RlP'ISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Rennes, ma la cui azionè si propaga in tutta la Francja. A tale dramma l'umanità non da semplice spettatrice commossa assiste, ma pu6 dirsi che vi partecipa, o se non altro fa da coro. La sentenza della Cassazione, tanto onorevole per la magistratura francese, che ordinava la revisione del processo Dreyfos e dimostrava la insussistenza delle antiche accuse, ne faceva ritenere certa l'assoluzione; e coll'assoluzione si sperava di assistere ad un grande trionfo della giustizia. Il contegno dei giudici di Rennes, invece, lascia prevedere che la grande infamia verrà suggellata da una nuova e più mostruosa condanna, le cui conseguenze saranno assolutamente incalcolabili. Indici dei sentimenti del Tribunale di Rennes sono tra tanti: il denegato rinvio per pochi giorni del processo dopo il tentato assassinio dell'avvocato Labari, e la frase brutale, che secondo Gerault Richard, sarebbe stata pronunziata dal Commissario del Governo all'annunzio del nefando attentato (1). Il Comandante Carrière avrebbe riconosciuto nella palla assassina che aveva colpito Labari il dito di Dio, che aveva ristabilito l'equilibrio tra l'accusa e la difesa... I delitti dello Stato maggiore francese e dei suoi complici civili (?), che vanno dal falso all'assassinio, sollevano dappertutto un grido di orrore; ma chi conosce la rabbia da cui sono dominati gli u9mini e le collettività, che incarnano una istituzione ferita a morte, non se ne sorprende. Infatti a Rennes non è più in giuoco la libertà e l'onore di un soldato_, di un cittadino francese; ivi, moralmente, l'accusato è il militarismo che dappertutto si sente minacciato dall'onda irrompente della democrazia, e che dalle circostanze in Francia è stato trascinato, non potendo massacrare nella strada i nemici, alle supreme infamie. Prima che avvenisse il turpe attentato contro Labari, quale fosse la situazione reale l'aveva annunziato uno degli atleti che combattono per la giustizia e per la libertà. Giorgio Clemenceau, ammalato, l'aveva delineata in una lettera nella quale consigliava di adottare a Rennes una tattica di vigorosa offensiva e di verità audace. « Siamo noi, « egli scri:;se, che innanzi al mondo civile <lobbia- « mo erigerci ad accusatori. Siamo noi, che dob • « biamo dare la prova di. tutti i delitti e denuncia- « re tutti i delinquenti. E la coscienza umana, che « è la grande forza; è ad essa che dobbiamo in- « dirizzarci; è in essa che Dreyfus, cui si dà la « caccia come ad una belva, inseguito dalla men- « zogna e dall'odio, troverà un asilo ». L'assassino di Labari pensò a derubarlo delle carte che portava seco mentre cadeva colpito a tradimento; e tra le altre s'impadroni di questa lettera di Clemenceau il cui contenuto ci è stato rivelato da J ean J aurés, È T ean J aurés, il San Paolo di questa grande battaglia giudiziaria, che in uno dei suoi eloquenti articoli della Petite repubblique - r 8 agosto - delinea il vero carattere della lotta. « Da questa mat• « tina in poi, egli conclude, il campo di battaglia « si è improvvisamente ingrandito. Non si tratta « più solamente del procc sso del r 894 : il processo (1) Petite 1'epublique. N. 6526 del 18 Agosto i899. « Esterhazy, il processo Zola, l'istruzione contro « Picquart ricominciano. Tutte le macchinazioni « dello stato maggiore d:i cinque anni in quà si « rinnovano. Tra la verità e la menzogna, tra l'i'n- « solenza dellaforza e la serenitàdella legge, tra i « carneficie il martire, tra la repubblicae il cesari- « smo, tra le istituzioni civili e la sciabola, la batta- « glia e impegnata aspra, disjJerata,senza pietà e non « avrà termine che colla distruzionedi uua delle due « armate di fronte ». . Così è ; e cosi deve essere. Il processo, che si svolge a Rennes non colpisce il solo militarismo francese: disonora il militarismo in genere. Ed è questo il lato, che in certa guisa conforta in tanta abbiezione. I conservatori e i reazionari di Europa sentono tutta la importanza e la estensione dell'avvenimento e cercano separare le responsabilità. Un giornale italiano, ad esempio, s-'indigna perchè in Francia si sono sollevati dubbi sulle recise smentite dei colonnelli Schneider e Panizzardi, e intima : se potete disprezzare quei che compongono il vostro stato maggiore non avete il diritto di dubitare della parola dei militari delle altre nazioni, che sono uomini di onore ! Adagio con questi risentimenti patriottici! In quanto a scelleratezze contemporanee per mettere le Gose a posto basterebbe ricordare quelle dei Bianco, dei Weyler a Cuba e alle Filippine. É lecito, del resto, il dubbio sulle dichiarazioni degli addetti militari presso una qualsiasi ambasciata, perchè la loro fun7.ione basata sullo spionaggio e sulla corruzione è ufficialmente e sostanzialmente immorale. Questa funzione verrebbe meno il giorno in cui mancasse nei traditori e nei corrotti la sicurezza di non essere denunziati da coloro che se ne sono serviti. ( r) (1) Il giornale cui abbiamo alluso è il Il Fanfulla di Roma. Ora con nostra sorpresa, mentre correggiamo le bozze di stampa, leggiamo in un numero successivo (23 agosto) un articolo : La Germania 1w11 parla f... in cui si giustifica pienamente il nostro ragionamento sui motivi che potrebbero indurre i francesi a sospettare delle sincerità delle smentite degli addetti militari. Dice, a proposito degli inviti reiterati fatti a Schwarzkopfen, tra le altre cose : « A parte il sentimento umanitario, degno di tutto il rispetto, che può aver ispirato la campagna per le rivelazioni diplomatiche e le pubblicazioni dei documenti - non si può dare, politicamente e socialmente parlando, ingen~·ità maggiore di quella di pretendere che ciò avvenisse. » « Ma come ? La diplomazia, anche se non è più, come diceva Talleyrand, l'art~ di mentire, si basa tutta sulla reciproca fiducia, condizioni che la devono rendere assolutamente misteriosa e segreta. E voi volete che i diplomatici, e gli addetti militari sono leali per eccellenza; mettano in piazza loro segreti, o piuttosto i segreti degli altri, tadiscano i loro agenti, e per salvare un disgraziato perdano il loro paese ? » « Evvia !... Ma ove sarebbe allora chi, non solo confiderebbe o venderebbe un segreto ad un addetto militare, ma chi vorrebbe o potrebbe trattare coi diplomatici di altri paesi dal momento che non fosse più sicuro che il segreto delle trattative non verrebbe o prima o dopo in piazza? E allora che ci starebbero a fare i ministri degli esteri, gli ambasciatori, gli incaricati di affari e i dragomanni, i conso1i e persino gli uscieri dei ministeri degli esteri e delle ambasciate e dei consolati ? »
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