestie feroci, i grandi spazi in cui le tribù devastano le risorse della vita primitiva s'illumineranno colle luci degli alti forni che risentano del fracasso dei pesantissimi martelli. L'organizzazione industriale coprirà i cinque continenti. *** III. L'enorme sviluppo della produzione, che caratterizza questa fine di secolo, ha coinciso con una economia nuova dei modi di produz:one, col generale ripie• gamento della piccola industria. Le conseguenze sociali di questa trasformazfone si fanno sentire, in tutte le località, con un'intensità crescente . .La prolt tarizzazione della piccola bJrghesia s' è compiuta e si compie ora senza un momento di· sosta. Gli ultimi tamponi che v'erano tra la classe dirigente contemporanea e la massa dei lavoratori stanno per sparire. Ma se il suo contingente si accresce da una parte, la condizione del proletariato si aggrava dall'altra. Non è poi tanto delle riduzioni del salario che si può lamentarsi come dalle spaventevoli crisi di sovraproduzione e di sciopero che sono la tara deci~iva dell'attuale regime. Certo, queste crisi non sono un fenomeno nuovo, ma si concepisce ch'esse abbiano un'ampiezza eccezionale dopo che le regioni extra-europee sono state sottomesse al sistema capitalista. * * * IV. È una guerra quotidiana, universale, dagli innumerevoli aspetti, che il bisogno di sbocchi ha scatenato tra i popJli, da un'estremita all'altra dei continenti. Essa è il flagello che l'antichità non ha conosciuto, che non ha nemmeno sfiorato il Medio Evo, che solo l'epoca contemporanea ha subito in tutti i suoi orrori : la conflagrazione senza limiti, senza armistizio, senza fine ; il m1le divorante che rinasce sempre dagli sconvolgimenti del regime sociale, e che la società moderna no.i potrà respingerè senz1 sqtterrar~i sotto le sue proprie rovine,

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