VVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI fondiarii avevano finito di espropriare il popolo e di regalarsi le di lui terre. Ora i borghesi d'Italia, preso il posto politico dei loro predecessori, i signori fèudali, andavano cercando, come .i loro emuli d' Inghilterra, anche essi « le leggi sulla chiusura delle terre comunali )>, quando gl' illuminati avvocati della borghesia italiana, illustratori e denunciatori dei mali della patria, vennero susurrando il sistema delle censuazioni o quotizzazioni dei terreni demaniali coll'apparente fine di avvantaggiare i contadini, quando in realtà ciò che si volle raggiungere con tale legge fu la decimazi'me completa degli avanzi della sostanza comunale. Uno scrittore valoroso, che pure è favorevole al sistema delle ~ensuazioni dei beni demaniali, non poté fare a meno d1 notare : e Le buotizzazioni non sono scevre di gravi difetti e inconvenienti, nè possono considerarsi quale rimedio efficace ai mali che affliggono la classe lavoratrice. Anzitutto è difficile, che i semplici lavoranti, nullatenenti, abbiano i mezzi necessari a migliorare e coltivare proficuamente le terre loro concesse. Di guisa che a breve andare esse fuggono loro di mano io un modo o in un altro, nonostante i divieti delle leggi e la maggior parte delle quote si raccoglie in potere di pochi. Oltre di ciò lo sminuzzamento dei possessi, che ne sarebbe la conseauenza, può quindi nuocere alla migliore coltura e al- i' interesse dell'amministrazione pubblica. Di che si hanno luminose prove in t?tti gli ese~pii di quotizza_zi~o! eseguite finora.... Il latifondo che s1 era cercat_o ~1d1-:1dere, ricompare sotto altra forma quale propneta privata: uno avulso, non deficit alter » (I). 1 E allora? Egli è chiaro che lo spirito della riforma mirò a mettere le classi dominanti nella condizione di potere legalmente conti_nuare gli atti di r~pi~a sui co~ muni ; furti e saccheggi non potuti esaunre rn ben set secoli ! Che progresso ! I rimedi degli a ,trologhi trasu• manati in strumeuti di spogliazione delle popolazioni rurali! Che dire poi di quegli altri rimedi, che cercano di mutare gli effetti d1 cause immutate ? Di quel lavoro sisifeo che si vorrebbe fare, concedendo in enfiteusi i latifondi privati ai contadini, ai quali mancano i capitali necessari, le cognizioni opportune, e i mezzi disponibili per dissodare la terra ? E poi questo principio enfiteutico e censurario oltre ad essere per tali ragioni inefficace e inapplicabile, non è una vera eresia economica in quanto l'enfiteusi é isti- ·tuto economico che si svolge in seno a società con po• polazioni poco numerose e che hanno quindi un'offerta di forza-lavoro inferiore alla domanda ? E dire che anche i ciechi sanno che in Sicilia i con- ·tadioi non hanno da mangiare appunto perchè non trovano chi li impieghi! Che dire di quel pistolotto eloquente dei Villari, dei Sonnino e via dicendo con cui si vorrebbe introdurre in Sicilia il sistema della mezzadria come esiste nella media e nell'alta Italia ? C' è ancora dunque bisogno di ripetere che le leggi della produzione .non si possono creare a proprio arbitrio ? Perche la mezzadria non può svilupparsi che in quei ·paesi dove il mezzadro detiene una certa quantita di strumenti di produzione, e dove si sono migliorate le terre e introdotta quella coltura intensiva, « che fornisce al mezzadro un impiego continuo di lavoro e il ristoro delle riprese » ( Ciccotti), come avviene precù,amente nelle re- .giooi della Toscana e dell'alta Italia. Ma in Sicilia non c' è nulla di tutto questo. I latifondi sono desolati, privi di ogni miglioramento ; i contadini poveri, che esinaniscono di fame. Chi dovrebbe dunque effettuare i migEoramenti delle terre, che sono poi il substratum del sistema della mezzadria? I proprietari forse ? Via « pretendere dai pro?rietari che migliorino le terre (i) Ricca-Salerno. - Niccolò Palmeri e la quistione agraria ·siciliana nella Riforma Sociale 10 novembre 1895. con una spesa ragguardevole e che in pari tempo ne dividano il frutto coi coloni, è cosa assurda, contraddetta dall'esperienza e dalla storia economica » (RiccaSalerno ). Ma c' è di più. Su questo terreno dei progetti il pensiero corre senza limiti e freni. Recentemente il Villari, senza ridere, esumava un morto, il Corleo, che nel 187 r aveva avuto, da vero rivoluzionario borghese, la felice idea di proporre nella sua Storia dell'Enfiteusi dei terreni ecclesiasticidi Sicilia la colonizzazione delle terre dei latifondi costringendo i contadini ad abitare e a formare dei centri abitati nella zona del latifondo ; mentre il Baer voleva che lo Stato obbligasse i latifondisti a costruire case coloniche, aggiungendo che, costruite le case, il latifondo o più latifondi riuniti insieme si elevassero a frazione di comune ( r ). Potenza delle illusioni ottiche ! Questi signori non vedono o non vogliono vedere che in fin delle fini lo Stato non è altro che l'organismo giuridico dei proprit tari di latifondi e di capitali. C' è si fra tutte queste proposte, una proposta punto utopistica, ma che risponde anzi alle tendenze della classe dominante di fare man bassa sul poco che resta di buono al popolo rozzo dei latifondi siciliani. La proposta parte dalla Sicilia e si compendia nella espressione generica di regionalismo amministrativo. Ora il decentramento cela un agguato. Perchè « inteso, com' è inteso, in forma di semplice autonomia amministrativa, sotco la stessa organizzazione politica, che comprime e deprime ogni .resistenza, il decentramento riuscirebbe a rinsaidare le consorterie locali ed equivarrebbe all'opera di chi s' intromette tra due litiganti per legare all'uno le braccia e dare all'altro miglior agio di batterlo » ( Ciccotti, Zoe.cii.). I nuovi feudatari siciliani, storicamente ribelli alla monarchia, e ad ogni potere centrale, non desiderano di meglio che di sottrarsi a qualsiasi vincolo e responsabilita, se non penale, morale certamente per incominciare l'opera interrotta di espropriazio:ie delle terre comunali e della proprietà pubblica. Opporsi a questo giacobinismo più vero e maggiore è dovere della democrazia sociale, la quale, a nostro avviso, dovrebbe metter di contro a tutti questi divisamenti gesuitici, quando non sono destituiti dall'indagine delle cause obbiettive, un programma agricolo di propaganda fra le varie classi agricole siciliane e specialmente fra i contadini. E il primo progetto a porsi dovrebbe essere quello dei lunghi fitti e dell3: r!duzione dei_ prez..z.d.~'affi,ttodelle_terre: Niccolò Palmen, 11 quale scnveva 1n un epoca In cm .la nobiltà lotta va coi nuovi fi.ttaiuoli capitalisti per la maggiore compartecipazione alla rendita della terra, consiglia va i fitti di una durata non inferiore ai 2 5 o 30 anni. Egli si riprometteva, per cotal via, il risorgimento dd1'agricoltura. Ecco ciò che egli seri ve ·: « I fitti tra n?i sogliono stabilirsi per un breve periodo di sei anni. E questa la cagione per cui la terra e fo Sicilil. mal coltivata e di poco profitto. In sei anni l'agricoltore non può imprendere veruna utile speculazione o fare un miglioramento eccezionale, <lacchè non ha il tempo. nonchè di profittarne, ma di rifarsi della spesa : onde la necessità stessa lo porta a sciupare quanto più può il podere. Se però i fitti fossero in Sicilia da 2 5 a 30 come sono in Inghilterra in Fiandra ed in tutti i paesi, ove l'economia agraria è conosciuta e ben intesa, gli interessi del fittaiuolo non solo non sarebbero più in opposizione, ma anzi perfettamente uniformi a quelli del proprietario. S'egli volesse attentarsi a sciupare imprudentemente la terra, sarebbe il solo a pagarne il fio. Ma ad onta di tali vantaggi i lunghi fitti hanno tro- (i) Villari P. La Sicilia e il Socialismo in Nuova Antolorria 5 Juo-Jio 1895. - Baer. Il latifondo in Sicilia in Nuova Antologia 15"a' prile 1883, pagg. 660-661.
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