Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno V - n. 7 - 15 ottobre 1899

RIVIST·PAOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Direttore: Dr. NAPOLEONE COLAJANNI Deputato al Parlamento Esce in Roma il I 5 e il 30 d'ogni mese ITALIA : anno lire 6 ; semestre lire 3 - ESTERO : anno lire 7; semestre lire 4. Un nuD1.ero separato s Oent. ~ AnnoV. - N. 7. Abbonamento postale Roma 15Ottobre 1899. Sonunarlo LA Riv1STA: Lo specifico dei mali politico-sociali. (Una dinastia nazionale. Nor: Il trionfo del buon s·t!nso. (Fr.mcia e Italia), PAULLou1s: La guerrà economica. Nor: Lavoratori e studenti italiani in Svizzera. Il Transvaal. (Note geografiche, economiche, storiche). Dott. ·ENRICOLoNCAo: Il socialismo e il programma agricolo in Sicilia. FRANCESCOGuaRDIONk. !>cr Pietro Gi.mnone. GIUSEPPEPARATORE:Signora Sole. (Frau Sonne). 'R._ivistadelle Riviste. - 'R..ecensioni. Nel prossimo numero il nostro Direttore risponderà alla Stampa, di Torino, ali' Avanti e all'Italia di Roma, a proposito della conclusione dell'articolo Ancora della Sinistra pubblicato nel numero precedente. LOSPECIFICO DEMI APLIOLITICO-SOCIALI (Una dinastia na1tionale) I Nelle Note e Commenti della Nuova Antologia del I 5 Settembre ci era sfuggito questo brano di filosofia politica, che nb·n possiamo. lasci.are passare inosservato: ;; L'affare Dreyfus ha' impressionato, forse anche troppo, il mondo intero, per ragioni diverse. Anzitutto esso costituisce una grave questione interna, politica e sociale per la Francia. Evidentemente essa rappresenta ormai la lotta aperta insanabile fra il militarismo e l'elemento civile. Il militarismo ha trionfato, malgrado i suoi falsi, le sue menzogne, le sue corruzioni che hanno raggiuntq un grado tale da produrre un sentimento di profondo disgusto in tutti gli animi onesti. Una siffatta condizione di cose d_ovrebbealla fine aprire in Italia gli occhi a tutti quegli ingenui e a tutti quei dottrinari di buona fede che credono aricora che la « repubblica » basti a far prevalere i_nun paese ogni sana virtù pubblica e privata! « L 'esperienz.adella Francia dimostra invt!ceche le condiz.ioni sociali e morali dei popoli mod,rni sono tali da rendere assolutame1,te necessaria l' esiste,izadi una dinastia naz.ionale,storica, che mantenga entro i limiti giusti le funzioni dai vari poteri dello Stato. Solo una monarchia salda e permanente può avere la forza di impedire la prevalenza in uno stato di qualsiasi classe od elemento, trattisi d'aristocrazia o del militarimo, del danaro o dell'anarchia. La forma monarchica ,! quindi nei nostri paesi la vera espressionedella democrazia,perché impedisce la sopraffazione di determinateclassi od interessi a danno dello sviluppo organicoe di tutti gli elementi che compongonola nazione. » Usi da qualche tempo a leggere nella autorevole rivista degli articoli pieni di buon senso, che ci siamo spesso affrettati a far conoscere ai nostri lettori, in verità, non avremmo potuto immaginare che Ausonius ...Ferraris avesse fatto un gran passo indietro - benchè inciJentalmente, - per annunziare in forma· solennemente apodittica certi pretesi risultati della esperienza storica. · E~timatori della coltura, dell'ingegno e della mitezza dell'uomo che dirige la Nuova Antologia, non potevamcredere, che egli avrebbe potuto formulare e generalizo zare un giudizio, che nemmeno i bigotti della monarchia in questo quarto d'ora hanno esposto nei giornaletti piu frivoli e più partigianamente bugiardi. Sentiamo, perciò, sebbene in ritardo, di rilevarlo e commentarlo. Nel ragionamento dell'on. Ferraris si sente che· non si tenne conto di un dato di fatto interessantissimo;che avrebbe dovuto esserne la premessa. Ed è questo. Non si pen·ò che le brutture presenti della Fran:ia' sono una eredità del passato, sono il prodotto della educazione monarchica ; e che monarchici sono i laidi protagonisti e le parti secondarie dell' affaire; monarchici, i cospiratori ed eroi della Via Chabrol; monarchici, gli ufficiali superiori ed inferiori, che hanno fatto conoscere il proprio pemiero per mezzo del referendum. Tutto ciò, dunque, che c'è di più putrido - un buffone plebiscitario come il Deroulede non può fare primavera - in Francia è monarchico, ed ha spiegato la sua azione, per riaprirvi l'era dei tumulti e delle disse mi on i ci vili. In quale modo le morbose e vdenose efflorescenze della monarchia, con o senza. dinastia nazionale, potrebbero riuscire a guarire i mali sociali, di cui esse stesse sono ad un tempo cause e sintomo, non si capisce davvero. Che cosa poi insegna l'esperienza storica in Francia sull'azicn ~ delle dinastie nazionali, è tanto conosciuto, che dovrebbe essere assolutamente superfluo il ricordarlo. Considerando come parvenus gl'imperialisti e gli orleaoisti si sa, infatti, che in quest~ secolo i pochi anni, che furono occupati dalla dinastià na·zionale, dai legitti• misti, vennero contrassegnati dalle infamie del Terrore bianco, nei primi momenti della restaurazione e dalle ordinanze di Polignac, che condussero alla rivoluzione del 1830. Risalendo più lontano sappiamo che la dinastia nazionale coll'Ancien regime dette alla Frlncia Luigi XIV, Luigi XV, il Reggente, il dominio assoluto delle prostitute, lo sperpero colossale delle pubbliche finanze, la corruzione più sfacciata e più colossale, la miseria inaudita dei lavoratori descritti da La Bruyere e discesi alla condizione delle bestie; tutto un insieme che rese fatale la grande rivoluzione del 1789. Ve ne siete scordato, on. Ferraris, voi che conoscete e stimate tanto De Tocqueville e Taine? Ebbene, se ve ne siete scordato, proprio nello stesso numero della Nuova. Antologia c'è stato chi

122 'R..IJrI~TAPOPOLARE DI POLITICA LE1TERE E SCIENZE SOCIALl l'ha richiamato alla vostra memoria intrattenendosi ex professo della crisi socùile, che attraversa la Francia. L'acutezza del male, che travaglia la vicina repubblica è grande ed ha potuto perturbare la mente ddl' osservatore, che non vide giusto nell'assegnare i rimedi ; ma il guaio si è che le conchsioni tratte dagli avvenimenti di Francia si vogliono applicare a tutta l'umanità, elevandole a postulato della filosofia della storia, in favore della monarchi1 e delle dinastie nazionali. Ben diversi, intanto, sono gl'insegoa'Ilenti della Storia, e non dell'antica soltanto, ma di quella mo:ierna e co.1temporanea. s~ in Inghilterra 11 monarchia non costituisce un oJtacolo al progresso, ciò si deve, come venne dimostrato nel numero precedente della Rivista, alle due rivoluzioni che ridu~sero la monarchia ad un dvgatoereditario ( Disraeli), ad una repubblicacnronata ( Tennyson ), nella quale al Re è lasciata la p.ute teatrale p~r ill 1d-;!re ed imporre:····· agli imbecilli ('Bageì1ot). In q 1anto ad impedire la sopraffazionedi determinaleclassi ed interessi a danno di tutti gli elementi che compongonola nazione, la monarchia in Inghilterra fa tanto bene il suo compito che ha creato l'ulcera irlandese e, adessJ, compie una grande iniquità nell'Africa australe, che vale bene il processoDreyfus - sono gli stessi inglesi che lo ricono,cono: William Stead alla testa -_; e ciò per soddisfare la più turpe ingordigia degli affaristi e dei b.mchied, che hanno la coscienza nello stomaco. Dopo l'Inghilterra - la monarchia tipica per,. le b:10ne qualità - si deve citare il B :lgio. I vi non s~ppia mo se 70 anni siano b1stati a rendere nazionale la dinastia ; sappiamo, però, che il suo augusto capo, come esempio delle virtù regali al popolo, somministra la sua p1ssione sf enata per le cocottes, e le cure volte un po' al Congo e un po' alla organizzazione di una bisca tipo Montecarlo. L'insieme del regime monopolizzato dai gesuiti - altro che impedimento alla sopraffazione di una classe! - ha creato una situazione pericolosissima, che, forse, avrà l'epilogo nella rivoluzione. L1 dinastia nazionale e la monarchia - nella forma migliore - non sono quindi, efficaci rimedi o preventivi ai mali sociali che allarmano e addolorano. · Che dire dei reattoli? Le gesta di quella perla di M:- lan Obrenovitch sono recenti-,sìme. E la Spagna nu1la. insegna ? Ah !... la sopraffazione non vi è possibile perchè la monarchia è pervenuta a sopprimervi tutte le classi e tutti gl'interessi in conflitto: non vi sono sopr.:1v:ssuti se non quelle dei preti, dei militari e di qualche lrande reso molto piccolo dai vizi e dalla degenerazi:me ird media bile. Del colosso russo non ci occupiamo: ivi il regime è ancora orientale e certamente non costituisce l'ideale dello scrittore delle Nuova .Antologia che non -può cercarlo in uno Stato che vive !! l di fuori della sfera di azione della cosidetta ci viltà occidentale. * * * . Rimane un esempio, che diverrà classico tra non molto; di dinastia nazionale, che opera in grande: quello degli Hohenzollero. Ci vorrebbe un libro per analizzare i risultati dell'impero in Germania e per vedere se e come la monarchia impedisce la sopraflazlone delle classi e degli interessi. Per ora basta rammentare che se le cla8si lavoratrici non sono state del tutto sopraffatte dalle leggi bismarkiane; se esse più da recente, colla legge dei lavori forzati, non sono state sacrificate interamente ai conandi ed. agli interessi degll S :umm e dei baroni <lell'mdustda e della Banca, certamente questo non è stato merito della dinastia nazionale e de! suo capo audace. Ma, trattandosi della Germania giova meglio rammentare un episodio giudiziario sconosciuto interamente in Italia e che solamente dalla Rivista altra volta venne rammentato. Infatti, noi solamente, nell'o.:cuparci degli antagonismi tra Settentrionali e Meridionali abbiamo fatto menzione del caso Diest-Dab ~r e del libro dal melesimo pubblicato nel 1897 (Bismarli und 'Bleichrol~r. Murich~n. Ver1ag des Deutschen Volksblattes ). Giova adesso ritornare su questo caso tra noi sconosciuto, e assai peggiore di quello Dreyfus, e lo faremo colle parole di un tt:desco di Berlino, il von Gerlach, che scrive un articolo in una rivista di V~enJa (Di~ Zàt. 2 3 Settembre). L'J scrittore prussiano prende occasione della pubblicazione di un nuovo libro del Diest-Daber per scrivei e un articolo sopra un Junkerprussiano, chedistrugge le le,tgendedi 'Bismark. Lasciamogli la parola. « Vi sono ancora molte persone, dice voti Serlach, non più moltissime certamente, le quali n 10 si vogliono convincere che la leggè SUi)remapolitica insegna : esserela forza superiore al diritto. A questa categori1 app1rtieoe von Diest-Daber, il 'Don Chisciotlt dell.1.'B,ma Pomerania come lo chiama Fcanz Mehring. Il signor vo::i Diest è il tipo del Iu11ktr prussiano nel miglior s"!nso ddla parola. Nulla ho con lui di cJmune in politica a ciò nonostante non poss:> sottrarmi ad una f 1rte simpatie per lui. Egli possiede cora 6 gio ed onestà in una straordinaria misura. Gran parte dei s•Joi ottant'anni li ha spesi nella loaa pel diritto. E in que~t1 lotta egli incontrò il più grande op-. positore che poteva incontrare in Germania, il Prindpe di Bismarck. Questo fatto t!evò il caso giuridico all'altezza di un avvenimento politico. L'origine di questa lotta tra il diritto e la forza sta nella onnipotenza accordata nell'amministrazione economica dello Stato dal Principe di Bismar~k al banchierr ebreo BleichroJer; il quale in contraccambio fece partecipare il Principe in molti affari ut-li. In questa compartecipazione c'era corruzione, c'era anche· pericolo per la patria; e Diest•Daber la denunziò. Bismarck lo querelò; e ciò che ne avv"enne (.OStttui;ceuna macchiad'infami a ndla Storia della giusti{ia tedesca (I). La prova della verità gli fu imped ta. Tutte le form1li prescrizioni giuridiche vennero semplicemente disprezzate. E il giudizio fu d..to in base ad uno scritto anonimo, che il Procuratore dello Stato abbandonò e ch'era pieno zeppo di falsità. ll nome del .promotore dello s :andalo nonostante tutti gli scritti proce,suali rimas~ oscuro; e von D1est non ostante la sua posizione elevata (Landrath e "l(eitmeister) iovette fare i suoi tre mesi di prigione. Egli ctopo cercò dare querela contro Bismarck per il docum:n:o anonimo adoperato contro di lui; ma dal 1877 sino alla morte di Bismarck non si trovò un tribunale in Germ mia, che l'abbia voluto accettare I 'N.,ei tribunali civili, a 'Bismarck bastav..1,semplicementela sua patente di Generale di Cavalleria,chegli assicuraval'impu11itd. La dommda di von Diest per la costituzione di un tribunale militare rimase sempre senza risposta. In breve gli fu rifiutata ogni giustizia. Egli dovette sottostare alle conseguenze della querela di Bismarck; m1 Bismarck doveva rimanere immune dalle conseguenze di una qu ~rela di Diest. Egli stava sopra la legge. Il fenomeno è stato spiegato colle note parole del generale von Hahnke : tntto cid avviene per comando dell'Imperatore Guglielmo I; il quale ordinò che non se ne occupinoi tribunali militari, mentr~ non se ne possono occuparei tribunali civili perchè Bismarck è militare I Tutto il libro di Diest mira alla distruzione delle leggende bismarkiane. Distrugge la leggenda· dell'amore delle verità nella politica; distrugge la leggenda della grandezza morale; distrugge la leggenda del disinteresse ..• cc Che il carattere di Bismarck, non fosse all'altezz 1 del sµo genio, potè essere negato dagli ignoranti e dai prèvenuti. Democratici soc·ali e liberali, ultramontani e particolaristi lo avevano abbastanza ripetuto ed anche dimostrato. L'importanza del libro di Diest sta in questo: che questa dimostrazione sia venuta dalla classe intimamente legata al Principe di Bismarck, dai conservatori, e che sia stata conf..::rmata da nuove prove ; e più pre.::isamente da un uomo, la cui intera vita è tutta una testimonianza di amore per la verità e del1' ioflessibile giustizia. Per certi tedeschi dell'Austria il Principe di Bismarck non solamente per l'opera politica sua, ma anche per il suo carattere è un semidio ; la lettura del libro di Diest sarà per loro salutare. » Qu 1le la conclusione legittima di questa losca storia che costituisce una macchia d'infamia per la giustizia tedesca? (i) Non se ne accorsero mai i dreyfusardi italiani I

'RJPISTA POPOLARE Vl POLITICA. LETTERE E SCIENZE SOCJA-Ll 123 Chiara e lampante. Mentre nella peggiore delle repubbliche, l' innocente ha potato essere riabilitato e liberato: nella più grand~ dell! monarchie contemporanee, l'innocente confannato in base ad un documento anonimo e falso non potè mai cttenere giustizia - ad ottant'anniI - e vide scendere più onorato e impunito che mai il suo grande nemico e calunniatore, la cui disonestà è proverbiale. Chi assicurò l'impunità del delinquente e la condanna del giusto? . . . . • . . . . . . • Andate a negare la grande opera di giustizia e di moralizzazione e di equilibrio, che può compiere il capo ddla più gloriosa dinastia nazionale .... * * * Ci rimurebbe da parlare dell'Italia ... Ne abb:amo p1rlato molte al:re volte. P.ula ed opera per n1i il generale Pelloux, e scrive l'on. Maggiorino Fèrraris in guisa che ci ri.:oncilia con lui. Egli infatti cosi conchiude la sua nota sull' affaire: « U aa sentenza cosi mostruosa come quella di Rennes 11òn può a meno di venir cancellata. Lavoriamo ogni giorno al trionfo della verità e della ~iustizia finchèpiena ed intiera luce sia fatta : ma non dimentichiamo che nella. vita sociale it:diana ci sono problemi più vitali e sofferenze ben più numerose che ci toccano da vicino. » Oh! c: saprebbe dire perchè quella cett1 i:.tituzione del. cuore di Mag~iorino Ferrans non sia riuscita a sciogliere que~ti rroblemi più vitali e ad eliminare le soiferenze più numerose che ci toccano da vicino ? LA RIVISTA. 11triond.felbuosnenso (:FRANCIAE ITALIA) Constatiamo con infinito compiacimento, che quel giuiizio onesto e sincero emesso da noi con franchezza bru1ale all'indomani della sentenza di Rennes, e che suscitò l'indignazione di mo!ti patriottardi td anche di qualche nostro buon amico, oramai prevale nelle più autorevoli riviste, ed anche - pare impossibile I - in molti giornali momrchici itali ani. Tra i pareri che abbiamo letto con maggiore soidisfazione ce n' è uno che collima a cappello col nostro. È del Dr. Foerster di zu~igo e l'ha emesso nella Zeit di Vienna. in un articolo sulla rigenerazionemoraledellti Francia (Zur mrralischen.W'iedergeburtFrankreichs). · Lo scrittore elvetico premette : « In questi giorni in tutte le parti del mondo civile viene constatata la bancarotta _delfa moralità francese. In questa santa indignazione si dimentica soltanto, che il g:udizio del tribunale di guerra di Ren'.1es è l'espressione di una corruzione morale ch'è comune a tutte le nazioni militari e che soltanto per u~a concatenazione di circostanze viene in evidenza in Francia .... » , Poscia, ricordato il militar:smo tedesco e il bismarkiamo, e gli entusiasmi militareschi deg'.i · Stati U oiti per il loro eroe nazionale Dcwey - e perchè non ricordare il jingoismo inglese ? - viene a questa osservazione: « Chi sa c;he la F!-tncia non sia più vicina al ravvedimento morale che -flcn le altre - nazioni tutte I E ciò precisamente perchè là, prima che altrove, è s:oppiata ]'.ulcera cancerosa del militarismo; perchè uua nazione come un individuo si ravvede e si migliora in segu;to :ill'esperienza che viene dagli avvenimenti constat~ti. « In cielo c'è più gioia per n•i peccatore che fa penitenza, anzichéper 99 giusti 11. « Ci sembra in fatto che precisamente in mezzo alla violenta crisi presente della Francia vengono fuori i segni della rigenerazione morale .... Il cos·detto movimento degli i11tellettuali si concentra e si f.1più profondo. Si .orga 1izza un completo piano di azio:1e sulla pubblica opinior.e e sulle giovani generazioni, e si va alle radici del male ». E dopo avere parlato a lungo del programma e dei mezzi dell' Union pour l'action morale conclude: « In questo senso adesso procedono all'opera gl' lntellettu 1li francesi. per trarre le conseguenze etico-sodali della D ~mocrazia. EJ essi procedono collo stesso zelo infocato e col cuo., re infiammato con cui più di cento an:ii or sono gli E:1ciclopedisti posero la s :ienza al servizio della civiltà ». È assai notevole la circostanza che prima della revisione della Cassazione, un grande filosofo russo, il De Roberty, aveva parlato in una delle conferenze sulla. • :Morale sociale in termini entmiastici e paradossali del1' affaire, che aveva chiamato la torre Eiffel della moraralità ed immoralità pubblica, che l'Euro ;>a guarda con impressione mista forse ad una punta d'invidia ; mentre un nord-americano il 2 Luglio in una conferenza tenuta in Londra nella South Ethical Society sulla Francia di oggi e la sua rivoluzione morale, aveva affl!rmato che la Francia andava compiendo una vera e grande rivoluzione morale (r). • * • Che russi, inglesi ed amerkani possano pe.1sare retta.mente sui casi della Francia a noi fa piacere, mi non desta grande S' rt1resa. Invece abbi1mo provato una specie di sb1lordimento leggendo nella Opinion~,Gazz._etta di Roma ( 17 Settembre) un. articolo che ci ~ra sfuggito, altrimenti lo avremmo rilevato nel numero precedente. L'articolo è dovuto al sig. Umberto Silvagni, suo(!:. rettore, e lo riproduciamo quasi per intero a:ffinchè tutti i nostri amici nelle polemiche innumerevoli che i casi di Francia suscitano, possano trionfalmente rispondere colla parola del bu -:in senso, che viene formulata da un monarchico sincero, che ha cuore e cervello che funzionano normalmente. « Allorchè, scrive il Silvagni, colmando i voti di un1 cJn1pagna i1ternazionale, durata due anni, senza riscontro nei:sli annali della stampa, e tale che la simile non si vide nè a favore delle nazionalità oppresse nè in d1fèsa dd poveri negri tenuti in esecrabile schiavitù fino alla metà del nostro secolo, la Corte di C:1ssazio:iedi Francia, a sezioni riunite, cassò la condanna del capitano Dreyfus e lo rinviò a nuovo giudizio, tutti coloro che per motivi e fini diversi si erano fatti crociati ferventi di questo co ,iddetto martire dichiararono solennemente di accettare in anticipnione, qualunqu~ esso bsse, il giudizio del nuovo Consiglio di guerra. Sembrava dunque, che una campagna di vituperi e d'inge~ renze deplorevoli e ingiustificate dovesse finire e che i giornali avrtbbero smesso di annoiarci, seccarci, di perseguitarci cogli articoli più fieri e più .... obbiettivi in difesa del capit:t• no Dreyfus. Sembrava proprio che dopo quella strepi~osa vittoria (?) internaziouale riportato dai più illustri difensori della moralità, la stampa dreyfusarda non francese avrebb~ rivolta la propria attenzione alle faccende di casa propria. Invece non accadde nulla di questo. La malsana e sdoc:-a cur:osità del pubblico, che è uso a giurare sulla carta stampata, venne prima eccitata dal colpo di pi;tola tirato contro il d1fonsore di Zola, colpo di pistola che fortunatamente falli la vittima designata e non ebbe alcuna ripercussione sul giudizio. Poi si cominciò a coprire di nuovi vituperi l'esercito francese e i suoi capi, si denigrò il tribunale di Rennes e la giustizia militare in genere, si urlò contro i gesuiti e i prtti, si ricorse all'artifizio di compilare alcuni resoconti usum, .• Dreyfus nei quali si esaltava il portamento, il gesto, la vocè e ti· no la bellezza dei testimoni a favore per beffoggiare il èO"I• tegno e l'aspetto di quelli a carico. E il grosso pubblico, quello che legge il giornale compitando, che vi cerca con ansia il tattaccio, il romanzo pornografico, lo scandalo e il pettegolezzo raddoppiava il proprio entusiasmo a tavore, del perseguitato e ne augurava l'assoJudone, incurante se nel proprio paese iema-. no nelle galere parecchi innocenti e passeggino le vie in ri chis.:. simi equipaggi o ricoprano caricl,e pubbliche parecchi individui meritevoli di stare al bagno penale. * * La campagna internazionale diretta contro la Francia e con• tro le istitmiooi di quel paese, animata dall'odio t. dalle rivalità che ispirano i cuori e gli interessi non italiani, rivolta a (1) L'interessante conferenza si può leggere nel numero di Set:_ tembre della Rei.,ue Socialiste.

RIVIST.1 'POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI servire, anche senza volerlo, i conati bonapartisti, orleanisti, socialisti e magari anarchici, mira a inoculare nella mente di tutti i semi-analfabeti, di tutti i facili eroi, di tutti gli ignoranti che non sanno virgola degli avvenimenti svoltisi nel mondo in questi ultimi cento anni, quell'istessa repulsione, fatta di timore, che i sacerdoti della legittimità, -:!ellareazione, dell'oscurantismo, del feudalismo, delle disuguaglianze sociali e dell'oppressione cercarono d'infondere nell'animo dei popoli europei colle sette colleganze contro la Rivoluzione e contro Napoleone, col cong!"esso di Vienna, colla guerra a morte del 18 I 5, colla Santa Alleanza, coi congressi di Troppau e di Vezona, coll'onda di repressione feroce e inesorabile che affogò nel sangue di Murat e di Ney, nei duecento giustiziati durante il regno di Luigi XVIII, nelle fucilazioni e nelle appiccagioni del 182 r a Napoli, in Piemonte e in Ispagna, nelle ordinanze di luglio I 8 30 di Carlo X, quei principi di libertà e di eguaglianza che la Rivoluzione aveva proclamato, che Napoleone, genio coronato della Rivoluzione, aveva diffuso nel mondo colla spada. · Senonchè, mentre gli sforzi, durati quarant'anni dalla diplomazia dei vecchi reg.mi, muovevano da interessi dinastici e avevano lo scopo di soffocare ogni tentativo per conquistare ]a libertà, la campagna che copertamente e palesemente viene condotta da trent'anni contro la Francia e che adesso è nel periodo acuto è combattuta - in prima linea - da molti che si vantano amici del popolo, c?.mpioni di liberalismo, nemici del potere assoluto, e anche radicali e repubblicani. Ora, che il pubblico grosso e inconsapevolenon capiscale origini, la portata e i pericoli di questa guerra alla Francia, combattuta co11un'insolente ingere11z.aclie neppure il principato di Monaco potrebbetollerare, si spiega ; rna che uomini intelligenti e colti la conducanoo v'insistano senz.acalcolarnele consegu_enz.e, è uno dei fenomeni più strani fra i fatti stranissimi chevediamo svolgersi in questafine di secolo. . • • • E questafine di secoloassiste allo spettacolodi quella clie pzuJ chiamani la frenesia del sentimento monarchico. Atlorchè, invocando una politica interna reazionaria, uno dei più focosi deputati di destra alla Camera francese della Restaurazione, riassunse questa morbosità di loyalisme nel famoso grido : Vive le Roi quand méme, non vi fu monarchico convtnto di senno, non antico emigrato di mente aperta, non ministro fedele ma prudente, non cortigiano avveduto, neppure lo stesso re, che non rivelasse l'assurdità e il pericolo di una sentenza cosi esagerata e cosi feticista, pronunciata da un reazionario per imporre al Ministero e a Luigi XVIII, che le respingevano, le proscrizioni in massa e le vendette partigiane. E ai nostri giorni, invece, noi abbiamo veduto in Italia coloro che si vantano di essere i più fedeli campioni della monarchia e, in pari tempo, i liberali più puri, più genuini, più progressisti incoraggiare le pazze imprese coloniali e lo sperpero di centinaia di milioni e di migliaia di vite, difendere le sopraffazioni del potere esecutivo e le violazioni dello Statuto incoraggiare le dtgenerate giustizie, palliare e magari glorificare le dilapidazioni e gli scandali bancari, glorificare l'affarismo politico, proteggere la finanza più dissennata e più ::mtidemocratica, propugnare gli armamenti sproporzionati e la profusione inutile di miliardi per spese militari, proporre e fabbricare leggi repressive contro gli scritti e contro il pensiero, vagheggi;ire la sospensione dello Statuto e il regime assoluto, sempre in nome delle Istituzioni, sempre colla scusa di voler " assicurare l'ordine pubbJico » ripetendo così persino la formula e gli atti adoperati per tanti secoli dal dispotismo ~ello scopo di coonestare e giustificare ogni nuovo bavaglio messo alla libertà e al progresso, ogni nuovo martire sacrificato alla sete di reazione. È appunto un morboso sentimento monarchico quello che spinge tanta g~nte a partecipare a questa lunga insistente campagna contro la Francia. È appunto lo stolto timore di vedere i battaglioni francesi esportare pel mondo la repubblica e piantare alberi della libertà come la Rivoluzione !ece un secolo indietro. E oggi come allora i pseudo-liberali, i finti democratici, le anime ingenue e quelle bollenti non capiscono che in in ciascuno Stato le istituzioni che lo reggono possono sicuramente resistere a ogni minaccia e a ogni attacco solamente quando sono fondate su principi di giustizia e di morale e sono applicate per fare il bene del paese. L'Europa monarchica della fine del secolo scorso non comprese che la migliore barriera alla Rivoluzione avrebbe consistito nel dare a tempo ai popoli la libertà e l'eguaglianza, e che vano era opporle eserciti quando si empivano le galere e si dava lavoro· ai carnefici per soffocare le aspirazioni più sacrosante ; i monarchici morbosi di oggi non capiscono che la saldezza delle nostre Istituzioni non deriva già dal denigrare e dal vituperare quelle altrui, ma dal condursi in modo ch'esse corrisponpano, come potrebbero e come dovrebbero, ai bisogni e agli interessi del popolo. • • • Nonostante ia dichiarazione solenne dei dreyfusardi non francesi di sottometter,;i alla decisione del nuovo consiglio di guerra qualunque essa fosse, la pubblicaxiooe della sentenza ha dato luogo nei nostri giornali più patriottici e più obbiettivi a una tale valanga di villanie e di vituperi contro i giudici, contro gli accusatori, contro i testimoni, contro l'esercito francese, contro la Francia in genere,che appma si capirebbese un centinaio d'italiani fossero stati linciati dai nostri vi~ini d'oltre Alpe, o st i nostri rappresentanti diplomatici fossero stati insitltati o percossi, o se un'avanguardia francese fosse appana improvvisamente sul Cenisio o sul :Monginevra. 'N.,essun giornale repubblica110o socialista, nessun deputato della Estrema Sinistra ha mai detto contro i nostri tribunali militari che conda1t1taro110 tnif!l-iaiadi cittadini la ventesima parte delle ingiurie che i giornali nostri i quali si dichiaranopiù liberaliscagliano adessocontro la Francia perc/JèDreyfus é stato nuovamente co11dan11ato I E non dico nirnte del tentativo che qualcuno ha iniziato per impedire (!) alla Francia di tenere nell'anno prossimo l'Esposizione mondiale, e punirla, così, di aver creduto di poter levare io casa propria son linge sale e di poter dichiarare iiuovamente colpevole il presunto martire 1 * Non è possibile che la gente srna di cervello non capisca che queste sono aberrazioni strane e funeste. Non è possibile che tutti i veri liberali non ricordino che se la proclamazione del principio in!ernazionale del non i1ltervento permise alle v:arie nazioni di costituirsi e ai vari popoli di conquistare ]a libertà e l'uguaglianza, questo principio dev'essere sacrosanto e come tale dev'essere rispettato religiosamente in tutto quanto si attiene al governo e alla vita interna delle nazioni. Non è possibile che tutte le menti equilibrate non riconoscano che l'esempio attuale è pericoloso e che il contagio sarebbe fatale poichè, data la stura a questo malinteso cosmopolitismo, non vi sarebbe faccenda interna nostra nella quale i francesi, se volessero imitarci, non si potrebbero credere in diritto di intervenire. Non p1rlo dei nostri moti rivoluzionari, dei nostri stati di assedio, delle condanne inflitte dai tribunali militari, dei ·nostri scandali bancari impuc.iti, della nostra corruzione· politica dilagante e trionfante, della nostra malferma finanza, delle nostre alleanze adoperate da certi liberali e da certi patrioti come una continua e spavalda minaccia ; ma mi fermo soltanto alla questione Vaticana. • • Ma, ~ da S?erarlo, il rinsavimento non può essere lontano. ·Quando si arriva al punto da stampare i vituperi di cui ingemmano la propria prosa i nostri fogli che si dicono più liberali, quando si è inviperiti al punto da, levare a cielo come dimostr.lzioni a favore di Dreyfus gli urli suscitati· da un ubbriaco, quando la pazzia raggiunse il suo colmo col proporre di mettere la Francia al bando delle nazioni e coll'esternare il progetto d'impedirle di tenere l'Esposizione, quando la campagna internazionale rivela le bout de l'oreille di alcuni campioni di altre fedi a di altre razze nel ~uovere guerra aspra e gratuita alla religione cattolica profl!ssa:ta da trentun milioni e mezzo d'italiaoi, e quando la odierna crociata smaschera il proposito recondito di alcuni dottrinari o rivoluzionari di denigrare o vituperare le istituzioni militari di ogni· paese per affidare la disciplina degli eserciti ai tribunali e ai giudici civili - e a certi tribunali e a certi giudici I -, quando il parossismo della frenesia raggiunge questi limiti ii ravvedim_ento del pubblico, anche grosso, anche incosciente, non può essere lontano. Non è da oggi che, per fini poco beo precisati e per moventi pcco facili a spiegare ma facili a capirsi, si cerca persuadere il popolo italiano che la Francia è la nostra nemica, che essa insidia la nostra unità e la nostra monarchia, che è .dovere di patriota detestarla, che il farle la guerra sarebbe un opera santa e - oh 1 illusioni di tutti gli ignoranti più presuntuosi che pregustavano il bombardamento di New-York da parte degli spagnuoli - una facile impresa. • • • Questa furibonda crociata - sarebbe delitto il nasconderlo agli illusi - può condurre il nostro Paese a passi assai difficili. Non abbiamo nulla da gu1dagnare dalla inimicizia in tem-

'I{_IVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 125 Po di pace colla Francia, e avremmo meno ancora da guadagnare in una guerra anche se - e si deve dubitarne - dopo averci lasciato lanciare nella impresa, gli alleati riconoscessero negli articoli della Triplice, di quell'ottavo sacramento dei nostri bigotti difensori delle Istituzioni, l'obbligo di battersi con noi. È dubbio che noi possiamo da una ostilità veemente, accanita, furibonda alla Francia guadagnarci in pace, poichè economicamente non possiamo lottare con essa nè chiuderci quel mercato ; ma è anche dubbio che ove il parossismo della pazzia ci conducesse alla guerra ne trarremmo, nell:1 ipotesi più favorevole, un grande profitto. L'esito della nostra campagna del 1866 e i trionfi della nostra politica estera da vent'anni in qua - tacendo ogni considerazione militare - stanno là a dimostrarci che se noi troviamo facilmente gente disposta a. farci impegnare in prima linea, non troviamo, poi, alleati mo}. to generosi quando vi è da raccogliere i frutti della vittoria. "' * • E noi dovremmo compromettere l'economia nazionale e il buon vicinato o esporci a una guerra, che se vittoriosa darebbe agli altri la parte del leone e a noi lascerebbe quella dell'agnello, proprio perchè la Francia crede di amministrare la giustizia come le talenta e di governarsi come meglio crede? Fosse anche Dreyfus innocente come l'agnello pasquale, cosa di cut dubita(?) chiunque non giura ne11'accanimento altrui, gli stranieri non avrebbero mai il più lontano diritto di pretenderne l'assoluzione e la riabilitazione coi metodi che si adoperano oggi da tanti frenetici. E non sarebbe meglio, invece, volgere la mente e i1 cuore alle ingiustizie giudiziarie, amministrati ve, morali, economiche e sociali di cui abbiamo tanta dovizia in Patria e che dovrebbero attirare tutta l'attenzione e tutto l'amore per ripararle di quelli che si credono patrioti e liberali ? Qui 11ousdelivrerades grecs et des i·omains fu gridato in Francia quando il classicismo in letteratura e in arte faceva dimen. ticare la necessità di coltivare il genio e il carattere nazionale; chi ci libererà da Dreyfus e dai dreyfusardi abbiamo il dir:tto di urlare noi dopo che da tre anni siamo perseguitati e ossessi da una turba· di bel1icosi apostoli della giustizia e della morale .... in Francia, quando. per tollerare che poche centinaia di imbroglioni e di ciarlatani arricchiscano e dettino leg ge in Italia, noi lasciamo che alcuni milioni di nostri concitudini gemano nella miseria, e altri milioni lottino con un disJgio che le Istituzioni sopprimerebbero e lenirebbero qualora non fossero travisate e tradite da pochi chiacchieroni morbosi, e da pochi dottrinari usi a compiacersi nelle incruente battaglie a paroloni che nascondono la mancanza delle idee pratiche e dei propositi utili I • • * Ed ora a noi non resta che conclulere con una semplice constatazione : se i monarchici italiani che scrivono, parlano ed agiscono in nome di tutta la nazione pensassero e scrivessero come la vecchia Opinione, molti guai sarebbero evitati al paese e più lunghi anni di vita - di questo non ci rallegreremmo - sarebbero assicurati alla .•... in Italia. Nor. LA GUERRA ECONOMICA Il mio eccellente amico onorevole Colajanni ha avuto la bontà di chiedermi di presentare ai lettori della 7?._ivista Popolare un saggio sintetico del volume che sto per pubblicare - La guerra economica - di cui due riviste francesi, la Revue Socialiste e la Revue 'Bianche, hanno stampato la maggior parte. Io .sono felicissimo di poter dare soddisfazione al direttore della 7(ivista Popolare, ma egli mi permetterà di limitarmi all'esposizione delle idee generali che dominano il mio studio. • * * I. Il XIX secolo avrà veduto il più prodigioso sforzo d'attività umana di cui la storia faccia menzione. Ciò che meglio gli dà il suo carattere d'unità e di continuità, ·malgrado la diversità delle correnti che l'hanno attraversato 1 e le multiple rivoluz;ioni che l'hanno interrotto, è ancora lo sviluppo senza arresto nè regresso, della produzione industriale. Noi vogliamo, nel momento in cui il secolo sta per chiudersi con la più grande e sontuo~a esposizione che sia stata mai organizzata, precisare le con:iizioni econ miche dei principali Stati dei due emisferi. Lo scopo che ~oi ci siamo imposto è, se possibile, più alto ancora. E un'idea feconda della dottrina socialista che i fenomeni economici agiscano e reagiscano senza posa sugli altri fenomeni della vita dei popoli: essi sono il fattore determinante, la sostanza stessa dell'altre manifestazioni d'attività. La storia dei cinque continenti, le relazioni degli stati nel momento presente si riaccordano in gran parte ai fatti che costituiscono l'oggetto di questo studio. ~ * * II. È incontestabile che in questi dieci o quindici anni, una trasformazioue profonda si è compiuta nella gerarchia delle nazioni produttrici. La Francia che per tanto tempo aveva occupato il secondo posto è stata tutto ad un tratto, spinta indietro dalla Germania e dal l'America. L'Inghilterra, pure, è stata arrestata nel suo sviluppo e le sue esportazioni n<?nraggiungono nemmenole stesse cifre d'un tempo. E l'Impero Germanico, è l'Unione americana che per una controspinta logica hanno ottenuto un beneficio dalla rivoluzione economica. Le trasformazioni che si sono compiute nell'aspetto del globo sono ancor più vaste di prima. Il grande segno distintivo di questo tempo sarà, sicuramente, l'apertura all'industria ed allo scambio delle contrade fino ad ora dormienti nel torpore di una barbarie prolungata. L'Estremo Oriente sta per diventare uno dei più grandi , centri dell'attività umana. Tra non molto i due emisferi non saranno più che una sola officina accesa giorno .e notte dall'attività dei lavoratori. Le ultime solitudini selvagge, ove i Pelli Rosse, i Cafri, i Papuas cacciano liberamente le bestie feroci, i grandi spazi in cui le tribù devastano le risorse della vita primitiva s'illumineranno colle luci degli alti forni che risentano del fracasso dei pesantissimi martelli. L'organizzazione industriale coprirà i cinque continenti. *** III. L'enorme sviluppo della produzione, che caratterizza questa fine di secolo, ha coinciso con una economia nuova dei modi di produz:one, col generale ripie• gamento della piccola industria. Le conseguenze sociali di questa trasformazfone si fanno sentire, in tutte le località, con un'intensità crescente . .La prolt tarizzazione della piccola bJrghesia s' è compiuta e si compie ora senza un momento di· sosta. Gli ultimi tamponi che v'erano tra la classe dirigente contemporanea e la massa dei lavoratori stanno per sparire. Ma se il suo contingente si accresce da una parte, la condizione del proletariato si aggrava dall'altra. Non è poi tanto delle riduzioni del salario che si può lamentarsi come dalle spaventevoli crisi di sovraproduzione e di sciopero che sono la tara deci~iva dell'attuale regime. Certo, queste crisi non sono un fenomeno nuovo, ma si concepisce ch'esse abbiano un'ampiezza eccezionale dopo che le regioni extra-europee sono state sottomesse al sistema capitalista. * * * IV. È una guerra quotidiana, universale, dagli innumerevoli aspetti, che il bisogno di sbocchi ha scatenato tra i popJli, da un'estremita all'altra dei continenti. Essa è il flagello che l'antichità non ha conosciuto, che non ha nemmeno sfiorato il Medio Evo, che solo l'epoca contemporanea ha subito in tutti i suoi orrori : la conflagrazione senza limiti, senza armistizio, senza fine ; il m1le divorante che rinasce sempre dagli sconvolgimenti del regime sociale, e che la società moderna no.i potrà respingerè senz1 sqtterrar~i sotto le sue proprie rovine,

126 RIYJST.A. POPOLA.i.E DI POLITIC.4. LETTERE E SCIENZE SOCI.A.LI Tre degli aspetti di questa lotta spietata meritano più che altro di essere esaminati - o, piuttosto, tre delle ca• ratte,istiche di un'tpoca che essa domina e riempie, tre applic~zioni del principio rnpremo della concorrenza internazionale. Il protezionismo è diventato un po' dappertutto l'anima della difesa dei popoli impegnati in questa questione. La libertà degli scambi sembrava dover triontare 25 o 30 anni or sono, e anche i suoi avversari scontavano con terrore la sua espansione indefinita. Oggi le frontiere son chiuse; ogni stato si serve, come meglio può, dei prodotti dei suoi vicini, cerca monopol:zzare a suo prc fitto il suo proprio mercato. Il fenomeno non è speciale alla Francia che ha risolutamente rovesciato . nel 1892 il sistema impiantato in casa sua dal famoso trat• tato èel 1860. Il s:sterr.a della muraglia doganale ha conquistato nella maggior parte dei paed, grandi e piccoli, i governi monarchici e repubblicani. L'espansionecoloniale è il comp'.emento logico del protez:onismo. Ogni stato che chiude i suoi n:erca•i s'interèice i mercati degli altri statL Bisogna dunque che esso s, iluppi gli sbocchi delle sue industrie al di là di quei lirr.iti con delle 2nr:essioni. Questa è l'unica spiegazione di questo grande fenomeno moderno : la penetrazione dei Continenti m: ovi. La generali zza1ione stessa del metodo èelle conquiste lontane attesta ch'esso era neCt;SEariamente comandato da cause profonde. Forse la Francia, l'Italia, e in m:nor graèo l'Inghilterra, hanno ceduto anche un po' all'appetito della gloria militare, alla passione dei Chilometri quadrati, ma il movente capitale della· loro politica si ria~sume nettamente in ·que- ~ta espressione: le necessità degli sbocchi. Al protezionismo dei dirigenti corrisponde il prote1Jonismo dei diretti : quelli hanno interdetto lrentrata ai prodotti di frori, questi banno preteso bandire l'operaio · straniero. Tra i due fatti, ana1ogia perfetta, correlazione logic2. Ricordated le giornate dolorose di Aigues Mortes e di Bahia, la proscriz 1one dei Chinesi negli S1ati Uniti e ndl'Australasia etc. Effetto della concorrenza è s1ato ura nuova fìsonomfa ddla guerra economica. Essa dirige clasfe contro classe ; essa divide le classi entro loro stesse. * * * V. La lotta si avviva automaticamente. L'espansione esotica è un'arma a due tagli. Essa suscita dei nuovi rivali a qUti che hanno posto la loro speranza in essa. L'India che, durante un secolo, è stata per l'Inghilterra un'ammirabile sorgente di prosperità, s'è messa a fabb,icare, s'è chiusa parzialrr.ente a1la metropo:i, poi ii è volto all'Estremo 01 iente contro il Lancafcbire e 11 Midlands. Il G~appone, educato dagli Europei, è più minaccioso ancora. Le g;ovani comunità anglo sassoni dell'Australada danno dei colpi mortali alla produzione dd bestiame del nostro Continente. Sarà così, a breve scadenza, di tutte le terre ,·e•·g'ni ove la razza bianca ha fatto dti tentativi, ove esrn credeva conquistare delle officine di ricchezza, generando invece, in rea'tà, delle rivalità straordinarie: *** VI. La preponderanza del fattore economico nella vita internazionale, s'afferma ogni giorno che pasf a ; essa pesa sulla politica degli stati che domina, ai quali s'incorpora, e non vi sono più estmpi di potenze che subordinano a delle a~pirazioni ideali, a delle conside, az:one di onore nazion;i!e o della dinasli?, il loro sistema diplomatico, le loro relazioni coi vicini. L'elemento nazionalità, attenua e at:enuerà sempre più la sua a~ione. L'elemento commercio s'è rnstituito ad esso. Per stare ai fatti che sono ancora nelle men1i di tutti, l'espamione politica dell'Unione Americana, la sua dichiarazione di guerra alla Sragna non si 1i:utaccano es~c a degli interessi ingenti evidenti dd suo commercio? Bisogna. interpetrare, in virtù di un' altro principio il conflitto Franco Inglese che si trascina da anni e che da un momento alra'.tro, come al momento della cri~i di Fashoda, raggiume un grado particolare di acuità? In fondo all'imperialismo anglo-sassone non v'è che nn immenso appetito di aflari. Se la Gran Brettag-na non fosse certa che la Francia e la Rusda non le cr.iudessero i loro possedimenti d'Afi ica e d'Asia, essa le lascerebbe disperdere nelle occupazioni militad, e senza la minima protesta, i loro uorr.ini e le risorse dei loro l ilanci. La guerra economica non è una sah-aguardia contro la guerra in generale, al contrario quella può ogni momento scatenare questa. Invenamente le br.one relaz oni commercia'i possono cont 1 ibdre a ristaHlire e a mantenere le beone r~laz:cni diplomatiche. Quando, nel 1886, Crispi rompeva l'a~cordo trance itaEano, egli riconosceva la prima di queste asserzioni. AUorquando le due nazioni firmavano ultimamente un nuo ·.o patw doganale, il gabinetto di Parigi e èi Roma comac·avano la seconda. * >t + VII. La concorrenza commerciale, i bisogni economici, determinano fatalmente le nuove organizzazioni ,1ell'umanità. Lo sminuzzamento del mondo in gruppi sparsi non potrebbe susshtere molto. L'acuità stessa ddla lotta, dai molteplici aspetti, che è il fondo immutal ile della stoiia contemporanea, comanda dei riavvicinamenti, provoca delle associazioni di forze. Co:itro l'indi ddualismo nazionale, la gara degli scambi dà un attacco formidabile. Già la forma federa1 .iva sorge sugli oiizzonti ddl'avVt nire. Essa appare anche oggi, nel gr2n sogno che la borghesia ingll!se nutri~ce coi Chaml:-erlain, i Roseberry e i Dilke. La Greatcr 'Britain - la Federazione imperiale britannica - è il tipo di questi sin: 1acati del domani che si dh ideranno e si disputeranno i con'.inenti al di sopra delle n1zionalità chiuse dt i tempi presenti. Tra queste federat.Ìoni, e le coalidoni del passate, una differenza essenziale ti manlfes·erà. Queste dipendev.ino da un interesse d·:l momentc, dinastico o milit.tre; quelle saranno fondate, prima di tutto, sulla comùnanza deg'i interes:i econom:ci. Tra i gruppi che le costituiranno effettivamente ogni barriera commerciale cadrà. 11 giorno in cui la Gran Brettagna avrà 1iunito intorno a sè tutte le terre di lingua inglese, con o senza gli Stati U riti, e in cui queno motore unico regolerà a W estminster o da un altro p1 .10tole pa'pitazioni e il mov:mento di questo corpo irr.menso, i prodotti circoleranno Jiberamente da un membro all'altro. Ma, senza dubl io, c-:ntro quei di fuori, la GreaterBritain ti corazzerà con una lega rinforzata dalle dogane. Sarà un mondo che basterà a sè stesrn, e che Earà in re.tta, il più che ~ia possibile, con l'esterno. La guerra economica avrà dunque contribuito, ndla più larga misura, a far pas~are i popo:i da un quadro di organizzazione ad un altro. Certo, se vi deve ·essere espamione di , i· a da una parte, , i ~arà anche azione di altre federazioni dall'altra. 11 campo di azione dell'uomo si restringerà e si amplificherà nello stesrn tempo : dal tal popolo al tal altro della medesima associazione, i rapporti ~aranno così quotid: ani, così intimi che le divenità d fonderanno in un'armonio~a unità: da un'associazione all'altra i rapporti si iidurranno allo stretto ne• cessario e le divergenze ~i accentueranno. Ma questa tappa ddle federazioni no:i potrà prolungarsi. Esfa edificherà dapprima un internazionalismo frammentario. La guerra per gli fCambi tra le leghe avverrn1ie si proseguirà frattanto con una ~ivacità sempre maggiore, accresciuta da tutta la forza stessa degli elementi che soco di fronte. Allora per tutte le pressioni dei fatti economici per cui di secolo in secolo salgono le idee madri dell'umanità e le forme della chilizzazione, le società spezzeranno le ultime linee feparatrlci per confondersi nella fratellanza unÌ\ ersale. PAuL Louis.

RIYISIA POPOLARE DI 'POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALl 127 Lavoratori estu~enti italiani i Svizzera Emmanuele Sella, un italiano costretto a rirarare in S ~izzera dalla marea reazionaria dell'anno 1898, ha pubblicato in parecchi numeri della Riforma Sociale del Nitti uno studio interessante sull'Emigrazione italiana nella Svizzera. ' Nell'ultimo numero ( r 5 Settembre) vi è la conclusione, che sentiamo il dovere di riassumere ed un poco di commentare. Scrive il Sella:· << che la grande accusa che ~i « muove aga operai italiani è quella che essi fanno la « concorrenza agli indigeni»; m1 l'accusa riduce a prcporzioni modeste rilevando che su di un totale di 3,000,000 i lavoratori indigeni, ai quali i 100,000 italiani fanno la concorrenza, non sono che 200,000 al piu; e che i nostri concittadini, perciò, « sono utili, infinitamente utili, « o ancor più, come il Droz volle dire necessari. Si noti « ancora che anche per il picco!o numero di operai « svizzeri ai quali gl'italiani fanno la concorrenza, !'emi- « grazione italiana sia indirettamente giovevole ; poichè <e aumentando il benessere generale, aumenta anche il << benessere economico, politico, sociale di questi in ii- « vidui. » Poi soggiunge : « co~oro che domandano che per tf- « fetto della presenza degli italiani non si abbassino i « salari in qud due o tre mestieri in cui essi la \·orano, « domandono l'assurdo. li volere che i salari non si ab- « bassino quando, ceterisparibur, gli optrai aumentano, « e che gh operai italiani vengano nella Svizzera e che « non facciano abbassare i salari, è la stessa cosa che il « volere che il nero sia bianco nello stesso tempo ch'è e nero. » « Varrebbe, dunque, assai meglio che coloro che di- « cono agli operai italiani di non vendersi per un sala- « rio minore, si unissero ad altri politicanti svizzeri (i « quali o non s'intendono di ec nornil, o se ne inten- « dono, e allora mettono sotto i piedi l'interesse del loro « paese), e gridassero tutti insieme: restate in Italia! « Il eh<.::sarebbe quanto dire: crep1te di fame! Logica « stolta di protezionisti camuffati qualche volta da de- « magoghi ! E 1 è dolo rom il vedere giornali benemeriti « della causa della libertà nel nostro paese, come il « Seco'o di Milano, !'..AvantiI di Rom:>, dimostrarsi igno- « ranti dei primi elementi di economia. » Sin qui il Sella. A dir vero ciò che a noi sembra doloroso è che il pregiudizio patriottico abbia fatto velo alla mente dello scrittore e lo abbia indotto con tanta leggerezza a distribuire patenti d'ignoranza, che non sono affatto al loro posto. 8i capisce che il Droz, come tutti gli economisti francesi e cosmopoliti del laisser /aire, laisser passer, che si preoccupano della ricchezza in sè e niente affatto si curano dei suoi produttori, degli uomini, debbano e possano ineggiare alla concorrenza tra i lavo:atori ed al conseguente ribasso dei salari, che riesce ad una maggiore produzione di ricchezza ; e si capisce del pari che i capitalisti, gl'intraprenditori in Francia come in Svizzera, in Europa come in America vedano con grande simpatia l'emigrazione italiana. Non vorrebbero promuovere quella dei chinesi? E non gradirebbero anche il lavoro concorrente delle scimmie in mancanza del lavoro degli italiani e dei chinesi, quando sono insufficienti gli uomini di ferro? Il Sella ha stabilito con esattezza i termini della intensità della concorrenza che i lavoratori italiani devono fare a quelli svizz,ri, poichè ha dimostrato che i centomila nostri concittadini vanno a diminuire il lavcro appena appena di duecentomila svizzeri. Il ribasso dei salari dev'essere grandissimo, perchè in verun altro paese la concorrenza va a farsi in co~ì intense proporzioni, e ciò spiega la violenza dell'avversione che in Svizzera in pochissimo tem?o si è svolta contro gl'italiani. Ma, soggiunge il Sella, gl'italiani hanno il diritto di non morire di fame ! Già ; ma non è chiaro che gli svizzeri hanno quello maggiore, perchè si trovano in casa propria, di dare la caccia ai disgraziati che \'anno ad attenuare i loro salari, a togliere loro quell' elevato tenore di vita che hanno conquistato con tanti sacrifizi e con tante lotte? Questo argomento non si ritorce in tutta la sua crudezza contro gl'italiani? E perchè gl'italiani non restano a casa propria - con tante ricchezze naturali di gran lunga maggiori a quelle della Svizzera - e non sann J procurarvisi quel lavoro e· quei salari, che vanno a cercare altrove producendo un regresso economico e perciò civile e sociale nei membri della propria classe? Perchè essi procreano con tanta inconscienza animalescél? Perché essi tollerano in casa propria un governo che assorbe e sperpera il m glio della ricchezz1 del paese ? Perchè si lasciano abbrutire e non conquistano quella condizione economica, politica e sociale che i lavoratori degli altri stati hanno saputo assicurarsi? ( r) Dunque se è fatale, se le leggi della economia impongono che dove ci sono due lavoutori snraggiungendone un terzo ci debb1 essere con ;orrenz1 e diminuzione di salari - e ciò lo sanno benissimo gli scrittori dd Secolo e dell'Avanti! - è altrettanto fatalr, e viene imposto dalle leggi dell.1 psicologia sociale, dai sentime:.1:i umani, che chi sta bene non voglia stare peggio e debba reagire contro chi va in casa propria a produrgli il peggioramento ed a rapirgli col suo non chiesto intervento, il frutto di tanti anni di lotte e di sa.cr,fizi ! Ed ecco pnchè agli italiani, i chinesì di Euro• pa, come dopo Colajanni sono stati chiamati i nostri concittadini da tutti coloro che si sono occupati della loro cJncorrenza, si è data la caccia dappertutto in Francia e in Germania, in Svizzera e negli Stati Uniti e in Inghilterra - dappertutto, senza distinzione di razza, di nazionalità, di religfone .... * * * Nell'esame della grave e sempre attuale qmst1one abbiamo trascurato un elemerrto : quello morale. Infatti l'inferiorità delle condizioni morali e intellettuali degli italiani aggrava le co::iseguenz;! della concorrenza del lavoro e li rende più odiosi. No :i vogliamo, adesso, occuparcene di pro;>0sito, ma ci limiteremo a riprodurre dallo stesso studio del Sella il brano, che si riferisce alla parte piu elevata degli italiani, che vanno in Svizzera e non ci vanno in cerca di lavoro e di pane, ma di scienza e di libertà. Ecco ciò che egli scrive degli studenti italianj, che frequentano le U niversita della Svizzera, dove fanno tanto onore alla nostra patria i Pantaleoni e i Pareto: « Che gli italiani sieno meno suscettibili di altri "popoli di organizzazione si vede ancora nelle Università svizzere. , cc N<::lleun·versità Svizzere convengono studenti di diversissime nazionalità: svizzeri, francesi, tedeschi, russi, bulgari, polacchi, serbi, greci, italiani.. .. Fra questi studenti si vanno forman:io moltissime associazioni secondo lo spirito di nazionalit~, lo spirito politico, religioso, ecc. Si hanno cosi società di russi, di polacchi, di bulgari, di greci, e si hanno società di studenti astemi, soci :tà di cattolici; gruppi marxistici, ecc. e< Ma non c'è mai verso che nasca una so;;ietàdi studenti italiani. Gli studenti italiani di Ginevra saranno, è vero, forse soltanto una quindicina, ma anche i grP.ci sono (1898-99) dodici soltanto e hanno la loro s:>cietà.A Zurigo pure, non esiste alcuna società, e a Zurigo gli studenti italiani sono per lo meno una cinquantina. Alcuni tentativi che si f<::ceroa Zurigo abortirono. cc Non soltanto gli studenti italiani non sentono il bisogno di fondare società italiane; ma non sentono neppure il bi5ogno di unirsi in quel gruppo che ad ognuno è più omogeneo. Così, ad esempio, gli studenti socialisti non entrano a far parte dei gruppi socialisti. (i) All'indomani dei (atti di Aig-ues i\Iorles l'on. Colajanni nel 1893, mentre la Rivi -ta popolare era diretta da Antonio Fratti, svolse più ampiamente queste quistioni in una serie di articoli, che furono riuniti nell' opuscolo: Una qaistione ardent() (Lei concorrenza del tavoroJ.

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