'1{.f VLS1A PJPOLARE DI 'POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI :si parla dovunque come stabilita, se pure tal credenza non è l'effetto naturale della convinzione diffusata che ,co~ì la monarchia non può resistere a lungo. Ma quale -dovrcbb'essere poi il tocca e sana d'un organismo così ,ammalato? Chi consideri che la malattia dell'impero si manifesta principalissimamente nell'impossibilità della Camera de' deputati dt legiferare, e nel cozzo violento delle opposte correnti nazionali ( conseguenze, in fondo, della medtsima causa) potrebbe vagheggiare un colpo di stato -che spazzasse via la costituz10ne ristabilendo il governo assoluto coll'intento di mantenere la pace e l'equilibrio. fra tanta varietà di popoli e di linguaggi pur c0ucedendo la prevalenza agli Slavi, che maggioreggiano. A dire il vero, l' espedienti! alletta, massime perchè, essendo la · -dinastia sicura della burocrazia e dell'esercito e lo stato in buone condizioni finanziarie, sembra assai agevole ad attuarsi. Quando però si esamini un po' più da vicino, (a parte il contraccolpo che eserciterebbe sul regno ungarico, pur così intimamente legato, per la politica generale, all'impero e sulle stesse popolazioni austriache, ormai avvezze al costituzionalismo), sorg~ il dubbio che non avesse da peggiorare il male, perchè potrebbe trasferire gli effetti ddl'esuberanza vitale delle singole nazioni dall'arringo parlamentare, dove pure hanno rag- .giunta cm,ì fatta intensità da spaventare, sur un terreno più pericoloso :incora. Malgrado i pericoli seri, a cui si potrebbe andare incontro, non si curerebbero che i mali apparenti, di cui resterebbe la causa profonda. Chè l'intima ragione de' guai dell'impero sta nel disagio e quindi nel malcontento delle schiatte, onde si compone, delle quali, mentre la più scarsa e debole, la romanica, si po• trebbe magari contentare di venir rispettata e lasciata in pace, le altre due più numerose e forti propendono, col migliorare le loro condizioni presenti, unicamente a trasformare lo stato a proprio esclusivo vantaggio. Nè intendo, badiamo, nemmen per sogno, di biasimamele; non voglio che assodare un fatto. I Tedeschi, non v'ha dubbio, bramerebbero per predominare di ristabilire il vecchio e rigoroso centralismo e per ciò mano mano veggono scemarne la probabilità si sentono sempre più -sospinti dal loro interesse ne llè braccia del rad1cali- -smo patriottico, che amoreggia coll'impero germanico. Gli Slavi invece, che nelle vive discordanze d' intenti non hanno, almeno i più, trovato ancora altro cen- ·tro più propizio di coesione, ostentano, nella massima parte, uoa scrupolosa lealtà dinastica che, in fondo, dileguerebbe, come nebbia al vento, quando si dovessero persuadere che no:i varranno a modificare la monarchia secondo i bisogni e le aspirazioni nazionali, cui i moderati ammantano del nome di decentramento e d' au- ·tonomia e i più radicali di federalismo. Che l' « ostentano » da me usato, non costituisca un giudizio temerario lo mostra il contegno che tiene buona parte della ·stampa slava dell'Austria - naturalmente, non alludo alla panslavista - che, proprio oggi, invoca il soccorso morale di Niccolò Il, perchè si conceda a tre delegati per ogni nazione slava della monarchia d'intervenire al •congresso dell'Aia a sostenervi i loro interessi, affine -d'agevolare, dicono essi, a Francesco Giuseppe il dovere -di render gimtizia a·· suoi pJpoli mettendo un freno alle turbolenze de' Tedeschi e de' Magiari. E questa campana suona in quasi tutti i paesi slavi, se ne eccettuiamo i polacchi. Ma, checchè si voglia pens rne, la bandiera -del decentramento e del federalismo, è impossibile illudersi, come del resto quella del centralismo, non serve ·se non a coprire la merce, perchè tanto gli uni quanto .gli altri lavorano assidui e iafaticati all'intento di sfrut- 'tare il sistema prefèrito per ottenere, nel nuovo assetto invocato, un completo predominio. Basta per accorgersene, non Lisciarsi iogar bugliare dalle frasi ad effetto, -dalle parali sonanti, e scrutare che cosa si nasconda, in realtà, sotto di quelle. E' inutile, non piacendomi di sfondare le porte aperte, parlare del centralismo difeso a spada tratta, da' Tedeschi, perchè l'esperienza dimostrò qual fosse lo scopo della loro predilezione; giova im ece lumeggiare i veri fini dell'autonomia e del federalismo decanta1 o dai loro avversari. Se il sincero desiderio di rispettare le altre nazioni animasse gli Slavi, se, fra loro stessi, i popoli di prim'ordine si mostrassero deferenti verso quelli di secondo, si potrebbe anche concedere che il decentramento fosse per riuscire riguardoso de' diritti di tutti. Chi può però, mettendosi una mano sulla coscienza, asserire che gli Slavi austriaci si conducano oggi in modo da francarci a nutrire una simile speranza? Astrattamente, niente di più giusto, di più umano per le singole nazionalità dell'autonomia che, praticamente, non potrebbe verificarsi in Austria, se non riedificando su basi affatto nazionali e linguistiche tutti quanti gli odierni 17 compartimenti amministrativi, perche diversamente non cesserebbero le lotte etniche nelle singole province e nelle Diete. Eppure basterebbe che il governo accennasse a farlo sul serio e non c'è dubbio alcuno che la più parte de' popoli austriaci né sarebbero, in sommo grado, scontenti. Nè c'è da cascar dalle nuvole, perchè si offenderebbero le propensioni nazionali di quasi tutte le svariatissime stirpi, dalle quali risulta il mosaico cisleitanico. Si cominci un po' dallo staccar dal Tirolo il Trentino, dalla Carinzia e dalla Stiria il territorio sloveno, dal Littorale, oltre la Liburnia, il carso istriano e il paese di là da Gorizia e si finisca col dividere la Boemia tedesca dalla ceca, la Mora via ceca dalla slovaca e dalla tedesca, la Galizia polacca dalla rutena, la Slesia tedesca dalla slava e via via e poi ne riparleremo. Certo i Tedeschi e gl' Italiani se ne sdegnerebbero ed irriterebbero, e perfino quasi tutti quegli stessi Slavi, che pure invocano l'autonomia, perchè non la intendono di sicuro cosi, Cechi, Polacchi., Sloveni e Croati bramando che si modifichino le circoscrilioni amministrative solo in quanto possano vieppiù favorirne gl'1nteressi. Che in caso diverso non avrebbe senso la loro condotta, quando la politica loro è tutta volta a farli prim ·ggiare e dominare. Nè la monarchia, anche volendolo, potrebbe, per seguire un concetto di giustizia astratta, attuare il decentramento in maniera da riuscire al bel risultato, scontentando tutti o giù di lì, di render le condizioni generali molto peggiori e più precarie di quanto oggi non siano. Se dunque si risolvesse a concedere l'autonomia e a rimaneggiare le province, tutto lascia comprendere che dovrebbe secondare le tendenze de' principali e più influenti popoli slavi mutando anche radicalmente il metodo delle elezioni parlamentari, perchè l'ostruzionismo non impedisse di bel nuovo l'attività del Reichstag. Infatti le classi dirigenti slave, perfino in Boemia, comprendono che la mutazione delle circoscrizioni amministrative dovrebbe accompagnarsi con una capitale riforma del parlamento, riducendolo a pochi membri, nominati dalle singole diete provinciali, ed escludendo dalla sua competenza ogni argomento più o meno relativo a questioni nazionali. /Continua). AGOSTINO SAVELLI. GIUDIZI SUL SOCIALISMO DI NAPOLEONCEOLA/ANNI La granje esuberanza di materiale ci ha impedito sinora di continuare ]a rassegna dei giudizi emessi sulla 2a Edizione del Socialismo, che si dà in pr.:mio ai nostri abbonati. Oggi la ri::,rendiamo e la continueremo. E oggi cominciamo dal giudizio emesso da uno dei più intellettuali deputati socialisti del Belgio. Jules De~trèe, nell'..Avenir social di Bruxelles. Egli dopo avere lodato vivamente il Colajanni per avere messo in luce le influenze idealiste, troppo spesso sdegnate dal materialismo storico, e la parte riserbJta all'arte nel socialismo integrale, citandone dei brani conclude: « Il volume di Colajanni, di cui ho citato un brano, è piuttosto un opera di sociologia. Egli non esamina come Guesde, Merlino o Rienzi, i sistemi o le tattiche,
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