RIVISTA 'POPOLARE 'DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALE 131 -vato sempre fra noi un ostacolo nella legge e nel pre- .giudizio dei proprietari (I) • . Il pregiudizio~ in termini materiali, era la fame di rendita degli stessi proprietari della terra, i quali nella brevità dei fitti vedevano la possibilità di non rendere stazionaria la rendita e di godere dei continui e in.:es- .santi rialzamenti del valore della terra. Ma quella, che si presentava alla mente studiosa del Palmeri, era una semplice equazione di primo grado. Oggi noi ci troviamo di fronte ad un binomio. La situazio:1e dei fittaiuoli ha subito una crisi. Fino al J 814 gli affitti lasciavano infatti ai fi.ttuarii un margine abbastanza largo pei loro guadagni e si potrebbe far toccare con mrno co:ne appunto per cotal via si fosse formata questa classe di cittadini e fosse cresciuta in ricchezza e potenza (2). Se non che allora gli affittaiuoli, malgrado avessero i -capitali sufficienti, non li incorporavano nel suolo in miglioramenti a causa della breve durata dei fitti e perchè alla scadenza della locazione il padrone li scacciava dalla terra senza indennizzarli delle spese fatte per il migliorato. Questo era il contrasto, .:he esaminava il Palmieri: -e alla risoluzione di esso miravano i suoi progetti. Ma col tempo il corso storico delle cose mutò faccia .alla situazione. La Rivoluzione del r860, che doveva creare la pic- •Cola proprietà e dare la terra ai contadini, depreziò considerevolmente la te, ra. Ma tosto sotto le pref'sioni dell'aumento della popolazione e ristabilitosi l'equilibrio turbato dei valon delle cose, il valore di essa crebbe con rapidità piuttosto considerevole e con questo movimento crebbero pure i prezzi d'affitto. Ciò significava che la maggior parte dei benefizii della terra passava nelle tasche dei beati possidentes di terre sotto forma di decima capitalista e che ai fittaioli non restava in quegli stessi benefizii nessun margine per gli interessi dei loro capitali. A costoro quindi non restava .altra via per trovare un'indennità al loro capitale-denaro che di tiranneggiare sulla massa dei rifiniti borgesi e strasa ttieri e di sfruttare la terra. La situazione degli affittaiol;, enormemente ingranditi di numero in seguito allo elevarsi considerevole dei prezzi dei prodotti agricoli dopo il 1860, divenne allora inso- ·stenibile. L'elevarsi dei fitti li balestrava violentemente, e furono essi che prima dei contadini dei latifondi, risentirono tutta la triste ripercussione della crisi. I salari decaddero in seguito a tal grave mutamento nei rapporti economici dei proprietari di terre cogli affittaiuoli. Ed oggi ,questi non ha.nno capitali sufficienti nè per pagare il fitto ai proprietari, nè i salari ai contadini-operai, nè per migliorare la terra. La classe degli affittaiuoli ha risentito stranamente i tristi effetti di contratti agrari così spoliatori ed è essa che in Sicilia brontola più di tutti malgrado non abbia la chiara visione della propria situazione sociale. I più intelligenti gabellotti sentono che questa situazione di cose Ii schiaccia e alcuni arri- -vano persino a chiedere la riforma dei contratti agrari. Il Villari riferisce di un gabellotto intelligente di Corleone il quale diceva « che bisognere bbc: prima di tutto -,rnmentare il bestiame, il che farebbe meglio concimare la terra; cominciare a f.tre qualche prato artificiale do- ·ve l'acqua può trovarsi, il che renderebbe possibile non solo migliorare le carni, il latte ed il formaggio, ma anche fare il burro, cose impossibili col bestiame rado », -ciò che si potrebbe raggiungere « inducendo i proprietari a fare affitti più lunghi, che diano al gabellotto il ·modo di cavare un qualche vantaggio dalle spese che facesse per migliorare il fondo, cosa che ora sarebbe per (1) Economia agraria di Sicilici. Palermo 1826 Cap. X. (2) Io ho messo in rilievo largamente questo fenomeno della ·storia economica di Sicilia in un mio studio « Genesi e vicende -dei fittaiaoli capitalisti ·> a cui fa da substratum un capitolo: « Accwnula.Jionc prùnitioa del capitale-denaro : il lavoro e il proletariato agricolo». Probabilmente vedrà la luce ,sulla Critica Socictle. lui a sola perdita > dovendo « dopo il triennio, o lasciare il fondo ad un altro, perdendo il denaro speso a migliorarlo », o subire e che il proprit:tario gli alzi l'affitto » (art. cit. ). Non riuscirebbe pertanto difficile nè impossibile agitare questa classe . Ma bisognaebbe a questo effetto presentare una legge speciale sugli affitti, la quale stabilisse le seguenti cose, che io esprimo colle parole del Prof. Ricca-Salerlo, caldo sostt::nitore di questa riforma, : e Divisione dei latifondi in parti proporzionate ai mezzi disponibili degli affittaiuoli, alla natura della terra e alle specie di coltura ; durata degli affitti da 20 a 30 anni, che permetta l'esecuzione dei lavori necessari alla coltivazione più razionale ed intensa; garanzia degli affittaiuoli per ciò che riguarda i miglioramenti eseguiti e il maggior valore delle terre coltivato alla scadenza dell'affitto; preferenza loro concessa, a parità di condizioni, nella stipulazione di un nuovo contratto • (I). Ma occorrerebbe pure dimostrare a questa e.lasse, che ha tanta parte nella vita politica del paese, che l'uhi consistam della sua decadenza è nell'elevarsi continuo della. decima capitalista, come dire dei fitti, e che quindi la sua risorsa dipende oltre che dalla riforma dei contratti agrarii anche dalla riduzione dei prezzi d'affitto delle terre. Se non chè essa dovrebbe trovare in sè le energie a questa vigorosa riforma essendo utopico sperare che ne piglino l'iniziativa, coloro che stanno al potere, cioè gl'industriali e i proprietari di latifondi. Così solo si smusserebbe la fame di rendita dei proprietari terrieri e si trasformerebbe l'agricoltura siciliana. Ma ciò non basta. Avvi una classe più numerosa, che occorre sollevare dalle tristi condizioni in cui versa, cui occorre formare una coscienza di classe e dei suoi destini. Questa è la massa dei lavoratori della terra. Interessarla alla riforma agraria con proposte mitigatrici delle condizioni fatte loro nei contratti di inquibinagei e di terraggiuolo, patti odiosi e più che feudali, è dovere della democraziasociale itaiana. Le infime classi a~ricole hanno bisogno di contratti d'affitto, meno anganci meno vessatorii. Sotto un certo aspetto noi troviamo migliori le condizioni d_ei branchi di servi della proprietà feudale, che quelle degli attuali operai-contadni del latifondo. I borge~i, gli strasattieri, gli inquilini moderni, possono a ragione invidiare la sorte dei servi medioevali della proprietà ecclesiastica specialmente. Perche se mille aggravi spietati accasciavano il servo della gleba ed egli doveva al convento o all'abate fare determinati servigii, pagare determinati canoni e prestazioni, eseguire gratuitamente delle giornate di lavoro, dare derrate (bestiame, uova, pollame, legumi, uva secca nel Natale, mostarda etc.) •: altri oggetti di utilità industriale e agricola (calce, acqua, pietra, travi per la fabbrica, pali per le vigne, cerchi per le botti, vimini e così via), egli riceveva in compenso nel convento del borgo fc!udale protezione temporale contro il barone; viveri e vesti nelle rigide invernate, mentre nel convento, fabbricato nelle gole dei monti o su per le aspre giogaie aveva asilo e refezione in quei suoi duri viaggi di corriere del signore, o di conduttore di armenti nelle fiere. Quale dei nostri rifiniti trrrazzieri non preferirebbe al nuovo feudatario l' abate o il monaco del medio evo? Ma già non udiamo tutto giorno le querele di questi umili contro l' attuale stato di cose, e la rievocazione sincera, calda, sentita dei tempi che furono, che assicuravano almeno al contadino, servo della gleba, il pane, le vesti, gli animali di lavoro, il tetto e nelle annate propizie un relativo benessere ? Questi lavoratori della terra d' oggi, così torturati da mille patti colonici spogliatori, così male assicurati contro i danni professionali, schiacciati dall'usura divoratrice legale e ex.tra legale,. (1) Niccolò Pal,nieri e la quistione etc. cit. pag.645.
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