114 RIVISTA POPOLARE 'DI 'POLITICA LETTERE E SCIENZE SOC..l.ALl amara, e nella logica inesorabile, ti dimostra, magari, necessaria la sconfitta, uccide l'ultima forza, l'ultima fede. Dovrà dunque l'arte illudere? Sicuro! Il processo estetLo é un processo dell'anima: se così non f sse nel tramonto vedremmo solo un agitazione speciale ddl'ttere, in una sinfonia una speci,de agitazione dell'aria. Mi pare anzi che il sentimento estt::tico - creativo e rie( ttivo - abbia una origine diversa, che esso si compendi in ura prevenzione ed in una illusione. Quando l'uomo crede trovare un sentimento che soddisfi il suo cuore, la soluzione di un fatto che contenti la sua anima - un optimum, come dicono certi filosofi - egli sente il bisogno di anticipare quel piacere, che proverebbè se l' avvenimento si realizzass::-. Questo optilllum, que;ta soluzione, nella vita reale, in cui l'egoismo predomina, ad esempio, non si avrà. Che importa? Per un momento lettore ed autore vivono, riposano in quella illusione. Quando io leggo certi libri, scrive Schopenhauer il triste, gli uomini mi sembrano giganti. E quale funzione più grande potrebbe aver l'arte? Solo allo-a questa arte diventa:un bisogno per il povero e per i figli del povero, mentre oggi resta monopolio dei ricchi. La religione, ahimè per molte ragioni, lunghe a ripetere, comincia a venir meno all1 sua funzione. Guai a noi Sè queste mJs;e dovessero trovarsi senza religione! Certa gente che il problema dell'umanità riduce nello stomaco fraintende la vera natura della crisi s xiale. Io non capisco, a dire il vero, la scuola laica, nella quale non si faccia larga parte all'educazione del senso estetico. Oggidì il figlio dd popolo lascia la scuola obbligatoria, in fiacchito ed ammiserito. Per niente più, infatti I gli si interesserà, poichè il cuore, al quale chiederà un l risposta tace, nucio ed isterilito ccme lo hanno reso i maestri. Io domando se· un operàio il quale per cause complesse e naturali è costreito a un lavoro continuo, snervante, in con,.. trà5to stridente con gli agi oziosi di un altro simile, non debba diventare un ribelle, qumdo non abbia, finito il lavoro, una religione la quale, con la pietosa bugia della eguaglianza futura, calmi l'anima esulcerata, quando non possa, per la educazione mancata, attingere al grande serbatoio dell'arte ide ..li, speranze, e magari rassegnazione. Il socialismo è il prodotto della logica più diabolica e solo dal cuore, con la educazione del cuore va combaituto. Da qui la necessità di popolarizza,e l' arte, cioè di renderè il popolo capace di godimento estetico. Ora chi non intende i pericoli ddla po,Jolarizzazione di una arte, come quella che oggi va in giro, d:11 c0rpo verminoso e putrido, coperto da un serico mantdlo ? Eppoi, non_ invada l'arte un campo non suo e non si co::- fonda ~on la m1cchina di un cinematografo qualunque. Illuda! Rialzi, sia pure per un momento, una fede che giace a terra, sparga un po' di speranza in un cuore già inaridito, riof-an.hi un caduto, entusiasmi un vittorioso già debole. Illuda, e renda soppJrtabile l'tsistenza. Paolo Remer, il giovanissimo autore dtlla comed·a in esame, appartiene ad una luoga schiera di scrittori bt'rlinesi, che h inno iniziata una crociata contro la pericolosa influenza delh cosiddetta scuola francese, la quale in Germania, tenendo conto d,. gli ultimi lavori di L. Fulda, di Sudermann, di Hauptrn.inn, di Bahr, di Land ecc., non h1 avuto poi gr,10 fortuna. · Ma Paolo Remer, il mio coraggioso arnico, che in tu:te le riviste tedesche porta un prezioso c'Jntn buto, espone la sua fede con 11 sua più grande lealtà e chiarezza. Il suo primo libro h 1 un motto ic cui si riassurne la idea '.tutt'l dell'autore: Nel cervellomodificarsi per ess~reim uomo nuovo, nel cuoreperò 1-estarsempre bimbo e conservar la fede, E nel volumetto che porta il titolo di cc Sotto l'Arcobaleno » si raccolgono delle narrazioni, in cui abbondano i p.:?mieri profJndi, avvolti non nascosti in un profumo di p::>esia veramente delizioso. Ne ricordo una, di ,meste n.:rrazioni, che ha lasciato in me un ricordv dolce e luo·go. Il titolo: la bambola della dome,.ica (Die Sonntagspuppe). Oh cune tutte le descrizioni dette realiste impallidiscono innall7i a questa recita semplice ed ingenua 1 Padre e maJre, stanno innmzi al cadavere della loro bimb.1 accanto alla quale hanno collocato la grossa bambola della domtnica. La Somitagspuppe chiudo;: i suoi grJndi occhi di vetro1 come la sua padroncina, La madre sventurata guarda, e ricorda. C'.)n quale gioia la bimb1 aspettava la domeuic 1, il giorno beato, in cui le si concedèva la gros,a bambola I Che pianti, che dolori quando, l'ora venuta, il caro giocattolo veniva ripreso. Ma no!... la bambol 1 si dovevà strappare dallè mani della tigliuo 1a, p~rchè non fos,e. continuando la ricreazione, spezzata. In quèsti ricordi la madre, come se finalment-:! comprende,se gli ar.::a1i s.::opi della Pcovvidenza, smsurra al marito : - E se Dio avesse anche a noi tolta la bimba· per impedirci di spetzarla? - Io non credo che possa esserci lettore, il quale non resti dolcemente commosso ad una simile lettura. Ma con la com• mozione quanti protondi pensieri sorgono su I Come corrè subito la mente allo scempio, che oggidì si fa di tanti poveri bimbi, misere bambole che presto si spezzano per essere messe troppo in moto, che ancora più presto si coprono di polvere e di tarli, per essere abbandonate in un vecchio mobile I Come trova la sua giustificazione il più terribile degli umani fenomeni, la morte, la morte ingiusta! Ben venga, allora, ben venga la morte, che impedisca di spezzare, all'uomo, la bambola della domenica, la Sonntagspuppe! Leggendo Frau Somie io provavo un godimento nuovo. La bionda signora, io la vedevo, sulla scenl, dinanzi a me, col volto raggiante sole intorno. · Felice coincidenza! udivo il tuo riso, s-:irellina mia, allegro, buono, il riso della mia signorina Sole. Chiu,i, per un momento, i miei gravi libri, e tradussi la breve comediola. La quale non è una concez:ione superficialt: e leggera, poi che fra tanta bontà ingenua, essa to;:ca dei problemi più gravi, che agitino la odierna società. Ugo Baummn è il giovane molerno, che il pessimismo colpisce subito, è· un debole la cui fede è venuta giù alle prime avvisaglie. Oscar Schwàrz è il tipo dell'uomo perfettamente normale il quale concilia l't::ntusiasmo e la poesia della vita, con i gravi t: prosaici compiti della medesima. · Hans è il giovanotto frivolo, che non rapp ·esenta nulla oggi mentre domani facilmente sarà un Ugo Baumann. Fra queste tre figure splende la signora Sole, le labbra fio• rite di co:1tentezza, gJi occhi raggianti allegria, la testa alta e superba. E tutto intorno sole I Un sole però che ric1rda il tempvràle nero di un giorno, un sole, che, all'approssimJrsi delle nuvole minacciosè, conservò la fiduci:i nel cielo di Maggio. Maggio venne con i fiori, con gli uccelli. Nè disponga male la facile vittoria ddla· bionJa er, ina. Domani forse - fuori dell' incanto - Ugo BJuman'l tornerà qual'era : oggi la commozione è sincera. Ciò basta. Pensavo a te, sorellin1 mia, leggendo il volumetto : pensavo che anche tu avresti dovuto combattere la tua lotta e dicevo a me stesso che salva ne sartsti uscita, che la casa nostra sempre sarebbe stat:l rallegrata dal tuo riso fresco, gaio. Sia pure: difficile è non lasciare un brandello dell'anima sul campo. Sia pure : tutti gli alberi al passaggio della bufera si piegano a terra, per non rialzarsi, i più, per conservare eternamente 11 segno ddla caduta, i pochi. Sia pure: difficile è conservare uno sguardo che non si veli, un riso che non si arresti, per un'ombra, per uno spc:.ttro del passato, che sorga improvviso. · Lo si speri! Lo dica l'arte I Lo si possa credere per un • momento, per un istante ! La vita è triste, ma non si co'Upendia nel grido tragico di Osvaldo, nel riso infernale di Mefistofde, nel sospiro doloroso di Amleto. No vivaddio ! Il buono, il giusto c'è, i buoni, i giusti devono esserci ! E se non l'iocontnamo se non l'abbiamo incontrati, ci sono, devono es,erci. Che io l'ascolti, che io creda di poterlo sempre ascvltare il ri o della signora Sole, il riso puro, che scuoti! i miei tristi libr:, e mi inor.da di luce ! * * * lllusione, chiediamo all'arte, sorellina mia, la illusione che r.on si.i dt:bolezza, ma iccitamento alla lotta prossima. P0i che l'arte ben può raff;gurarsi aJ una fanfara della vita, una hnfara che accompagni il grande esercito degli uomini che vivonC', che lottano, che troppo lontano vc:dono. il riposo. L'hai visto mai, tu, sorellina, un reggimento in marcia -sotto il sole infuocato di Luglio ? Le hai viste le lunghe file di soldati, che camminano col
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==