RIVISTA POPOLARE 'DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI III. La monarchia absburghese, dal r 282 al I:;26, · quasi :affatto tedesca, dopo la morte, sul campo di battaglia -di Mohacs, di Luigi II Jagellone, andò vie più tramu- ·tandosi in uno stato poliglotto e polinazionale. Quanto mai eterogenea sotto l'aspetto fisico ed antropogeograiico, ha potuto, in grazia della saggezza, della costanza e dell'adattamento alle più svariate circostanze de' propri sovrani, sempre pronti a tesoreggiare gli eventi, -sfuggire a' più gravi pericoli che tante volte la trassero su l'orlo del precipizio. E che razza di pericoli; le pro- -celle della << riforma » e della cc guerra dei trent'anni » le lotte contro l'islamismo, lo scombussolamento, effetto ,d~ll' estinguersi del ramo mas,hile degli Absburgo, l'immane terremoto politico-sociale, che si suol battezzare_ col nome di rivoluzione francese, la scossa europea del '48 e '49, la campagna d'Italia del '59 e le vittorie ·prussiane del '66 ! Quante fra le monarchie europee si possono _vantaredi ·essersi rette cosi a lungo, d'aver dato prove altrettanto, -splendide di resistenza politica e soprattutto militare co- · me questa, la cui sola esistenza sembra una sfida continua a' sistematici e a' dottrinari d'ogni risma? . Ma se a conservarla contribuisce massime lo sfrutta- ·mento abilissimo delle contradJittorie tendenze storiche -e nazionali de' molti e varilingui suoi popoli, esposti, se divisi, per la stessa situazione geografica, a esser preda :di potenti e famelici vicini ; se le servono di cemento .le secolari tradizioni della dinastia, la salda gerarchia -cattolica, imbrigliata dal governo, la cura gelosa degli interessi materiali delle classi via via prevalenti ne' diversi paesi, l'oculatissimo sistema amministrativo, l'one- :sta scriniocrazia e il fido esercito, sarebbe un miracolo, ove non si risentisse del morbo ·suo costituzionale. E i miracoli, si sa, non avvengono pur troppo nella storia. Tanto è vero che subito co' primi barlumi del rinnova- ·mento europeo, mirante, per dirla con Vincenzo Gio- ·l:>erti, cc alla riordinazione naturale del pensiero, delle nazionalità, e delle plebi », moto che doveva, per neces- -sità, rendere i popoli più restii e malagevoli a lasciarsi _guidare a bacchetta, quasi branchi di pecore, il malanno dell'Austria-Ungheria si veniva aggravando a poco a poco. Era dunque da aspettarselo in un'età, come il settecento, che fiduciosa nell'operoso assolutismo riformatore, nulla pareva ritenere arduo per un despota illuminato e di genio, qualcuno pensasse a un rimedio -eroico, a pareggiare, a dispetto delle tradizioni, della lingua, e della geografia, lo screziatissimo mosaico etnografico, lavoro a_nnoso e sapiente degli Absburgo. Questo qualcuno fo appunto Giuseppe Il. Il quale, allorche « ebbe cessato d'esser figliolo ,., collo svecchiare il tron- ;co feudale ed innestarvi su l'onnipotenza monarchico-amministrativa, intese a ridurre, esagerando l'opera di sua madre Maria Teresa, una monarchia babelica ad unità ]'Otitico-linguistica e, cercando d'allargarsi nella Germa- :nia e nella Balcania ( 1), a costituirla così vasta e forte da ridersi di qualsivoglia minaccia. (1) Il duplice tentativo di Giuseppe II che, del 1778-1779 e del I 785, volle approfittare dell'estinguersi della linea prindpale dei Wittelsbach, verificatosi del ~ 777, per acquistarela · .Baviera,è notissimo : meno noti i suoi disegni orientali. A11e ··aperture di Caterina II, esposte con straordinaria maestria, ei ·rispo~e,dopo tre mesi, co~ ]a sua lettera del I 3 Novembre 1782, accettando l'ictea del regno di Dacia e dtlla monarchia greca con capitale Costantinopoli, purchè, oltre la Valachia :sino all'Aiuta, gli si assegnassero, per proteggere l'Ungheria, · le due rive d~1Danubio da Nicopoli in su, per tre miglia di -circuito, colle piazze di Viddino, Orsova e Belgrado,e da que- -st'ultima innanzi, tutto il territorio contenuto entro la più bre- . ve linea verso· il golfo della Drina e la terra ferma veneta su Egli però s'ingannò, non mica perchè fosse un fanatico del germanesimo, non mica perchè, teoricamente., fosse demenza il propendere a unificare un grosso numero di brandelli, a caso distinti da qualche singolarità fisica, mai neppure da una relativa omogeneita etnica, di rado da uniformità idomatica, più spesso da tradizioni storiche, e contrassegnati da denominazioni, fondate sur una gerarchia araldica ben antiquata, bemi perchè con leggi e decreti pretende·va d'effettuare ciò che, nell'ipotesi più favorevole, non poteva risultare, se non da una serie di lente e diuturne evoluzioni, logoranti le energie etniche de' moltilingui gruppi austro-ungarici. Chè, quand'anche, per un momento, si possa, sforzando la n, tura, credere d'averne deviato il corso, la celere e violenta rea• zione di lei ci ammonisce della vanità del nostro orgoglio. E ben lo provò Giuseppe II, che pur soccombendo di soli 49 anni, dovette assistere a un naufragio co1,i completo dell'opera propria· da lasciarci nell'epigrafe, che da sè dettò per la sua tomba, una confessione preziosa: « Qui giace Giuseppe Il, sfortunato in tutte le sue imprese. » Qual stupore pertanto che questo esperimento di un ideologo non solo andasse a vuoto, ma partorisse effetti del tutto opposti alle speranze di lui ? Ed in vero le tendenze agguagliatrici e i propositi di radicali riforme - le une superiori alle forze umane, gli altri trop• po immaturi - commossero le classi tutte delle nazioni soggette, massime nel Belgio, nell'Ungheria e nel Tirolo, accelerandone il risveglio, che è via via progredito, poichè tanto nell'impero austriaco, dove l'evoluzione storica è oggi più avanti, quanto nel regno ungarico, dove è più addietro, i vari gruppi son da allora in poi andati sempre più diversificando. Soprattutto la rivoluzione francese, le guerre e le conquiste napoleoniche, com'è naturale, non fecero che accrescere queste propensioni, talchè, passata la spaventosa burrasca, sembrò sistema ottimo il comprimere le aspirazioni patriottiche e liberali intestandosi in un diritto di stato austriaco, del tutto speciale, consistente nell'oblio che si pretendeva da genti così multiformi delle singole loro patrie e nell'ossequio assoluto alla persona dell'imperatore, che doveva costituire l'unico vincolo fra esse, secondochè pensava Francesco I. Il quale, d'accordo col fido suo ministro, il principe Clemente di Metternich, per il timore, non cervellotico di sicuro, che una qualsiasi mutazione facesse traballare un casamento tutto puntelli e fabbricato con materiali si repugnanti, voleva impedire non solo ogni effettiva modificazione, ma anche le più innocue tendenze riformatrici. e gli accenni più vaghi a ideali patriotticL Che la sua condotta, resa possibile solo dall'equilibrio quasi perfetto che allora si facevano le varie e opposte forze economiche e nazionali, ancor poco svolte, del caos austriaco, fosse spe- •cialmente ispirata da simili calcoli ei lo confessava aperto, in un istante di malumore e di debolezza, all'amb2sciatore russo colle memorande parole. « Il mio impero è come una casa tutta logora, della quale, se si demolisce una parte, non si può mai sapere quanta ne rimarrà in piedi. > Verissimo e ben detto ! Soltanto la potevano mantener ritta l'immobilità, da un lato, e dall'altro, la caccia alle parole sospette che vi si pronunziassero o vi si scrivessero? Equivarrebbe a credtre che basti star fermi in una casa barcollante, perchè un terremoto non l'abbatta, e sia sufficiente proibire agl'inquilini di dire o scrivere delle parole, perchè le cose, di cui quelle son puri e semplici segni, dileguino dalle me1iti loro! E per l'Adriatico insieme co]l'Istria e ]a Dalmazia, e alla repubblica di Venezia si dessero in compenso Morea, Candia e Cipro. Queste propensioni della casa austriacaall'inorientamento, naturali, ed antiche, <lacchèLeopoldo I (1657-1705) può ritener sene l' iniziatore, hanno, dopo I' esclusione .:!elrAustriaUngheria dall'Italia e <lana Germania, ottenuto un completo trionfo. ·
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